Guerra in Iraq

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Demolizione d'una statua di Saddam Hussein

Citazioni sulla guerra in Iraq.

Citazioni[modifica]

  • A differenza di quella in Afghanistan, la guerra in Iraq è stata voluta, ed è una scelta che ha provocato molti forti dissidi nel mio Paese e in tutto il mondo. Anche se sono convinto che in definitiva il popolo iracheno oggi viva molto meglio senza la tirannia di Saddam Hussein, credo anche che quanto accaduto in Iraq sia servito all'America per comprendere meglio l'uso delle risorse diplomatiche e l'utilità di un consenso internazionale per risolvere, ogniqualvolta ciò sia possibile, i nostri problemi. (Barack Obama)
  • Autocensura c'è stata, ma non era nostra. Era quella degli iracheni che avevano giustamente paura. Noi anzi abbiamo raccontato come man mano questo muro di autocensura ha cominciato a sgretolarsi. Anche se, nel momento in cui qualcuno aveva voglia di dire delle cose, tu non potevi non porti il problema morale che quella persona stava correndo dei gravissimi rischi. Tutto il nostro materiale veniva passato al setaccio dalle autorità irachene. I giornalisti della carta stampata potevano proteggere le loro fonti. Ma quelli delle tv no. (Giovanna Botteri)
  • Basta cambiare il nome del paese di cui parliamo e diventa chiaro che in Iraq non stiamo combattendo i vietcong ma i Khmer rossi, come alla fine i vietnamiti dovettero fare a nome nostro. (Christopher Hitchens)
  • Bush, dopo una serie di conversazioni col suo cane, un giorno decise di trascinare il mondo nel baratro: prima ha invaso l'Iraq, dicendo, come ricorderete, che l'Iraq aveva armi di distruzione di massa. Una frase retorica che significava L'Iraq è una nazione indifesa che galleggia sul greggio. (Daniele Luttazzi)
  • Ci sentiamo meno sicuri oggi che prima dell'invasione dell'Iraq. Stanno morendo più persone oggi che dopo l'11 Settembre. (Rula Jebreal)
  • Con i criteri usati dalla maggior parte degli studiosi, l’invasione dell’Iraq da parte di Bush e Blair nel 2003 ha causato almeno 700.000 vittime – in un paese che non aveva alcuna storia di jihadismo. I curdi avevano ottenuto concessioni politiche e territoriali; sunniti e sciiti avevano classi e differenze settarie, ma erano in pace; i matrimoni misti erano comuni. Tre anni prima dell’invasione, ho guidato lungo tutto l'Iraq senza paura. Nel tragitto ho incontrato gente fiera, soprattutto di essere irachena, erede di una civiltà che a loro pareva una presenza fisica.
    Bush e Blair hanno fatto a pezzi tutto questo. L’Iraq odierno è un covo di jihadisti. Al Qaeda – come i “jihadisti” di Pol Pot – ha colto l’opportunità fornita dall’assalto di ‘Shock and Awe’ e dalla guerra civile che ne seguì. La “ribelle” Siria ha offerto loro benefici ancora maggiori, insieme alla CIA e agli stati del Golfo che offrono logistica e denaro per il traffico d’armi attraverso la Turchia. L’arrivo di reclute straniere era inevitabile. (John Pilger)
  • Era evidente che la guerra in Iraq aveva altri scopi. Destituire quella personcina garbata che si chiama Saddam, spezzare i legami tra il regime di Baghdad e i palestinesi, creare nel cuore del Medio Oriente una possibile democrazia, come elemento scardinante di un pezzo di mondo dominato dall'integralismo. La questione dirimente, su cui non si possono fare analisi a tavolino, è l'esportabilità della democrazia. L'arrivo degli yankees, con il determinante corredo di aiuti economici, aveva saputo riportare libertà e civiltà in Germania, in Italia e in Giappone, le