Georg Trakl

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Georg Trakl

Georg Trakl (1887–1914), poeta austriaco.

Citazioni di Georg Trakl[modifica]

  • Ombra io sono, lontana dai villaggi scuri. | Silenzio di Dio | bevvi alla fonte del bosco. || Freddo metallo mi affiora sulla fronte, | ragni cercano il mio cuore. | C'è una luce e si spegne alla mia bocca. (da De profundis[1])
  • Egli veramente amava il sole, che purpureo il colle scendeva. | Le vie del bosco, il canoro uccello nero | e la gioia del verde. || Serio era il suo sostare all'ombra dell'albero | e puro il suo volto. | Dio parlava con soave fiamma al suo cuore: | oh, uomo! || Silenzioso il suo passo trovò la città di sera; | l'oscuro lamento della sua bocca: voglio diventare un cavaliere. (da La canzone di Kaspar Hauser, per Bessie Loos[2])
  • [Su Karl Kraus] Bianco sacerdote sommo della verità, | voce cristallina, in cui dimora di Dio il gelido respiro, | mago furente, | cui sotto fiammeggiante mantello l'azzurra corazza del guerriero tintinna.[3]
  • Amara neve e luna!
    Un rosso lupo che un angelo strangola. Le tue gambe tintinnano nell'incedere come azzurro ghiaccio e un sorriso pieno di tristezza e orgoglio ha impietrito il tuo volto e la fronte impallidisce per l'ebbrezza del gelo;
    o forse si china muta sul sonno di un guardiano, che s'è lasciato cadere nella sua capanna di legno.
    Gelo e fumo. Una bianca camicia di stelle brucia le spalle di chi la porta e gli avvoltoi di Dio sbranano il tuo cuore di metallo. (da Notte invernale[4])
  • Ai selvaggi organi della tempesta invernale | somiglia del popolo l'oscura collera, | la purpurea onda della battaglia, | di stelle sfrondate. (da Sul fronte orientale[5])
  • Voi grandi città | su pietra innalzate | nella pianura! | Così senza parola segue | il senza patria | dalla scura fronte il vento, | gli alberi nudi sulla collina. | Voi, dalla luce incerta all'orizzonte, fiumi! | Poderoso soverchia | tetro, vesperale rosso | nelle nubi di tempesta. | Voi moribonde nazioni ! | Pallida onda | che s'infrange sulla riva della notte, | cadenti stelle. (Occidente, 3, a Else Lasker-Schüler in venerazione.[6])
  • Di nuovo vagando nell'antico parco, | oh, calma dei gialli e rossi fiori, | anche voi in lutto, voi dolci dèi, | e l'autunnale oro dell'olmo. | Immobile spicca nell'azzurrino stagno | la canna, a sera ammutolisce il tordo. | Oh! curva allora anche tu la fronte | dinanzi al marmo diroccato degli avi. (Nel parco[7])
  • L'azzurra fonte ai tuoi piedi, misteriosa la rossa calma della tua bocca, | abbuiata dal sopore del fogliame, dal cupo oro di maceri girasoli. | Le tue palpebre sono gravi di papavero e sognano sommesse sulla mia fronte. | Soavi campane solcano il petto d'un tremito. Una nuvola azzurra | è il tuo volto su me calato nel crepuscolo. | Una canzone sulla chitarra, che risuona in taverna straniera, | i selvaggi cespugli di sambuco laggiù, un giorno di novembre da gran tempo trascorso, | passi familiari sulla scala in penombra, la vista di travi scurite, | un'aperta finestra, a cui rimane sospesa una dolce speranza; | indicibili sono, o Dio, queste cose, e si cade in ginocchio. (da Per via[8])
  • Che t'inchioda sulla scala diroccata, nella casa dei tuoi padri? Un nero di piombo. Che sollevi con mano d'argento agli occhi; e le palpebre ripiombano come ebbre di papavero? Ma traverso il muro di pietra tu vedi il cielo stellato, la Via Lattea, Saturno; rosso. Furioso al muro di pietra picchia l'albero spoglio. Tu su scalini in rovina: albero, stella, pietra! Tu, azzurra fiera, che sommessa trema; tu, il pallido sacerdote che la scanna sul nero altare. Oh il tuo sorriso nel buio, triste e cattivo, che un bimbo nel sonno impallidisce. Una rossa fiamma balzava dalla tua mano e una farfalla s'abbruciava. Oh il flauto della luce; oh il flauto della morte. Che t'inchiodava sulla scala in rovina nella casa dei tuoi padri? Là alla porta picchia un angelo con dito di cristallo. (Da Metamorfosi del male[9])
  • Sublime è il silenzio della foresta, buio inverdito e i muscosi animali, che svolazzano in alto, quando scende la notte. Oh! l'orrore, poi che ogni essere conosce la sua colpa, va per sentieri di spine. Così trovò egli nel roveto la bianca figura della bimba, sanguinante pel manto del suo fidanzato. Ma egli stava sepolto nella sua chioma d'acciaio muto e dolorante innanzi a lei. Oh gli angeli raggianti, che il vento purpureo della notte disperse. La notte abitava egli in grotta di cristallo e la lebbra cresceva, d'argento, sulla sua fronte. Ombra, scendeva egli l'ultimo sentiero sotto stelle autunnali. (da Sogno e ottenebramento,[10])
  • Amara è la morte, il cibo degli oppressi di colpa; nella bruna ramura del tronco franavano ghignando i volti di terra. Ma sommesso cantava quegli nell'ombra verde del lilla, quando si destava da sogni maligni; soave compagno di giochi gli s'avvicinava un angelo roseo, così ch'egli, mite fiera, si assopiva incontro alla notte; e vedeva il viso stellare della purità. D'oro piegavano i girasoli sulla siepe del giardino, come veniva l'estate. Oh l'alacrità delle api e la verde fronda del noce, i temporali trascorrenti. Argenteo fioriva anche il papavero, recava in verde pisside i nostri notturni sogni di stelle. (da Sogno e ottenebramento[11])
  • Ombre voi dalla luna intrecciate, | rompenti in sospiri nel vuoto critallo | del lago montano. (da La sera[12])
  • Lungo l'orlo della selva io voglio andare creatura taciturna cui dalle mani senza parola il sole crinito è calato; straniero sul colle serale, che piangendo solleva le palpebre sulla città di pietra; fiera immobile nella pace dell'antico sambuco; oh, senza quiete origlia il capo che ormai il crepuscolo avvolge, o seguono i passi esitanti la nuvola azzurra sul colle, severe costellazioni. (da Rivelazione e tramonto[13])
  • Sempre ritorni tu, malinconia. | O dolcezza del cuore solitario. | Muore avvampando una giornata d'oro. || Chi pazienta si china umile al duolo, | sonante d'armonia, di tenue insania. | Ecco, già scende l'ombra. (da In un vecchio album[14])
  • L'ombra, straniero, che hai perduta | nel rosso del tramonto: | un truce corsaro | nel salso mar della tristezza. (da Il sonno[15])
  • Oscure canzoni modula dentro di me | la tua bocca purpurea, | la tacita casetta della nostra infanzia, | obliate leggende, || come se stessi, mite animale, | nell'onda cristallina | della fresca sorgente, | e fiorissero intorno le viole.(da Così piano suonano[16])
  • In scura terra riposa il sacro straniero. | Dalle dolci labbra il dio gli prese il lamento, | quando egli cadde nel fior degli anni. | Un fiore azzurro | sopravvive il suo canto nella notturna casa dei dolori. (A Novalis (seconda versione)[17])

