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Daniele Capezzone

Da Wikiquote, aforismi e citazioni in libertà.
Daniele Capezzone

Daniele Capezzone (1972 – vivente), politico italiano.

Citazioni di Daniele Capezzone

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Citazioni in ordine temporale.

  • Nessun ordinamento – se non un ordinamento nazista o comunista – può criminalizzare un orientamento sessuale in quanto tale, come "stato", come "condizione", come "essere". Ogni orientamento sessuale, ogni preferenza, ogni scelta potranno e dovranno invece essere perseguiti se e quando si tradurranno in comportamenti violenti e dannosi per altre persone, minori o maggiori che siano. Criminalizzare i "pedofili" in quanto tali, al contrario, non serve certo a "tutelare i minori" (che dovrebbero piuttosto essere tutelati da chi immagina questo tipo di tutele), ma solo a creare un clima incivile, né umano né – vorremmo dire – cristiano. (dalla dichiarazione ufficiale della direzione dei Radicali Pedofilia. Capezzone (Radicali): due cose da ricordare, Radicali.it, 5 dicembre 2000)
  • A noi non sta bene questo Berlusconi, quello dei pasticci, della sudditanza a Bossi. Vorremmo un Berlusconi diverso, quello che nel '94 prometteva la riforma all'americana delle istituzioni, dell'economia, della giustizia. Se tornerà quello si potrà discutere, altrimenti affonderà e peggio per lui. (da Il Gazzettino, 19 ottobre 2003)
  • La mitica devolution di Bossi è il nulla: la sanità è già di competenza delle Regioni, per la polizia locale non ci sono soldi, per la scuola facciamo gli esami in dialetto? (da Il Gazzettino, 19 ottobre 2003)
  • Al governo [Berlusconi II] abbiamo proposto solo un'intesa sui temi della politica internazionale e ci hanno sbattuto la porta in faccia. Sarebbe un'eresia dirsi d'accordo con chi ha impostazioni clerico-fasciste su materie come il divorzio, la droga, la ricerca scientifica. [Su una possibile alleanza a sinistra] Siamo disponibili a trovare spazi di intesa anche col diavolo, ma sulla base dei programmi. Al momento non riesco a vedere un progetto in positivo che tenga insieme l'Ulivo. (da Corriere della sera, 30 ottobre 2003, p. 13)
  • [Riguardo la legge 40/2004, in merito alla procreazione assistita] Noi non chiediamo una legge in più, ma una legge in meno. Non chiediamo un diritto in più, ma una facoltà in più. Non chiediamo un intervento in più dello Stato, ma un intervento in meno. Il secolo appena trascorso è stato caratterizzato dall'impronunciabilità della parola «individuo»: ed era sempre un'entità collettiva (la Famiglia, il Sindacato, il Partito, la Chiesa, lo Stato: tutti minacciosamente maiuscoli) a dire l'ultima parola. Ora, è venuto il momento di immaginare un nuovo spartiacque politico rispetto alle tradizionali categorie della «destra» e della «sinistra» (per tanti versi, attrezzi ormai inadeguati): e la distinzione è tra chi (in economia come sul fronte delle scelte personali) vuole allargare e chi invece vuole restringere la sfera della decisione individuale e privata rispetto alla sfera delle decisioni pubbliche e collettive. (da Corriere della Sera, 9 ottobre 2004, p. 14)
  • Mirko Tremaglia è un fascista. E, certo, questa è la cultura che porta con sé al Governo. Una cultura che viene fuori tanto irresistibilmente quanto tristemente. E' più forte di lui: e l'omofobia ne è un tratto indelebile, tanto quanto (che so) gli attacchi alla "perfida Albione". Non c'è molto da aggiungere: la fotografia è, purtroppo, nitida. Peggio di lui ci sono solo le "vergini violate", che oggi strillano, ma non hanno fatto nulla per la legalizzazione delle coppie di fatto e sui diritti delle persone omosessuali.[1]
  • [Dichiarazione rilasciata dopo la condanna di Marcello Dell'Utri per concorso esterno in associazione mafiosa] Confesso di non riuscire ad appassionarmi a questo derby in cui entrambe le squadre mi sembrano poco meritevoli di supporto. In nessun paese occidentale del mondo, infatti, avremmo a che fare con inquisitori così, che nulla hanno fatto e nulla fanno per celare un connotato apertamente politico della loro opera; e in nessun paese al mondo avremmo una opposizione desiderosa di liberarsi dei suoi avversari attraverso scorciatoie giudiziarie. Ma, allo stesso modo, in nessun paese al mondo avremmo un premier così. Per essere chiaro, voglio prescindere dall'esito dei processi di ieri e di oggi, e perfino, se possibile, dalla rilevanza penale dei fatti che sono emersi. Ma è però incontrovertibile che Silvio Berlusconi (prescrizione o no) abbia pagato o fatto pagare magistrati; così come da Palermo (ripeto: quale che sia la qualificazione giuridica di questi fatti) emergono fatti e comportamenti oscuri, di cui qualcuno (Berlusconi in testa) dovrà assumersi la responsabilità politica. (da www.radicali.it, 11 dicembre 2004)