tre nazioni sconfitte nella seconda guerra mondiale. Ma un modello di cambiamento accaduto in passato non è garanzia di successo in altro tempo e altro luogo. Troppo diverse le condizioni di partenza, troppo lontane le mentalità. Certo, gli iracheni non ci hanno accolto con i fiori. Ma davvero qualcuno pensava di rivedere a Baghdad le stesse scene delle ragazze italiane che lanciavano fiori ai soldati americani nel 1944-45? E poi, quante fazioni ci sono dentro l'Iraq? Quante etnie, quante consorterie, quanti interessi? L'errore, che è tragico oltre che ridicolo, è l'illusione di riuscire a imporre, con l'azione delle armi, una logica democratica, a cui il civilissimo Occidente è arrivato dopo secoli di storia complessa. Tra un mese dieci nuovi paesi entreranno nell'UE. Ci sono arrivati non per interventi esterni, ma perché ha agito l'esigenza della libertà. Dall'interno. (Mina)
  • Il primo effetto collaterale della democrazia in Iraq è la comparsa di migliaia di prostitute sulle strade polverose di Bagdad. Non sono arrivate coi carri armati americani. Lavoravano già al tempo di Saddam, però di meno e di nascosto, perché in un afflato di moralizzazione (altrui) il tiranno aveva preso l'abitudine di farle accoppare in pubblico con un colpo di scimitarra. Adesso si aggirano senza paura, mostrando abiti sgargianti e centimetri di carne al sole. Qualcuno dubita che si tratti di una grande conquista democratica. Lo pensano anche gli iracheni che non hanno soldi per pagarle: la democrazia, senza denaro, può diventare un affronto [...]. (Massimo Gramellini)
  • In Iraq c'è da notare che la strage di Falluja è rimasta impunita, ma dai documenti emersi sappiamo bene come è stata esportata la democrazia in quei luoghi, in quella città! Il Governo italiano, pur essendo in missione di pace in quei luoghi, non ha mai condannato quelle barbarie, ovvero l'uso di armi chimiche da parte di chi denunciava di volerle eliminare [gli americani], da parte di chi sosteneva che quelle armi fossero in possesso del nemico, da parte di chi ha scatenato una guerra ben sapendo, come poi emerso, che non c'erano! E l'Italia si è resa complice, con la missione in Iraq, di questi crimini di guerra, appoggiando l'occupazione dell'Iraq con le proprie truppe. E anche questa volta, il vero scopo qual era? Le fonti energetiche, il petrolio! (Paolo Bernini)
  • – In Iraq sta succedendo esattamente quello che chiunque con un minimo di cervello sapeva che sarebbe successo prima ancora di cominciare. Bush e i suoi imbecilli fanatici si sono fatti abbindolare! Non gliene frega un cazzo! [...]
    – La mia maestra dice che è una guerra giusta perché è meglio prevenire che curare.
    – È questo che ti insegnano a scuola? [...] Ascolta me. Ascolta tuo padre. Questa è una gigantesca bugia. Chiaro? L'Iraq non centra con quello che è successo al World Trade Center. (Boyhood)
  • L'invasione dell'Iraq è stata una violazione della Carta delle Nazioni Unite. É stato fatto senza alcuna giustificazione da super-potenze con seggi permanente al Consiglio di Sicurezza. L'Iraq è un paese indipendente e uno Stato Membro dell’Assemblea Generale. Come hanno potuto quei paesi attaccare l'Iraq? Come previsto nella Carta, le Nazioni Unite avrebbero dovuto intervenire e fermare l'attacco. (Mu'ammar Gheddafi)
