Oreste Del Buono

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Oreste Del Buono

Oreste Del Buono (1923 – 2003), scrittore, giornalista, traduttore, critico e consulente editoriale italiano.

Citazioni di Oreste Del Buono[modifica]

  • Alberto Asor Rosa dimostra la cecità consueta a gran parte della cultura di sinistra per i fenomeni più rilevanti, non sto a dire se positivi o negativi, della cosiddetta cultura di massa.[1]
  • Chi ha la testa riflette, chi non ce l'ha chiacchiera.[2]
  • [Su I segreti di Twin Peaks] David Lynch non forza realisticamente. Eppure eroi e antieroi, persecutori e vittime sono talmente esaltati dal suo manierismo da invitare la gente all'immedesimazione.[3]
  • Difficile dimenticare la Sterling in questo film [L'asso nella manica], difficile vederla in altri film in altri ruoli. La Sterling non può cambiare personaggio: anche se le affidassero una parte di santarellina, di bigotta virtuosa, finirebbe per tradirsi, per lasciar riaffiorare dagli occhi, dai denti serrati, dal modo di avventare le parole e di scuotere il corpo la natura indiscutibilmente cattiva del personaggio preferito.[4]
  • [Drive In] È la trasmissione di satira più libera che si sia vista e sentita per ora in televisione.[5]
  • Erano le 7.30 di sera, e la sera era piovosa. Un forte vento di progresso ingolfava la pioggia sottile e pungente sotto la tettoia di vetro della Gare de l'Est a Parigi. Ma al marciapiedi numero 8 si faceva festa. La banda della città di Parigi in giacca rossa e pantaloni blu suonava disperatamente pezzi focosi per arrivare ai caffè bollenti distribuiti nelle pause. Due ministri, diciassette presidenti di società, otto ispettori generali, un medico e sette giornalisti tutti in tenuta da viaggio, con mantelline e spolverine scozzesi battevano i piedi, quasi assiderati, anche se non avevano bisogno di aspettare le pause per ricorrere al conforto dei caffè bollenti. E peggio ancora di loro stavano i proprietari dei cappelli a cilindro e delle redingote che gremivano il marciapiedi numero 8, quello destinato all'Orient Express. Il primo Orient Express, del mito più che della storia. Era la sera del 4 ottobre 1883.[6]
  • Erano noti a Edgar Allan Poe i Memories di Eugène François Vidocq, l'inventore della polizia moderna? Certo, il suo investigatore dilettante di fantasia, C. Auguste Dupin, si affretta a polemizzare con il suo connazionale in carne e ossa per distinguersi immediatamente, per far capire subito che il suo metodo sarà molto diverso.[7]
  • Galep era mitissimo ma su imperio di Gian Luigi Bonelli dovette disegnare le avventure del più manesco eroe di carta italiano. Galep non conosceva per nulla l'America eppure gli si deve la più suggestiva ricostruzione del vecchio West. Gli sfondi erano l'ossessione di Galep e un giorno, in Trentino, dove era casualmente capitato avvenne il fatale incontro tra il disegnatore e il paesaggio dei suoi sogni. Da allora le vacanze nel Trentino diventarono indispensabili per Galep. Era il 1962, le Dolomiti intervennero a sostituire le Montagne Rocciose. Lo studio di Lillo Gullo che ci fornisce il ricco catalogo della mostra è esemplare, ci rallegra per quanto ci rivela su Galep, ma ci mette anche davanti alla constatazione che di gente come lui non ce n'è più, e non solo nel mondo dei fumetti.[8]
  • [Su Edilio Rusconi] Il duro lavoro di tutti questi anni, la creazione di un gruppo multieditoriale, non hanno di sicuro attenuato la forza di volontà e la capacità di esercitare il potere.[1]
  • Il neorealismo è morto definitivamente, l'ha ucciso la televisione, né mai lo resusciteranno quei giovanotti presuntuosi e senza talento che osano definirsi neorealisti.[9]
  • Il nostro è uno strano paese che ha con il divertimento un rapporto grottesco. Lo si considera turpe. C'è un sottofondo religioso in questo. Si cerca sempre di cancellare, di abolire ciò che diverte. Sa, ho un ricordo preciso di un fatto che ancora mi angoscia: quando l'Italia entrò in guerra fu sospeso il ballo. Proibito. Io non sapevo ballare ma a tanti piaceva. Mi parve un inutile sopruso.[10]
  • Il tempo passa per tutti: la bella faccia s'è andata a poco a poco stemperando, ingrigendo. Pearl Buck ha ormai sessantasei anni: la si può, quindi, definire una vecchia signora. Eppure il suo sorriso è rimasto ostinatamente giovane, e ostinatamente comunicativa è rimasta la sua maniera di scrivere. Un suo libro costituisce sempre un avvenimento per il pubblico. Si tratta sempre, infatti, d'un libro con una sua ragione d'esistere, d'un romanzo con una sua storia da narrare: e questo non è davvero un avvenimento trascurabile ai nostri giorni in cui escono troppi volumi inutili, semplici esercitazioni di grafomania o di cattivo gusto.[11]