  • Silvio Berlusconi è entrato in politica con 5 mila miliardi di debiti e con le banche che tentavano di strozzarlo; oggi vanta 29 mila miliardi di attivo e figura tra i sette uomini più ricchi del pianeta. (da Repubblica, 30 ottobre 2005, p. 13)
  • Dal suo punto di vista Berlusconi sta facendo una campagna assolutamente razionale. Ha rinunciato all'idea di convincere chi è dall'altra parte e persino a parlare agli indecisi. Lui si rivolge alla sua curva delusa, la rincuora, gli fa sentire l'odore del sangue, gli fa sentire che la vittoria è possibile. Punta a trascinare al voto i suoi possibili astenuti e ce la può fare. Chi non fa il suo mestiere è il centrosinistra. [...] Rinunciare al confronto in tv sarebbe l'ultimo autogol di una lunga serie. Da Unipol alla candidatura D'Ambrosio per non parlare dell'atteggiamento scelto per catturare gli elettori: invece di indicare 5 cose da fare nei primi 100 giorni e costringere il centrodestra a discutere di questo, si tira fuori l'elenco del telefono detto programma dell'Unione, cioè 274 pagine scritte in corpo 11. Far questo vuol dire non avere una visione della realtà. [...] C'è solo da guardare la fotografia di questi 10 anni, quello che è rimasto del suo sogno liberale del 1994. Doveva fare la grande riforma costituzionale e ci ha precipitato nel casino del proporzionale, doveva fare le grandi riforme economiche e abbiamo Tremonti che scrive libri da no global, doveva fare la grande riforma della giustizia e si è fatto solo gli affari suoi. Ha trasformato la Casa delle libertà nella Casa delle libertà vigilate. (da Corriere della Sera, 4 febbraio 2006, p. 8)
  • Berlusconi si paragona a Napoleone e Churchill. Mi ricorda la barzelletta dei due matti: uno dice "Io sono Mosè e Iddio mi ha dato le tavole della legge" e l'altro, offeso "Ma guarda che io non ti ho dato niente!". Ecco, lui potrebbe essere il secondo matto, mentre per il novello Mosè bisogna scegliere tra Bondi e Fede. (da Corriere della Sera, 12 febbraio 2006, p. 8)
  • L'Italia non può permettersi altri cinque anni di governo di Silvio Berlusconi: non sarebbero "ecosostenibili". [...] Per non parlare di ciò che è accaduto sul terreno dei diritti civili, con un'autentica aggressione contro le libertà personali: contro il divorzio breve, contro l'aborto, contro i pacs, contro la fecondazione assistita e la libertà di ricerca scientifica, fino all'ultimo tentativo di sbattere in carcere i ragazzi per qualche spinello. (dal sito internet de La Rosa nel Pugno, 10 marzo 2006)
  • Dopo il cieco di Sorrento, la muta di Portici e lo smemorato di Collegno, arriva lo sciancato di Arcore. Berlusconi è patetico. (da la Repubblica, 19 marzo 2006)
  • Berlusconi è come Vanna Marchi e Tremonti è come il suo Mago do Nascimento. (da la Repubblica, 31 marzo 2006)
  • Berlusconi, a parole e a chiacchiere, minaccia la guerra civile contro D'Alema e la sinistra, ma nei fatti sta già preparando, e praticando, il "soccorso azzurro". [...] Ci saranno liberali di destra e di sinistra desiderosi e capaci di opporsi a queste manovre? (da Radio Radicale, 7 maggio 2006)
  • La legislatura che si è aperta ha il carattere di un'occasione storica per il nostro Paese, che va assolutamente colta: è vero, si parte da una situazione economica delicatissima, ma il Governo è determinato ad assumere decisioni nette e tempestive, come ha chiaramente dimostrato il Consiglio dei Ministri di ieri. (da Decidere.net, 22 maggio 2008)
  • [Sul Governo Berlusconi IV] Per l'Italia questo governo è l'ultimo treno, non so se dopo ci saranno altre chance. [...] Grazie all'attuale legge elettorale, molto meno peggio rispetto a come viene descritta, e grazie alla saggezza degli italiani è iniziata una nuova fase politica [...] Con l'opposizione bisogna discutere di cose concrete, tematizzare i dibattiti e abbandonare l'atteggiamento da vergini violate dai cattivi berlusconiani. (da Omnibus – LA7, 14 maggio 2008)
  • Se sei autobiografico negli insulti questo è un problema tuo.[2]
  • L'annuncio del ministro Tremonti è importante e positivo, ed è un ulteriore passo su una linea di saggezza tenuta dal Governo, che prima ha messo al sicuro i conti dello Stato con la finanziaria triennale, poi ha adottato misure concrete per le famiglie con la manovrina di dicembre (penso, in particolare, al bonus e alla social card), e ora potenzia le risorse per gli ammortizzatori sociali". (da la Repubblica, 21 gennaio 2009)
