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Roberto Bettega

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Roberto Bettega (1971)

Roberto Bettega (1950 – vivente), dirigente sportivo ed ex calciatore italiano.

Citazioni di Roberto Bettega

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Citazioni in ordine temporale.

  • Per noi telespettatori, ieri pomeriggio è stato veramente un supplizio. Non so quanti abbiano resistito fino al termine dell'incontro Austria-Germania. Anch'io, dentro di me, mi chiedevo perché continuavo a stare lì seduto davanti al televisore, rinunciando a un bagno in mare che tra qualche tempo rimpiangerò tanto. Forse attendevo un'impennata improvvisa o forse, in verità, volevo vedere cosa sarebbe successo a fine gara: un'invasione di campo algerina, tedeschi e austriaci che uscivano abbracciati, boccali di birra, salsicce e crauti negli spogliatoi. [...] Dopo Austria-Germania, la prima e unica partita della prima fase falsata e condizionata da aspetti non tecnici ma di opportunità (escludiamo i rigori della Spagna, che sono pur sempre dei fatti tecnici, appunto), ritorneranno alla carica i detrattori della formula a 24 squadre, che può dare adito a certe speculazioni. Ora: io sono, come sapete, pienamente favorevole a questa nuova formula che ha risvegliato un grandissimo interesse. Su una cosa non sono però d'accordo: secondo me, si sarebbe dovuto cercare di far giocare le squadre impegnate nello stesso girone nello stesso giorno e alla stessa ora, non consentendo così troppi calcoli e vantaggi a chicchessia.[1]
  • Lo stile Juve, oltre che un'educazione a rispettare quanti lavorano con te, è anche un'educazione a vincere.[2]
  • [«[...] qual è il più bel ricordo che conserva come calciatore della Juventus?»] Quattro giorni nel maggio del 1977: il mercoledì a Bilbao vincemmo la Coppa Uefa e la domenica a Genova battemmo la Samp portandoci a 51 punti, una quota che ci garantiva lo scudetto. In quei quattro giorni ci giocavamo tutta la stagione e ce la facemmo. Forse avremmo potuto crollare dopo il raggiungimento del primo obiettivo e invece ci battemmo come leoni anche per il secondo. Ricordo che a Bilbao, dopo la Coppa vinta, entrò negli spogliatoi il presidente, Boniperti, e disse: «Bravi ragazzi, ma adesso attenti: domenica c'è la Samp!». La nostra forza era quella di non accontentarci mai...[3]
  • Io credo che una grande squadra possa nascere anche attraverso una strategia intelligente che preveda la scoperta e il lancio dei giovani, il reperimento di campioni, in Italia o all'estero, attraverso operazioni finanziarie accorte. Non sempre spendere assicura la vittoria.[4]
  • [Sul campionato di Serie A 1997-1998, «ma vi sentite accerchiati, con tutte queste insinuazioni?»] Macché accerchiati! La Juventus si sente prima e basta.[5]
  • Vycpálek prese in mano la Juve nel periodo della rivoluzione o per meglio dire in partenza di un progetto di crescita e di costruzione di una squadra che fu poi protagonista di quindici anni strepitosi. Arrivarono tanti giovani: il sottoscritto, Landini, Capello, Danova. E Picchi prima e Vycpálek dopo furono bravissimi a integrarli con gli anziani: Salvadore, Haller, Morini. Eravamo una squadra giovane, intesa come gruppo, ma avevamo messo le radici per una pianta rigogliosa. Io, poi, gli devo molto. Quando nel corso della seconda stagione mi ammalai, lui per primo mi fu vicino in quel momento così delicato facendomi capire che mi avrebbe aspettato, che non mi avrebbe messo né fretta né pressione. Mi fu di grandissimo aiuto. Era un uomo che sapeva trasmettere la sua positività.[6]
  • [Sul campionato di Serie A 1972-1973] Ricordo che nell’intervallo della famosa partita dell'Olimpico, [l'allenatore Vycpálek] ci disse: "Oggi il Milan perde a Verona, la Lazio pareggia a Napoli, noi vinciamo lo scudetto e ci abbracciamo in mezzo al campo". Lo guardammo con un'aria un po' strana, e in coro ripetemmo: "Sì, mister, ci abbracciamo in mezzo al campo", come a dire: per salutarci che il campionato è finito. Ma alla fine ebbe ragione lui. Quelle parole mi sono rimaste impresse, perché erano la dimostrazione di quanto ci credesse.[6]
  • [Su Sandro Salvadore] Billy è stato un maestro, oltre che un compagno. Spesso la domenica mattina andavamo a Messa insieme. Ho tanti ricordi personali più che calcistici, per quelli credo parli la sua carriera di campione straordinario e duttile, capace di giocare terzino come centrale con la stessa efficacia.[7]
  • La Juventus è stata una delle ragioni della mia vita. Amo questa squadra, questa società e questi colori.[8]
  • [Rispondendo a Gabriele Oriali] Sai Lele io fino al 2006 ho vinto quattordici scudetti, più di quanto l'Inter abbia fatto in tutta la sua storia.... eh eravamo soldatini.[9]
  • [Sulle parole di Antonio Cassano che aveva definito come «soldatini» i giocatori della Juventus] Se soldatini vuol vincere allora ben venga, abbiamo vinto trenta scudetti.[9]
  • È comportarsi come in famiglia, con educazione e un grande rispetto reciproco. Queste due cose sono alla base dello stile Juve fuori campo. In campo è giocare sempre e solo per vincere.[10]

