Luciano Zuccoli

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Luciano Zuccoli, pseudonimo di Luciano Von Ingenheim (1868 – 1929), scrittore e giornalista svizzero naturalizzato italiano.

La freccia nel fianco[modifica]

Incipit[modifica]

S'eran conosciuti, una settimana di vento e di sole, in un piccolo paese sulle rive del lago.
Egli aveva otto anni e si chiamava Brunello. Un giorno doveva essere il conte Bruno Traldi di San Pietro, con un largo stemma, varii titoli d'antichi dominii perduti e quel tanto di patrimonio che Fabiano suo padre, giocatore, avrebbe potuto lasciargli.
Ella si chiamava semplicemente Nicoletta Dossena, apparteneva a famiglia borghese arricchitasi nell'industria: contava diciotto anni, era dritta nell'anima come nel corpo; alta e formosa.

Citazioni[modifica]

  • Egli era tutto preso da un desiderio d'essere diverso, che lo studio dei classici e la biografia degli uomini grandi gli avevan messo in cuore non appena aveva potuto comprendere che ciascun uomo, come gli diceva Salapolli, teneva chiuso nel pugno il proprio destino. Ciascun uomo serrava nella sinistra la debolezza e la volgarità; nella destra la virtù e la grandezza. Non valeva lagnarci della nostra sorte; era un lagnarci di noi medesimi; era un confessare che non avevamo voluto essere ciò che desideravamo.

Le cose più grandi di lui[modifica]

Incipit[modifica]

Non appena il conte Percy Stanhope giunse a Roma, si fece condurre in via Nomentana alla ricerca della famiglia Astori. Voleva rivedere un suo giovane amico, Andrea, col quale circa quattr'anni prima aveva passati non pochi giorni e non poche serate piacevoli.
Il portiere di via Nomentana, piuttosto a gesti che a parole, perché Percy Stanhope non sapeva nulla di italiano, gli fece intendere che la famiglia AStori aveva lasciato quella casa da parecchio tempo e abitava in via Venti Settembre. Con questo indirizzo scritto alla bell'e meglio sopra un pezzo di carta, Percy Stanhope riprese la carrozza.

Citazioni[modifica]

  • Una vita interamente felice, dal primo all'ultimo giorno, è una vita assurda; il dolore è necessario, è buono, è santo. (p. 158)

Per la sua bocca[modifica]

Incipit[modifica]

Non si stava male in quella pensione. Eravamo sette: sei uomini e una donna. La donna si chiamava Eulalia, mi pare; Eulalia Delfranco; non bella e non brutta, vestiva con accuratezza, compariva silenziosa all'ora di tavola e di rado faceva udir la sua voce, se non le si rivolgeva la parola. Usciva spesso, ritornava tardi, aveva abitudini guardinghe e silenziose. L'ho incontrata parecchie volte in istrada; e l'eleganza della sua linea, la disinvoltura del suo parlare quand'era accompagnata da un uomo o da un'amica, mi sono sempre parse in contrasto curioso con l'atteggiamento cauto e dimesso in cui si ammantava quand'era con noi. Gli uomini: due impiegati, due ufficiali, il principe ed io.

Citazioni[modifica]

  • Io credo che chi non ha provato l'ansia dell'attesa, i lunghi tormenti del desiderio insoddisfatto, la paura di perdere la propria donna, i dubbi dell'assenza, non possa dire fino a quale altezza sappia giungere la passione.
  • La vita della donna è irta d'insidia; e la donna se ne guarda con inesauribile astuzia. In tal modo l'arte dell'inganno le è propria, indissolubile dalla sua indole, come l'arte del vestire.
  • Non ci sono doveri fra due che si amano. C'è la comunanza di tutto, dell'anima, del corpo, del danaro, di tutto!
  • Le sue labbra di pallido corallo si schiusero a un sorriso.
  • È un errore credere che la donna sia vanitosa; ossia, bisogna dire che la donna è vanitosa, ma l'uomo è assai più vanitoso della donna. [...] Io non ero vanitoso se non per le gioie che Foglia di rosa mi dava. Sentivo tutto il privilegio di poterla accompagnare in pubblico e godevo della invidia altrui...
  • L'arte di dimenticare è, nella donna, potente, e giova a conservarle i denti bianchi e il colorito fresco...

