Paolo Mantegazza

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Paolo Mantegazza, 1876

Paolo Mantegazza (1831 – 1910), medico, antropologo, patriota e scrittore italiano.

Citazioni di Paolo Mantegazza[modifica]

  • Dar molto, dar moltissimo, ma non dar mai tutto, ecco per la donna il più prezioso segreto per esser lungamente amata.[1]
  • I filosofi ed i sinonimisti vi spiegano con paziente sollecitudine la differenza precisa che passa fra la giustizia, la bontà e il dovere; ma voi stessi potete persuadervi che essi fabbricano un mondo di carta pesta. Ciò che è giusto è buono, ciò che è dovere è giustizia, e ciò che si deve fare è ciò che è giusto e buono. Ma non vedete voi il circolo eterno del cosmo, la volta infinita del cielo che non comincia in un alcun luogo e mai non finisce? Studiate il cerchio, perché in verità vi dico che la sua geometria morale abbraccia la storia del mondo. Le gioie della giustizia e del dovere esercitano la più benefica influenza sulla felicità della vita e, rendendoci calmi e soddisfatti nel presente, ci preparano un avvenire felice. Chi possiede maggiori ricchezze di fortuna, di mente e di cuore, ha anche maggiori doveri da esercitare; ma tutti gli uomini, purché abbiano soltanto un'individualità morale, devono essere giusti e buoni, e devono quindi rendersi degni di gustare queste gioie sublimi.[2]
  • Immaginatevi in mezzo ad un Oceano senza confini; sia il mare sonnolento e muto, e voi solo sopra una nave. Per ogni lato il cielo fa eguale cornice all'acqua ed acqua ed aria si toccano nell'estremo orizzonte con un circolo non interrotto. Non uno scoglio che riposi i vostri occhi, non un monte in lontananza, che frastagli il cielo con una linea spezzata ed occupi il vostro sguardo: tutto monotono, uniforme, infinito intorno a voi, che fate unico contrasto con quella natura così grande da farvi sgomento. – Ebbene cambiate ad un tratto la nave in un cavallo e fate che l'acqua si rapprenda e dia luogo ad una terra coperta d'erba polverosa e glauca e avrete fatta la Pampa.[3]
  • L'acqua minerale ferruginosa di S. Caterina [Valfurva] è incontestabilmente la più ricca in ferro fra le acque congeneri d'Italia e merita d’essere raccomandata per il simpatico sapore, la sua digeribilità, la sua grande efficacia nel ridare le forze, nel migliorare la composizione del sangue [...] A S. Caterina si fa anche una buona cura climatica per aria purissima, simpatiche passeggiate alpine, buone carni, eccellenti vini valtellinesi, latte aromatico, famoso miele di Bormio.[4]
  • L'aforismo è ingegnoso, è eloquente, ma come tutti gli aforismi è una parte della verità, non tutta la verità. Per fare un aforismo, per formulare un dogma, bisogna tagliar troppe cose, arrotondar troppi spigoli; e la verità non è quasi mai né quadrata, né rotonda.[5]
  • L'invidia [...] non è altro che un odio per la superiorità altrui.[2]
  • La circoncisione è un marchio di distinzione di razze, è una crudele mutilazione di un organo protettore del glande e di un organo di voluttà.[6]
  • La donna pensa come ama, l'uomo ama come pensa.[7]
  • La vecchiaia è l'età più capace di rancori. Per la collera manca la forza, manca la rapidità della reazione, e al colpo non corrisponde la percossa.[8]
  • Se un uomo potesse nell'età della ragione rammentare l'ardore di un sol bacio materno, non potrebbe avere il coraggio di commettere la più piccola ingiustizia verso chi lo ha baciato in quel modo.[2]

Attribuite[modifica]

  • L'appetito rende saporite tutte le vivande.
Una frase simile ("Come l'appetito rende saporite le vivande!") è in Carlo Goldoni, Le memorie, a cura di Rosolino Guastalla, La Nuova Italia, 1933.