Il sogno americano

Intervista di Marino Bartoletti, Guerin Sportivo nº 17 (486), 25 aprile – 1º maggio 1984, pp. 23-26.

  • [Sull'esperienza nel calcio nordamericano] Mi ha entusiasmato persino vedere "come" la gente va allo stadio, "che cosa" si aspetta di vedere. Difficilmente una partita di qualsiasi disciplina dura meno di tre ore. O, meglio, difficilmente dura meno di tre ore lo spettacolo offerto. Ogni tempo morto, viene riempito e sfruttato, ma non tutto è business. Sopravvivono concetti quasi "candidi", come quello relativo alla proibizione di "sporcare" le maglie con scritte pubblicitarie. Contraddizioni? Direi piuttosto, "cultura".
  • [Sull'esperienza nel calcio nordamericano] In America, nel calcio come in tutti gli altri sport, il giocatore è responsabile solo di quello che dà in campo. Se il campo ti "boccia" ti fanno fuori: se il campo ti dà ragione, te, nella tua vita privata, puoi fare tutto quello che vuoi. Probabilmente non è un concetto esportabile in Italia, dove tutto è vissuto in maniera più drammatica e traumatica. Là non esiste la parola "ritiro", qua, se una partita va male, ci sono allenatori che sono capaci di sequestrare i giocatori sin dal martedì finendo sovente con l'aumentare uno stato di tensione che una maggiore libertà invece potrebbe contribuire a stemperare.
  • [«C'è qualcosa dell'esperienza americana che è andata oltre le tue speranze?»] Una cosa che può sembrare insignificante ma che, in effetti, non lo è affatto: la tranquillità. E per tranquillità voglio dire serenità, sicurezza, certezza di non subire soprusi. Un esempio? Nei primi tempi, quando parcheggiavo la macchina, la chiudevo sempre a chiave; poi, a forza di essere preso in giro e addirittura insultato dagli amici canadesi, ho finito col non farlo più. E non ho mai avuto il minimo fastidio. È una sciocchezza, ma è anche la testimonianza di un enorme grado di civiltà che, purtroppo, in Italia non abbiamo.
  • [«Pensi [...] che nel nostro campionato di calcio potrebbero essere introdotte novità come quella dei play-off?»] Perché no? Se si riuscisse a non "sdrammatizzare" troppo la prima parte, cioè la "regular season", i play-off potrebbero essere molto validi e anche abbastanza utili. Certo, un conto è applicarli alla mentalità americana con gente che va allo stadio "comunque", un conto è trasferirli senza traumi da noi, dove l'emozione, l'importanza, direi la drammaticità dello scontro è un ingrediente fondamentale.
  • [«In che cosa ti sei accorto di essere diventato americano?»] Dall'abitudine di allacciare le cinture di sicurezza sulla macchina. Ma mi è bastato tornare in Italia per non farlo più.