Roberta[modifica]

Incipit[modifica]

La prima volta che Cesare Lascaris entrò in casa delle due sorelle, il cielo sfarfallava di lampi infaticabili a levante e a ponente, come per un'alternativa di colori liquefatti e largamente diffusi sopra una cupola immensa.
Roberta era stata ripresa dal suo male. Una leggera spuma rosea le era sgorgata dalla bocca, mentre innanzi alla finestra seguiva col binocolo un vapore, che all'ultima linea delle acque passava sotto il tumulto dei lampi, sotto il cumulo più nero delle nubi. Aveva deposto sùbito il cannocchiale, e volgendosi a Emilia con la pezzuola umida di sangue, aveva detto:
– Ecco! – rispondendo alla sorda inquietudine, che dalla prima comparsa del morbo le aveva confitto gli artigli nel cuore.

Citazioni[modifica]

  • Nella cabina drizzata a ridosso delle rocce sovrastanti alla spiaggia, Emilia vestì l'abito pel mare; un abito tutto candido, costellato di fioretti d'oro con le foglioline d'oro; i piccoli piedi ricoverati nei sandali, ella tentò studiosamente lo scoglio che li afferrava come nel pugno d'un innamorato; s'avanzò, cercò il proprio riflesso nell'onda, si buttò a capofitto, sparve, riapparve lontana, tagliando con le braccia nude l'acqua ritmicamente.
    L'acqua! Emilia l'aveva sempre temuta e vi si abbandonava con un piacere non privo di fremiti.... L'acqua che poteva essere la morte, l'onda che aveva la forza di dieci leoni scatenati, l'acqua e l'onda l'attiravano, le parlavano, la cullavano perfidamente, ed Emilia non sapeva se un giorno non sisarebbero chiuse sopra la sua testa, eternando la conquista giovanile. (pagg. 18-19)
  • Emilia non era più fanciulla, ma era stata donna per così poco tempo, che i guanciali del suo letto avevan dimenticato l'impronta d'una testa maschile e la luce del suo corpo risplendeva nell'alcova deserta. Era vedova da due anni; ma il desiderio di chiudere la solitudine dell'anima le faceva sembrar quel tempo assai lontano.
    Aveva gli occhi grigi; i capelli neri avvolti intorno alla testa e attorti presso le orecchie, davano qualche riflesso d'acciaio.
    Ella entrava sola nel talamo e sola riposava. Le era avvenuto forse di svegliarsi nella notte e d'irritarsi per uno di quegli arguti sogni, che non lascian tregua, popolano la mente di fiamme, soffiano sulle carni; le era avvenuto forse di stendere le braccia disperatamente nell'ombra, e di piegarsi ad arco sotto lo spasimo del sogno che sfiora e sfugge.... Ma giungeva l'alba a quietarla, e il torpore invece del sonno.... Si guardava nello specchio al mattino, e vedeva sotto gli occhi puri un livido cerchio. (pagg. 20-21)
  • Sembravano due ragazzi accaniti in una gara ingenua, ed eran due odii che si cercavano, una coppia che travisava la lotta dei sessi, la quale finisce con un abbraccio, e qui non aveva speranza di finire se non con qualche imprevveduta violenza. Tale era diventata a poco a poco l'intimità fra Cesare e Roberta, che il dottore e la fanciulla non si chiamavano più coi nomi loro, ma con nomignoli bizzarri. (pag. 121)
  • Illuminata dal male, Roberta appariva certi giorni veramente bella: un viso bianco e giovanile, che già si piegava a scrutare i vuoti abissi del nulla, un corpo fragile di cui Cesare conosceva quasi intere la forma e l'attraenza.... Poi, la giovinetta, anelante la bellezza, si faceva di ora in ora più seduttrice, con molta incoscienza, la quale era un'altra seduzione; e nel giuoco sfoggiava una naturale arte femminea, dando alla voce alcuni coloriti di preghiera e d'ironia, che vibravano a lungo e sembravano commuovere lei medesima. (pagg. 122-123)

Incipit di alcune opere[modifica]

Farfui[modifica]

Perché avesse comperato quella casetta, egli stesso non avrebbe saputo dire.
Gliel'avevano offerta in un periodo di fortuna, quando il rialzo di certi valori gli aveva dato larghi profitti.
Era una casa a due piani, dipinta in giallo chiaro con le persiane verdi, richiusa da un giardino di mediocre grandezza, il quale al momento dell'acquisto era in buono stato, con belle piante, con piccola serra, vialetti lindi.
Il mobiglio valeva da solo il prezzo della casa; nel salotto a terreno erano un eccellente piano a coda, ampli divani coperti di broccato color d'oro a fiorami rosei; una tavola centrale intarsiata di madreperla a lavoro finissimo; e in tutte le camere si notava il medesimo decoro d'addobbo e di legni.

