Arthur Schnitzler

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Arthur Schnitzler nel 1912

Arthur Schnitzler (1862 – 1931), medico, scrittore e drammaturgo austriaco.

Aforismi[modifica]

  • Credo alla tua saggezza solo se viene dal cuore, credo alla tua bontà solo se viene dalla ragione.
  • È difficile decidere quando la stupidità assume le sembianze della furfanteria e quando la furfanteria assume le sembianze della stupidità. Perciò sarà sempre difficile giudicare equamente i politici.
  • Fin quando ogni pazzo, ogni teologo, ogni baciapile e ogni gazzettiere potrà permettersi di intendere e di applicare la parola di Dio secondo come gli garba al momento, qualsiasi discussione su questioni religiose rimarrà sterile.
  • I tre criteri dell'opera d'arte: coerenza, intensità, continuità.
  • I tuoi peggiori nemici non sono affatto coloro che hanno un'opinione diversa dalla tua, bensì coloro che concordano con te, ma che per motivi diversi, per prudenza, prepotenza, viltà non sono in grado di professarsi di quell'opinione.
  • L'umanitarismo come idea politica è un luogo comune, come idea religiosa un equivoco, come idea etica un'illusione.
  • La cosa migliore che due amanti possono diventare nel corso del tempo è questa: surrogati dei loro sogni o simboli del loro desiderio.
  • La verità si troverebbe nel mezzo. Nient'affatto. Solo nella profondità.
  • Le virgolette non sono spesso altro che un pigro pretesto per mezzo del quale l'autore cerca di addossare al cattivo gusto dei suoi contemporanei la responsabilità per una banalità che gli sfuggì dalla penna.
  • Miserabile chi vive non la propria vita ma la propria autobiografia.
  • Nel cuore di ogni aforisma, per quanto nuovo o addirittura paradossale esso possa apparire, pulsa un'antichissima verità.
  • Nell'amore ci accorgiamo per lo più troppo tardi se un cuore ci è stato dato solo in prestito, se ci è stato donato oppure se ci è stato addirittura sacrificato.
  • Nessun viso è brutto se i suoi tratti esprimono la capacità di una vera passione e l'incapacità di una menzogna.
  • Quando l'odio diventa codardo, se ne va mascherato in società e si fa chiamare giustizia.

Al pappagallo verde[modifica]

Incipit[modifica]

La bettola "Al pappagallo verde". Una cantina non molto spaziosa, alla quale – dalla parte posteriore, a una certa distanza – conducono sette gradini, che verso l'alto sono chiusi da una porta. Una seconda porta, visibile a mala pena, si trova nello sfondo, a sinistra. [...]
Grasset (sta ancora scendendo): Qui, qui, Lebrêt, entra; conosco bene questa fonte, te l'assicuro. Anche se tutta Parigi muore di sete, il mio vecchio amico e direttore ha certo da qualche parte una buona botte di vino, ci puoi contare.
Oste: Oh buonasera, Grasset. Così ti fai vivo, eh? Perché, non avrai mica chiuso con la filosofia, per caso? O speri da me qualche scrittura, così, un nuovo ingaggio, o –
Grasset: Come no, si capisce. Cerco del vino, e tu devi darmelo. Io sono il cliente e tu sei l'oste, e dunque –
Oste: Come, vino? E dove dovrei trovarlo, eh caro Grasset, me lo dici? Se proprio stanotte hanno saccheggiato tutte le mescite e le bottiglierie di Parigi! E anzi, guarda, scpmmetterei non so cosa che c'eri anche tu.
Grasset: Su, tira fuori il vino. Per la canaglia che verrà dopo di noi, magari fra un'ora – (ascolta). Senti qualcosa anche tu, Lebrêt?
Lebrêt: Sì, è come un tuono, leggero e lontano, ma come un tuono –

Citazioni[modifica]

  • Grasset: Guarda, sono gli ultimissimi opuscoli che sono stati appena distribuiti a Palazzo Reale. Qui ce n'è uno del mio amico Cerutti, ecco, Memoriale per il popolo di Francia, qui un altro di Desmoulins... che certo, detto fra noi, è assai più bravo a parlare che a scrivere... eccolo qui, La Francia libera. (p. 92)
  • Oste: Mio caro, io amo la libertà come te, ma amo soprattutto il mio lavoro. (p. 93)
  • Una giovinezza che non si gode è come un volano che si lascia per terra, nella sabbia, invece che lanciarlo in aria. (p. 126)

