Francesco Algarotti

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Francesco Algarotti

Francesco Algarotti (1712 – 1765), scrittore e saggista italiano.

Citazioni di Francesco Algarotti[modifica]

  • Amerà domani colei che non amò jeri. (da Il Congresso di Citera)
  • Il lapislazzoli, il quale si mostra brioso negli azzurri, smonta o smarrisce ne' verdi e più ancora ne' gialli ed è quasi perduto ne' rossi.[1]
  • [Caravaggio] il Rembrante dell'Italia. Abusò costui del detto di quel Greco quando domandatogli che fosse il suo maestro, mostrò la moltitudine che passava per via; e tale fu la magia del suo chiaroscuro, che, quantunque egli copiasse la natura in ciò ch'ella ha di difettoso e d'ignobile ebbe quasi la forza di sedurre anche un Domenichino, ed un Guido. (da Saggio sopra la pittura, Presso Marco Coltellini, Livorno, 1764, p. 144.)
  • La religione toglieva l'uomo dallo stato che per lui è il più insopportabile di tutti, dalla dubbietà. (da Saggio sopra il Gentilesimo)
  • La solitudine è la dieta dell'anima[2], disse sensatamente non so chi. (da Lettera al padre Giambattista Roberti)
  • [il ponte di Rialto nell'invenzione, non realizzata, di Palladio] Tal fabbrica lodata a ragione dall'autor suo, dipinta e soleggiata dal pennello di Canaletto, di cui mi sono servito, non le posso dire il bello effetto che faccia massime specchiandosi nelle sottoposte acque [...]. Ella può ben credere che non mancano al quadro né barche né gondole, che fa in eccellenza il Canaletto, né qualunque altra cosa trasferir possa lo spettatore in Venezia; e le so dire che parecchi Veneziani han domandato qual sito fosse quello della Città ch'essi non avevano per ancora veduto. (da Raccolta di lettere sopra la pittura, Presso Marco Coltellini, 1764, pp 76-77)

Pensieri diversi[modifica]

  • Ad ogni poeta mediocre vengono talvolta fatti alcuni buoni versi.
  • Buona parte della felicità nostra sta nella distrazione da noi medesimi.
  • Gli epigrammisti in poesia sono come i fioristi in pittura.
  • L'uomo non pensa mai all'avvenire se non quando li dà noia il presente.
  • La Critica è venefica, e benefica.
  • La Donna non pone tanto studio nel vestirsi se non perché l'uomo viemeglio desideri di vederla spogliata.
  • La facilità grandissima che hanno gl'Italiani ad apprender la lingua spagnuola è cagione che non la sanno.[3]
  • La falsa letteratura è peggiore assai dell'ignoranza. Meglio è non si muover di luogo che far cammino e aver smarrito la via.
  • La gelosia ha da entrar nell'amore, come nelle vivande la noce moscata. Ci ha da essere, ma non si ha da sentire.
  • La ignoranza dell'uno è la misura della scienza dell'altro.
  • Molti vanno a Parigi e pochi ci sono stati.
  • Quel poeta che non saprà che la lingua volgare non sarà che un poeta volgare.
  • Sotto alle più belle azioni ci è la vanità, come sotto a' più bei ricami ci è lo spago.

Incipit di alcune opere[modifica]

Dialoghi sopra l'ottica neutoniana[modifica]

Sopra la costiera di una piacevole montagnetta, che tra Bardolino e Garda sorge alle sponde del Benaco, è posto Mirabello, luogo di delizia della marchesa di F*** dove è solita dimorare ogni anno buona parte della estate. Dall'un fianco guarda il bel piano, che irrigato è dal Mincio; dall'altro le Alpi altissime e i colli di Salò lieti di fresca e odorosa verdura; e sotto ha il lago, in cui si specchia, sparso qua e là di navigli e di care isolette.

Il newtonianismo per le dame[modifica]

Quella stessa ragione che ad un Concerto di Musica, ad una allegra e dilicata cena, a una Galleria, o ad un Teatro tutto dì mi conduce, quella stessa a scriver m'ha condotto la Storia d'una Villeggiatura, che io feci colla Marchesa di E... questa State trascorsa, e mi â in cotal modo di uomo nella Società ozioso ed inutile eretto in Autore; E il natural desiderio, che ogni Autore â di farsi imprimere, che che ci dican tuttavia questi Signori nelle loro lunghe Prefazioni, fa che io ponga ora alla luce del Pubblico questa Storia, la quale per altro sarà tutta Filosofica, e composta di alcuni discorsi, che io ebbi con quella gentil Signora sopra la luce e i colori.

Saggio sopra il gentilesimo[modifica]

L'uomo, considerato nello stato della semplice natura, ha il lume della ragione talmente dalle passioni offuscato, che non è atto, generalmente parlando, a giudicare del valore delle cose che gli stanno dattorno, né a regolare i desiderî ch'esse accendono in lui; e male può discernere il vero bene dalle false immagini di quello.

