Carlo Lucarelli

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Carlo Lucarelli nel 2008

Carlo Lucarelli (1960 – vivente), scrittore, conduttore televisivo, giornalista e sceneggiatore italiano.

Citazioni di Carlo Lucarelli[modifica]

  • L'autostrada diventa un serpente dalle scaglie fitte, che lentamente si allunga, si stende, abbagliante di riflessi, e attende, immobile, sotto al sole, respirando piano al ritmo roco dei motori accesi. (da Autosole, Rizzoli, 1998)
  • La prima volta che ho avuto paura guardando un film è stato con Il cervello di Frankenstein, in cui Gianni e Pinotto incontravano una serie di mostri, come li chiamavamo noi bambini allora, tra cui Dracula e l'Uomo Lupo. Era un film comico - c'erano Gianni e Pinotto – ma io avevo solo dieci anni, ai vampiri e i licantropi ci credevo veramente, e quando alla fine Gianni e Pinotto si trovano in barca con l'Uomo Invisibile per me fu il colpo di grazia.[1]
L'Adige, a cura di Claudio Sabelli Fioretti, 30 agosto 2003
  • [Alla domanda se fosse più interessante scrivere gialli o analizzare misteri] È molto più divertente e più facile la fantasia. Ti porta dove vuole lei. Tu scopri le cose man mano che vai avanti.
  • Alla fine la storia finisce come piace al libro. Il libro ti prende la mano. Io non so mai che cosa succede alla fine. All'inizio ignoro perfino chi sia l'assassino. Lo scopro mentre scrivo. Molte volte sono in disaccordo con la storia, quando prende una piega che non mi piace molto.
  • In Italia esistono almeno quattro verità. La verità giudiziaria, l'unica che si può raccontare senza venire querelato. Ma mica è detto che sia la verità. Poi c'è la verità storica. Ma viene revisionata. Poi c'è la verità del buon senso. Tipo Pasolini che diceva che lui sapeva anche se non aveva le prove. Infine la verità politica. Un bel macello. Come si fa a dire che c'è una storia di cui si sa tutto? Se pensi che non ci si può mai fidare di nessuno, nemmeno degli organi preposti all'accertamento della verità.
  • Ci sono ancora alcune categorie di personaggi in cui è più facile nascondere l'assassino. La migliore è quella delle donne e delle giovinette fragili. Molte assassine, nei romanzi e nei film gialli, sono fanciulle tenere che alla fine si rivelano jene.

Almost Blue[modifica]

Incipit[modifica]

Il primo carabiniere che entrò nella stanza scivolò sul sangue e cadde su un ginocchio. Il secondo si arrestò sulla soglia come sul bordo di una buca, agitando le braccia aperte, per lo slancio.
– Madonna Santa! – urlò, serrando le guance tra le mani, poi si voltò e corse nel pianerottolo e giù per le scale e oltre la porta e fuori, nel cortile del palazzo, dove si aggrappò al cofano della Punto bianca e nera e si piegò in avanti, spezzato in due da un conato violento.
In ginocchio sul pavimento, al centro della stanza, la pelle dei guanti incollata al pavimento appiccicoso, il brigadiere Carrone si guardò attorno e gli sfuggì un singhiozzo roco, quasi un rutto. Provò ad alzarsi, ma scivolò sui tacchi, cadendo indietro sul sedere e poi su un fianco con uno schiocco umido e vischioso.

Citazioni[modifica]

  • Quella che lei chiama Bologna, è un cosa grande, che va da Parma fino a Cattolica [...] dove davvero la gente vive a Modena, lavora a Bologna e la sera va a ballare a Rimini [...] è una strana metropoli [...] che s'allarga a macchia d'olio tra il mare e gli Appennini.
  • So che da ora in poi lei sarà quella musica e l'avrò in mente tutte le volte che la penserò o la sentirò parlare. E so che mi mancherebbe, se non potessi sentirla più.
  • – "Ti dispiace se sto qui con te?"
    – "Sì"
    – "Perché?"
    – "Perché voglio stare da solo e in silenzio"
    – "E allora stacci da solo e in silenzio..."

