Magdi Allam

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Magdi Cristiano Allam

Magdi Cristiano Allam (1952 – vivente), giornalista e politico egiziano naturalizzato italiano.

Citazioni di Magdi Allam[modifica]

  • A Saddam vanno benissimo i bombardamenti americani purché riesca a sopravvivere e a riproporsi come l'unico eroe arabo che ha retto alla sfida contro la superpotenza mondiale. Nessuno ama Saddam ma tutti temono di gran lunga il caos che potrebbe ripercuotersi ai danni della stabilità dell'intero Medio Oriente.[1]
  • [Sul Ramadan] Allah lo concepì come il mese del digiuno, della penitenza, della meditazione e della purificazione dell'anima. I musulmani l'hanno trasformato nel mese delle abbuffate, della spensieratezza, dei veglioni con gli amici, della riscoperta dei piaceri del corpo. Allah lo nobilitò come il mese più sacro, quello della rivelazione del Corano. I musulmani l'hanno snaturato in una sfrenata festa terrena.[2]
  • Analizzando la sequenza e la durata delle dinastie politiche nel mondo musulmano, si nota come esse siano state tutte relativamente brevi, estinguendosi nell'arco di poche generazioni: perché la legittimità del loro potere era tanto fragile da venire sostituito da un altro.[3]
  • Ciò che i Taliban stanno facendo, scegliendo proprio un bambino per realizzare i loro rituali di morte, non è assolutamente un atto di matrice tribale, ma l'invenzione di un orrendo rito di passaggio attraverso la violenza e la produzione della morte. E si deve sottolineare che quei riti di morte non hanno nulla a che fare con l'Islam: sono un prodotto della follia umana che ricorda i riti di morte dei Khmer rossi del regime di Pol Pot che utilizzavano bambini per uccidere adulti; perché il totalitarismo ha la capacità di annientare l'essere umano. Quel rito di passaggio cancella definitivamente la gerarchia fra il mondo dell'infanzia e il mondo degli adulti; è un rito di morte che ha la funzione di esprimere un'unica cosa, la sottomissione all'ordine talebano – per i Taliban, l'ordine di Dio – che è superiore a tutto ed esercita la sua sovranità in modo totale, arrogandosi il diritto di rubare a una persona la vita, l'infanzia, l'adolescenza, semplicemente perché la persona non esiste in quanto tale, non esiste la persona con le sue emozioni, le sue gioie, le sue paure; la persona è solo un oggetto, uno strumento dell'ordine imposto che ha già deciso per te, ha deciso se sei puro o impuro, se sei un vero musulmano o un falso musulmano, e così via. Ma, lo ripeto, tutto ciò non ha nulla a che fare con la violenza di tipo tribale che etnografi e antropologi hanno mirabilmente descritto tra '800 e primo '900. Ciò cui assistiamo è il frutto di una malattia che trasforma la morte della cultura in cultura della morte, una malattia che si è sviluppata all'interno di una parte del mondo musulmano, schiacciata da una realtà mondiale che alla fine non può controllare perché comunque la libertà e la dignità saranno sempre più forti della barbarie.[4]
  • Come i grandi dittatori della Storia, da Hitler a Saddam Hussein, il mullah Mohammad Omar ha subito il trauma della perdita precoce del padre e si è dovuto assumere in tenera età la responsabilità del mantenimento della famiglia. E la sua vita è avvolta da un impenetrabile alone di mito e mistero che alimenta la venerazione di un uomo senza volto e senza voce ma i cui ordini vengono eseguiti come fossero dei precetti religiosi.[5]
  • Da "socialista scientifico" nel '69, Nimeiry è passato ad essere prima "socialista scientifico" nel '69, Nimeiry è passato ad essere prima "socialista arabo" e poi "socialista alla sudanese"; in una seconda fase dopo aver sposato la causa dell'islamizzazione, si è prima autoproclamato "Imam" (guida religiosa suprema) e successivamente ha annacquato il suo integralismo messianico trasformandosi nel propugnatore di una "via sudanese" all'Islam. A fare le spese di questo trasformismo sono state a turno tutte le forze comuniste, nazionaliste, islamiche e autonomiste del paese.[6]
  • Diciamola tutta la verità: destra e sinistra sono finite nel vicolo cieco della faziosità partitica e del disinteresse della collettività perché è estremamente arduo in Italia definire il quadro delle certezze valoriali che sostanziano l'identità nazionale.[7]
  • Dietro alla "Guerra santa" sferrata dai Taliban contro le fotografie, i dipinti, la televisione e il cinema c'è la convinzione che l'Islam imporrebbe l'aniconismo, il divieto di riprodurre immagini. In particolare l'Islam prescriverebbe il rifiuto delle immagini degli esseri viventi perché potrebbero essere idolatrati. Alla base vi è la persuasione che essendo Allah l'unico creatore della vita e avendo Allah creato l'uomo a sua immagine e somiglianza, la persona che riproduce un essere vivente tenterebbe di competere con Allah. Nei testi sacri si specifica che le creature vengono prima formate con l'argilla, proprio come fa un artista, e successivamente Allah infonde loro la vita. Ed è così che all'artista che osa sfidare Allah tentando di imitarlo è riservato il fuoco eterno dell'Inferno.[8]
  • È un dittatore che ha deciso di affrontare frontalmente la superpotenza mondiale nel momento della sua maggiore vulnerabilità, a causa dell'imminenza delle elezioni presidenziali e della spaccatura tra Europa e Stati Uniti sulla lotta al terrorismo internazionale. Il redivivo Saddam si è così imposto come la variabile impazzita nella campagna elettorale di Clinton. Bush vinse la guerra del Golfo ma perse le elezioni. Per Clinton è una scelta ardua. Se restasse con le mani legate, gli Usa perderebbero il prestigio e l'influenza nel Golfo. Ma non può neppure rischiare di mandare a morire dei soldati americani. Saddam gli ha teso una vera trappola.[9]
  • È [...] probabile che, nell'eventuale improvvisa scomparsa di Assad, si riaprano i giochi politici in Siria, probabilmente con regolamenti di conti tra le opposte fazioni confessionali, politiche e militari, creando una fase di instabilità in tutta la regione.[10]
  • E proprio quanto sta accadendo in Pakistan conferma la natura aggressiva di questo terrorismo islamico che massacra principalmente gli stessi musulmani e che, contrariamente a un luogo comune diffuso, non è affatto la reazione alla guerra o all'occupazione di una potenza straniera.[11]
  • [Su Ali Khamenei] Egli ha predicato l'apertura dell'Iran al mondo esterno, ma internamente è fautore di un'economia centralizzata. Tutti i suoi viaggi all'estero sono avvenuti in paesi comunisti o progressisti: non è mai stato in Occidente. La morte di Khomeini ha inesorabilmente avviato la scomparsa di un sistema di valori, di potere e di governo che era una diretta emanazione della sua interpretazione non ortodossa della teologia sciita, rifletteva le sue ambizioni politiche e sfruttava il suo carisma. Il sistema del velayat-e faqih ha infatti rappresentato una rottura con l'ortodossia teologica e politica sciita che predica la taqiya, la dissimulazione dei propri sentimenti, un atteggiamento di quietismo politico. Ai credenti si chiede di simulare un'obbedienza al sovrano, nell'attesa che finisca l'occultamento del dodicesimo imam Mohammad al Mahdi, che gli sciiti ritengono scomparso dal mondo nell'anno 874 e che con la sua ricomparsa ripristinerà la giustizia. Questa eresia si è concretizzata nell'attribuzione a Khomeini che nella gerarchia religiosa sciita aveva il rango di ayatollah ozma del titolo di imam, che gli sciiti riservano al vicario del profeta Maometto. Nessuno ha oggi in Iran l'autorità e il carisma per farsi venerare e obbedire ciecamente così come è stato con Khomeini.[12]
  • Forse l'immagine più terrificante della storia moderna dell'Iraq è quella dei corpi appesi di re Feisal II e della sua famiglia nella loro reggia a Bagdad, ribattezzato con gusto macabro Qasr al Nihayyah, il Palazzo della Fine. Era il 14 luglio 1958, data che segna la fine della monarchia hashemita che, grazie all'intesa con la Gran Bretagna, aveva dato vita all'attuale stato iracheno nel 1921. I corpi furono poi orribilmente profanati trascinandoli disumanamente per le strade della capitale. Re Hussein di Giordania, allora ventitreenne, espressione dell'altro ramo della famiglia hashemita, traumatizzato dalla barbara sorte riservata al parente (figlio del prozio), in un attimo d'ira scandì questa promessa di vendetta: «Giuro su Dio che ci sarà un funerale in ogni casa irachena».[13]