Riportate in Rainer Maria Rilke, Poesie

Traduzioni di Giaime Pintor

  • Elis, se il merlo chiama da nere foreste, | allora è il tuo tramonto. | Bevono le tue labbra il fresco di azzurre sorgenti. || Lascia, se la tua fronte piano sanguina, | le remote leggende | e il presagio oscuro del volo. || Tu che vai con passi taciti nella notte | carica di grappoli purpurei | levi più belle nell'azzurro le braccia. || Batte un cespo di rovi | dove i tuoi occhi guardano, lunari. | Elis da quanto tempo tu sei morto. || Il tuo corpo è un giacinto | in cui fruga con ceree dita un monaco. | Il silenzio è una nera grotta; sbuca || di tanto in tanto timida una fiera, | abbassa lenta le palpebre gravi. | Nera rugiada cola alle tue tempie, || ultimo oro di stelle cadute. (Al ragazzo Elis, p. 111)
  • Colmo di frutti il sambuco; tranquilla era l'infanzia | nella grotta celeste. Su percorsi sentieri, | dove rossiccia stride ora l'erba selvatica, | medita il calmo intrico di rami; un frusciare di foglie. || Simile quando suona l'acqua azzurra sul sasso. | Mite è il lamento del merlo. Un pastore | tacito segue il sole, scende dai colli autunnali. || L'anima non è più che uno sguardo celeste. | Al limite del bosco viene una timida fiera, | posano in fondo le antiche campane e i villaggi di tenebra. || Ma tu meglio conosci il senso degli anni oscuri, | freddo e autunno nelle camere nude; | fuori sul sacro azzurro suonano passi di luce. || Una finestra cigola piano; commuove | la vista del cadente cimitero sul colle, | narrate leggende; ma spesso l'anima schiara | pensiero di uomini lieti, di primavere d'oro. (Infanzia, p. 113)
  • Nessuno è in casa. L'autunno alle camere; | sonate chiare di luna | e risvegliarsi al confine di una foresta in penombra. || Sempre tu pensi al bianco viso dell'uomo | lontano i clamori del tempo; | sopra il dormente si curva facile il verde dei rami, || una croce e la sera. | Stringe il suo canto con braccia di porpora un astro | che sorge al segno di finestre vuote. | Così nel buio trema l'ignaro | quando sommesso leva gli occhi a creature | ora distanti; una argentea voce dà il vento nell'atrio. (Hohenburg, p. 115)
  • La sera, se andiamo per oscure vie, | smorte ci incontrano le nostre ombre. || Ora chi ha sete | beva le bianche acque dello stagno, | dolci i lamenti della nostra infanzia. || Morti in riposo sotto il folto sambuco | guardiamo grigi gabbiani. || Nubi primaverili coprono la città buia | che tace i tempi di monaci eletti. || Quando io presi la tua mano esile | battesti piano gli occhi rotondi: | ora è perduto. | Ma se una buia armonia penetra l'anima | appari tu bianca ai paesi autunnali del cuore. (Canto serale, p. 117)
  • Piano cadde da oscuri passi la neve, | nelle ombre degli alberi | levano palpebre tenui gli amanti. || Sempre all'oscuro grido dei marinai | seguono notte e astri; | e i remi battono piano in cadenza. || Presto su muri caduti in rovina | fioriranno le viole: | così verdeggiano piano le tempie al taciturno. (In primavera, p. 119)

Citazioni su Georg Trakl[modifica]

  • Aveva fissato un mondo, Trakl, rigido e di pochi oggetti, che poi si studiò a lungo di comporre e, direi, di chiarire. Così che il volume dei suoi versi somiglia a una raccolta di appunti e di esercizi, su temi fissi. Ma è anche, questa, la prima giustificazione della sua poesia.
    Le cose più giovanili sono affidate a schemi meccanici ed è palese e più aspro il dissidio fra la chiamata evidente degli oggetti e quella faticosa risposta. Poi tutto il libro è un progressivo liberarsi, un adeguarsi della parola alle immagini prima così ingrate. (Giaime Pintor)
  • Erano assai lontani gli occhi suoi. | Da ragazzo era già stato in cielo. || Perciò le sue parole sgorgavano | su nuvole azzurre e su bianche. (Else Lasker-Schüler)
  • La lirica di Trakl è simile al volgere di un caleidoscopio fantastico, che dietro il suo vetro opalescente, nel bagliore lunare, ripete poche, ma pure pietre, in combinazioni monotone. (Ernst Jünger)
