Werner Hofmann

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Werner Hofmann (1922 – 1969), sociologo ed economista tedesco.

Da Babeuf a Marcuse[modifica]

Incipit[modifica]

Tutto il pensiero del movimento sociale prende le mosse dalle grandi idee della filosofia illuministica. Per la prima volta nella storia universale l'illuminismo ha tracciato l'immagine di un'umanità redenta. Quello che per l'illuminismo era una speranza, per il movimento sociale diventa un programma non ancora realizzato, ma tuttavia realizzabile. (Introduzione, La contraddizione fra idee illuministiche e realtà sociale come dato di fatto iniziale, La premessa dell'epoca illuministica)

Citazioni[modifica]

  • Owen è stato un fervente sostenitore delle misure di protezione e di previdenza sul lavoro da parte dei fabbricanti, delle leggi sulla limitazione dell'orario di lavoro, della politica della piena occupazione e delle colonie per i disoccupati (di un «produttivo sussidio di disoccupazione», come diremmo oggi); Owen ha inoltre sottolineato l'importanza dell'istruzione popolare per l'aumento della produttività. Per lui miglioramento morale degli uomini e accrescimento della loro capacità di rendimento, si identificano. (Parte prima, Capitolo secondo, C. Riforma della società attraverso l'autodifesa dei lavoratori: Robert Owen (1771-1858), p. 27)
  • Babeuf (1760-1797), il capo della cospirazione degli Eguali[1], fu il primo rivoluzionario sociale moderno. Fece propria la causa del popolo lavoratore, che allora non era costituito solo da operai, ma anche da numerosi piccoli produttori, artigiani, piccoli commercianti, contadini. E le molteplici aspirazioni di questi gruppi tutt'altro che omogenei confluirono in un pensiero dominante di Babeuf, quello dell'uguaglianza universale. Le idee gliele fornì la filosofia dell'illuminismo, le armi la rivoluzione. (Parte prima, Capitolo secondo, I. Gracchus Babeuf, pp. 31-32)
  • Per meglio capire la dottrina di Pierre Joseph Proudhon (1809-1865) è utile sapere che era figlio di un piccolo contadino in rovina, sopraffatto dalle ipoteche accese sul suo terreno. Proudhon stesso lo ha ammesso una volta: «Chissà, se fosse esistita una buona istituzione di credito fondiario, forse sarei rimasto tutta la vita contadino e conservatore». (Parte prima, Capitolo secondo, II. Superamento del capitale usuraio attraverso l'organizzazione del credito: Proudhon, p. 47)
  • Weitling ha trasmesso al movimento sociale tedesco, allora agli inizi, il patrimonio ideale francese. In lui si ricongiungono i due filoni del comunismo, quello economico e quello politico, che da Babeuf in poi erano proceduti divisi. (Parte prima, Capitolo secondo, III. A. Unificazione del comunismo utopistico e politico: Wilhelm Weitling, p. 61)
  • Weitling ha fatto propria l'idea del progresso storico. Egli suddivide la storia universale in tre grandi fasi: comunismo primordiale – proprietà – comunismo del futuro. Lo scandalo della seconda epoca, alla cui fine ora si trova l'umanità, è costituito secondo lui dalla proprietà, nella quale egli vede «la causa di ogni male», e dal denaro [...]. (Parte prima, Capitolo secondo, III. A. Unificazione del comunismo utopistico e politico: Wilhelm Weitling, p. 62)
  • Ferdinand Lassalle [...], figlio di un mercante di Breslavia, dotato, versatile, oratore affascinante, e inoltre ambizioso e desideroso di affermarsi, è diventato più importante per la sua attività di agitatore politico che per la coerenza del suo pensiero. Molte delle sue idee rimasero contraddittorie, non furono elaborate fino in fondo e vennero deformate per ragioni tattiche. (Parte prima, Capitolo secondo, III. B. Superamento della legge bronzea dei salari per mezzo dell'autoprotezione sociale del ceto operaio: Ferdinand Lassalle, p. 64)
  • L'importanza storica di Lassalle si rivela sul piano pratico: egli ha infatti separato il movimento operaio tedesco dalla borghesia di indirizzo progressista, cioè dall'Associazione nazionale e dal Partito progressista, facendone una potenza politica autonoma. Ma proprio nell'ambito a lui più congeniale, quello della politica pratica, Lassalle ha incontrato il proprio limite: le sole parole d'ordine del suffragio universale e delle associazioni di produzione non bastavano nemmeno a condurre una coerente e vasta politica contingente. La debolezza della posizione pratico-politica derivava dalla debolezza della teoria. Lassalle non è giunto a una concezione sociale globale. (Parte prima, Capitolo secondo, III. B. Superamento della legge bronzea dei salari per mezzo dell'autoprotezione sociale del ceto operaio: Ferdinand Lassalle, p. 67)
  • L'intero sistema concettuale di Marx è strutturato dialetticamente. Di conseguenza, ogni «modo di produzione» storico, è di volta in volta determinato dal rapporto di tensione che regna fra lo stato delle «forze produttive materiali» e il rispettivo «rapporto di produzione» sociale che si trova in contrasto con le prime. Fra le forze produttive non vengono enumerate solo le condizioni geografiche, climatiche, tecnologiche, nelle quali si attua di volta in volta il sostentamento materiale della società: in primo luogo vi rientrano le forze attive – sia quelle fisiche, sia quelle dell'intelletto e della volontà – degli uomini che lavorano e inventano la propria tecnica, così che questa parte della «struttura materiale» della società include già un momento spirituale per cui la nozione di «materiale» si allarga notevolmente. (Parte seconda, Capitolo secondo, I metodi di produzione, p. 86)
  • A differenza dell'economia politica corrente, Marx considera il processo economico non come il «rapporto tra l'uomo e il mondo dei beni», bensì come un rapporto sociale degli uomini tra loro. Di conseguenza, nella maggiore opera d'economia[2] Marx parte dalla categoria della merce comprendendo così concettualmente già la presenza di due partner sociali (l'acquirente e il venditore) che per mezzo della merce instaurano un rapporto reciproco. (Parte seconda, Capitolo secondo, I metodi di produzione, p. 89)
  • La teoria del valore di Marx si distingue da quella di Ricardo per il fatto che non vuole essere, come la seconda, la dottrina delle proporzioni di scambio e quindi la dottrina delle leggi della formazione dei prezzi, bensì la dottrina della creazione del valore. (Parte seconda, Capitolo secondo, I metodi di produzione, p. 93)