Falange armata[modifica]

Incipit[modifica]

Il manganello disegnò un semicerchio, fischiando, e finì dritto sulle labbra di Marchino con uno schiocco secco, tuc!, che gli fece sentire il sapore amaro della plastica prima ancora di quello dolciastro del sangue.

Citazioni[modifica]

  • Anche se il più forte di tutti è Clint Eastwood, bestiale! Coraggio, fatti ammazzare... Dio, mi vengono i brividi tutte le volte che ci penso. (cap. 8, p. 48)
  • La Uno bianca[2] è un bubbone schifoso, il cancro che si nasconde sotto la pelle di questa città. Un cancro che fa comodo a qualcuno, perché serve a coprire tante cose... (cap. 9, p. 62)
  • – No, io... io... Cristo, Nikita, è la prima volta che sparo a qualcuno!
    Le urlo, poi, porca puttana troia, saranno le botte e tutto quello che è successo, cazzo... non sono di ferro neanch'io... mi viene una crisi di nervi e comincio a piangere, con le lacrime e i singhiozzi, merda, come un bambino. Con la faccia nelle mani, perché mi vergogno. (cap. 16, pagg. 110-111)

Il giorno del lupo[modifica]

Incipit[modifica]

Quando partì la prima raffica, inquadrato nella V metallica del mirino dell'Uzi c'era Rocco Carnevale, fermo davanti al bar sotto il portico, la tazzina del caffè in mano. Saltò all'indietro, lanciando in aria il piattino bianco col bollo rosso della Segafredo che Matteo Parisi, in piedi accanto a lui, seguì istintivamente con gli occhi, un attimo prima di piegare violentemente la testa di lato, su una spalla, col mento troncato di netto da un calibro nove a punta morbida.

Citazioni[modifica]

  • Via del Passero è sui colli e ci metto più di dieci minuti, anche se sotto il culo ho un GT turbo 16 valvole e modestamente con le macchine non sono Dio ma suo fratello più piccolo. Dribblo le auto sui viali che sembro Maradona al Gran Premio di Montecarlo e mi sporgo pure dal finestrino per battere la paletta di servizio sul cofano di un coglione su una Punto ferma al semaforo. (cap. IV, p. 33)
  • E 'ste minchie di cittadini che prima si incazzano perché hanno i brasiliani che gli fanno casino sotto casa e poi, quando cominci a andare in giro a rompere, si incazzano di nuovo perché non possono andare a puttane in pace. Bologna è una città ipocrita. (cap. VI, pagg. 52-53)
  • – Lo sai cosa sei? – mi chiede. Se dice sei uno sfigato giuro che le do una sberla.
    – Chi sono? – chiedo, pronto, con la mano che mi frigge.
    – Sei un fascista.
    – Ma va' là!
    – No, no... sei un fascistone, davvero.
    – Ma che cazzo dici? Mio padre era nel PCI dagli anni Sessanta, ha avuto anche dei guai a stare nella polizia. E io, bambina, io... tu non eri ancora nata che io aiutavo mia madre a chiudere i tortellini ai Festival dell'Unità.
    Nikita mi guarda, fa una smorfia strana, poi stira le labbra, chiude gli occhi e mi ride sulla faccia. Una risata squillante, lunghissima, che finisce in un singhiozzo e la lascia con gli occhi velati di lacrime.
    – Oh Dio... – ansima, – eri quasi un terrorista, davvero... – Ride ancora, più roca, di gola e io stringo i denti, soffiando fuori l'aria dal naso, incazzatissimo. (cap. VI, p. 54)

L'ottava vibrazione[modifica]

Incipit[modifica]

Tutte le volte che si allentava il nodo della cravatta, il signor Cappa batteva l'unghia del pollice contro la superficie inamidata del colletto. Agganciava il nodo con l'indice, tirava piano verso il basso e poi, sempre, un piccolo colpo con la punta del pollice sulla cellulosa irrigidita, un piccolo colpo secco, all'indietro, come per lanciare una biglia, tutte le volte. Non serviva a niente, non aveva significato, e se anche gli avessero chiesto il motivo per cui lo faceva lui non avrebbe saputo cosa rispondere, perché non si era mai accorto nemmeno di farlo.