Saggio sopra l'imperio degl'Incas[modifica]

Tra le false opinioni delle quali s'imbevono coloro che si danno unicamente alle lettere, non tiene l'ultimo luogo quella che le sole nazioni, i cui fatti porti il pregio di studiare, sieno i Greci e i Romani. Talché la più gran parte de' letterati non degnano gettare nemmeno un guardo a que' popoli che piacque loro di chiamar barbari, perché non sortirono un Tucidide o un Livio per istorici. Non così pensano coloro che, non contenti a viaggiare con la scorta di pochi scrittori nel mondo degli Antichi, sanno scorrere con la mente tutto il globo, e veggono che da quelle nazioni che i dotti dispregiano il più, si possono trarre insegnamenti per la vita civile ed esempî utilissimi; quasi a quel modo che le materie più nobili che servono agli usi dell'uomo, ne vengono la più parte fornite da quel genere di animali creduti comunemente i più vili.

Saggio sopra la lingua francese[modifica]

Da non picciola maraviglia dovrà esser presa buona parte degli uomini di lettere al vedere come la lingua francese, la quale si parla da tanti secoli in un paese ridotto sotto a un principe solo, sia stata sempre incerta e mutabile; e solamente da picciolo tempo in qua ricevuto abbia un qualche regolamento; dove la lingua italiana, la quale si parla in un paese diviso in tanti stati come è il nostro, è venuta su quasi dalla prima sua infanzia bella e formata, ha ricevuto regole di buon'ora e da quel tempo sino a' giorni nostri si è mantenuta sempre la istessa. Se non che considerando attentamente la storia di esse lingue, e facendone in certo modo la genealogia, viene a scemare moltissimo, se non a svanire del tutto, la maraviglia.

Saggio sopra la necessità di scrivere nella propria lingua[modifica]

Di non pochi vantaggi, parte fisici parte morali, vogliono i più dei dotti che, per quanto si spetta alle umane lettere e singolarmente alla eloquenza e alla poesia, godessero gli antichi sopra di noi. Donde si rende in buona parte ragione della eccellenza a cui da essi recate furono quelle facoltà. Tra i quali vantaggi forse non è il meno considerabile quello, che dissipati non venivano, come noi, in vari studi di differente natura, e sopra tutto che dietro ad altre lingue oltre alla propria non ispendevano l'opera ed il tempo.

Saggio sopra quella quistione perché i grandi ingegni a certi tempi sorgano tutti ad un tratto e fioriscano insieme[modifica]

Non è meno degna da considerarsi, che sia difficile da sciogliere quella quistione filologica che in un ragionamento sopra la decadenza degl'ingegni prende a trattare il Signor Racine: onde nasca che gli spiriti eccellenti nelle buone arti, nelle belle lettere e in qualunque altra facoltà surgano a certi tempi tutti insieme a riempire il mondo di ammirazione e di dottrina, e a certi altri tempi siasi come addormentato l'ingegno dell'uomo; quasi che la Natura, indebolita dal già fatto dispendio, dovesse starsi per molti secoli come in riposo a riprendere nuova lena e vigore.

Citazioni su Francesco Algarotti[modifica]

  • Fu filosofo, e poeta sublime, promotore, e cultore delle arti imitatrici, ornato di varia erudizione; che nelle splendide Corti non con altra via, che colla felicità dell'ingegno, e colla benignità del costume, e colle sue oneste, nobili, e liete maniere seppe riempire lo spazio, ch'è fra il Trono, e la condizione di privato, e avvicinare lo stato di semplice Cittadino all'intima amicizia de' sommi Re, e rendersi chiaro, e famoso presso ogni culta nazione di Europa. (Domenico Michelessi)
  • Il Conte Algarotti fu il primo italiano, che si accinse all'impresa di rendere a tutti chiara la lingua de' filosofi, e scelse a tale disegno quella sì curiosa, e sì bella, ma niente men difficil parte della fisica, che tratta della natura della luce, e de' colori secondo il nuovo, ed ormai universalmente abbracciato sistema Neutoniano. (Domenico Michelessi)
  • Nel tempo che Tartini faceva correr l'arco sulle corde e regolava i bischeri, l'Algarotti ebbe campo di sfoggiare la sua dottrina archeologica sulla genesi del violino, confutando Aristofane e Ateneo che fecero il violino coevo ad Orfeo, e confutando quelli che lo vollero inventato dagli Indiani e donato all'Italia dalle crociate; e piantandosi nell'opinione che vuole il violino figliuolo d'Occidente, e probabilmente dal principato di Galles, e trascorrendo sui vari trattamenti della sua forma, dalla viola primitiva alla viola da braccio, a quella da gamba; i quali a lungo andare generarono poi in Francia il piccolo violino. (Giuseppe Rovani)
  • Uno di questi intelletti, ch'era la gioja sua [di Eustachio Manfredi], la sua delizia, si è il conte, Francesco Algarotti viniziano, giovane col quale, come la fortuna fu abbondevole di grandi averi, così fu d'ingegno la natura, che tanto glie ne diè quant'era in suo potere, ond'è da tutti amato, e stimato, e della sua dottrina, e della sua vena poetica ha dato al mondo chiarissime pruove. (Giampietro Zanotti)

Note[modifica]

  1. Citato in Salvatore Battaglia, Grande Dizionario della Lingua Italiana, Vol. VIII, Unione Tipografico-Editrice Torinese, Torino, 1973, p. 765.
  2. Citato anche in Mario Pieri, Della vita di Mario Pieri, 1850. L'autore dell'aforisma sarebbe un generico Antico.
  3. In Opere del conte Algarotti, vol. VII, Carlo Palese, Venezia, 1792, p. 29.

Bibliografia[modifica]

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