Elementi d'igiene[modifica]

Incipit[modifica]

Benché l'umana fantasia, gettando lo scandaglio nell'oceano del pensiero, possa cavarne l'ardita parola che tutto quanto esiste intorno a noi è vivo, sta pur sempre il fatto che la scienza non ha saputo ancor dare a questa idea sublime il battesimo del vero, e noi fino al giorno d'oggi possiamo ancora dividere nettamente i corpi in vivi e non vivi. La vita non è un'astrazione del pensiero, che è un segno stenografico del nostro linguaggio, ma di un fatto.
E vivere vuol dire nutrirsi e generare.

Citazioni[modifica]

  • Chi col muovere troppo poco i muscoli eccita il cervello a maggior lavoro, può accumulare in una data unità di tempo maggior quantità di forze intellettuali, ma accorciando la vita finisce per produrre minor copia di pensieri.
  • Chi esercita con saggia economia le proprie forze, vive degli interessi senza toccare il capitale.
  • Date al solitario pensatore la più cara delle sue gioie, quella di sapersi vivo nella vita di tutti.
  • Fra l'uomo che produce le forze senza conoscerle, e l'uomo che le produce, le misura e le dirige, sta tutta la differenza che passa fra la macchina e l'uomo.
  • Gli organi tutti per atteggiarsi al lavoro consumano una grande quantità di forza, e se il lavoro non si compie, esso va miseramente perduto.
  • Il lavoro muscolare o intellettuale a cui non siamo invitati da urgente bisogno, produce poca forza e con molto danno degli organi che lavorano.
  • La tensione della forza senza il suo esercizio logora gli organi, disperde gran quantità di lavoro utile, abitua all'inerzia.
  • Molti per vivere si divorano in una sola volta interessi e capitali, e falliscono, campando poco e male.
  • Nel grande oceano della natura gli individui son gocce che il vento spazza dall'onda e fa correre lucide e leggere sulla superficie per un solo istante.
  • Nel turbine della vita sociale e nelle lotte delle passioni moltissime forze vanno miseramente perdute, perché si produce la forza senza il lavoro, e perché si obbligano a lavorare organi nati deboli o sdruciti dal mal uso di essi.
  • Per la più parte degli uomini ecco una formola di sapiente economia vitale: lavoro riproduttivo, lavoro vegetativo o riposo della volontà, lavoro intellettuale, lavoro muscolare, e così da capo.
  • Quando gli Italiani si saranno fatti più robusti avranno più morale e più sapienza; ed io aspiro ardentemente perché quel giorno venga presto e non tramonti mai. (dalla terza edizione, Pavia, 22 giugno 1868)
  • Quando la volontà è tesa in tutta la sua forza, il primo apparire della stanchezza deve imporre il riposo.
  • Vivere è di tutti, viver bene di pochi; viver con scienza e conoscenza di pochissimi.

Elogio della vecchiaia[modifica]

Incipit[modifica]

L'uomo vecchio per il selvaggio è un delinquente, che deve esser punito, o una creatura schifosa, che fa ribrezzo. Egli deve esser punito con lo sprezzo, con l'odio; se occorre anche con la morte, perché ha voluto arrogarsi il sacrilego privilegio di campar molti anni.
Nella famiglia è un peso seccante, un parassita. Non può più seguire i compagni alla caccia, alla pesca, alla guerra. È un inciampo nei viaggi e nella fuga. Convien nutrirlo, sorreggerlo, difenderlo.

Citazioni[modifica]