Citazioni[modifica]

  • Si sentiva.
    Si sentiva nell'aria che schiacciava la città.
    C'era qualcosa di diverso in quell'aria immobile e pesante, calda come in un forno, un odore aspro di metallo e fumo bagnato, un brivido elettrico, che sapeva di bruciato e faceva rizzare i peli sulle braccia. Era già stagione di piogge, ma non è aria di temporale quella che possono sentire tutti, da Massaua e lungo la costa, oltre Archico, Zula, Assab, e dentro, fino a Cheren, e su per l'altopiano, fino ad Asmara, Agordat e oltre, oltre i confini della Colonia, nelle terre del negus.
    È aria di guerra. (cap. Due)
  • Non è nu suldate, Sciortino, è nu cuntadine. (cap.Trentadue, p. 246)
  • Ecco perché l'hanno fregato. Perché non ci doveva proprio andare, in guerra, perché una volta che ci sei dentro, in un modo o nell'altro, ti tocca farla. Porterò la sedizione là in Colonia. Io non sparo a nessuno. Sí, col cazzo. (cap. Cinquantasei)
  • Credevamo di imporci a quattro beduini da comprare con le perline e invece siamo andati a rompere i coglioni all'unica grande potenza africana, cristiana, imperialista e moderna. Anche i francobolli aveva fatto fare il negus. (cap. Fotografia, p. 439)
  • Ci siamo andati impreparati, mal comandati e indecisi e quel che è peggio senza soldi. Fidando nella nostra fortuna, nell'arte di arrangiarsi e nella nostra bella faccia. Lo abbiamo fatto per dare un deserto alle plebi diseredate del Meridione, uno sfogo al mal d'Africa dei sognatori, per la megalomania di un re e perché il presidente del Consiglio deve far dimenticare scandali bancari e agitazioni di piazza. Ma perché le facciamo sempre cosí, le cose, noi italiani? (cap. Fotografia, p. 439)

La faccia nascosta della luna[modifica]

Incipit[modifica]

Che esista una faccia nascosta della luna lo sappiamo, ce l'hanno detto anche i Pink Floyd.
Che cosa succeda da quelle parti, invece, ce l'ha svelato Astolfo nell'Orlando Furioso: ci va a finire il senno di quelli che l'hanno perso, ci aleggiano, liberi e inafferrabili, la ragionevolezza, la concretezza, la sicurezza, l'equilibrio e la normalità di chi sull'altra faccia della luna, quella visibile a tutti, ci vive ogni giorno. Anzi, vive anche più in su della luna, ancora più in alto, sulle stelle.
Ecco, esiste una faccia nascosta delle stelle?
Di sicuro esiste una faccia nascosta delle star. Soprattutto quelle del cinema e della musica, e in particolare in quella più maledetta: il rock.

Citazioni[modifica]