  • L'idea generale del materialismo storico secondo cui la contraddizione tra le forze produttive in progresso e i rapporti di produzione in ritardo costituisce la forza propellente della storia, Marx la vede confermata soprattutto nel modo di produzione capitalistico. (Parte seconda, Capitolo secondo, Le leggi di movimento del modo di produzione capitalistico, p. 114)
  • L'annientamento dei ceti intermedi dell'economia costituisce per Marx il rovescio della medaglia della concentrazione e centralizzazione del capitale. Nelle città e nelle campagne, la grande azienda soffocherà con una spietata concorrenza i rimanenti produttori diretti i quali precipiteranno nel proletariato; così il modo di produzione capitalistico provvede da sé a trasformare la questione operaia in una questione di tutti. (Parte seconda, Capitolo secondo, E. La teoria della pauperizzazione, p. 123)
  • In Marx ed Engels il concetto di dittatura del proletariato ha assunto una forma più concreta dopo la sconfitta della rivoluzione europea del 1848. In seguito la Comune di Parigi del 1871 doveva rappresentare il grande modello. Sotto il profilo storico l'idea stessa si riallaccia al comunismo politico (Babeuf, Blanqui). La caratteristica esteriore della dittatura proletaria, come di ogni altra dittatura sin dalla formazione del moderno stato costituzionale, può essere vista nella soppressione della divisione dei poteri. (Parte seconda, Capitolo secondo, F. La missione del proletariato, p. 132)
  • Il concetto di «riformismo», più che a una posizione teorica, corrisponde a una posizione pratica. [...] Il riformismo, rifiutando l'idea della lotta di classe, rifiuta anche il sovvertimento rivoluzionario della società e la «dittatura del proletariato» e cerca invece di realizzare nello stesso ordine sociale esistente quel disegno che vi trova già abbozzato. Mentre per i marxisti rivoluzionari [...] la lotta per le riforme è un mezzo per preparare la lotta per il socialismo, il riformismo si limita a migliorare la società esistente. (Parte terza, Capitolo secondo, Il riformismo, p. 150)
  • A differenza del revisionismo tedesco, l'austromarxismo ha continuato a servirsi della terminologia marxiana e a sostenere che il traguardo del socialismo consiste in una «società senza classi». Questa società, secondo la concezione dell'austromarxismo, non si realizza però attraverso la lotta di classe: si attua, in quanto necessaria, da sé. Mentre i revisionisti tedeschi ritenevano che il socialismo fosse ancora abbastanza lontano, gli austromarxisti dichiaravano il contrario: il socialismo è già qui! (Parte terza, Capitolo secondo, Il riformismo, p. 158)
  • Il bolscevismo è nato da una combinazione sociale fra l'intellighenzia[3] radicale e la classe operaia, combinazione che nell'Europa occidentale è mancata. L'uniforme pressione dello zarismo su entrambi, operai e intellettuali, ha finito con l'unirli. (Parte terza, Capitolo secondo, A. Il bolscevismo (fino al 1917), p. 172)
  • Lenin ha sempre sviluppato i suoi concetti sotto l'impulso di problemi pratici. Ripercorrere l'elaborazione di questi suoi concetti significa perciò ripercorrere un pezzo di storia del movimento sociale russo. (Parte terza, Capitolo secondo, A. Il bolscevismo (fino al 1917), p. 179)
  • La direzione della lotta proletaria è per Lenin una scienza e come tale deve essere condotta, vale a dire ad opera di specialisti della rivoluzione che conoscono a fondo il loro mestiere, sia in pratica che in teoria. La dottrina del rivoluzionario di professione deriva dalla convinzione di Lenin secondo cui gli operai, lasciati a sé, non riescono a varcare il ristretto orizzonte della lotta economica, cioè della loro propria lotta. (Parte terza, Capitolo secondo, A. Il bolscevismo (fino al 1917), p. 181)
  • La vittoria della Rivoluzione d'ottobre (1917) fu possibile perché il partito bolscevico era riuscito a conquistare la maggioranza dei soviet grazie al fatto di aver articolato nella forma più chiara le rivendicazioni delle masse relative alla fine della guerra, alla liquidazione dei latifondi e al rovesciamento del precedente sistema politico il quale ovviamente non era disposto a soddisfare tali esigenze. (Parte terza, Capitolo secondo, B. Il comunismo mondiale teorico, p. 191)
  • L'iniziale alleanza di Stalin con la «sinistra» non trotskista raggruppata intorno a Zinoviev[4] e a Kamenev[5] fu ben presto rimpiazzata da un'alleanza di Stalin e del gruppo di centro burocratico con la «destra» raggruppata intorno a Bucharin[6] e al leader sindacalista Tomskij[7]: per poter compiere la seconda rivoluzione agraria, la collettivizzazione coatta dell'agricoltura, e accelerare la costruzione industriale, anche questa alleanza dovette venir abbandonata a favore dell'autocrazia di Stalin. Fu così segnata la fine del periodo in cui nel comunismo mondiale i dibattiti politici e teorici si potevano ancora esporre e svolgere pubblicamente. (Parte terza, Capitolo secondo, B. Il comunismo mondiale teorico, p. 209)
  • [...] la teoria sviluppata un tempo da Lenin nell'Estremismo[8] [...] fu ripresa e fusa con la precedente teoria leniniana dell'alleanza con le altre classi progressiste nella teoria del «fronte popolare» che venne resa obbligatoria per tutti i partiti comunisti nella relazione, interessante anche sotto il profilo della teoria sociale, del bulgaro G. Dimitrov (1882-1949) al VII Congresso mondiale del Comintern (1935). (Parte terza, Capitolo secondo, B. Il comunismo mondiale teorico, p. 215)
  • Questa nuova teoria [del fronte popolare] implicava la rinuncia di fatto (non ancora quella teorica) a quella forma della teoria della dittatura del proletariato che aveva segnato l'inizio dell'evoluzione teorica del comunismo mondiale; in sostanza essa voleva impegnare i partiti comunisti degli stati borghesi non soltanto alla difesa della democrazia borghese contro il fascismo, ma temporaneamente anche alla rinuncia a ogni tentativo radicale di utilizzare la democrazia parlamentare per un'immediata trasformazione della società capitalistica in una società socialista. (Parte terza, Capitolo secondo, B. Il comunismo mondiale teorico, p. 215)
  • L'ingresso in campo socialista di Cuba rivoluzionaria guidata da Fidel Castro [...], e soprattutto lo sviluppo a se stante del comunismo cinese sotto Mao Tse-tung e del comunismo vietnamita sotto Ho Ci-min, hanno però ulteriormente accelerato il processo di decentralizzazione del comunismo mondiale. (Parte terza, Capitolo secondo, B. Il comunismo mondiale teorico, p. 227)