  • L'invasione non era questione di installazione di basi degli Stati Uniti o di furto di petrolio dell'Iraq o dell'utilizzo l'Iraq per un'invasione dell'Iran, come i asserivano gli apologeti di Saddam Hussein. Non si trattava neanche di imporre con la forza la democrazia. Si trattava di due cose: fermare una bomba ad orologeria pronta ad esplodere nel cuore della regione e rimuovere l'ostacolo alla democratizazzione che costituiva il regime di Saddam. Più d'un milione di americani hanno combattuto e lavorato in Iraq. Condividono parte del credito per il fatto che gli iracheni di oggi possono vivere le loro vite senza paura. Possono essere orgogliosi per il fatto che, ancora una volta, la potenza americana fu usata per liberare una nazione dalla tirannia. (Amir Taheri)
  • L'operazione Iraq è motivata con il proposito di punire uno Stato canaglia. Ma con quale decorrenza Saddam Hussein è tra le canaglie? Fino alla sua provocatoria operazione del Kuwait il personaggio, che era sempre lo stesso, ha stoltamente ricevuto l'appoggio e il sostegno di molti Paesi oggi schierati in battaglia. (Giulio Andreotti)
  • La storia della guerra in Iraq non fa che dimostrarci una volta di più che immaginare che un governo possa macchiarsi di una cospirazione, sulla base di domcumenti falsificati e per finalità ben diverse da quelle dichiarate, è assolutamente legittimo. (Massimo Polidoro)
  • Le dichiarazioni che le forze americane sarebbero in Iraq per esportare la democrazia, non sono altro che balle. (Flea)
  • Non amo il cinismo che si cela dietro la guerra in Iraq: quello che chiamiamo democrazia in realtà non è altro che petrolio. Secondo Bush Saddam era il male assoluto. Tolto di mezzo Saddam, tutto sarebbe dovuto andare per il meglio. E invece la situazione è soltanto peggiorata. Bisogna avere le idee ben poco chiare per pensare che con le bombe si possa costruire una democrazia. (Marjane Satrapi)
  • Non avevamo perso l'ultima "scaramuccia", tutt'altro. Avevamo in realtà portato a termine un compito molto difficile, con pochissime risorse e in condizioni estremamente sfavorevoli. Avevamo vinto, ma il popolo non la vide in questo modo perché non era stata il blitzkrieg che il nostro spirito nazionale esigeva. Era passato troppo tempo, era stato speso troppo denaro, erano state perse o irrimediabilmente danneggiate troppe vite. Non avevamo semplicemente sperperato tutto il nostro supporto nazionale, eravamo finiti profondamente in rosso. (Max Brooks)
  • Non ho combattuto neppure una volta per gli iracheni. Degli iracheni non mi frega un cazzo. (Chris Kyle)
  • Non ho rischiato la vita per portare la democrazia in Iraq. Ho rischiato la vita per i miei compagni, per proteggere i miei amici e i miei connazionali. Sono andato in guerra per il mio paese, non per l'Iraq. (Chris Kyle)
  • Quando invase l'Iraq, nel 2003, George W. Bush credette che gli americani sarebbero stati accolti come liberatori e annunciò la fine della guerra, poche settimane dopo, di fronte a una scritta che proclamava al mondo: «Missione compiuta». Il presidente riteneva che il conflitto fosse giustificato dai legami di Saddam Hussein con il terrorismo islamico e dall'esistenza di armi chimiche e nucleari, di cui il dittatore avrebbe potuto servirsi contro il «mondo libero». Nessuna di queste affermazioni era vera. Non erano veri i legami con Al Qaeda, non esistevano armi di distruzione di massa, gli americani erano «liberatori» soltanto per una parte del Paese e la guerra, quando finalmente Bush uscì dalla Casa Bianca, non era finita. (Sergio Romano)
  • Tre mesi dopo la fine della guerra, nel Paese regna l'instabilità. (Ali Akbar Hashemi Rafsanjani)
  • Un milione di bambini innocenti stanno morendo mentre parliamo, uccisi in Iraq senza nessuna colpa. (Osama bin Laden)