  • Ecco, c'è un club di cui sicuramente nessuno vorrebbe far parte, anche se i suoi membri sono famosi e geniali, artisti amati e affascinanti come Janis Joplin, per esempio, o Jim Morrison, o Brian Jones, Kurt Cobain, Gram Parsons e Robert Johnson. Si chiama Club del 27, e ha questo nome perché tutti i suoi membri sono morti a ventisette anni, alcuni di loro anche a distanza di pochi giorni, come Janis Joplin, per esempio, e un altro grande della musica attorno alla cui morte sono nate numerosissime leggende, e anche qualche ipotesi. Si chiama Jimi Hendrix. (da Jimi Hendrix, p. 10)
  • Se il Diavolo in persona si fosse stancato di suonare il blues nel Delta del Mississippi e avesse deciso di spostarsi nella swingin' London dei primi anni Sessanta, forse tra le band del momento avrebbe scelto i Rolling Stones. Ma sicuramente, tra gli Stones, avrebbe scelto di essere Brian Jones. Non l'istrionico Mick Jagger o il gelido Charlie Watts, ma il geniale, inquieto, insopportabile Brian Jones. E questa, dal punto di vista di un rocker, non è una critica, ma un complimento. (da Brian Jones, pag 85)
  • Ci deve essere un'isola nell'oceano Pacifico, una bella isola sperduta e nascosta sulle cui spiagge bianche passeggiano tranquilli Elvis Presley, James Dean, John Lennon e Marilyn Monroe. E magari, a fumare la sua pipa su una sdraio, in disparte, c'è pure Sherlock Holmes, che per i suoi più appassionati lettori non è un personaggio letterario ma è esistito veramente alla fine dell'Ottocento ed è ancora vivo, perché ha scoperto una specie di siero dell'immortalità. (da Jim Morrison, p. 195)
  • Marilyn ci ha lasciato col suo volto sorridente e assente[3], dalle mille interpretazioni. Un volto enigmatico, come la Gioconda. Due volti che troviamo spesso a rappresentare due periodi diversi dell'arte, il Rinascimento e il Contemporaneo. Marilyn e la Gioconda: due volti, due sorrisi misteriosi. (da Marilyn Monroe, p. 213)

L’inverno più nero[modifica]

Citazioni[modifica]

  • – C’è una stanza speciale, nel deposito, dove teniamo gli oggetti preziosi confiscati per… come lo chiamate voi, Prisenrecht… – Diritto di preda, – disse il capitano. De Luca aveva pensato diritto di bottino, come i pirati, e lo sapeva cos’era, lo facevano con gli animali e i macchinari delle fabbriche, ma anche con quello che trovavano nelle case, lo facevano anche quelli delle Brigate, anche la Questura, anche i suoi, nei posti in cui facevano irruzione, requisivano, confiscavano, un po’ lo consegnavano al Comando e un po’ se lo tenevano.
  • [Il Dentista, torturatore fascista, parlando con De Luca e Vilma] Il soggetto non deve essere torturato, deve stare torturato. Ti faccio un esempio. Fanno tutti cosí, mettono i prigionieri a dormire di sopra e torturano di sotto, nelle segrete, segrete di che, poi, sono carogne, son traditori, non sono mica piú italiani se mai lo sono stati, torturarli sarebbe un dovere anche se non avessero niente da dire, dico bene, signorina?, vedo che mi capite.
  • [Petrarca rivolgendosi a De Luca] – Io non ordino niente, – disse quando ebbe ripreso fiato. – Io sono solo un soldato, un poliziotto, va bene, ma è lo stesso. Combattiamo una guerra, e in guerra i soldati vengono uccisi, da una parte e dall’altra. La differenza è che quelli che ammazziamo noi non sono innocenti. Sta qui la differenza. Il Dentista, la Vilma, Campanella, non sono innocenti. Non lo sono mai stati. Non lo è il fascismo, questo regime assassino, la Repubblica Sociale, Mussolini, non lo sono i tedeschi come quel nibelungo del vostro tenente… è un elenco lungo e lo conoscete anche voi.
  • Rassetto alzò la bottiglia. – Brindiamo al nostro culo. Perché il Prefetto, i tedeschi, anche i camerati della Gnr e delle Brigate, hanno già cominciato tutti a tirarsi giú le braghe –. Sollevò il sedere dal davanzale per fare il gesto con le mani impegnate. – Perché lo sanno che gli Alleati e i ribelli sono fermi per l’inverno, e un po’ questa calma ci aveva fatto sperare, ma appena arriva primavera ripartono tutti e Bologna si riempie di negri a stelle e strisce, polacchi, badogliani e comunisti, assatanati, bramosi di farci un culo così, e allora io brindo a lui, al nostro povero culo scoperto.