  • La poesia di Trakl è una fondazione del mondo; egli è uno di quei poeti che, come Hölderlin, sono chiamati a fondare una verità o a svelarne l'assenza, a rendere abitabile la terra o a mostrarne l'inabitabilità. Leggere Trakl significa interrogarsi sulle cose ultime, sulla possibilità stessa della poesia, sul senso estremo della vita. (Claudio Magris)
  • La poesia di Trakl non la capisco. Però il suo tono mi rende felice. È il tono delle persone veramente geniali. (Ludwig Wittgenstein)
  • La poesia parla da un'ambiguità ambigua.
    Ma questi plurisensi del dire poetico non si scindono in un multisenso indeterminato. Il tono plurisenso della poesia trakliana proviene da una radunata, cioè da un unisono che, per sé, rimane sempre indicibile. Il plurisenso di questo dire poetico non è l'imprecisione del lasciar correre, bensì il rigore dell'accattato impegno all'accuratezza della giusta visione.
    Spesso ci riesce difficile tracciare i limiti fra questo dire plurisenso, in sé assolutamente sicuro, che distingue le poesie di Trakl, e la lingua di altri poeti, la cui molteplicità di significati deriva dalla indeterminata incertezza dell'andare tentoni dei poeti, perché le mancano la poesia vera e propria e il suo luogo. Il rigore, unico nel suo genere, del linguaggio essenzialmente plurisenso di Trakl è, su un piano superiore anche ad ogni esattezza tecnica del concetto, soltanto scientificamente univoco. (Martin Heidegger)
  • La sua maniera di parlare, quasi di monologare, corrispondeva pienamente alla strana solitudine monastica, a quella barriera di impenetrabilità di cui spietatamente si circondava ovunque si trovasse, anche in compagnia di molte persone; perciò la sua voce non sembrava rivolgersi al vicino, ma veniva come da lungi; il suo accento aveva qualcosa di minaccioso. Talvolta la sua parola si levava simile ad uno scongiuro contro l'avvicinarsi di un destino crudele. Comunque... avvertii fin dal primo istante la statura di quell'uomo chiuso in se stesso, che sembrava a tratti staccato dalla vita e pur tuttavia vòlto verso di essa in dolorosa commozione. (Karl Borromäus Heinrich)
  • Mi figuro che perfino chi gli sia vicino, premuto, per così dire, contro lastre di vetro, avverte queste vedute e queste intenzioni come uno che ne sia escluso; infatti le esperienze di Trakl si svolgono come in visioni riflesse ed empiono tutto il suo spazio che è inaccessibile. (Chi sarà stato mai?). (Rainer Maria Rilke)
  • Nato a Salisburgo, morto a Cracovia: frammezzo sta la vecchia Austria. Alcuni a Vienna e Innsbruck e Berlino lo conoscevano. Pochi sanno chi sia stato, pochi conoscono la sua opera e sanno che in Austria nessuno ha mai scritto versi più belli dei suoi. (Albert Ehrenstein)
  • Se Kafka, allora quasi sconosciuto, è, secondo una bella parola di Hermann Hesse, «il celato sovrano della prosa tedesca», Trakl appartiene ai principi occulti della germanica poesia. [...] Egli rialzò la lira, dove Hölderlin l'aveva lasciata cadere. [...] Trakl è la voce più cupa del mio coro. È ancora canto il suo? Spesso non è che un balbettio. Con bocca balbettante annuncia i terrori del dissolvimento, della corruzione. La forma si dissolve in un crepuscolo purpureo. Egli mi addusse ai misteri crepuscolari. (Klaus Mann)
  • Trakl è maestro nel rendere la fissità di alcuni momenti che tutti noi portiamo dentro fin dall'infanzia: quel pomeriggio già incline al tramonto che pareva non voler più finire, quel frullo d'ali che si vestì di eternità pur durando meno di un secondo, quel lampo di strazio o di dolcezza che senti ancora oggi, dopo tanti anni, come se ti avesse appena visitato. Il suo conservante, come l'ambra per certi insetti preistorici, è quella stranissima inesplorata materia che si è tacitamente convenuto di chiamare "poesia". (Italo Alighiero Chiusano)