  • Ai giovani la lotta, anche se fiera e tenace; ai vecchi l'indulgenza per gli uomini e per le cose. Ai giovani abbattere i nemici del bene e del vero; ai giovani combattere per il trionfo del progresso, della libertà, della giustizia. Ai vecchi medicare le ferite dei caduti, siano poi d'una parte o dell'altra. Ai giovani la fede, che apre gli orizzonti dell'avvenire; ai vecchi la carità che calma il dolore da qualunque parte venga, che medica i feriti e seppellisce i morti.
  • Anche se siete sani e robusti, anche se l'amore vi serba ancora de' fiori, dichiaratevi vecchi a sessant'anni.
  • Fate il vecchio di buon'ora se volete farlo lungamente.
  • Fate vostra la felicità degli altri. Nella vostra compagna, nei vostri figli, nei vostri nipoti vi è tanta parte del vostro sangue, della vostra vita; e la loro gioia è e deve essere gioia vostra.
  • I vecchi devono mangiar pochissimo e il loro cibo deve esser sempre di facile digestione.
  • I vecchi dovrebbero viver sempre in campagna, e anche in città badare moltissimo alla purezza dell'aria che respirano. L'aria pura, tonica, calda e secca è un vero elisir di lunga vita.
  • Il poter dir sempre, ogni giorno, fino all'estrema vecchiezza: io posso ancora giovare a qualcheduno, è tale la contentezza intima e serena, che basta da sola a farci benedire la vita.
  • Il vecchio deve lavorare sempre un poco; non far mai un solo sforzo.
  • Il vecchio non deve mai escir di casa nei giorni più freddi dell'inverno perché la pneumonite è uno degli assassini più feroci degli uomini vecchi.
  • Il vecchio sano si alza molto presto e si corica molto presto. Se è molto debole si alza molto tardi e va a letto molto presto. Anche nella giornata sta lungamente sdraiato, per riposare il cuore e per facilitare la circolazione venosa delle gambe, che spesso hanno vene varicose.
  • Il vino conviene meglio ai vecchi magri e di polsi deboli, che agli obesi e a quelli che hanno tendenza alle congestioni cerebrali.
  • Il vino è il balsamo della vecchiaia. Lo hanno detto i proverbi di tutte le nazioni, lo hanno proclamato i medici d'ogni tempo e Galeno lasciò scritto: Sane vinum pueris est alienissimum, ita senibus aptissimum.
  • La decrepitezza è una forma morbosa della vecchiaia: il vecchio sano muore senz'esser mai stato decrepito.
  • Nella vecchiaia i conti con l'amore, con l'amicizia, con l'ambizione devono essere già tutti saldati. Non apritene mai di nuovi.
  • Nemico tremendo della vecchiaia è il freddo.
  • Nessun giorno senza una piccola passeggiata e senza un breve lavoro intellettuale.
  • Nessun vecchio (fosse egli il più bigotto degli uomini) deve mangiar di magro. Anche Erasmo nei suoi ultimi anni aveva ottenuto la dispensa dal papa, perché egli diceva, di avere l'anima cattolica, ma lo stomaco protestante.
  • Non imitate mai le abitudini di altri vecchi, ma fatevene di proprie calcate sopra la perfetta conoscenza di voi stessi.
  • Non pensate mai all'avvenire e rivivete nel vostro passato. Quanto al presente, considerate ogni giorno come un regalo squisito della provvidenza.
  • Non prolungate mai il sonno artificialmente con calmanti delle farmacie. I vecchi hanno piccolissimo bisogno di dormire.
  • Ogni umana famiglia è fatta da un uomo e da una donna, e dove manca o l'uno o l'altro di questi due grandi fattori, l'organismo della famiglia zoppica e s'inferma. E così è di quell'altra più grande famiglia che è una società umana. In questa devono esservi i giovani e i vecchi. Senza quelli manca il cuore e mancan le braccia; senza questi vien meno il cervello e mancano i freni. Alla grande opera della generazione occorrono un Adamo e una Eva. All'opera grandissima della civiltà occorrono giovani e vecchi; i due sessi del mondo che pensa, del mondo che lotta.
  • Per rispetto agli eccitanti ognuno deve governarsi da sé. Ai vecchi l'esperienza non può mancare davvero, e se il grande Zimermann diceva, che a trent'anni ogni uomo deve essere medico di se stesso, figuratevi come non lo debba essere a sessanta e settanta.
  • Quand'ero giovane, m'avevo fatto una bella e ricca armeria, che era uno dei più cari e dei più belli ornamenti della mia casa. Avevo una splendida collezione di sdegni, di collere, di ire; avevo un assortimento di impeti subitanei, di rancori e di risentimenti; ma con i primi capelli bianchi ho ricominciato a vendere ora uno sdegno ed ora un rancore, cambiandoli in libri e in fiori. Oggi che son vecchio ho venduto tutta quanta la mia armeria, e mi son provvisto di una grande quantità di indulgenza, che è come chi dicesse una flanella, che ci difende dai reumatismi del cuore e dalle nevralgie del pensiero. Consiglio a voi tutti di fare altrettanto.
  • Quando la tristezza vuol far capolino sul vostro orizzonte, bevete un bicchierino di vino di più, fregatevi le mani e canticchiate a bassa voce questa giaculatoria: Oggi è il giorno più giovane che mi rimane a godere. E quanti vorrebbero giungere dov'io son giunto!
  • Temete il freddo umido: tenete i piedi caldi, imperciocché vi dico che il catarro ha ucciso più vecchi di quello che il cannone abbia massacrato soldati.