Incipit di alcune opere[modifica]

G8[modifica]

Una volta, quando non c'erano le videocamere portatili, i telefonini in grado di riprendere e scattare foto, le macchine fotografiche digitali, i siti Internet in cui diffondere tutto, una volta, insomma, era più difficile documentare un evento.
Anzi, era più facile nasconderlo.
Manipolarlo.
Depistare.
Lo abbiamo già visto tante volte.
Invece, di quello che è successo a Genova tra il 18 e il 22 luglio del 2001 durante lo svolgimento del vertice del G8 esistono migliaia di fotografie, centinaia di ore di ripresa, incisioni audio. Praticamente ogni secondo significativo è stato registrato e da più angolazioni.
I fatti sono tutti lì, su pellicola, o su file digitali.
Eppure, nonostante tutto, qualche mistero ancora resta.
E restano ancora molte cose da chiarire.
Soprattutto resta da capire come e perché sia successo questo.

Guernica[modifica]

Madrid, 10 aprile 1937
¿Dónde están tus compañeros? ringhiava il coronel stringendogli forte le guance con i suoi artigli neri ma al profesor, come a un pesce preso all'amo, usciva soltanto una bolla scura di saliva dalle labbra schiacciate e il coronel lo colpì sul volto con le dita magre chiuse a martello, finché dal naso non gli uscí uno schizzo di sangue rosso da comunista, caldo nella notte fredda di Madrid.

Indagine non autorizzata[modifica]

C'era odore di pane nell'aria, caldo e croccante, così intenso che copriva il sapore salato della brezza fresca che soffiava dal mare. Lo stomaco di Piscitello gorgogliò così forte che uno dei due cani che teneva al guinzaglio voltò la testa sul collare, guardandolo con quegli occhi rotondi e lucidi, da bambola, e un angolo di lingua rosa tra i denti appuntiti.
Che bestie stupide, pensò Piscitello, e che abitudine idiota quella di portarle fuori all'alba, tutti i giorni, a fare i bisognini, come diceva la moglie del comandante, donna stupida anche lei come i suoi cani, con gli stessi occhi lucidi e rotondi. Che però restava a letto, la mattina.

L'isola dell'angelo caduto[modifica]

Da allora, anche anni e anni dopo che gli eventi si furono conclusi, conclusi e mai dimenticati, ogni volta che guardava il mare, e vedeva la schiuma di un'onda spaccarsi su uno scoglio, e sentiva le gocce che si schiacciavano sul vetro della finestra a cui appoggiava la fronte, ogni volta, ovunque si trovasse, gli tornava in mente la notte che arrivò sull'isola.

Lupo mannaro[modifica]

Strinse la cintura così forte e all'improvviso che a Monica la lingua si graffiò sui denti quando un conato violento gliela spinse fuori fra le labbra socchiuse. Lei spalancò gli occhi nel buio, senza capire, perché stava dormendo rannicchiata come un feto, con la spalla e la tempia appoggiate alla pelle calda del sedile e aveva mormorato appena, nel sonno, sentendo il fruscio sottile del cuoio attorno al collo e poi il dente della fibbia che tintinnava rapido sui buchi.

Misteri d'Italia[modifica]

Michele Sindona[modifica]

Ci sono misteri, nella storia d'Italia, che sembrano destinati a non avere mai soluzione. Sono quelli che coinvolgono ambienti diversi, diversi strati della società, diversi livelli, persone diverse, così che quando si comincia a scoprire qualcosa, a sollevare un angolo del velo che nasconde tutto, c'è sempre qualcuno, da un'altra parte, che ha paura e che fa qualcosa per mantenere quel velo.

Graziella Campagna[modifica]

Questa è una brutta storia.
È una storia misteriosa, toccante, assurda, anche vergognosa, ma è brutta perché ha come vittima una ragazza di diciassette anni, una bella, tranquilla, normale ragazza di paese, il cui destino, un giorno, per caso, imbocca la strada sbagliata e finisce dove non dovrebbe.

La strage di Gioia Tauro[modifica]

Questa è la storia di un mistero dimenticato.
Talmente oscuro, talmente misterioso, che per tanto tempo nessuno ne ha saputo niente, dissolto quasi, coperto dalle nebbie nere di tanti altri grandi Misteri d'Italia.