  • L'agente speciale Cooper si muove tra il passato di Laura e il presente delle sue amiche e amici e di tanti altri, tutti a Twin Peaks, con le sue contraddizioni, il suo aspetto da bravo ragazzo stolido e la sua acuta sensibilità quasi morbosa di conoscitore dell'animo umano. È veramente una sorpresa nella narrativa gialla tendente al nero degli ultimi tempi. Via via che gli sfilano davanti i possibili colpevoli, l'agente speciale Cooper è capace di riconoscerne l'innocenza, non quella generale, ma quella specifica, quella concernente il delitto su cui s'indaga e la trasgressività che costituisce la specialità di David Lynch si afferma maggiormente nel baluginare qua e là di una positività a sorpresa, quasi a tradimento. «I segreti di Twin Peaks» è narrato molto bene, senza il minimo tentativo di forzatura realistica. Come, del resto, le altre opere di David Lynch manierista a volte sublime. È una favola dell'orrore inevitabile contenuto in un agglomerato umano.[3]
  • Nel 1841 Poe aveva cominciato a leggere un romanzo di Dickens, che conteneva tra l'altro la narrazione di un crimine misterioso: alle prime pagine, aveva subito capito l'enigma; riflettendo sul metodo da lui seguito, aveva scoperto contemporaneamente le regole dell'inchiesta poliziesca e quelle della narrazione poliziesca.[7]
  • Non è una grande attrice la Sterling, tra anni i nostri figli, forse noi stessi moriremo dal ridere davanti alla sua recitazione priva di autocritica, come capita davanti alla recitazione riesumata dalle dive celebri del muto, delle Borelli, delle Bertini; non è una grande attrice la Sterling e sarà senz'altro divertente rivederla e riderne tra anni, quando – se Dio vorrà – saranno passate di moda violenza e ferocia; adesso, però, è difficile riderne: Jan Sterling non è una grande attrice, ma questa sua interpretazione d'un mito è esatta, fedele, il suo rispetto della retorica più recente è scrupoloso, rigoroso addirittura. Nel senso del male non si potrebbe immaginare qualcosa di più di peggio, si stava per dire.[4]
  • Non scriverò più romanzi, meglio fare del giornalismo, qualcosa che morda direttamente la realtà, piuttosto che rimestare nella poltiglia in cui tanti rimestano. [...] Che senso ha scrivere ancora romanzi? Meglio l'inchiesta sociologica, con personaggi veri, con storie autentiche. Argomento per un buon libro? Il concorso per il posto di primario chirurgico al Fatebenefratelli.[12]
  • Nostra Signora dei Turchi, il primo film dell'autore, attore e regista Carmelo Bene, pone impetuosamente alcuni problemi. Per cominciare, questo: in Italia abbiamo un genio, ce lo meritiamo?[13]
  • Si sa che è praticamente impossibile che due amanti si amino allo stesso modo. Nella più indissolubile delle coppie è rarissimo che l'indissolubilità risulti da un reciproco e paritetico sforzo. C'è sempre uno che s'impegna e un altro che corrisponde o acconsente, si lascia coinvolgere o almeno trascinare.[2]
  • Un colpo di fischietto. Un altro colpo di fischietto. Un terzo colpo di fischietto. Uno scossone. Un altro scossone. Un terzo scossone. E così via. L'Orient Express si avviò verso la grande avventura. Appena lasciata dietro la Gare de l'Est un maggiordomo in polpe bianche annunciò nei corridoi: «Signori viaggiatori, il pranzo è servito». Gli scompartimenti in tutto simili a lussuosi appartamenti in miniatura si svuotarono. Si riempì l'elegantissimo vagone ristorante. Tendine azzurro pallido ai finestrini. Soffitti decorati all'italiana. Pareti e sedie guarnite in cuoio di Cordova. Una minuscola cucina m. 1,30 per m. 0,90 spartiva il vagone in due semisale da pranzo di 12 posti l'una. Una semisala riservata ai mangiatori fumatori. E una riservata ai mangiatori non fumatori.[14]
  • Vari anni prima che nascesse il XX secolo, l'Orient Express cominciava a rappresentare un simbolo di prestigio per chi poteva permettervisi sopra un viaggio di piacere, sinonimo di avventura, lusso e voluttà. La letteratura consumistica non poteva certo restare indifferente al fenomeno. E tantomeno poteva restare indifferente quel filone della letteratura consumistica che è la letteratura gialla. Da Agatha Christie a Graham Greene non sono mancati gli autori famosi che hanno ambientato sull'Orient Express i loro complicati intrighi. Agatha Christie è la maggiore autrice del genere. Ma non è celebre solo per questo. È celebre anche per essere, forse la maggiore bara che la letteratura di qualsiasi colore, tendenza, etichetta, livello e dislivello possa annoverare. Per non deluderli, Agatha Christie, bara con i lettori sino all'ultima riga. E, dato che non li delude mai, l'unica conseguenza che ci resta da trarne è che Agatha Christie bara a fin di bene, nell'interesse superiore del pubblico. Qui, in Murder on the Orient Express, comincia a essere volutamente lacunosa addirittura nel titolo. Essendo il romanzo del 1933, è chiaro, infatti, che non si può trattare del mitico Orient Express, ma del Simplon Orient Express, un grande treno internazionale, d'accordo, ma datato 1919, e non 1883 come il suo predecessore, e aperto più agli avventurieri che ai re d'un tempo.[15]