Il bene ed il male[modifica]

  • Aspirare alla gloria non è di tutti, ma chi ne è degno deve lavorare per essa.
  • Di cento malattie, cinquanta sono prodotte per colpa, quaranta per ignoranza. (cap. Il codice dell'uomo onesto, massima 82)
  • Essere avaro vuol dire rubare agli altri, scialacquare vuol dire rubare a sé ed agli altri. (cap. Il codice dell'uomo onesto, massima 86)
  • Il lavoro è il migliore contravveleno del dolore, è fonte di salute e di ricchezza per l'individuo, causa prima di grandezza e di prosperità per le nazioni.
  • Il miglior modo di solidificare il tempo, di vederlo e di toccarlo con mano è quello di fare molte cose buone. Le azioni virtuose e i nostri lavori ci dimostrano meglio d'ogni altra cosa che noi abbiamo vissuto. (cap. Il codice dell'uomo onesto, massima 69)
  • La felicità corre dietro a chi lavora e fa il bene; fugge lontano da chi la cerca sola e a dispetto di tutti. (cap. Il codice dell'uomo onesto, massima 94)
  • La più innocente fra le transazioni di coscienza è sempre un'impostura; e invece di togliere un'ombra sola di malvagità all'azione che stiamo per commettere, vi aggiungiamo un peccato in più, cioè una menzogna.
  • La religione non è fatta dal sacerdote; ma è il culto di Dio, e quando il prete è degno del suo ministero, è l'uomo più santo che si conosca.
  • La salsa più saporita è l'appetito.
  • La società più felice è quella in cui il maggior numero di cittadini è onesto.
  • L'affetto della famiglia è la pietra angolare della società.
  • Lasciare l'ingegno senza un'applicazione è lasciare un capitale senza impiego; è quindi per lo meno stupidità e trascurataggine. (cap. Il codice dell'uomo onesto, massima 80)
  • L'ebbrezza è sempre una colpa; può essere anche un delitto. (cap. Il codice dell'uomo onesto, massima 84)
  • L'eccesso e l'esagerazione sono dannosi anche nel bene.
  • L'ignoranza non può essere mai una scusa legittima per dimenticare i proprii doveri, né la scienza più profonda pretesto per disprezzare l'ultimo, il più insignificante fra gli obblighi morali.
  • L'uomo perfetto è quello che ha meno difetti.
  • Nessun giorno sia da te vissuto inutilmente. Ricordati che il tempo è la cosa più nostra di tutte e che, perduto una volta, non lo si recupera più.
  • Non vi pentirete mai di aver aspettato, potreste pentirvi cento volte di aver fatto troppo presto.
  • Ognun dà pane, ma non come mamma.[9]
  • Povero o ricco, lavora. (cap. Il codice dell'uomo onesto, massima 65)
  • Se domani gli uomini di un'intiera nazione non sapessero mentire, diminuirebbe d'un tratto della metà il numero delle piccole colpe e dei grandi delitti.
  • Si può essere orgogliosi di essere galantuomini, non mai di essere uomini d'ingegno. (cap. Il codice dell'uomo onesto, massima 91)
  • Tra l'avarizia e la prodigalità sta l'economia, ed è questa una virtù che l'uomo onesto deve praticare. (cap. Il codice dell'uomo onesto, massima 85)
  • Tutti i milioni di Rothschild non valgono a comperare mezz'ora. (cap. Il codice dell'uomo onesto, massima 68)