Mauro De Mauro[modifica]

Questa è la storia di uno dei più lunghi e più oscuri dei tanti Misteri d'Italia, quasi una specie di simbolo, di caso emblematico. Talmente complicato, intricato e tortuoso che proprio questo è diventato: un «caso», quasi che non fosse neanche più una storia vera, con un uomo vero al centro.

Enrico Mattei[modifica]

Questa è la storia di un uomo, o meglio, di tanti uomini, alcuni importanti e altri no, che contribuiscono a creare uno dei più grandi Misteri d'Italia, quasi il Mistero dei Misteri, quello da cui sono nate tante altre storie inquietanti e complicate.

Roberto Calvi[modifica]

Questa è la storia di un piccolo uomo, un uomo riservato, silenzioso e chiuso, un uomo che a incontrarlo così sarebbe passato inosservato, e invece è uno degli uomini più importanti d'Italia, al centro di relazioni e rapporti d'affari con tutto il mondo.

Antonio Ammaturo[modifica]

Questa storia è un film, sarebbe un film, un film poliziesco degli anni Settanta come Io ho paura di Damiano Damiani, o un romanzo di Attilio Veraldi come La mazzetta, se non fosse una storia vera.

Antonino Gioè[modifica]

Questa è una storia di Mafia.
Ma non la solita storia di Mafia, di quelle che crediamo, anche se non è vero, di aver già sentito raccontare tante volte. Questa è una storia di Mafia molto particolare. È la storia di un uomo in crisi, di una morte misteriosa, di grandi personaggi da romanzo, buoni e cattivi, di intrighi.

Sergio Castellari[modifica]

Questa è una storia che parla di soldi, tanti soldi, così tanti che è anche difficile riuscire a immaginarli.
E parla poi di un uomo disperato, di un sostituto procuratore molto deciso, di un suicidio misterioso e di una corsa contro il tempo. Sono argomenti da romanzo giallo, sembra la trama di Più bianco del bianco di Sandro Ossola, e invece è la realtà, è uno dei grandi Misteri d'Italia, che sembrano sempre più incredibili del più incredibile thriller.

La banda della Uno bianca[modifica]

Questa è la storia più incredibile che abbiate mai sentito raccontare.
Neanche la fantasia del più geniale scrittore di romanzi gialli sarebbe riuscita a inventare una trama cosi piena di colpi di scena, cosi inquietante e cosi misteriosa. Se fossero inventati, i protagonisti negativi di questa storia, sospesi tra una ferocia diabolica e una banalità sconcertante, sarebbero il segno di un grande scrittore. E invece sono reali, non li hanno immaginati Ed McBain o James Ellroy e neppure Loriano Macchiavelli, ci sono davvero, come ci sono stati davvero i morti e i feriti, gli investigatori e tutti gli altri protagonisti di questa storia.

Mistero in blu[modifica]

Francesca. Il «caso Alinovi»[modifica]

Francesca Alinovi
Bologna, 12 giugno 1983.

Ci sono casi, nella cronaca, che anche a distanza di anni, anche quando sembrano risolti e non c'è più niente da fare, restano nella testa della gente e di un'intera città, e continuano a bruciare con le stesse domande di allora.

Antonella. Il «caso Falcidia»[modifica]

Antonella Falcidia
Catania, 4 dicembre 1993.

Anche il «caso Falcidia» è veramente un giallo. Una di quelle storie misteriose, piene di colpi di scena, di insospettati e di insospettabili, di piste che sembrano portare alla verità e invece non portano a niente, quasi come se davvero, dietro, ci fosse una mente diabolica che ha organizzato tutto.

Max. Il «caso dei pesciolini rossi»[modifica]

Massimiliano Iorio
Rimini, 19 marzo 1997.

Se fosse un romanzo giallo, il caso di Massimiliano Iorio, Max per gli amici, sarebbe un racconto di Patricia Highsmith o un romanzo di Cornell Woolrich. Un noir in cui il destino è nascosto in agguato, pronto a balzare fuori e cambiare il corso di una vita, all'improvviso.