  • [Sulle dichiarazioni di Gaspare Spatuzza] Sono indignato che una bestia che ha sciolto un bambino nell'acido improvvisamente ha una crisi di coscienza e dopo 15 anni sostiene che nel gennaio '94 ha sentito alcuni mafiosi dire che chi ha Canale 5, aveva in mano il Paese quando Berlusconi doveva ancora scendere in politica. E su ciò è stata montata un'inchiesta e un circo mediatico che sputtana il Paese.[3]
  • Tanti uomini della sinistra hanno riversato su Renzi attacchi senza senso, in un mix di intolleranza, cultura del sospetto e stupidità.[4]
  • Da molti anni, vado riflettendo sul fatto che forse il vero bipolarismo (trasversale agli attuali schieramenti) è tra chi vuole una legge in più e chi una in meno, tra chi vuole un intervento dello stato in più e chi uno in meno, tra chi vuole un allargamento della sfera di decisione pubblica o collettiva e chi invece preferirebbe un irrobustimento della sfera di decisione individuale e privata. Personalmente, ritengo sempre più desiderabile la seconda opzione: vale per l'economia tanto quanto per le libertà personali. Da anni, un intellettuale coraggioso come Alain Finkielkraut ci spiega che una società libera non è un "accumulo di diritti" (diritto a questo, diritto a quello...). Questa impostazione ha già avuto un peso, a mio avviso negativo, su una parte della nostra Costituzione (diritto alla casa, diritto al lavoro, e così via: solennemente proclamati, e ovviamente irrealizzabili, in quei termini). Ora l'errore più grave sarebbe quello di trasferire questo "metodo" anche in altri ambiti: quando invece il tema non sarebbe quello di chiedere un "diritto" codificato in più, ma una facoltà in più, o un divieto in meno, o un intervento pubblico in meno. (da Il Foglio, 24 febbraio 2011)
  • Dopo la sentenza di ieri [Di condanna a Silvio Berlusconi a quattro anni di carcere per frode fiscale], milioni di italiani hanno ben capito il disegno politico condotto da anni contro Silvio Berlusconi. Sono certo che, in queste ore, anche tanti cittadini che magari non hanno votato per lui si rendano perfettamente conto di come alla difesa dei diritti del cittadino Berlusconi sia legata la difesa dei diritti e delle libertà di tutti. (citato in Firmata (e sospesa) l'esecuzione della pena, Berlusconi: riforma della Giustizia o si torna al voto, Tiscali.it, 2 agosto 2013)
  • Le parole del Capo dello Stato meritano ovviamente rispetto e riflessione attenta [sulla condanna a Silvio Berlusconi a quattro anni di carcere per frode fiscale], anche per la nitida prospettazione, compiuta dalla nota del Quirinale, della situazione che si è determinata. Ma al tempo stesso – dichiara Capezzone – resta inaggirabile un punto politico di sostanza, che tutti – istituzioni e forze politiche – non possono ignorare o mettere tra parentesi. Quando si parla di agibilità o di praticabilità politica per Silvio Berlusconi, non si affronta tanto e solo il problema di una persona, di un singolo individuo (cosa che comunque meriterebbe, in uno Stato di diritto, il massimo dell'attenzione, trattandosi dei fondamentali diritti civili e politici di un cittadino), ma il diritto alla piena rappresentanza politico-istituzionale di milioni di elettori". Insomma, la questione non riguarda solo l'uomo di Arcore, ma 10 milioni di elettori, e quindi riguarda la salute stessa della nostra democrazia. Quindi esistono percorsi e strumenti, chiaramente indicati dalla Costituzione e dal buon senso, che possono consentire di evitare un vulnus gravissimo ai danni di milioni di cittadini-elettori. Il Pdl ha dimostrato un assoluto senso di responsabilita', ma ora tocca a tutti gli attori politici e istituzionali, per la parte che compete a ciascuno, evitare ferite irrimediabili. (citato in Berlusconi, Capezzone: trovare soluzione per evitare ferite irrimediabili, Italiachiamaitalia.it, 14 agosto 2013)
  • [Sull'incandibilità in seguito alla condanna a Silvio Berlusconi a quattro anni di carcere per frode fiscale] Il premier Enrico Letta e l'attuale nomenklatura del Pd non possono limitarsi alla scelta cinica di dedicarsi a un giochino precongressuale, e cioè fare la faccia feroce per guadagnare titoli antiberlusconiani, rinviare (o evitare del tutto) le assise e la sfida difficile con il favorito Matteo Renzi, e così conquistarsi una ricandidatura per via di palazzo o per via elettorale. (citato in La paura del Pdl: un Letta-bis. Vertice ad Arcore, Unità.it, 23 agosto 2013)