  • Gli intransigenti taliban afghani hanno promesso 60 giorni di prigione per chi non osserverà il digiuno. Ed è così che il Ramadan diventa anche l'occasione per animare dispute teologiche sull'interpretazione del Verbo di Allah.[2]
  • Gli islamici strumentalizzano l'Islam per un fine eminentemente politico, la conquista del potere assoluto.[14]
  • [Su Ali Akbar Hashemi Rafsanjani] Il comune denominatore di tutta la sua carriera è decisamente il fiuto per gli affari e per il successo.[15]
  • Il Corano è un testo profondamente ed esplicitamente antiebraico. Allah condanna gli ebrei come «i più feroci nemici di coloro che credono». Gli ebrei sono «coloro che Allah ha maledetto», perché «uccidevano ingiustamente i profeti», «praticano l'usura», «con falsi pretesti divorano i beni della gente». Così come Allah «ha trasformato in scimmie e porci», gli ebrei che, in aggiunta, «somigliano a un asino».[16]
  • Il multiculturalismo invece è tutt'altro dalla multi­culturali­tà.
    Mentre la multicul­turalità è un dato che concerne gli «altri», il multi-culturalismo è un dato che concerne il «noi». Il multiculturalismo è un'ideologia che immagina di poter governare la pluralità etnica, confessionale, culturale, giu­ridica e linguistica senza un comune collante valoriale e identi­tario, limitandosi sostanzialmente a elargire a piene mani diritti e libertà a tutti indistintamente senza richiedere in cambio l'ottemperanza dei doveri e il rispetto delle regole. Il multiculturalismo laddove viene praticato, principalmente in Gran Bretagna, Olanda, Svezia, Norvegia, Danimarca, Belgio, Germania, ha finito per disgregare anche fisicamente la società al suo interno con la presenza di quartieri-ghetto abitati quasi esclusivamente dagli immigrati, ha accreditato l'immagine di nazioni alla stregua di «terre di nessuno» alimentando l'appetito di chi ci guarda come se fossimo «terre di conquista».[17]
  • Il multiculturalismo è il modello nordeuropeo. Si basa sulla certezza che sia possibile convivere pacificamente, nello stesso spazio sociale e giuridico, mantenendo identità e idee di cittadinanza diverse. [...] Il multiculturalismo ha creato ghetti spaventosi. Quartieri di pachistani islamici, di indiani indù, di musulmani somali. Ha sfilacciato la società, ne causa l'esplosione.[18]
  • [Sull'Emirato Islamico dell'Afghanistan] Il paese più oscurantista e apparentemente impermeabile alla modernizzazione e alla democrazia.[19]
  • Il Pakistan, paese di 140 milioni di abitanti di cui il 20 per cento sciiti, è da anni in preda a una sanguinosa guerra intestina alimentata dall'odio settario religioso e razziale che si interseca con il più vasto quadro di rivalità con gli stati contigui.[20]
  • Il punto è proprio questo: noi oggi tocchiamo con mano che nel momento in cui si ammette anche una sola eccezione all'inviolabilità della vita dal concepimento alla morte naturale, finiamo per spalancare la voragine dell'inciviltà che inesorabilmente, prima o dopo, finirà per mettere a repentaglio la vita di noi tutti.
    Che orrore assistere al lugubre spettacolo dei miliziani assetati di sangue che invocando sempre più ossessivamente «Allah Akhbar», il dio islamico è grande, elevando sempre più forte le urla fino a creare un clima da rito satanico, infieriscono sul corpo di Gheddafi uccidendolo e sfregiandolo.
    Ho subito associato questa scena all'atroce sgozzamento e decapitazione del ventiseienne ebreo americano Nick Berg il 7 maggio 2004 in Irak, per mano di Al Zarqawi, il luogotenente di Bin Laden, che proprio mentre avvicinava la lama della spada al collo e l'affondava fino a separare la testa dal busto urlava all'unisono con gli altri terroristi presenti «Allah Akhbar». Quale dio potrebbe mai consentire la violazione del bene della vita, il principio fondante della nostra umanità e il valore cardine della nostra civiltà?[21]
  • Il Ramadan sottolinea infine l'irrisolta inconciliabilità tra fede e scienza. Il Corano, trasmesso da Allah a Maometto nel settimo secolo quando non esisteva ancora il telescopio, prescrive che il mese del digiuno inizi subito dopo aver scorto la luna nuova, una constatazione affidata all'osservazione oculare diretta. Oggi gli islamici progressisti consigliano di affidarsi alla strumentazione astronomica e ai computer. Ma il clero più tradizionalista, quello saudita in testa, si oppone. Ciò impedisce che, alle soglie del Duemila, il Ramadan inizi nello stesso giorno in tutti i paesi musulmani.[2]
  • Il Saddam che torna al centro della scena internazionale è un dittatore che ha imparato che per sopravvivere deve essere spietato e non aver riguardi per nessuno.[9]
  • Il vecchio Leone di Damasco ruggiva ma non mordeva. E oggi il più giovane e inesperto Bashar seguirà le sue orme. Stando alla storia recente della Siria e alla storia personale degli Assad lo scenario futuro più verosimile non sarà l'escalation della tensione ma all'opposto un rientro nella cuccia con la coda tra le gambe. La vera priorità di Bashar, al pari di quella del padre Hafez, non è mai stata la riconquista del Golan bensì la strumentalizzazione dello stato d'emergenza nazionale per legittimare il protrarsi del proprio potere dispotico all'interno della Siria.[22]
  • [Sull'assimilazionismo] Impone a ciascuno di rinunciare alla propria identità religiosa e culturale per aderire a un patriottismo che coincide col laicismo. Insopportabile, nefasto. Non è possibile un’omogeneizzazione, gli uomini si ribellano.[18]
  • Interpretando nella maniera più bieca e faziosa la legge di Allah, i Taliban vorrebbero riportare l'Afghanistan all'epoca mitizzata dell'Islam originario fondato da Maometto nel settimo secolo. "Tutte le immagini di animali e altre creature viventi appese nei negozi, nelle case e in altri luoghi devono essere distrutte a partire da domani", hanno ordinato ieri i nuovi padroni dell'Afghanistan. I pittori non potranno più ritrarre immagini di esseri viventi. Dovranno essere distrutti anche i giocattoli di plastica e di carta con raffigurazioni di uomini o animali. Il divieto assoluto delle immagini degli esseri viventi non mancherà di scatenare polemiche nel mondo islamico.[8]
  • Khamenei, una personalità religiosa di rango medio (è un hojatolislam, carica gerarchica inferiore all'ayatollah), costituzionalmente non potrebbe accedere alla carica di guida, perché non è un marja, un dottore della legge a cui si fa riferimento per risolvere le dispute teologiche. Inoltre egli non gode né di carisma né di seguito popolare tali da farne un'autorità religiosa accettabile da personalità a lui superiori e dall'intera comunità sciita iraniana. Sul piano politico, Khamenei è un personaggio in declino, dopo aver perso il comando delle Forze armate e mentre si appresta a cedere la sua attuale carica a Rafsanjani. La nomina di Khamenei, se sul piano politico rappresenta una soluzione di compromesso provvisoria tra i due uomini forti del regime, Ahmad Khomeini e Rafsanjani, sul piano istituzionale conferma la scelta di svuotare la carica della guida della rivoluzione dei poteri assoluti e divini attribuiti a Khomeini.[12]
  • L'esplosione della guerra delle moschee in Iraq è la prova inequivocabile che il male vero dell'islam si annida al suo interno. Ed è l'ideologia dell'odio e della morte da parte di coloro che si sono auto-proclamati detentori della Verità, dell'unico «Vero Islam», finendo per disconoscere il diritto alla vita di tutti coloro che non si sottomettono al loro arbitrio. Così come attesta, facendo il raffronto con la reazione alla pubblicazione delle vignette su Maometto, che il terrorismo è sempre aggressivo, mai reattivo. Se non ci fossero i burattinai del terrore che strumentalizzano la religione e fanno leva sulle frustrazioni delle masse, non ci sarebbe il terrorismo.[23]