Alessandra. Il «caso Vanni»[modifica]

Alessandra Vanni
Castellina (Si), 9 agosto 1997.

Una donna sola, in un luogo buio e deserto, dove nessuno la può sentire e nessuno la può aiutare. Se fosse un romanzo o un film giallo, il caso di Alessandra Vanni sarebbe una storia da mago del brivido, da James Ellroy o da Alfred Hitchcock.

Alvise. Il «caso Di Robilant»[modifica]

Alvise di Robilant
Firenze, 15 gennaio 1996.

Quello del conte Alvise di Robilant è un caso particolarmente misterioso, uno di quelli che dimostrano come la realtà non abbia purtroppo nulla da invidiare al più diabolico romanzo giallo. Come tutti i casi di cronaca realmente avvenuti, anche questo apre una finestra su un mondo che credevamo di conoscere e invece non è così e un po' ci fa paura.

Mimmo, Gemma e Angela. Il «caso della strage di via Caravaggio»[modifica]

Domenico, Gemma e Angela Santangelo
Napoli, 29 ottobre 1975.

Questa è una storia che dimostra come la realtà, a volte, possa diventare puro e semplice orrore. È accaduta a Napoli, in via Caravaggio numero 78.
Il 29 ottobre 1975.

Giuliano ed Enrico. Il «caso degli Uomini d'oro»[modifica]

Giuliano Guerzoni ed Enrico Ughini
Bussoleno (To), 13 luglio 1996.

A frugare tra le pieghe della realtà se ne incontrano di casi interessanti. Non solo misteri più insolubili del più classico romanzo giallo, ma grandi storie così grandi e così vere da sembrare inventate. Io, se potessi scegliere un caso di cronaca, cancellarlo dalla memoria di tutti e riscriverlo come se lo avessi inventato io, da scrittore, sceglierei un caso di Torino. Il caso degli Uomini d'oro.

Nuovi misteri d'Italia[modifica]

Salvatore Giuliano[modifica]

Questa è una storia di bugie.
La Storia, anche quella con la esse maiuscola, è sempre piena di bugie, ma quella dell'Italia dal dopoguerra ad oggi lo è particolarmente. È per loro che i misteri che ci accompagnano da più di cinquant'anni di Prima e Seconda Repubblica sono misteri, per le bugie, tanto che quasi quasi non dovremmo neanche chiamarli misteri, ma segreti. La verità è lì, potremmo prenderla, guardarla, toccarla, leggerla, ma sopra c'è qualcosa, una menzogna, una deviazione, una bugia che ce la nasconde, la fa sparire, la rende segreta.

Wilma Montesi[modifica]

Questa è la storia di un giallo italiano.
Un vero e proprio mistero da romanzo poliziesco, torbido, strano, pieno di incredibili colpi di scena. Uno di quei gialli che partono da quello che sembra un piccolo caso di cronaca nera, destinato a occupare poche righe sui giornali e sparire, invece si allarga a macchia d'olio, coinvolge sempre più persone e arriva sempre più lontano, come un sasso gettato nell'acqua, lontano e in alto, travolge giornalisti, poliziotti, faccendieri, belle donne e uomini politici, e diventa il primo grande scandalo della Repubblica italiana.

La strage di Ustica[modifica]

Questa è una storia che fa paura.
Come ritrovarsi all'improvviso al centro di un intero universo sconosciuto, nero e misterioso, popolato di ombre che si muovono minacciose, di occhi che ti guardano. Tu sei lì, al centro di tutto questo, e non sai cosa accada in quel mondo nero, quali siano le sue leggi e i suoi segreti, se non che all'improvviso dal buio può arrivare qualcosa che ti colpisce, ti sbrana, ti cancella. ti uccide.

Alceste Campanile[modifica]

Questa è una storia complicata.
Una di quelle storie che sembrano semplici, con una dinamica molto chiara, sempre la stessa per ogni omicidio di questo tipo, e invece c'è qualcosa che non torna, qualcosa che non quadra, e tutto finisce per restare un mistero.

