Filippo Sacchi

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Filippo Sacchi

Filippo Sacchi (1887 – 1971), giornalista, scrittore e critico cinematografico italiano.

Citazioni di Filippo Sacchi[modifica]

  • [Su Il signor Max] Camerini ha condotto tutto il film con una mano perfetta e soprattutto un tempo comico impeccabile. Ma se dovessi dire dove ha raggiunto il suo momento più felice, il tocco nuovo che si distingue e contrassegna il film, è nel modo trasparente, comprensivo e leggero con cui, senza abbassare la farsa, ha saputo mescolarvi l'emozione. Bisogna anche dire che egli è stato coadiuvato ottimamente da Assia Noris. [...] Anche De Sica è fresco ed eccellente nella doppia parte e mescola con una simpaticissima amenità accenti di verità e toni di caricatura. Dopo di lui si fa notare specialmente Rubi Dalma, che rende magnificamente come fotografia e che sta nella sua parte con una aderenza e una spontaneità veramente notevoli per una che deve affrontare nel suo debutto una parte relativamente così sviluppata [...].[1]
  • Clouzot ha cinquantacinque anni. È l'età critica in cui generalmente un artista è preso dalla improvvisa, lancinante paura di essere scavalcato dal tempo, di perdere distanza nei ranghi di quella che si afferma in quel momento come la vittoriosa avanguardia dei giovani. È almeno così che mi spiego come Clouzot, che è sempre stato il più spregiudicato dei registi, si sia imbarcato con La verità nella scia della nouvelle vague, assumendone supinamente temi, personaggi e dialettica.[2]
  • [Su Maddalena... zero in condotta] È il definitivo diploma di regista di Vittorio De Sica. Mano pronta e felice, tempismo intelligente, naturalezza narrativa, sapore di scorci [...]. Ma soprattutto convincono la grazia, la leggerezza, l'affiatamento con cui egli ha saputo muovere e far parlare il suo stuolo di giovanissime interpreti [...]: il senso cinematografico delle battute che è riuscito ad infondere in esse.[3]
  • [Su Stella del mare] Evidentemente il soggettista e dietro di lui gli altri autori del film, volevano fare una specie di parodia compendiata di tutte le ingenuità, le incongruenze e la povertà d'immaginazione, solite a trovarsi in questi film di tenori. Però era meglio se lo facevano capire di più...[4]
  • La parola che ho più visto usare l'anno scorso, quando Nostra Signora dei Turchi uscì a Venezia, fu "dissacrazione". Curioso, la vedo ricomparire adesso che il film esce in circolazione pubblica. Naturalmente, in questo caso "dissacrazione" non va preso in senso canonico, come annullamento di un vincolo religioso, ma come disposizione blasfema contro tutto ciò che è moralmente e socialmente considerato oggetto di rispetto.
    A parte che per Carmelo Bene tutti siamo cretini (e questo, magari, a vedere – come tutti insieme mandiamo avanti le cose del mondo, non è neanche sbagliato), egli non tralascia nulla per offendere la nostra sensibilità corrente.[5]
  • [Su Sono stato io!] Naturalmente i punti culminanti del film sono le scene madri della commedia, tuttavia Amato e Matarazzo han cercato di variarne il più possibile lo sfondo, introducendo elementi nuovi, il teatro, la vita di spiaggia ecc. Peccato che questi ambienti, nel film, non sono poi fusi ed equilibrati. [...] Una graziosa apparizione è Alida Valli, fresca e fotogenicamente piccante: una piccola crisalide con molte promesse.[6]
  • [Su Gli uomini, che mascalzoni...] Non è un film ambizioso, un film in cui ci sia magniloquenza e spreco di mezzi. È un film fatto di finezze, di garbo, di squisita misura. [...] È anche un film profondamente nostro, di carattere e di atmosfera. [...] Il luogo dell'azione è Milano. È la prima volta che vediamo Milano sullo schermo. Ebbene, chi poteva supporre che fosse tanto fotogenica? [Camerini ha saputo] cogliere con una finezza estrema certe inconfondibili caratteristiche del volto e del movimento di Milano, a darcene, senza sforzo, e senza quegli abusi documentari, che qualche volta riducono i film di questo genere a delle raccolte di cartoline di monumenti celebri, il colore tutto lombardo, l'operosa vitalità.[7]