  • L'hojatolislam Mohammad Khatami è stato eletto alla presidenza della Repubblica con il voto massiccio dei giovani, delle donne, degli intellettuali, dei liberali e della sinistra islamica. I veri vincitori sono gli iraniani, il grande perdente è il regime.[24]
  • L'uscita di scena di re Hussein avvia di fatto la fine dell'era post-coloniale in tutto il Medio Oriente e prelude a un'era di radicali mutamenti non solo nei gruppi dirigenti ma anche nella realtà geopolitica dell'intera regione. Il "modello" incarnato da re Hussein è quello del leader ultrasessantenne al potere da vari decenni, con seri problemi fisici e non meno gravi difficoltà politiche. L'esercito è il cardine di un potere esercitato con un'autocrazia sostanziale e una democrazia formale, che si caratterizza con la disaffezione e lo scontento delle masse, attentati, colpi di stato, crescita dell'integralismo islamico e del terrorismo. La priorità strategica è la salvaguardia ad ogni costo di stati nazionali, perlopiù assurde creature del colonialismo, con la repressione spietata di qualsiasi movimento libertario che tenda all'affermazione delle nazionalità naturali su base etnico-confessionale.[25]
  • La fine del regime di Gaafar Nimeiry è la naturale conseguenza della sua spietata repressione di tutte le forze politiche interne che ha prodotto il suo totale isolamento e la perdita di fiducia da parte di tutti gli interlocutori politici.[6]
  • La fragilità interna del Pakistan è testimoniata dalla lunga catena di golpe militari, assassinii politici, stragi etnico-confessionali e tre guerre esterne verificatesi dall'indipendenza nel '47.[20]
  • [...] la globalizzazione multiculturalista dove si appiattiscono tutte le religioni, le culture, i valori e le identità per toglierci l'anima, «cosificando» la persona e atomizzando la società per ridurci a individui interessati esclusivamente alla dimensione dell'avere e dell'apparire che trascurano la dimensione dell'essere.[26]
  • La guerra civile curda conferma che l'adozione della democrazia formale non è una bacchetta magica che risolve ed estirpa una realtà di autocrazia, settarismo e miseria economica.[9]
  • La nomina di Khamenei è un primo passo verso la separazione di fatto del potere religioso da quello politico, con l'attribuzione al successore di Khomeini di un ruolo puramente simbolico. Prevedibilmente Khamenei potrà essere considerato come un imam joumaa, ovvero il coordinatore tra tutti i religiosi che pronunciano dei sermoni nella preghiera collettiva del venerdì in tutte le moschee dell'Iran. Ora bisognerà vedere se questa metamorfosi ideologica e politica potrà avvenire in modo indolore, soffocando senza traumi le istanze dell'opposizione per un autentico e radicale rinnovamento.[12]
  • La promessa di Khatami di "costruire un Iran libero, prospero, indipendente e sicuro nel rispetto della legge, senza tirannie o violazioni della legalità, con il concorso di tutte le opinioni e di tutte le esperienze", sarà una strada tutta in salita. Nell'ambito della teocrazia la "guida spirituale" detiene il potere di veto su tutte le decisioni del governo e del parlamento.[24]
  • La recente guerra del Golfo ha dimostrato il limite dei bombardamenti dall'alto o a distanza per centrare un bersaglio preciso come il presidente iracheno. L'alternativa di un intervento da terra dovrebbe rivelarsi più efficace. Ma ovviamente molto più pericolosa.[27]
  • La roccaforte di Allah sulla terra è apparentemente potente e temibile. Quattro stati, che si proclamano apertamente islamici e identificano le loro leggi con i precetti del Corano, formano un insieme geograficamente contiguo nell'Asia occidentale. Pakistan, Afghanistan, Iran e Arabia Saudita sono una potenza di oltre 230 milioni di abitanti che detiene le maggiori riserve di petrolio e gas del mondo, controlla un'area strategica per il transito degli oleodotti dal Caucaso al Mediterraneo e dispone del più forte esercito del Terzo mondo, dopo la Cina, dotato della bomba atomica. Se la roccaforte di Allah fosse unita diventerebbe un'inarrestabile locomotiva della Umma, la Nazione dell'Islam, che trasformerebbe il miliardo di musulmani in una rispettabile superpotenza nel contesto di un mondo proiettato verso il multipolarismo. Ma così non è.[20]
  • La storia politica del mondo musulmano è intrisa di sangue, a iniziare dai primi califfi dell'islam: di essi uno soltanto, Abu Bakr, morì di morte naturale, gli altri tre furono ammazzati perché considerati dei tiranni. In realtà nelle sue strutture politiche il mondo musulmano ha sempre enfatizzato il pericolo di cadere nel disordine e dunque ha visto nella tirannia una minaccia permanente.[3]
  • La verità è che sia il terrorismo islamico sia quello neonazista, si fondano sulla supremazia della razza o della religione, nel caso di Anders Behrin Breivik indicata come «cristiana», si equivalgono nella loro divisione faziosa dell'umanità dove loro, detentori di una verità assoluta che deve essere imposta con la forza, condividono sia il principio che chi non la pensa come loro non ha diritto di esistere sia la pratica della violenza per la realizzazione dei loro obiettivi. La differenza sostanziale è che mentre gli islamici che uccidono gli «infedeli» sono legittimati da ciò che ha ordinato loro Allah nel Corano e da quanto ha fatto Maometto, i cristiani che uccidono per qualsivoglia ragione lo fanno in flagrante contrasto con ciò che è scritto nei Vangeli.[28]
  • La verità è che le istituzioni in Italia, dal governo al Parlamento, dalle forze dell'ordine alla magistratura, hanno paura di affrontare e di scontrarsi con gli estremisti islamici che si sono saldamente arroccati nelle moschee.[29]
  • La violenza intrinseca nell'islam la cogliamo nei loghi dei gruppi islamici, dove compare ovunque il Corano abbinato a delle armi e a violente prescrizioni di Allah.[30]
  • Lo sciismo, sorto come movimento confessionale e politico in rotta con l'ortodossia sunnita a cui appartiene il 90 per cento del miliardo di musulmani del mondo, guida la rivolta islamica grazie alla sua fede nel martirio e nella cieca obbedienza alla gerarchia clericale.[14]
  • Maria è così un vincolo di unione tra cristiani e musulmani, perché anche nel Corano essa è il modello dell'anima credente che si è abbandonata completamente nel Signore per compiere sempre e generosamente la sua divina volontà.[31]
  • Non è un mistero che all'interno del regime dei taliban, che a quattro anni dalla presa di Kabul è boicottato dalla comunità internazionale, vi sono dei seri contrasti.[19]
  • Oggi estremismo e terrorismo rappresentano la prima emergenza internazionale e la più grave minaccia alla sicurezza nazionale. Ma penso che l'estremismo si alimenti di una sostanziale ambiguità insita nel Corano e nell'azione concreta svolta da Maometto.[32]
  • Oltre l'80 per cento delle donne egiziane ha subito la clitoridectomia o l'infibulazione. Il governo vorrebbe proibire questa pratica, in vigore sia tra i musulmani che tra i cristiani, per il danno che arreca alla salute fisica e sessuale delle donne, nonché per le sue conseguenze sulla crisi delle coppie che sfocia in divorzi e nella diffusione della droga. Ma gli islamici difendono la rimozione di "quella protuberanza", ritenendola all'origine della libidine e della prostituzione femminile.[33]
  • [Sulla Guerra civile in Nigeria] [...] oltre un milione di persone morirono per il tentativo secessionista attuato dall'etnia cattolica degli ibo che volle monopolizzare la nascente ricchezza petrolifera scoperta nel proprio sottosuolo. Ebbene l'esercito federale che stroncò la ribellione era composto prevalentemente da militari appartenenti all'etnia Yoruba, formata al 60 per cento da cristiani, e all'etnia Hausa dove dominano i musulmani. Il fatto che da quando è stata introdotta la sharia, la legge islamica, in 12 stati del nord della Nigeria, gli incidenti di natura confessionale e politica siano prevalentemente concentrati a Kaduna e a Kano, dove predominano le etnie Hausa e Fulani Peul, merita una riflessione.[34]