Uno shock radicale per il 21° secolo

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  • Se è così, se cioè l'antifascismo – e, beninteso, l'anticomunismo, l'antitotalitarismo – deve rappresentare una guida politica per l'oggi, un modo concreto di essere antifascisti anche quando le celebrazioni commemorative sono concluse è quello di lottare perché altri 25 aprile siano possibili: un 25 aprile per i cubani, per i cambogiani, per i vietnamiti, per i nord-coreani, per i cinesi, per i ceceni... (p. 11)
  • Ma non si possono lasciare soli, in questa sfida, gli Stati Uniti d'America e il Regno Unito: non si può pensare che questa impresa si realizzi con il sangue – e i soldi – degli americani e degli inglesi, e che il mondo intero sia "abbonato", per qualche misteriosa ragione, a vedersi "donato", di volta in volta, il 25 aprile italiano o il 9 aprile iracheno. In particolare, l'Europa non può continuare, dinanzi a crisi che non sa, non può o non vuole affrontare, a cavarsela facendo degli americani il capro espiatorio della propria impotenza: così, se gli Usa intervengono, sono "imperialisti" o "cacciatori di petrolio"; se invece non lo fanno, sono "isolazionisti" o, magari, disinteressati solo "perché non c'è petrolio da conquistare". (p. 12)
  • Dopo l'11 settembre, Jean-Marie Colombani, storico direttore di Le Monde, ha scritto che "occorre sostenere gli Stati Uniti nella fiducia che cambino". È il momento di dire che vale l'opposto: occorre sostenerli nella fiducia che non cambino, e che cambi, invece, l'Europa. (p. 13)