Madeleine Albright[modifica]

  • L'Iraq è stata una guerra di scelta e non di necessità, ma portarla a termine è una necessità e non una scelta.
  • Sono convinta che l'Iraq è un pericolo e Saddam è terribile, l'ho ripetuto spesso. Ma abbiamo buone possibilità di contenerlo con altri mezzi. In questo momento, invece, dobbiamo preoccuparci di più di al Qaeda, considerando anche che bin Laden è ancora vivo.
  • Vorrei sperare che ci fosse una maniera per evitare la guerra, perché non abbiamo ancora riflettuto sulle sue conseguenze non volute. Ma non possiamo contare su Saddam per aiutarci a questo scopo, perché alla fine fa sempre qualcosa di stupido.

Joe Biden[modifica]

  • Credo che invierò al presidente il numero di cellulare di tutti i comandanti ed ufficiali che ho incontrato in Iraq così si renderà conto che non abbiamo truppe a sufficienza per battere l'insurrezione ed i terroristi.
  • I soldati sono in Iraq per contenere la minaccia di Al Qaeda e addestrare le forze irachene, non per trovarsi in mezzo alle violenze settarie.
  • Il presidente ha il diritto di prendere provvedimenti preventivi contro un attacco. Tuttavia è difficile giudicare se un paese con armi biologiche o nucleari ha intenzione di usarle. Per esempio, i cinesi possiedono queste armi. Il presidente ha il diritto di sferrare un attacco preventivo contro la Cina? La risposta è no.
  • Stiamo perdendo la guerra strategicamente perché stiamo perdendo il sostegno del popolo iracheno.

George W. Bush[modifica]

  • Le decadi di crudeltà hanno raggiunto la fine. Saddam Hussein e i suoi figli devono abbandonare l'Iraq entro 48 ore. Il loro rifiuto di farlo si tradurrà in un conflitto militare che inizierà quando meglio noi riterremo.
  • Non mi ritirerò dall'Iraq neanche se restassero ad appoggiarmi solo mia moglie Laura e il mio cane Barney.
  • Riconoscendo la minaccia al nostro paese, il congresso degli Stati Uniti, lo scorso anno, ha votato a larga maggioranza per sostenere l'uso della forza contro l'Iraq.
  • Se saremo costretti a iniziare una campagna militare, essa sarà diretta contro il fuorilegge che governa il vostro paese e non contro di voi. Quando la nostra coalizione gli strapperà il potere, noi vi forniremo il cibo e le medicine di cui voi avrete bisogno. Noi distruggeremo l'apparato di terrore e vi aiuteremo a costruire un nuovo Iraq prospero e libero. In un Iraq libero non ci saranno più guerre o aggressioni contro i vostri vicini, non ci saranno più fabbriche di veleni, non più esecuzioni di dissidenti, non più camere di tortura. Il tiranno se ne andrà presto. Il giorno della vostra liberazione è vicino.

Michail Gorbačëv[modifica]

  • C'è chi pensa [...] che gli Stati Uniti hanno fatto la frittata e tocca a loro, adesso, fronteggiarne le conseguenze. Ma una tale posizione non può essere considerata accettabile. Chi pagherebbe sarebbe il popolo iracheno, incolpevole, come già è accaduto negli undici hanno di embargo che hanno preceduto la guerra.
  • È noto che la Russia, insieme alla Francia e alla Germania, si era opposta con decisione ad un intervento militare straniero sul territorio iracheno senza una legittimazione internazionale adeguata. Questa legittimazione poteva venire soltanto dal Consiglio di Sicurezza e, com'è noto, non vi fu. Non vi fu perché gli Stati Uniti preferirono agire da soli, in compagnia della Gran Bretagna, ignorando gli appelli alla prudenza e al rispetto della legalità internazionale. Ora è del tutto evidente che l'intervento in Iraq, sotto l'etichetta dell'esportazione della democrazia, non ha condotto ad alcun risultato - salvo il rovesciamento di Saddam Hussein - e minaccia di trasformarsi in una catastrofe politica, militare, umanitaria.
  • L'ho già detto: si deve costruire in quel Paese una "pace araba" inviando, cioè, forze di pace che appartengano a nazioni islamiche.
  • La cacciata di Saddam non ha chiuso la partita con gli iracheni e la situazione nel paese si è ormai trasformata in un miscuglio esplosivo di guerriglia e di terrorismo.
  • La guerra in Iraq è stato il disastro politico e morale più grande, lasciando gli Stati Uniti praticamente soli, con un pugno di alleati assai ridotto.
  • Quella guerra è stata un errore con conseguenze disastrose. Purtroppo assistiamo a tentativi di prolungare l'errore, invece che a ripararlo.
  • Washington deve capire alcune cose, assolutamente. In primo luogo di avere fatto un grande errore, di avere cominciato una guerra senza senso e senza prospettive. Le armi di distruzione di massa non c'erano. È vero che Saddam Hussein è stato abbattutto. Ma non è meno vero che la situazione è peggiorata. Il terrorismo non solo non è stato debellato ma è cresciuto e si è moltiplicato. E, del resto, molti misero in guardia -inascoltati - che non si combatte comunque il terrorismo con guerre contro paesi sovrani. Il terrorismo non ha territorio. È stupido bombardare un territorio perché il terrorismo è in casa nostra. Finirà che ci dovremo bombardare da soli.