I mostri di Firenze[modifica]

Questa è una storia di mostri.
È la storia più spaventosa che si possa immaginare.
Una di quelle storie che fanno da confine, da linea di demarcazione tra un prima e un dopo. Prima che accadesse si poteva dire che certe cose non succedono, non qui, non da noi.
Dopo, non più.

Antonino Agostino ed Emanuele Piazza[modifica]

Questa è la storia di due ragazzi.
Uomini di legge, poliziotti, ragazzi in divisa che avevano un sogno e una passione. Due ragazzi che tra guardie e ladri avevano scelto di essere guardie che prendono i ladri, ma hanno avuto la sfortuna di farlo in un mondo strano, in cui niente è quello che sembra.

Pier Paolo Pasolini[modifica]

C'era il protagonista di una serie di romanzi gialli di Augusto De Angelis che si chiamava De Vincenzi, il commissario De Vincenzi. Un giorno, in uno di quei romanzi, il commissario De Vincenzi dice che tutto sommato quello che lo porta a fare il suo mestiere, a impegnarsi con passione in indagini difficili, complicate e a volte anche pericolose, non è la curiosità di sapere chi è stato, ma un mistero molto più grande, che da sempre ci appassiona. «Il mistero del cuore umano», dice il commissario.

Beppe Alfano[modifica]

Questa è la storia di un giornalista.
Uno di quei giornalisti che si vedono nei film, come Prima pagina di Billy Wilder o L'ultima minaccia con Humphrey Bogart, quelli che osservano, intuiscono, sentono che c'è qualcosa, e allora si fissano, indagano, chiedono, non mollano, non ci dormono la notte, e alla fine scoprono che davvero qualcosa c'è, e allora la scrivono, la dicono, costi quel che costi.

La strage di Bologna[modifica]

Ci sono storie che per tante ragioni colpiscono più di altre. Per chi vive o è nato a Bologna, per esempio, la storia della strage della stazione è sicuramente la più straziante di tutte. Ma non c'è bisogno di amare Bologna per sentirsi particolarmente colpiti dall'evento. Quello che è successo alla stazione il 2 agosto del 1980 è qualcosa di incredibile, di enorme, al limite dell'impensabile.

Piazza Fontana[modifica]

C'è un uomo che vola.
Le braccia allargate, il volto proteso in avanti, le gambe dietro, distese, sembra davvero che stia volando, e invece precipita, cade. Sta cadendo lungo la tromba delle scale di un condominio di Padova. Tre piani, il secchio delle pulizie lassù, sul pianerottolo, perché quell'uomo ci lavora in quello stabile al numero 15 di piazza Insurrezione, il secchio delle pulizie lassù, una scarpa che è saltata via al primo piano e lui che cade, non vola, cade, sempre più veloce, verso il pavimento dell'atrio, e intanto urla in quel condominio silenzioso di prima mattina.
Quindici metri, tre piani, uno dopo l'altro, e poi il tonfo sul pavimento, e l'altra scarpa che vola via, lontano.
La moglie lo troverà qualche ora dopo, nel vano dell'ascensore.
Morto.

Un giorno dopo l'altro[modifica]

Doveva aver fatto un volo di almeno dieci metri, perché la macchina stava ancora bruciando molto più indietro, ferma accanto al marciapiede, tra un furgoncino dal parabrezza incrinato e una Volvo col bagagliaio spalancato dall'esplosione.

Filmografia[modifica]

Bibliografia[modifica]

Note[modifica]

  1. Citato in Riccardo Strada, Il buio oltre lo schermo. Gli archetipi del cinema di paura., Zephyro Edizioni, Treviglio, 2005. ISBN 8883890221.
  2. Per approfondire vedi w:Banda della Uno bianca.
  3. Si fa riferimento al ritratto di Marilyn Monroe di Andy Warhol

Altri progetti[modifica]

Opere[modifica]