Euroghost. Un fantasma s'aggira per l'Europa: l'Europa

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  • Una figura originale, singolarissima e troppo spesso dimenticata come Hannah Arendt ha scritto pagine illuminanti su questo, esplicitando l'antinomia: c'è la Rivoluzione francese, che presume di affrontare e risolvere definitivamente un problema "sociale" (fallendo); e c'è quella americana che invece si fa carico di un problema "istituzionale" e "costituzionale" (riuscendo). E non è un caso se "questa" Arendt continua ad avere scarso diritto di cittadinanza: come non è un caso se, nell'intellettualità "ufficiale" europea, il "paradigma" stesso di Rivoluzione continua ad essere rinvenuto solo negli eventi del 1789. In nuce, proprio lì c'è tutto ciò che ancora divide la nostra dall'altra sponda dell'Atlantico: la scarsa o nulla attenzione a limitare il potere pubblico (basato, pour cause, sulla "volontà generale": e siamo piuttosto lontani dal "nessuna tassazione senza rappresentanza" – cioè dallo sforzo di dare una cornice, un perimetro e una giustificazione al potere –, che fonda, invece, l'altra Rivoluzione); il ruolo dello Stato da riformare, da correggere – certo – ma che riesce comunque a transitare sostanzialmente indenne dall'assolutismo della monarchia a quello "repubblicano e democratico" (e che anzi, se possibile, consolida il suo essere superiorem non recognoscens); il richiamo giacobino alla Morale, alla Virtù (trasfuse nella Legge e quindi indicate dallo Stato) contrapposto al diritto americano a perseguire liberamente la felicità, anzi la "propria" felicità.
  • Poi, non ci sarà da stupirsi se, nel secolo che si è chiuso solo quattro anni fa (è bene ricordarlo: perché eventi che sembrano lontani sono, in realtà, ancora vicinissimi), George Orwell troverà buoni argomenti per accusare i "democratici" europei di essere antifascisti ma non antitotalitari.
  • Il "big government" europeo di questi decenni, il mix tasse-spesa, l'interventismo pubblico di una stagione durata più di mezzo secolo, mostrano oggi tutta la loro inadeguatezza.