Da Vita, morte e miracoli di un battutista

Prefazione a Marcello Marchesi, Il malloppo, postfazione di Guido Clericetti, Bompiani, Milano, 2013, pp. 7-15. ISBN 88-587-6275-4

  • Marcello Marchesi è uno di quegli italiani che ha conciliato Milano e Roma, non patendone l'antiteticità, ma, anzi, alimentandosene. (p. 9)
  • [...] si avverte il sospetto, se non la certezza che Marcello Marchesi sia stato il suggeritore occulto di buona parte della nostra vita di teledipendenti. (p. 12)
  • Ma il Signore di mezza età ha fatto ben altro. Non si è limitato a ricordare il passato, ha anticipato il futuro. Nel senso che ha creato una parte del linguaggio dei più giovani. Sono stati i giovani ad adottare le definizioni di "matusa" o "semifreddo". Marcello Marchesi, nonostante i baffi posticci e gli occhiali esagerati o proprio grazie ad essi, si rivelò non più persuasore occulto, ma confidente esplicito, quasi direttore di coscienza. (p. 12)

La vita sola[modifica]

Incipit[modifica]

UN NOME SOSPETTO. I guai cominciavano già dal mio nome. Me lo rivelò un giorno mia madre. Forse è il primo ricordo di cui dispongo: ambiguo, per non dire equivoco, come tutti i ricordi che si spingono troppo lontano e pretendono di strappare all'oblio gli sconosciuti che siamo stati. Quanti anni potevo avere? Non tanti, di sicuro. Da contare su una mano. Non mi venne neppure in mente di protestare perché mi avevano dato un simile nome deplorevole. Non mi venne neppure in mente che il nome proprio potesse essere dato dopo la nascita. Non mi venne neppure in mente che non si nascesse marchiati dal nome proprio con tutte le conseguenze del caso. Non mi venne neppure in mente perché non ero neppure consapevole di possedere una mente. Un tale che si chiamava come me aveva, comunque, combinato qualcosa di orribile.