Citazioni su Roberto Bettega

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  • Bastano due aggettivi per definirlo: discreto, corretto. Sì, perché per me Roberto è soprattutto una persona perbene, legato alla famiglia, al lavoro. Ho imparato a conoscerlo telecronaca dopo telecronaca, di pari passo con la progressiva caduta di quel velo di comprensibile cautela (o diffidenza) che faceva da filtro fra due tipi diversi, in cui il più estroverso ero io. Così ci volle una serata ad Eindhoven con Sacchi per scoprire la sua passionaccia per Lucio Battisti le cui canzoni, seppi poi, avevano fatto da colonna sonora ai suoi vent'anni. (Bruno Longhi)
  • Bettega è l'uomo decisivo di questa nazionale [...] Bettega non finisce mai di entusiasmarmi, fa prodezze che altri giocatori si sognano. (Enzo Bearzot)
  • Bravo e furbo. Una volta, dopo un mio fischio, l'ho beccato che scuoteva la testa. "Ehi Roberto – gli ho detto, severo – a me certi gesti non li fai". E lui: "Ma no! Mi stavo dicendo 'non fare questi falli, ha ragione Michelotti'". (Alberto Michelotti)
  • Il coacervo di emozioni di cui ha fatto dono alle folle col suo colpo di testa sonante come il battacchio di una giovane, lucente campana. [...] Il suo gol ruggiva e ruzzolava dall'alto, potente e sapiente. (Vladimiro Caminiti)
  • La sua signorilità è ormai fuori discussione. È forse il bianconero più simpatico ai giornalisti poiché regala sempre delle battute o delle frasi intelligenti, perché non rifiuta mai il dialogo, neppure quando la Juve perde malamente. (Beppe Conti)
  • L'elegante Bettega, il principe dei palloni alti, finissimo equilibratore tattico in grado di sdoppiarsi nelle funzioni di goleador e di rifinitore avanzato. (Adalberto Bortolotti)
  • Lui non è adatto a tenere il timone di un'azienda. È un bravo ragazzo, un operativo. Se lo mandi in giro fa il suo dovere. Ma ha bisogno di qualcuno che gli stia sopra, come ai tempi miei e di Giraudo. Non lo stimo più, Bettega. Anzi, sa cosa le dico? Non lo saluterò neanche se me lo ritrovassi a un passo. Ma come? Al Tribunale sportivo di Roma gli azionisti, certi azionisti almeno, ci scaricano e ci tirano addosso. Alla Procura di Torino ci denunciano per infedeltà patrimoniale. E lui rientra in società, dentro questa società? Ci vuole anche la faccia come il c... per richiamarlo. Bettega farà la fine di Ferrara, glielo garantisco. A Ciro gli hanno fatto accettare un gruppo senza capo né coda, a lui rinfacceranno di non aver rimesso a posto la squadra. (Luciano Moggi)

Note

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  1. Da Rimpiango di avere rinunciato a un bel bagno in mare, La Stampa, 26 giugno 1982, p. 19.
  2. Citato in Panorama, Edizioni 894-897, 1983, p. 374.
  3. Bettega: gli arbitri, Cabrini e Llorente, dalla rubrica Parliamone insieme; Guerin Sportivo nº 47 (669), 18-24 novembre 1987, p. 123.
  4. Dall'intervista di Aldo Loy, Bettega: ecco la mia Juve, Guerin Sportivo nº 14 (990), 6-12 aprile 1994, pp. 40-41.
  5. Citato in Salvatore Lo Presti, Bruno Bartolozzi, La Juve rompe l'assedio, La Gazzetta dello Sport, 28 aprile 1998.
  6. a b Da Franco Montorro, Hurrà Juventus, maggio 2002; citato in Stefano Bedeschi, Gli eroi in bianconero: Cestmir Vycpalek, tuttojuve.com, 15 maggio 2023.
  7. Da un ricordo al funerale di Sandro Salvadore, gennaio 2007; citato in Stefano Bedeschi, Gli eroi in bianconero: Sandro Salvadore, tuttojuve.com, 29 novembre 2022.
  8. Citato in Juventus, Bettega: "Bianconero ragione di vita", tuttomercatoweb.com, 21 febbraio 2008.
  9. a b Dal programa televisivo Serie A Live, Mediaset Premium, 3 novembre 2012; citato in Bettega, Oriali e i soldatini, canalejuve.it, 4 novembre 2012.
  10. Citato in Gianni Mura; Andrea Gentile, Aurelio Pino, Non gioco più, me ne vado: gregari e campioni, coppe e bidoni, Il Saggiatore, Milano, 2013, p. 191. ISBN 88-4281-752-X

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