  • [Su Marcella] Purtroppo Pavanelli, che pure è un produttore abile, ha sbagliato ad azzardare Caterina Boratto, sulla sola scorta del riuscito debutto di Vivere, in una parte che esige fiato drammatico e mezzi sicuri. Ella è sempre bella e gentile, ma ancora troppo inesperta e la sua Marcella, pietosa ma statica, non riesce a toccare la sensibilità teatrale dello spettatore. L'unico personaggio vivo è la vecchia baronessa, alla quale Emma Gramatica presta tutto il suo gioco sfumato e il mordente della sua scienza scenica [...].[8]
  • [Su Piccolo mondo antico] Si potrà dissentire su parecchi dettagli [...] ma in tutto il resto, cioè in quello che veramente conta, era difficile conciliare più degnamente, e con più rispetto, l'anima del libro con le necessità commerciali del film. Soprattutto è riuscita la parte più gelosa e più difficile: la drammatizzazione visiva dei personaggi di Franco e Luisa, e del loro conflitto. [...] Non solo, ma più ancora di questo, dò atto agli autori del film di aver trasfuso [...] quel senso [...] di un presente arcano, nelle luci del lago, nell'ombra delle notti, nella concatenazione di quei destini, che guida la mente sino alla soglia degli imperscrutabili disegni di Dio [...]. Alida Valli ci ha dato una splendida Luisa, tenera, forte, vibrata, schiva, alla cui tragica maternità la sua estrema giovinezza aggiunge compassione senza togliere grandezza. Massimo Serato è fisicamente un Franco ideale, ed è bravissimo: il suo stile espressivo ha una distinzione rara, e una sobrietà esemplare.[9]
  • Una ottocentesca purezza, una gentile malinconia, un nostalgico profumo è il fascino che emana dai personaggi e dallo sfondo di Una romantica avventura. [...] Il film abbonda di episodi delicati e graziosi, nei quali Camerini ha versato l'effusa pienezza della sua umana e simpatica vena. [...] Assia Noris è la protagonista. Sia nei freschi falpalà e nei riccioli della giovinetta, come sotto il perfetto trucco dell'invecchiamento, ella è davvero eccezionalmente brava ed espressiva; mai un momento la sua recitazione casca, mai una sua battuta, un suo gesto, non porta alla commozione. Accanto a lei Gino Cervi porta il suo personaggio con giusto vigore e bonomia [...].[10]
  • [Su Scarpe grosse] Un piacevole e grazioso film. Solo, nella seconda parte i soggettisti hanno avuto il torto per me di calcare un tono declamatorio e moraleggiante, bellissimo in altra sede, ma qui sproporzionato all'occasione tipicamente comico-sentimentale del soggetto. [...] A ogni modo il complesso è francamente divertente. Dino Falconi ha diretto con gusto, con brio e con sicurezza. [...] Amedeo Nazzari è lepidissimo nella prima metà del personaggio, sinché dura il suo stadio di acclimatazione alla ricchezza, poi scavalca di colpo le sfumature: tuttavia il tipo è teatralmente riuscito.[11]

Note[modifica]

  1. Da Corriere della Sera, 30 agosto 1937; citato in Chiti, p. 337.
  2. Da Brigitte piange e grida ma non commuove nessuno, in Epoca, 26 marzo 1961, anno XII, n. 547, p. 100.
  3. Da Corriere della Sera, 1° gennaio 1941; citato in Savio, pp. 197-198.
  4. Da Corriere della Sera, 16 maggio 1939; citato in Savio, p. 8.
  5. Da Corriere della Sera, 25 maggio 1969; citato in Lodato, pp. 195-196.
  6. Da Corriere della Sera, 24 dicembre 1937; citato in Laura p. 32.
  7. Da Corriere della Sera, 12 agosto 1932; citato in Savio, p. 378.
  8. Da Corriere della Sera, 1º dicembre 1937; citato in Chiti, p. 210.
  9. Da Corriere della Sera, 13 aprile 1941; citato in Laura p. 55.
  10. Da Corriere della Sera, 7 settembre 1940; citato in Chiti, p. 307.
  11. Da Corriere della Sera, 30 novembre-1° dicembre 1940; citato in Savio, p. 309.

Bibliografia[modifica]

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