  • Partiamo dal buon senso, e da un punto fermo: nessuna deroga al rispetto delle leggi, ai valori percepiti come fondamentali dalla società. Un'identità forte dello Stato, a livello istituzionale. Sul piano religioso, forte riferimento identitario del cattolicesimo. Su quello culturale, la necessità di imparare la lingua italiana.[18]
  • Per i genitori la tahara (letteralmente la purificazione, così la gente comune chiama la circoncisione maschile e femminile) è un evento festoso perché testimonia il passaggio della figlia all'adolescenza e, quindi, alla soglia del matrimonio. La clitoridectomia va fatta "perché la bambina maturi", oppure "perché non sia come il maschio", considerando la clitoride come l'omologo del pene maschile. Questo paragone raggiunge il culmine nell'infibulazione con la rimozione delle grandi labbra considerate omologhe allo scroto maschile. La clitoride asportata viene legata al polso della bambina per una settimana, dopodiché viene gettata nel Nilo. La mutilazione genitale delle donne, praticata nel 60 per cento dei casi senza anestesia e da parte di gente che non ha alcuna preparazione medica, porta all'infiammazione della vulva, della vagina, dell'utero e delle ovaie, determinando forti dolori durante il rapporto sessuale e la lacerazione dei tessuti durante il parto, ciò che in definitiva sfocia nel ripudio del sesso e nella frigidità delle donne. L'88 per cento delle egiziane raggiunge l'orgasmo soltanto tramite la masturbazione, mentre il 36 per cento non ha mai raggiunto l'orgasmo dopo il matrimonio. E i mariti, anche loro insoddisfatti, ricorrono con sempre maggior frequenza a delle sostanze stupefacenti che dovrebbero ritardare i tempi del loro orgasmo nel disperato tentativo di far godere la moglie.[33]
  • [Sulla guerra Iran-Iraq] Per l'Iran il contenimento della guerra è solo un mezzo per dividere gli sceicchi arabi dall'Iraq, per questi ultimi nient'altro che un primo passo verso la pace totale. Cosicché è nuovamente riesplosa la "guerra alle petroliere" che solo nell'ultimo anno ha provocato il danneggiamento di 62 navi e la morte di 13 marinai. Dalle dichiarazioni ufficiali Iraq e Iran sembrano nuovamente avviarsi verso una guerra di lunga durata, ma non ci sembra che potranno resistere tanto a lungo. In particolare Khomeini deve fare i conti con il riesplodere dell'opposizione armata nel Kurdistan e nel Belucistan oltreché del fenomeno terroristico interno di cui il dirottamento negli ultimi quattro mesi di sei aerei civili e militari è soltanto l'aspetto più spettacolare. Ma il fattore che forse maggiormente influirà sull'esito della guerra è il calo dell'interesse strategico della rotta petrolifera del Golfo a vantaggio della rotta continua del Mar Rosso.[35]
  • Per me è il giorno più bello della vita. [...] Il miracolo della Resurrezione di Cristo si è riverberato sulla mia anima liberandola dalle tenebre di una predicazione dove l'odio e l'intolleranza nei confronti del "diverso", condannato acriticamente quale "nemico", primeggiano sull'amore e il rispetto del "prossimo" che è sempre e comunque "persona"; così come la mia mente si è affrancata dall'oscurantismo di un'ideologia che legittima la menzogna e la dissimulazione, la morte violenta che induce all'omicidio e al suicidio la cieca sottomissione e la tirannia permettendomi di aderire all'autentica religione della Verità, della Vita e della Libertà. Nella mia prima Pasqua da cristiano io non ho scoperto solo Gesù, ho scoperto per la prima volta il vero e unico Dio, che è il Dio della Fede e Ragione.[36]
  • Politicamente Rafsanjani si caratterizza come un abile mediatore e un protagonista attento, dinamico e spregiudicato, che non si lascia sfuggire le occasioni per farsi strada e per liquidare i propri avversari. La sua sete di potere è tangibile e incolmabile.[15]
  • Preoccupa la reazione critica, se non ostile, di tanta stampa «autorevole» nei confronti del Papa. Se le mie posizioni dovessero coincidere con quelle di Bin Laden, dei Fratelli Musulmani e del regime nazi-islamico iraniano, capirei subito che ho sbagliato.[37]
  • [...] prendo atto che Papa Francesco, insignito come «Uomo dell'anno» da Time Magazine, Vanity Fair e The Advocate, la più antica rivista della comunità gay americana, è più preoccupato della sorte dei clandestini di Lampedusa, più in generale dei poveri e degli emarginati nelle periferie del mondo globalizzato, che dedito sia a contrastare il genocidio dei cristiani d'Oriente sia a salvare il cristianesimo dal relativismo religioso e dall'invasione islamica all'interno stesso dell'Europa. Il fatto che anche il settimanale L'Espresso abbia scelto come «Uomo dell'anno» Costantino Baratta, cittadino di Lampedusa, per aver salvato la vita a 12 clandestini dopo il naufragio di un barcone lo scorso 3 ottobre culminato nella morte di 366 persone, sottolinea come in quest'Occidente, ma anche in questa Chiesa di Bergoglio, prevalgano l'ideologia del buonismo, immigrazionismo, multiculturalismo e globalismo, che ci impongono di assecondare il prossimo a prescindere dalle conseguenze per il nostro vissuto, permeati dall'ideologia del relativismo valoriale e del pauperismo che finiscono per inculcare in noi l'accettazione e la rassegnazione nei confronti di tutto e di tutti. Per contro la difesa dei cristiani d'Oriente e la guerra ad oltranza al radicalismo e al terrorismo islamico, si collocano nel contesto della salvaguardia delle nostre radici, della nostra fede, dell'identità nazionale, dei valori tradizionali a partire dalla centralità della famiglia naturale, come attesta l'opposizione ferma di Putin al matrimonio omosessuale proprio mentre quest'Unione Europea l'ha legittimato concependolo come l'apice della civiltà. Ecco perché, anche a costo di sfidare l'impopolarità, sostenete il Premio «Uomo dell'anno» a Putin, al-Sisi e Assad: significa dire no all'ideologia del globalismo e del relativismo, e dire sì al localismo nel contesto degli Stati nazionali e alla civiltà fondata sulla certezza di chi siamo.[38]
  • Probabilmente anche l'America, dopo greci, persiani, arabi, mongoli, russi, inglesi e sovietici, scoprirà che in Afghanistan l'unica alleanza che conta è quella che si basa sul legame tribale ed etnico.[39]
  • Quelli che vietano il Presepe sono italiani affetti dalla peggiore delle malattie: l'odio di sé stessi.[40]
  • Saddam non dorme mai nello stesso luogo per due notti consecutive, si muove in continuazione, spesso manda in una direzione un convoglio di macchine presidenziali con a bordo un suo sosia per trarre in inganno i suoi molti nemici interni. Ma questi sotterfugi non sfuggono alle potenti "orecchie" dei satelliti-spia americani che sono in grado di captare la voce di Saddam, le sue conversazioni e seguirne in tal modo gli spostamenti.[27]
  • Se dopo il bombardamento Saddam dovesse riemergere, anche se sulle macerie di un paese devastato, canterebbe comunque vittoria. E le folle irachene e arabe sarebbero pronte a credergli.[1]
  • [Su Ali Akbar Hashemi Rafsanjani] Se il suo pragmatismo lo presenta come un interlocutore accettabile per l'occidente, viceversa la sua spregiudicatezza lo rende un personaggio infido e imprevedibile.[15]
  • Siamo pertanto doppiamente ingenui e illusi: immaginiamo che relativizzando il cristianesimo per legittimare l'islam loro si renderanno più disponibili nei nostri confronti, mentre all'opposto finiamo per essere percepiti come una landa deserta che merita di essere occupata dai musulmani.[41]
  • Secondo la leggenda il mullah Omar ordinò l'assalto finale a Kabul indossando il sacro mantello del profeta Maometto, che si trova nel sacrario di Kandahar, se lo poggiò sulle spalle e proclamò la Jihad, la Guerra santa, contro il presidente Burhanuddin Rabbani. La verità è che il mullah Omar è arrivato al potere grazie alle armi del Pakistan e ai soldi di Bin Laden.[5]