Note[modifica]

  1. In Opere poetiche, introduzione, testo e versione a cura di Ida Porena, Edizioni dell'Ateneo, Roma, 1963, p. 99.
  2. In Le poesie, 1983, p. 179.
  3. In Le poesie, 1983, p. 205.
  4. In Le poesie, 1983, p. 243.
  5. In Le poesie, 1983, p. 319.
  6. Citato in Georg Trakl, Liriche scelte, a cura di Pietro Tripodo, Salerno Editrice, Roma, 1991, pp. 73-74. ISBN 8884020778
  7. In Poesie, 1997, p. 49.
  8. In Poesie, 1997, pp. 61-62; citato in Vittorio Santoli, La letteratura tedesca moderna, con un'analisi della letteratura contemporanea di Marianello Marianelli, Sansoni/Accademia, Firenze/Milano, 1971, pp. 330-331.
  9. In Poesie, 1997, pp. 88-89.
  10. In Poesie, 1997, p. 117.
  11. In Poesie, 1997, p. 121.
  12. In Poesie, 1997, p. 143.
  13. In Poesie, 1997, p. 153.
  14. In Poesie, 1974, p. 31.
  15. In Poesie, 1974, p. 111.
  16. In Poesie, 1974, p. 137.
  17. In Poesie, 1974, p. 137.

Bibliografia[modifica]

  • Rainer Maria Rilke, Poesie, tradotte da Giaime Pintor, con due prose dai quaderni di Malte Laurids Brigge e versioni da H. Hesse e G. Trakl, Einaudi, Torino, 1984. ISBN 8806002678
  • Georg Trakl, Le poesie, prefazione di Claudio Magris, introduzione di Margherita Caput e Maria Carolina Foi, traduzione di Vera degli Alberti e Eduard Innerkofler, Garzanti, 1983.
  • Georg Trakl, Poesie, a cura di Leone Traverso, prefazione di Italo Alighiero Chiusano, Fabbri Editori, collana I grandi classici della poesia, RCS libri, Milano, 1997.
  • Georg Trakl, Poesie, introduzione, traduzione e note di Ervino Pocar, Rizzoli, Milano, 1974.

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