Explicit[modifica]

[...] le aree in via di sviluppo del mondo devono fare molto di più che gettare le basi esclusivamente materiali del benessere nazionale. Le attende un compito in cui il mondo industriale capitalistico è fallito: quello di tutelare e sviluppare le sopite forze creative del popolo in mezzo e per mezzo dell'industria, perfezionare la civilizzazione industriale trasformandola in cultura industriale.
Ma è nelle grandi e urgenti questioni alle quali danno risposta, che si verificano quelle idee che fanno progredire la storia del mondo; è là che si dimostra che cos'è di volta in volta la forza del progresso o dell'inerzia; è là dove l'idea si differenzia dall'ideologia. E senza le grandi idee non esiste un reale progresso nemmeno nell'ambito della prassi.

Note[modifica]

  1. Cfr. voce su Wikipedia.
  2. Il Capitale.
  3. Cfr. voce su Wikipedia.
  4. Grigorij Evseevič Zinov'ev, Cfr. voce su Wikipedia.
  5. Lev Borisovič Kamenev, Cfr. voce su Wikipedia.
  6. Nikolaj Ivanovič Bucharin, Cfr. voce su Wikipedia.
  7. Michail Tomskij, Cfr. voce su Wikipedia.
  8. Allude al saggio del 1920 L'estremismo, malattia infantile del comunismo.

Bibliografia[modifica]

  • Werner Hofmann, Da Babeuf a Marcuse. Storia delle idee e dei movimenti sociali nei secoli XIX e XX (Ideengeschichte der sozialen Bewegung), traduzione di Angelica Comello e Gudrun Marschall, Gli Oscar, Arnoldo Mondadori Editore, 1971.

Voci correlate[modifica]

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