Da I Taliban "rubano" la voce alle donne

la Repubblica, 24 ottobre 1997

  • Dopo le donne senza volto e senza corpo, le donne afghane ora sono anche senza voce. I Taliban hanno realizzato un altro passo in avanti verso la trasformazione delle donne in fantasmi. Da ieri è entrato in vigore il divieto di trasmettere la voce femminile tramite le onde di Radio Shariat, la Radio della Legge islamica gestita dai Taliban. Un programma preparato dalla Croce Rossa per illustrare alla popolazione raccomdazioni in materia di sicurezza, è stato diffuso solo dopo essere stato "depurato" delle voci femminili e delle musiche di fondo. Anche la musica, al pari dell'immagine e della voce delle donne, è blasfema. Devono morire murate vive in casa. Senza poter uscire se non accompagnate dal marito, dal padre o da un fratello.
  • Nell'Afghanistan dei Taliban le donne rassomigliano sempre più a degli zombie sepolte sotto la burqa, una cella ambulante in stoffa con un'unica grata all'altezza degli occhi. Come degli autentici fantasmi appaiono e spariscono in un baleno perché ormai il mondo esterno non appartiene più loro. Devono essere a tal punto fantasmi che gli è stato ordinato di non indossare le scarpe con i tacchi alti perché fanno rumore segnalando la loro presenza, ricordando la loro esistenza.
  • L'ideale dei Taliban è una società di soli uomini e dove la presenza delle donne, incatenate nel buio delle case, si giustifichi solo per la loro peculiarità riproduttiva.

Da L'ultima provocazione del dittatore dimezzato

la Repubblica, 3 novembre 1997

  • Il dittatore iracheno si è arrogato il diritto di decidere quali ispettori internazionali possano e quali invece non possano partecipare al piano dell'Onu di smantellamento degli arsenali chimici, biologici e nucleari iracheni. E ha così deciso di cacciare gli ispettori americani rei, a suo avviso, di appartenere a un paese che mira a rovesciare il suo potere e ad affamare il popolo iracheno mantenendo in vigore ad oltranza l'embargo. La risposta americana, degli alleati occidentali e dell'Onu è stata ferma: o Saddam ritira la sua "inaccettabile decisione" oppure andrà incontro a delle "gravi conseguenze". Non si esclude una rappresaglia militare per costringere Saddam a fare marcia indietro. Nel più classico e consolidato stile saddamiano, il dittatore di Bagdad è ricorso anche questa volta a un imbroglio verbale tipico del mercante del "suk", dicendo apparentemente "sì" quando in realtà si tratta di un "no".
  • Concepisce il mondo a sua immagine e somiglianza, non riesce a comprendere fino a dove può giocare con carte false e quando invece deve smetterla di barare. Ancora una volta Saddam ha dimostrato di essere un capobanda furbastro piuttosto che un capo di Stato intelligente, un uomo malato di paranoia che ha irrimediabilmente rotto i ponti con la realtà circostante.
  • È un dato di fatto che Saddam concepisce se stesso e la propria vita solo in funzione della conquista e del mantenimento del potere. Si è totalmente identificato con il potere, che non fa alcuna distinzione tra il proprio destino e quello dell'Iraq. Quello che va bene per lui deve andare bene per l'Iraq. In quest'ottica tutti gli iracheni, compresi le mogli e i figli, hanno diritto di esistere o meno soltanto se servono alla salvaguardia del suo potere. Ecco perché le sanzioni hanno penalizzato solo il popolo iracheno senza intaccare la dittatura di Saddam. I pochi soldi che è riuscito a racimolare con il contrabbando prima e con la vendita autorizzata del greggio dopo, li ha utilizzati per sé e per la sua Guardia repubblicana. Delle migliaia di bambini morti di fame o di malattia, Saddam non si è affatto preoccupato. Ecco perché le sanzioni non solo non servono ma sono addirittura controproducenti.
  • Bush preferì la certezza di un Iraq unito sotto la dittatura di Saddam piuttosto che il rischio di un Iraq democratico ma forse diviso tra curdi, sunniti e sciiti. E fu così che il sostegno di Bush a Saddam arrivò al punto da consentirgli di impiegare gli elicotteri e le armi chimiche per reprimere nel sangue la più imponente rivolta popolare esplosa in Iraq all'indomani della liberazione del Kuwait. Ebbene è giunta l'ora di fare autocritica.
  • Non si può punire un popolo per le colpe di un dittatore irrecuperabile alla ragione di Stato e al diritto internazionale. Bisogna spegnere i riflettori su Saddam e accenderli sul popolo iracheno. Senza riflettori il narcisismo e la megalomania, che sono la linfa vitale di cui si nutre il tiranno di Bagdad, si esaurirebbero e Saddam sprofonderebbe nell'oblio del capitolo più nero della storia contemporanea dell'Iraq.