Il designato[modifica]

Nel salotto non c'ero che io; io, in piedi, nell'atteggiamento nervosissimo dell'aspettazione, guardando dei quadri di cui conoscevo tutto, l'autore, il tema, il valore artistico, la provenienza, la data in un angolo.
Geltrude, la cameriera, entrò dallo studio e mi disse:
- Il signore ha una visita; ma si sbrigherà sùbito, e la prega di pazientare un istante. -

Il maleficio occulto[modifica]

Quando mi trovai la prima volta innanzi all'uomo del quale avevo udito parlare con insistenza dalla persona che più amavo in quei giorni, il mio viso non espresse alcuna curiosità.
Avvenne ciò che avviene sovente nelle presentazioni. Donna Clara pronunziò il nome di lui con tono così fievole, ch'io m'inchinai e strinsi la mano che mi si tendeva, senza nemmeno sospettare d'essere di fronte a colui che da tanto tempo desideravo conoscere. Non osai farmi ripetere il nome e perciò quella sera mi adattai a conversare col gentiluomo incognito, che mi riusciva leggermente antipatico. Egli era alto e snello; ma la sua testa era lunga e stretta, dagli occhi piccoli; il naso aveva una curva violenta: pareva il rostro d'un uccello notturno.

L'amore di Loredana[modifica]

- Prendi quelle valigie e portale in questo scompartimento. Su, presto, che il treno riparte!
La voce nota diede un sussulto a Loredana, che stava sola, ancora col velo grigio abbassato sugli occhi, come quando era partita da Venezia.
- In questo? – domandò il facchino.
- Ma sì, su questo!...

La volpe di Sparta[modifica]

Tra i numerosi commessi del grande negozio di maglieria Adolfo Scotti e C., la signora cercava degli occhi il suo commesso di fiducia, il Baganella, che sapeva i gusti, dava buoni consigli, veniva a patti sui prezzi «proprio perché è Lei», e le faceva trovar tutto a casa o le mandava tutto in villa con esattezza scrupolosa. Ma Vittorina Ornavati non riusciva a vederlo tra quel viavai. Il direttore, abbandonando il banco e la cassa per un istante, le andò incontro con la sollecitudine che meritava una cliente di sì grande importanza, e salutò lei e suo marito, sorridendole con discrezione.

Citazioni su Luciano Zuccoli[modifica]

  • Luciano Zùccoli si potrebbe definire senza altro: una contraddizione.
    In tempi nei quali l'opera d'ogni scrittore si palesa come la risultante delle sue attitudini e delle sue letture – e non di rado come la risultante, solo, delle sue letture –, i libri di Luciano Zùccoli hanno l'aria d'essere, direi quasi, autoctoni, cioè frutti spontanei d'un ingegno che osserva e crea senza sussidio di esempî né di ricordi altrui. (Luigi Federzoni)

Bibliografia[modifica]

  • Luciano Zuccoli, Farfui, Milano, Treves, 1909.
  • Luciano Zuccoli, Il designato, Fratelli Treves Editori, Milano, 1920.
  • Luciano Zuccoli, Il maleficio occulto, Roma : Casa Ed. M. Carra e C., di L. Bellini, 1920.
  • Luciano Zuccoli, L'amore di Loredana, Milano, Fratelli Treves, 1908.
  • Luciano Zuccoli, La freccia nel fianco, Gherardo Casini Editore, Roma 1963.
  • Luciano Zuccoli, La volpe di Sparta, Milano, Treves, 1916.
  • Luciano Zuccoli, Le cose più grandi di lui, Rizzoli, 1950.
  • Luciano Zuccoli, Per la sua bocca, Fratelli Treves Editori, Milano 1930.
  • Luciano Zuccoli, Roberta, Garzanti, 1945.

Filmografia[modifica]

Altri progetti[modifica]

Opere[modifica]