Democrazia istantanea

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  • Non voglio farla troppo lunga sulla mia traiettoria politica. Da elettore radicale, ho simpatizzato una prima volta per Berlusconi nel '94; da dirigente radicale, negli anni successivi, ho ripetutamente cercato – senza riuscirvi – di contribuire a un'intesa politica tra Forza Italia e il mio partito di allora; molto spesso, negli anni passati, ho considerato Berlusconi un avversario, e mi è capitato di indirizzargli non poche critiche; se in Italia ci fosse stata un'operazione davvero blairiana nel centrosinistra, molto probabilmente avrebbe visto una mia entusiastica adesione; ma la mia valutazione è che nello schieramento alternativo al Pdl non ci sia oggi spazio per una politica liberale. Per questo (fatto decisamente raro nel nostro Paese...), ho scelto nel novembre 2007 di dimettermi dalla Presidenza della Commissione attività produttive della Camera, dopo aver lasciato il mio partito. Sono state le due finanziarie del Governo Prodi a indirizzarmi verso quella scelta: mi sono espresso contro la prima manovra, e alla seconda ho ritenuto giusto lasciare la poltrona, come si dice. Le mie dimissioni – cosa che racconterò ai miei nipotini, se ne avrò – caddero proprio nel periodo in cui sembrava che l'Esecutivo Prodi potesse reggere a lungo: quelle che la stampa aveva definito "spallate" erano infatti fallite, e ho ancora nelle orecchie l'affettuoso "ma sei matto?" con cui amici autorevoli commentarono la mia decisione, tecnicamente suicida, almeno secondo i parametri della politica romana. La mia valutazione – invece – è che sia tuttora addirittura incalcolabile il danno arrecato al centrosinistra, oltre che all'Italia, dalle decisioni economiche del Governo Prodi-Visco-Padoa Schioppa. Va ricordato che il Governo Prodi ebbe la fortuna di lavorare in un momento positivo dell'economia mondiale: e invece bruciò questa grande opportunità rinunciando alle riforme, aumentando le tasse a tutti, gettando acqua gelida sulla crescita, e infine – per sovrammercato – ingannando il Paese con la telenovela del "tesoretto". Così, in quei mesi, si è prodotta una frattura difficilmente ricomponibile tra il centrosinistra e i cinque milioni di piccole imprese industriali, artigianali, commerciali, dei servizi, che rappresentano la spina dorsale economica del Paese. E non poteva bastare, come ha fatto Veltroni, "far sparire" Visco. Serviva, invece, molto più coraggio: occorreva un'autocritica pubblica e definitiva rispetto a una scellerata politica anti-imprese, con l'impegno solenne, per il futuro, a incamminarsi nella direzione opposta. Neppure questo, forse, sarebbe stato sufficiente a vincere: ma – almeno – sarebbe servito a dare al Pd un profilo nuovo, e a metterlo in condizione di tornare competitivo in futuro, almeno in tempi medi. Per queste ragioni, quando la legislatura si è successivamente interrotta, come tanti altri italiani ho trovato molto più convincente (citavo nelle pagine precedenti il rapporto Itanes) la proposta politica complessiva dello schieramento di centrodestra; infine, dopo le elezioni del 2008 (alle quali non mi sono candidato, pur sostenendo pienamente il Pdl), Silvio Berlusconi ha ritenuto di propormi un incarico di prestigio e responsabilità, quello di portavoce di Forza Italia, che ho molto volentieri accettato. Questa mia vicenda, questa mia condizione di libertà, di persona che vive con la lettera di dimissioni in tasca, mi permette di esprimere un giudizio sereno ed in qualche misura perfino freddo, quello – cioè – che emerge chiaramente dalle pagine di questo piccolo libro.

Contro Assange, oltre Assange

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  • Oggi non solo la rete, ma gli strumenti più piccoli e maneggevoli (radioline portatili, cellulari, iPod, e così via) possono essere molto più utili delle vecchie parabole televisive, non a caso oggetto, in Iran e non solo, di sistematiche azioni di danneggiamento e disattivazione da parte delle dittature. E intendiamoci: dal loro punto di vista di avvelenatori di coscienze, i dittatori hanno ben compreso che da lì può venire, per loro, un'insidia mortale. Dunque, è compito dell'Occidente spiegare che il vero eroe non è Assange, ma il giovane di Teheran (o del Maghreb, come vedremo nel paragrafo successivo) che, a rischio della vita, si rende disponibile a far funzionare questa catena. Da anni, mi è capitato di parlare e scrivere di una sorta di catena mediatica globale che sarebbe possibile realizzare con investimenti in fondo piccoli, e che potrebbe consentire una efficacissima "guerra preventiva e permanente" contro i regimi. Con la ragionevole speranza di non dover sparare neppure un solo colpo. (p. 20)
  • E oltre al male individuale e alle sue nuove derive tecnologiche, esiste anche una ulteriore dimensione possibile del male collettivo. Chiunque proponga o riproponga di "servire il popolo", più o meno consapevolmente rimette in campo un'illusione, un'utopia pericolosa. George Orwell ha spiegato meglio e prima di ogni altro quel che c'era da spiegare, e quella lezione vale più che mai oggi. In 1984, una delle pagine più toccanti e cariche di inquietudine è quella dei "Due minuti d'Odio": il quotidiano momento di furia, di isteria collettiva, di sfogo della folla, contro il mitico Goldstein, il leggendario nemico del Partito. Nessuno, nella mischia urlante, sa bene chi sia Goldstein e cos'abbia fatto davvero: però, bisogna odiarlo e inveire contro di lui. Stiamo bene attenti: anche senza gli scenari da incubo di Orwell, ma nella piena libertà delle nostre case, nella rassicurante normalità delle nostre vite, possiamo ritrovarci pure noi a inveire contro un qualche Goldstein, senza neanche rendercene conto. Basta un gruppo di insulti contro qualcuno o qualcosa su Facebook, o una biografia da sfregiare su Wikipedia, o molto altro e molto peggio. (p. 76)
  • Per questo, la bussola liberale è indispensabile. Democrazia versus dittatura, intanto: perché – non dispiaccia a Wikileaks – c'è una differenza tra gli Stati Uniti d'America e la Cina, nell'anno 2011. E poi, individuo versus massa: perché – non dispiaccia ai neocollettivisti telematici – ogni singola persona è diversa e speciale rispetto ad ogni altra. E anzi, in quella frazione infinitesima di tempo in cui clicchiamo sul tasto Invio, faremmo bene a pensare che, di là o da qualche altra parte, c'è uno come noi. (pp. 76-77)
  • Un po' di dubbi, forse, farebbero un gran bene anche a lui. Il suo vero rischio, a ben vedere, è proprio quello di divenire prigioniero dell'ala talebana dei suoi fans, che, ad ogni latitudine, gli chiedono, letteralmente reclamano da lui un'escalation, una progressione inarrestabile di smascheramenti e attacchi, in nome della Giustizia e della Verità, per l'occasione minacciosamente e ideologicamente maiuscole. Povero Assange: non oso pensare cosa gli accadrebbe se mai gli venisse in mente di dire una cosa controcorrente, inattesa e scomoda per il suo pubblico, insomma di accarezzare contropelo la belva della folla. Diventerebbe una specie di Trotsky o di Goldstein, appunto: un nemico reale o letterario insopportabile per il Partito, per il Progresso, per la Rivoluzione. Se potesse leggere queste pagine, verrebbe voglia di consigliargli il saggio, intelligente, umanissimo monito di Pietro Nenni: "C'è sempre un puro più puro che ti epura...". (pp. 77-78)