Da E ora cresce la paura per i Grandi vecchi malati

la Repubblica, 6 febbraio 1999

  • L'uscita di scena di re Hussein avvia di fatto la fine dell'era post-coloniale in tutto il Medio Oriente e prelude a un'era di radicali mutamenti non solo nei gruppi dirigenti ma anche nella realtà geopolitica dell'intera regione. Il "modello" incarnato da re Hussein è quello del leader ultrasessantenne al potere da vari decenni, con seri problemi fisici e non meno gravi difficoltà politiche.
  • Re Hussein a 63 anni è stato in assoluto il leader politico più longevo, 46 anni di potere in uno Stato sorto solo 78 anni fa come ricompensa dell'impero britannico a suo nonno, il re Abdallah, per aver partecipato alla rivolta promossa da Lawrence d'Arabia nel 1916-1918 contro i turco-ottomani.
  • Al pari di re Hussein, il sovrano marocchino si considera un miracolato essendo sopravvissuto a decine di attentati e golpe militari. E non è un caso che l'autoritarismo sostanziale che caratterizza il suo potere si inquadra nel contesto di una nazione multietnica in cui i berberi rappresentano la principale comunità.
  • Se la realtà multi-etnica e multi-confessionale dell'Iraq dovesse trovare un governo diverso ispirato alla democrazia e all'autodeterminazione, l'intero Medio Oriente ne rifletterebbe l'esito in una reazione a catena. Ecco perché, quando scocca l'ora della verità, i Grandi malati del Medio Oriente preferiscono tenersi Saddam. Ma l'addio di re Hussein ha ricordato a tutti che nessuno è immortale e che è impossibile bloccare il corso della Storia.

Da Il doppio gioco di damasco

la Repubblica, 15 aprile 2003

  • Morire per Saddam? La risposta del presidente Bashar Al Assad è un secco no. Il dittatore iracheno è stato un nemico giurato dei fratelli-rivali del Baath siriano. Probabilmente se lo avesse tra le mani, lo consegnerebbe subito a George W. Bush per mettere a tacere la nuova offensiva dell'America. Prima che si trasformi in Syrian Freedom.
  • La televisione siriana non ha mostrato le immagini in diretta dell'abbattimento della grande statua di Saddam nella Piazza dei Martiri di Bagdad. Mentre gli iracheni e il mondo intero festeggiavano la fine della dittatura, i siriani si sorbivano un'altra dose di camomilla virtuale. Troppe le somiglianze tra i due regimi baasisti. Troppe le statue e le immagini degli Assad, Hafez e Bashar, per non temere di fare la stessa sorte. È vero che Hafez e Saddam erano acerrimi nemici. Ma il pomo della discordia era la leadership del movimento panarabo. Non certamente la democrazia. La loro contesa si svolgeva a suon di colpi di stato e di sanguinose purghe. Di sicuro non nei seggi elettorali. Anche oggi il giovane Assad sembra voler tenere i piedi su due staffe. Spera di risultare credibile e convincente presso la comunità internazionale ma, al tempo stesso, si erge a pioniere e leader del movimento rivoluzionario della riscossa araba contro la strategia della superpotenza mondiale.
  • La politica della Siria è quantomeno schizofrenica. Da tempo ospita e sostiene apertamente i gruppi terroristici islamici e nazionalisti. Recentemente è diventata l'avamposto dei mujahiddin, i combattenti della Guerra santa, che continuano a scatenare la guerriglia contro i marines in Iraq.
  • È vero che tradizionalmente il regime siriano è più pragmatico e flessibile di quello iracheno. Assad padre è arrivato al punto di schierare l'esercito siriano a fianco di quello americano nella guerra di liberazione del Kuwait contro le forze di Saddam nel 1991. Ciò induce a ritenere che anche il giovane Bashar farà del suo meglio per favorire una soluzione politica al nuovo conflitto esploso con l'America.

Da La sfida ai profeti di violenza nelle moschee

la Repubblica, 24 maggio 2003

  • [Sui Fratelli Musulmani] Si tratta di una centrale integralista internazionale che ha come logo il Corano e la spada. Vuole islamizzare la società e conquistare il potere politico. Sul terreno si è consolidata una "struttura organica dell'Islam radicale" che, facendo leva sulla crisi di identità dei giovani musulmani, ha già prodotto dei mujahiddin, i combattenti della Guerra santa, e potrebbe forgiare dei shahid, i "martiri" che anelano al Paradiso di Allah.
  • [Sui Fratelli Musulmani] I cinque cardini della loro ideologia sono: "Allah è il nostro fine. Il Profeta è il nostro modello. Il Corano è la nostra legge. La Jihad è il nostro cammino. Il martirio è la nostra aspirazione". Alla confraternita si aderisce facendo la bay' a, un atto rituale di sottomissione all'autorità religiosa e politica dell'emiro della comunità o della moschea. Una pratica che viene rispettata anche in Italia. L'obiettivo dichiarato è di conquistare il potere tramite l'islamizzazione della società dal basso e, laddove si trovi costretto, nel rispetto delle leggi. L'islamizzazione dal basso avviene principalmente tramite il controllo delle moschee e delle scuole coraniche; l'offerta di servizi sociali, sanitari, culturali, di consulenza legale anche gratuitamente per i non abbienti; la gestione di enti e aziende che producano profitto e che siano compatibili con l'etica islamica (macellerie, finanziarie, librerie, ristoranti, consorzi di certificazione della carne halal, ditte di importazione e esportazione di prodotti alimentari halal, cioè conformi alla legge islamica). Il monopolio della rappresentanza del movimento islamico è il loro obiettivo immediato, per ergersi a unico interlocutore presso i governi e le istituzioni. Al di fuori dall'Italia l'uso della forza contro i regimi tacciati di apostasia o considerati "infedeli" viene considerato legittimo.
  • Nell'Islam sunnita, a cui aderisce la stragrande maggioranza dei musulmani italiani, non esistono la figura del sacerdote, l'istituzione del clero né a maggior ragione un Papa che incarna i dogmi della fede. Ciò si deve al fatto che il rapporto tra il fedele e Dio è diretto, non necessita di intermediari. L'imam, che letteralmente significa "colui che sta davanti", è semplicemente colui che guida la preghiera collettiva in moschea. Si tratta di un ruolo, non di un rango. Questo ruolo può formalizzarsi per opportunità, ma resta un ruolo.