India[modifica]

Incipit[modifica]

Non v'ha alcuno di noi che non abbia sognato nella sua fanciullezza qualche sogno indiano e che nella giovinezza non l'abbia desiderata. Le mille e una notti, Golconda, i nababbi, gli elefanti, le baiadere fanno parte della poesia popolare nei teatri, e ci appaiano nei sogni misteriosi della notte. Noi troviamo qualcosa dell'India nel nostro cervello ancor prima che sia nato alla vita esteriore, ne troviamo frammenti nei nostri dizionarii, sulla nostra pelle, nelle nostre parole, dapertutto.

Citazioni[modifica]

  • In generale il colore è più nero nelle caste [indiane] inferiori; nei bramini o nei principi della più alta gerarchia la pelle può presentare il colore del caffè e latte molto chiaro: Un proverbio indiano dice: Diffidate di un bramino nero e di un paria bianco. (cap. XIII, p. 337, nota 1)
  • Chi non conosce le caste indiane, non può intendere l'India, ma da questo ad affermare che tutta la vita dell'India sta nelle caste è correr troppo, come è falso il dire che l'India sola possiede le caste. (cap. XVI, p. 417)
  • Le caste dell'India hanno almeno tremila anni di storia e dureranno ancora per un pezzo, perché hanno il loro fondamento primo in diversità anatomiche o di razze. È vero però che su quest'antica orditura vi son poi intrecciati tanti fili e fatti tanti ricami da nasconderne il fondo. (cap. XVI, p. 419)
  • Le caste però incominciano a cedere all'influenza del tempo che tutto corrode e consuma. Nelle scuole pubbliche non si tien più conto di esse e anche sulla ferrovia un bramino deve pur troppo rassegnarsi spesso a viaggiare con un sudra[10]. Tutt'al più, quando sarà giunto a casa, prenderà un bagno per purificarsi. (cap. XVI, p. 428)
  • La base del bramanismo è più alta della trinità cristiana, più bella della mitologia greca. Essa è una trinità che personifica i tre momenti della vita dell'uomo e di tutti gli esseri, una forza che crea, una forza che conserva, una forza che distrugge: Brama, Visnù e Siva. (cap. XVII, p. 440)
  • La mitologia indiana è più profonda, più misteriosa, più sublime della greca. Essa si fonda sopra un panteismo, che fa di Dio l'anima dell'universo, la forza che tutto penetra e assimila. (cap. XVII, p. 441)
  • In certe stagioni dell'anno anche il bramino è adorato da sua moglie. Le figlie dei bramini al disotto degli otto anni sono adorate come forme della dèa Bhavani. Anche le mogli dei bramini sono adorate da altri uomini che facendole[11] venire nelle loro case, dopo aver cantato inni di lode, fanno loro doni preziosi. (cap. XVII, p. 445)

Testa[modifica]

  • È meglio cento volte essere il più bravo dei segretari comunali che il più asino dei senatori.
  • La gente che lavora, che pensa colla propria testa, che si forma da sé sola e laboriosamente un piccolo patrimonio di cognizioni positive e sicure, acquista quasi sempre anche quel preziosissimo di tutti i tesori, che è il buon senso; armonia di cuore e di testa, altissima e utilissima fra tutte le umane virtù.
  • Le professioni sono come gli alberi d'una foresta; diversissime di natura possono tutte alzarsi allo stesso livello coi rami più alti; così come tutte si toccano coi loro rami più bassi.
  • Non v'ha professione senza poesia e senza idealità, così come tutte le professioni, anche le più alte, divengono volgari e basse in mano degli incapaci e dei bricconi.