Citazioni[modifica]

  • Una volta ho avuto una causa perché avevo definito sordo un sordo. Avrei dovuto dire audioleso. Prima di scrivere occorre sempre pensare se ci sia in corso un eufemismo per evitare di dire la verità.
  • E stamani, con la pioggia che insiste e non promette una tregua, Via Spiga [a Milano] ha un vago aspetto cimiteriale. È come se le vetrine di questo o quello stilista ospitassero statue erette a ricordo di qualcuno o qualcosa, non progetti per il futuro.
  • Quando posso restare sdraiato come un cane alla cuccia a sonnecchiare senza sonno né sogno è quasi la felicità. Capisco, anzi sento, che la felicità è così vicina. Dopotutto, a tenermi in vita sono esclusivamente i troppi impegni di lavoro, il mio essere debitore di infimi pezzi e pezzetti quasi a tutti gli editori. In fondo, basterebbe che non mi chiedessero più roba, non insistessero a rinfacciarmi i ritardi nella consegna, e mi potrei lasciare andare completamente.

Incipit di I giocattoli di Natale[modifica]

Il sospetto. S'è deciso a piovere. L'attesa era veramente pesante. Che si sfoghi il maltempo, invece di restare sospeso sui pensieri e sulle parole, che si sfoghi.[16]

Note[modifica]

  1. a b Da Dopo i grandi settimanali Rusconi torna al primo amore: i libri, Tutto libri, 19 settembre 1981.
  2. a b Da Amori neri, Theoria, Roma, 1985.
  3. a b Da Twin Peaks. Il giallo e il nero dei peccati americani, La Stampa, 8 gennaio 1991.
  4. a b Da Jan Sterling, Cinema Nuovo, 1° settembre 1953; citato in Guido Aristarco, Il mito dell'attore, Edizioni Dedalo, Bari, 1983, p. 179. ISBN 978-88-220-5015-1
  5. Dal Corriere della Sera, 1988; citato in La sinistra amava Drive in. Eco e le ragazze fast food, Il Giornale.it, 23 febbraio 2011.
  6. Da Prefazione ad Agatha Christie, Assassinio sull'Orient Express, traduzione di Lidia Zazo, Mondadori, Milano, 2018, p. V. ISBN 978-88-04-67938-7
  7. a b Dalla prefazione a E. A. Poe, Gli assassini della Rue Morgue, CDE, 1973.
  8. da Tex Willer, 50 anni ben portati, in L'Espresso, 2 aprile 1998.
  9. Da un'intervista a Sabato; citato in Piero Soria, Il neorealismo è morto, La Stampa, 5 settembre 1993.
  10. Dall'intervista di Marcello Sorgi, Oreste Del Buono: «Quei genitori non hanno il gusto del diverimento», Il Messaggero, 9 aprile 1980.
  11. Da La saggezza di Pearl Buck, in Epoca, 4 maggio 1958, A. IX, n. 396, Arnoldo Mondadori Editore, p. 45.
  12. Citato in Vladimiro Cajoli, Imparare il futuro, La Fiera Letteraria, 23 febbraio 1967.
  13. In Carmelo Bene e Giancarlo Dotto, Vita di Carmelo Bene, p. 272.
  14. Da Prefazione ad Agatha Christie, Assassinio sull'Orient Express, 2018, p. VI.
  15. Da Prefazione ad Agatha Christie, Assassinio sull'Orient Express, 2018, p. VII.
  16. Citato in Giacomo Papi, Federica Presutto, Riccardo Renzi, Antonio Stella, Incipit, Skira, 2018. ISBN 9788857238937

Bibliografia[modifica]

  • Oreste Del Buono, La vita sola, Biblioteca comunale di Milano, 2014 (1989).

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