Da L'Algeria? È il volto di una donna bellissima

Repubblica.it, 28 febbraio 2009

  • [Sull'Algeria] È la terra dei tuareg e del deserto, delle dune e del granito. È stata abitata da romani, ebrei, berberi, cristiani, africani e arabi, lasciando il più vasto patrimonio monumentale del continente africano.
  • Un paese con il volto di una donna bellissima, dai folti capelli rossi e gli occhi azzurri, di statura alta e di costituzione forte, passata alla storia con il nome di Kahina, la Profetessa, la più leggendaria delle eroine berbere.
  • Furono i romani, che occuparono la regione per quasi sei secoli, a definire la popolazione autoctona della sponda meridionale del Mediterraneo «barbari», intesi come estranei alla loro cultura e il nome fu successivamente traslitterato dagli arabi in berberi. In realtà i berberi erano depositari di una remota civiltà il cui alfabeto "tifinagh", considerato il più antico del mondo, viene ancora usato dai tuareg nel sud dell'Algeria.
  • Un immenso paese grande otto volte l'Italia che sorge proprio di fronte a casa nostra, ma ancora tutto da scoprire; una realtà dai mille volti per tanti versi vergine e incontaminato, ma che rappresenta una fonte inesauribile di testimonianze di storia vissuta dall'antichità ai giorni nostri; un posto unico dove si possono ammirare le pitture rupestri di Hoggar e Tassili del 6000 a.C. affiorate nel deserto del Sahara, il più esteso della terra.
  • Colpisce subito la realtà multietnica e multiculturale della gente, assistiamo a una società dove convivono persone di pelle nera, di chiara origine africana, di pelle scura, discendenti dagli arabi, di pelle bianca, berberi chaoui dell'Aures o kabili della Kabilia. È una realtà che esiste sin dall’epoca dei romani come testimoniano il fatto che nel III secolo la maggioranza dei senatori di Roma erano di origine africana e che lo stesso imperatore Lucio Settimio Severo (146-211) era un africano di Leptis Magna.
  • I tuareg, a differenza degli arabi, hanno preservato un sistema matriarcale che affida alla donna, che va in giro a capo scoperto e rifiuta di portare il hijab, il compito di educare i figli, di gestire la casa e provvedere all'economia domestica. I tuareg, i berberi, gli arabi, i francofoni, i laici e gli islamici sono tutti parte integrante di questa affascinante realtà multietnica, multiculturale, multilinguistica e per certi versi multiconfessionale che si chiama Algeria.
  • Questa società così molteplice e vitale potrebbe rivelarsi la vera ricchezza di un'Algeria democratica e liberale in grado di rendersi autosufficiente anche dopo la fine inevitabile della manna petrolifera. Ecco perché l'Algeria ha bisogno del turismo che è invece una risorsa inesauribile se viene gestita con saggezza e lungimiranza.

Da Perché me ne vado da questa Chiesa debole con l'islam

Il Giornale.it, 25 marzo 2013

  • Credo nel Gesù che ho amato sin da bambino, leggendolo nei Vangeli e vivificato da autentici testimoni.
  • La mia conversione al cattolicesimo, avvenuta per mano di Benedetto XVI nella notte della Veglia Pasquale il 22 marzo 2008, la considero conclusa ora in concomitanza con la fine del suo papato.
  • La verità è che la Chiesa è fisiologicamente relativista. Il suo essere contemporaneamente Magistero universale e Stato secolare, ha fatto sì che la Chiesa da sempre accoglie nel suo seno un'infinità di comunità, congregazioni, ideologie, interessi materiali che si traducono nel mettere insieme tutto e il contrario di tutto.
  • Sono contrario al buonismo che porta la Chiesa a ergersi a massimo protettore degli immigrati, compresi – e soprattutto – i clandestini.
  • Faccio questa scelta, nella sofferenza interiore e nella consapevolezza della disapprovazione che genererà nella patria del cattolicesimo, perché sento come imperativo il dovere morale di continuare ad essere coerente con me stesso e con gli altri nel nome del primato della verità e della libertà.

Da La sconfitta della democrazia nello Stato simbolo e garante della democrazia nel Mondo

Sull'assalto al Campidoglio degli Stati Uniti del 2021, Magdicristianoallam.it, 8 gennaio 2021

  • Scene simili si sono finora viste solo nel Terzo Mondo o negli Stati dove c'è un sistema democratico formale ma non sostanziale. Il fatto che gli Stati Uniti, considerati l'emblema e il garante ovunque nel Mondo delle libertà individuali e del liberalismo economico, attestino uno sconvolgente degrado istituzionale, registrino una seria minaccia violenta al sistema democratico e in prospettiva all'integrità dello Stato federale, ci obbliga a prendere atto che quanto è accaduto a Washington il 6 gennaio è solo la punta dell'iceberg che prospetta un cambiamento radicale a livello mondiale, che va oltre la contingenza di un evento isolato nel tempo e nello spazio.
  • Dobbiamo prendere atto che l'assalto armato al Congresso della prima potenza mondiale che non ha esitato a scatenare guerre in tutto il Mondo nel nome della democrazia, ci fa toccare con mano la crisi profonda della democrazia come sistema rappresentativo della volontà popolare, garante della sovranità popolare, fulcro dello stato di diritto fondato sulla certezza e sul primato della legge, ma anche come l'istituto costituzionale atto a assicurare la governabilità dello Stato.
  • Cari amici, l'insieme del quadro turbolento delle elezioni americane, dalla denuncia di una truffa elettorale e di una vittoria rubata al rifiuto del Presidente in carica di riconoscere la legittimità del Presidente eletto, dall’assalto armato al Congresso all’annuncio di Trump che non parteciperà alla cerimonia dell'insediamento di Biden il 20 gennaio pur rassegnandosi al passaggio dei poteri, si traduce nella sconfitta della democrazia nello Stato concepito come il simbolo e che si erge a guardiano della democrazia nel Mondo.

Io amo l'Italia[modifica]

Incipit[modifica]

Così come il primo vagito testimonia l'inizio della vita terrena del neonato, non scorderò mai la reazione traumatica e liberatoria che contrassegnò il mio ingresso nella vita dell'Italia trapiantata in Egitto. Avevo quattro anni. Era il settembre del 1956. I particolari appartengono ormai a un mondo onirico di cui riesco ad afferrare solo immagini sfuocate, pulsioni remote, odori rarefatti. Di quel giorno conservo labili tracce di colori distesi, il caldo attenuato, i profumi regalati da una natura che si rinnova segnalando il passaggio all'autunno.

Citazioni[modifica]

  • I convegni servono poco o nulla. Nella gran parte dei casi [...] si risolvono in cerimonie autoreferenziali dove i relatori, comunque troppi, si parlano addosso e sono noiosi sino alla morte. (p. 164)
  • Il caso è come i granelli di polline che vagano nell'atmosfera, si posano su tanti fiori ma sposano solo quello che è pronto alla fecondazione. Anche noi dobbiamo essere pronti ad abbracciare il caso quando si presenta, se vogliamo, grazie a esso, rigenerarci di vera vita. (p. 70)
  • L'Italia è la patria dei tuttologi: tutti pretendono di dire la loro su tutto, anche se non hanno una competenza specifica sull'argomento. (p. 91)
  • L'Italia è succube di una concezione letteraria dell'informazione in cui conta più la forma che il contenuto. Si pubblicano sciocchezze madornali, l'importante è che siano confezionate con eleganza. (p. 92)
  • Riconosco a Scalfari il merito di aver realizzato un miracolo creando il secondo quotidiano d'Italia che talvolta si aggiudica il primo posto. Ha avuto un'intuizione felice e ha saputo investire al meglio su alcuni professionisti per offrire un'alternativa a istanze politiche e culturali presenti nella sinistra italiana. Ma al tempo stesso lo reputo responsabile del degrado ideologico della stampa italiana, avendo legato lo straordinario successo di un grande giornale, formalmente indipendente, alla logica della militanza politica per promuovere campagne faziose e talvolta personali contro gli avversari. (p. 84)