Incipit di alcune opere[modifica]

Commemorazione di Carlo Darwin[modifica]

Perché, Signore e Signori, siamo oggi qui, raccolti tutti in uno stesso pensiero? Perché mai da più d'un mese in ogni paese del mondo civile un solo nome si mormora dalle labbra compunte al dolore? Perché mai i fili telegrafici di un piccolo e oscuro villaggio dell'Inghilterra non bastano a ricevere tutti i telegrammi di condoglianza che vi giungono da ogni parte? È morto un uomo, ma, a quanto si afferma, ad ogni batter di polso ne cade uno nella fossa, e a questo sempiterno funerale, che fa della vita una quasi intermittenza della morte, noi dovremmo esser avvezzi da tempo. Un uomo è morto, ma quest'uomo morto si chiama Carlo Darwin.

L'anno 3000[modifica]

Paolo e Maria lasciarono Roma, capitale degli Stati Uniti d'Europa, montando nel più grande dei loro acrotachi, quello destinato ai lunghi viaggi.
È una navicella mossa dall'elettricità. Due comode poltrone stanno nel mezzo e con uno scattar di molla si convertono in comodissimi letti. Davanti ad esse una bussola, un tavolino e un quadrante colle tre parole: moto, calore, luce.

L'arte di prender marito[modifica]

Era un mattino di marzo, e un sole impaziente s'era alzato troppo presto, spargendo per l'aria azzurra e già calda l'oro della sua luce, il tepore del suo fiato.
La stazione era molto vicina alla casa di Emma, e a piedi era andata coi suoi ad augurare il buon viaggio ad un cugino ingegnere, che sposo da solo un mese doveva fare per l'ufficio suo un lungo viaggio e lasciar sola la sposa per qualche settimana.

Un giorno a Madera[modifica]

La mattina del 9 giugno 185... alle undici precise io mi imbarcava nel golfo di Southampton Water sopra un piccolo vaporetto che doveva portarmi sul Thames, grosso steamer postale, che coi fuochi accesi e le àncore levate, stava aspettando con impazienza i passeggieri per il Brasile ed il Rio de la Plata.
In quel vaporetto c'era tal folla che non poteva muovermi, e i parenti e gli amici si accalcavano intorno ai viaggiatori, stringendoli per le mani, accarezzandoli, piangendo con essi. Quante passioni, quante speranze, quanti dolori si espandevano senza riguardi in mezzo all'andare e al venire dei marinai avvinazzati dall'orgia notturna, e le parole d'amore, e i sospiri si perdevano fra il fracasso dei bauli, delle casse, fra lo strepito del vapore, che insensibile a tanta poesia, buttava fuori i suoi buffi regolari di fumo nero e di fumo bianco e insensibile a tanto strazio incomposto di sentimenti umani, faceva girare le sue ruote con matematica regolarità.

Note[modifica]

  1. Da Fisiologia dell'amore.
  2. a b c Da Fisiologia del piacere.
  3. Da Rio de la Plata e Tenerife. Viaggi e studj, Gaetano Brigola Editore, Milano, 1867, p. 328.
  4. Citazione del 1880. Citato in AA.VV., La fonte di Santa Caterina: dalle vecchie baite dei montanari, al grand hotel Clementi, ai padiglioni in stile eclettico, al tramonto di “un coin de paradis en Valteline” (Stefano Zazzi) (PDF), in Livio Dei Cas e Leo Schena (a cura di), Le acque dell’Alta Valtellina, Centro Studi Storici Alta Valtellina, Bormio, 2014. ISBN 978-88-97897-04-0
  5. Da Il secolo nevrosico.
  6. Da Gli amori degli uomini.
  7. Da Lezioni di antropologia, 1870-1910.
  8. Da Fisiologia dell'odio.
  9. Forse solo citazione di un proverbio.
  10. Sudra o shudra, quarta casta indiana, inferiore a quella dei bramini, degli kshatriya e dei vaishya, ma superiore ai paria.
  11. Nel testo "facemdole".

Bibliografia[modifica]

Altri progetti[modifica]