Citazioni su Daniele Capezzone

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  • Capezzone, lei prima era il delfino di Pannella: ora è la triglia di Berlusconi! (Antonio Cornacchione)
  • Daniele Capezzone. È un chierico, un ragazzo di una rara intelligenza che mi fa lo stesso effetto di quei preti sapienti che diventano cardinali. (Alfredo Biondi)
  • Tu non sei il padrone, tu sei il maggiordomo... Il padrone è un altro! È Berlusconi il padrone. [...] Ma vedi che parla come il suo padrone. Gli ha insegnato anche il vocabolario...! [...] Ma che rispetta gli altri?! Se ogni elezione stai dall'altra parte rispetto a quella precedente! Dai, su... Rispetta gli altri! (Marco Travaglio)

Note

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  1. Citato da Tremaglia ribadisce: in Europa i culattoni sono in maggioranza, su segnalo.it, Roma, 13 ottobre 2004., su segnalo.it. URL archiviato il 27 settembre 2019. Citazione parzialmente ripresa da repubblica.it e da un articolo di [http:/7archiv.is/Yiul8/ gay.it].
  2. Dall'intervista di Lilli Gruber con Marco Travaglio, Otto e Mezzo, La7, 16 novembre 2008.
  3. Citato in Mafia, in aula il pentito Spatuzza "Graviano fece il nome di Berlusconi Ci hanno messo il Paese in mano", Repubblica.it, 4 dicembre 2009.
  4. Citato in Renzi-Pd, lo scontro non si ferma «Arcore? Loro vogliono Fini alleato...», Corriere della Sera, 7 dicembre 2010.

Bibliografia

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  • Daniele Capezzone, Uno shock radicale per il 21° secolo, partitoradicale.it, 2005.
  • Daniele Capezzone, Euroghost. Un fantasma s'aggira per l'Europa: l'Europa, Rubbettino editore, 2004. (Anteprima su Google Libri)
  • Daniele Capezzone, Democrazia istantanea. Velocità e decisione: quello che anche alla sinistra converrebbe imparare da Berlusconi, Rubbettino editore, Soveria Mannelli, 2009. ISBN 9788849824186
  • Daniele Capezzone, Contro Assange, oltre Assange, supplemento a il Giornale, 5 aprile 2011.

Altri progetti

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