Citazioni su Magdi Allam[modifica]

  • Nessuno potrebbe scambiare Magdi Allam con uno di quegli scalzacani intenti a bombardarci con [...] le "bombe al panzanio". Allam è autore di libri e saggi di notevole valore scientifico. L'ultimo, appena uscito, si intitola Saddam, storia segreta di un dittatore (Mondadori, 2003). Non voglio anticipare troppo di questo libro, che si legge con sbalordimento crescente via via che si procede. Magari gli dedicherò una recensione apposita. Però un breve commento si impone, per capire la coerenza dell'Allam saggista con l'Allam reporter. Anzitutto il libro ha una peculiarità che lo differenzia da tanti altri: la bibliografia (contenuta nelle note). È forse la più breve che la saggistica abbia mai conosciuto: due sole facciate, roba da Guinness dei primati. In tre capitoli su sette, poi, si fonda su un semplice articolo di giornale. Memorabile la base documentaria del secondo capitolo, che non ha che un'unica fonte: un pezzo su Gente intitolato Sono stata per trent'anni l'amante di Saddam. Mai avevo visto Gente divenire fonte di uno studio storico e psico-sociologico [...] tesi di fondo dell'autore è che Saddam Hussein sia diventato cattivo a causa del nome (che vorrebbe dire "disgrazia"[42]) e per via della madre che lo maltrattava. Le dimensioni di questa cattiveria le scopriamo con orrore già a pagina 7: "Un suo ex compagno di scuola ha ricordato che Saddam rubava la merenda dei bambini. Se loro tentavano di riprendersela attaccandolo in più di uno, lui buttava il cibo per terra e lo calpestava con il piede". Terribile. Il resto è un crescendo drammatico: Saddam che sorride in pubblico ma sta serio quando è solo, Saddam che detesta portare gli occhiali e che si tinge i capelli, Saddam che è un donnaiolo impenitente ecc. (Valerio Evangelisti)

Note[modifica]

  1. a b Da La vittoria politica di Saddam negli incubi dei governi arabi, la Repubblica, 9 febbraio 1998.
  2. a b c Da Troppa politica poca religione. Il Ramadan divide i fedeli di Allah, la Repubblica, 10 gennaio 1997.
  3. a b Da Il califfo messo a morte, la Repubblica, 2 gennaio 2007.
  4. Da Un rito di morte che tradisce l'islam, la Repubblica, 22 aprile 2007.
  5. a b Da Tutti i segreti del mullah Omar leader talibano senza volto, la Repubblica, 20 settembre 2001
  6. a b Da Spietato e isolato, il dittatore ha "preparato" la sua fine, la Repubblica, 7 april 1985
  7. Da Non basta regolare i flussi. Vanno salvati i nostri valori, Corriere della Sera, 25 aprile 2007, p. 36.
  8. a b Da "Distruggete le immagini, la Repubblica, 6 ottobre 1997.
  9. a b c Da Saddam il redivivo non ha più rivali, la Repubblica, 1º settembre 1996.
  10. Da Assad malato e senza eredi. La pace con Israele rallenta, la Repubblica, 23 gennaio 1994.
  11. Da Il contrasto tra Islam e democrazia, Corriere della Sera, 29 dicembre 2007, p. 36.
  12. a b c Da Khamenei, leader di transizione, la Repubblica, 6 giugno 1989.
  13. Da Un generale o un principe? L'opposizione cerca un leader, la Repubblica, 29 luglio 2002.
  14. a b Da L'Iran guida i fanatici di Allah ma i fondamentalisti sono divisi, la Repubblica, 23 marzo 1994.
  15. a b c Da S'apre la lotta di successione, la Repubblica, 6 giugno 1989.
  16. Da Islam. Siamo in guerra, p. 77.
  17. Da Se il multiculturalismo genera nuovi mostri (e dirlo non è un reato), il Giornale.it, 1º agosto 2011.
  18. a b c Dall'intervista di Renato Farina, Libero, 21 novembre 2004; riportata in Con l'islam siamo alla resa dei conti, CulturaCattolica.it.
  19. a b Da Il successo del dirottamento darà il via a nuove violenze, la Repubblica, 2 gennaio 2000.
  20. a b c Da Una guerra intestina divide i popoli di Allah, la Repubblica, 5 gennaio 1999.
  21. Da La vita umana è sacra. Pure quella dei tiranni, il Giornale.it, 24 ottobre 2011.
  22. Da Bashar, leone in trappola. La Siria è sempre più isolata, la Repubblica, 18 aprile 2001.
  23. Da Un sacrilegio più grave delle vignette, Corriere della Sera, 24 febbraio 2006, p. 1.
  24. a b Da L'Iran della società civile, la Repubblica, 30 maggio 1997.
  25. Da E ora cresce la paura per i Grandi vecchi malati, la Repubblica, 6 febbraio 1999.
  26. Da Così Pisapia creò una Babele multiculturale, il Giornale.it, 15 agosto 2011.
  27. a b Da L'ordine di Clinton. Uccidete Saddam, la Repubblica, 24 dicembre 1997.
  28. Da La strage in Norvegia. Il razzismo è l'altra faccia del multiculturalismo, il Giornale.it, 24 luglio 2011.
  29. Da Predicatori di odio e istituzioni timide, Corriere della Sera, 23 dicembre 2007, p. 34.
  30. Da Islam. Siamo in guerra, p. 80
  31. Da Io, musulmano, al pellegrinaggio di Loreto, Corriere della Sera, 10 giugno 2006.
  32. Dall'intervista di Eleonora Barbieri, Magdi Allam: "Non c'è un islam moderato", il Giornale.it, 25 marzo 2008.
  33. a b Da Il sesso mutilato divide gli egiziani, la Repubblica, 25 ottobre 1994.
  34. Da Il pretesto del Corano, la Repubblica, 23 novembre 2002.
  35. Da Nel golfo quattro anni dopo una guerra, la Repubblica, 22 settembre 1984.
  36. Da La mia scelta, Corriere della Sera, 23 marzo 2008.
  37. Da Se l'Occidente decide di autocensurarsi, Corriere della Sera, 28 settembre 2006, p. 46.
  38. Da Putin e Assad sono i veri uomini dell'anno anti-terrore, Il Giornale.it, 31 dicembre 2013.
  39. Da Nella rete dei taliban, la Repubblica, 8 ottobre 2001.
  40. Da Quegli italiani che odiano se stessi, Il Giornale.it, 5 dicembre 2015.
  41. Da Il prete prega Allah dentro la chiesa? Tradisce la sua fede, il Giornale.it, 2 settembre 2011.
  42. Il reale significato è "chi urta duramente". Cfr. Vocabolario Arabo-Italiano, Roma, Istituto per l'Oriente, 1964 e succ. ed., II pp. 738-739a.

Bibliografia[modifica]

  • Magdi Allam, Io amo l'Italia. Ma gli italiani la amano?, Oscar Mondadori, Milano, 2007. ISBN 9788804569176
  • Magdi Allam, Islam. Siamo in guerra, Youcanprint, 2015. ISBN 9788893213004

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