Saddam Hussein[modifica]

  • Agli iracheni e alle buone persone della nostra nazione araba. Il vostro Paese, la vostra gloriosa nazione e i vostri principi valgono il sacrificio di voi stessi, delle vostre anime, della vostra famiglia, dei vostri figli. In questo contesto, non ho bisogno di ripetervi cosa ognuno di voi deve fare per difendere la nostra preziosa nazione, i nostri principi e la nostra inviolabilità.
  • Nessun americano ha mai chiesto al suo governo, prima della guerra, come un paese ancora arretrato come l’Irak potesse minacciare dall’altro lato dell’Atlantico la sicurezza dell’America, ne’ perche’ mai la volesse minacciare, giacche’ l’America non aveva ancora violato il territorio iracheno.
  • Noi promettiamo, nel nostro nome e nel nome della nostra leadership, nel nome del popolo iracheno e del suo eroico esercito, nel nome della storia e civiltà irachene, che noi combatteremo gli invasori e, se Dio vuole, li porteremo al punto in cui perderanno la loro pazienza e ogni speranza di raggiungere ciò che hanno pianificato e che il criminale sionista gli ha spinti a fare... Saranno sconfitti, una sconfitta che è desiderata dai bravi fedeli e dagli amanti della pace e dell'umanità.
  • Popolo americano: ho tuttora l’impressione che i vostri governanti vi stiano ancora mentendo e non vi abbiano detto le vere ragioni che li hanno indotti ad aggredire l’Irak. Fin dall’inizio essi hanno ingannato non solo la comunità internazionale, e in particolare quella europea, ma anche gli stessi popoli dell’America, sapendo in anticipo che i fatti erano tutto il contrario di ciò che essi dichiaravano.
  • Popolo americano: le guerre che il vostro governo promuove nel mondo, fra le quali quella dell’Irak, sotto la spinta di certi centri di potere che conoscete meglio di me, non fanno l’interesse del popolo americano. Voi sapete meglio di chiunque altro quanto sangue avere pagato per liberarvi dal colonialismo inglese, e dopo di cio’ come gli Stati Uniti si sono unificati e quanto altro sangue cio’ sia costato.
  • Quelle commissioni sapevano bene che l’Irak non aveva armi di distruzione di massa, perche’ molti dei loro principali componenti erano americani e inglesi, oltre ad avere spie e agenti volontari di altre nazionalita’. Tutte queste persone hanno setacciato tutto l’Irak da un capo all’altro e non hanno trovato nulla di diverso da quanto i rappresentanti del governo iracheno avevano detto loro. Queste ispezioni sono durate piu’ di sette anni, e sono state effettuate oltre che a mezzo di commissioni che hanno girato in macchina e a piedi, anche con aerei-spia, elicotteri, e satelliti spaziali. I funzionari americani e inglesi consideravano questa come la loro occasione storica per colpire l’Irak e distruggere le sue legittime aspirazioni e le preziose conquiste culturali e scientifiche cui esso era pervenuto in 35 anni. A questo scopo essi hanno usato le informazioni raccolte dalle spie che avevano inserito nelle commissioni di inchiesta e hanno utilizzato la cosiddetta lotta al terrorismo cominciata dopo l’undici Settembre che scosse l’America.

Voci correlate[modifica]

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