Doppio sogno[modifica]

Incipit[modifica]

«Ventiquattro schiavi mori spingevano remando la sfarzosa galera che doveva portare il principe Amgiad al palazzo del califfo. Ma il principe, avvolto nel suo mantello di porpora, se ne stava solo, sdraiato in coperta, sotto l'azzurro cupo del cielo notturno disseminato di stelle e il suo sguardo...».
La piccola aveva letto fin lì ad alta voce; ora, quasi all'improvviso, le si chiusero gli occhi. I genitori si guardarono sorridendo, Fridolin si chinò su di lei, le baciò i capelli biondi e chiuse il libro che si trovava sulla tavola non ancora sparecchiata. La bambina lo guardò come sorpresa.
«Sono le nove,» disse il padre «è ora di andare a letto». E poiché anche Albertine si era accostata alla bambina, le mani dei genitori si incontrarono sulla fronte amata mentre i loro sguardi si scambiavano un tenero sorriso, che non era rivolto più solo alla bambina. (1999)

Citazioni[modifica]

  • L'orologio della torre del municipio scoccò le sette e mezzo. D'altronde non importava che ora fosse; il tempo gli era completamente indifferente. Non provava interesse per nulla e per nessuno. Sentì una leggera compassione per se stesso. Molto fuggevolmente, non proprio come un proposito, gli venne l'idea di recarsi a una qualsiasi stazione, partire, non importava per dove, sparire per tutti coloro che lo avevano conosciuto, ricomparire in qualche luogo all'estero e incominciare una nuova vita, sotto spoglie diverse. Si ricordò di certi strani casi clinici che conosceva dai libri di psichiatria, delle cosiddette doppie esistenze: un uomo spariva improvvisamente dalla vita normale, veniva dato per disperso, ritornava dopo pochi mesi o dopo anni, senza ricordare dove era stato tutto quel tempo, finché in seguito qualcuno con cui s'era incontrato da qualche parte in un paese lontano lo riconosceva, ma lui non aveva più memoria di nulla. E in forma più lieve a più d'uno doveva capitare la stessa cosa. Per esempio dopo aver fatto un sogno? Certo, ci si ricordava… Ma sicuramente c'erano anche dei sogni che si dimenticavano del tutto, dei quali non restava più traccia, tranne un certo strano stato d'animo, uno stordimento misterioso. Oppure si ricordavano solo più tardi, molto più tardi, e non si sapeva più se si era fatta un'esperienza reale o soltanto sognato. Soltanto… soltanto…! (1999)
  • – Cosa dobbiamo fare, Albertine?
    Lei sorrise, e dopo una breve esitazione rispose: – Ringraziare il destino, credo, di essere usciti indenni da tutte le avventure, da quelle reali e da quelle sognate.
    – Ne sei proprio sicura? – domandò Fridolin.
    – Così sicura, come intuisco che la realtà di una notte, anzi, persino quella di un'intera vita umana non rappresenta la sua più intima verità.
    – E nessun sogno, – aggiunse lui con un lieve sospiro, – è soltanto un sogno. (2011, p. 112)
  • Lei gli prese la testa fra le mani e la adagiò affettuosamente sul proprio petto. – Ora siamo svegli, – disse, – e lo resteremo a lungo.
    Per sempre, avrebbe voluto correggerla Fridolin, ma prima che potesse pronunciare quelle parole lei gli posò un dito sulle labbra e mormorò, come tra sé: – Mai indagare il futuro. (2011, p. 112)

Explicit[modifica]

Così giacquero entrambi in silenzio, entrambi si assopirono anche un po', vicini l'uno all'altra, in un sonno senza sogni, finché alle sette, come ogni mattina, udirono bussare alla porta, e con i rumori consueti della strada, un vittorioso raggio di luce attraverso lo spiraglio delle tende e un chiaro riso di bambina dalla stanza accanto, cominciò il nuovo giorno. (2011, p. 112)

Il libro dei motti e delle riflessioni[modifica]

  • Chi sono i tuoi nemici più irriducibili? Sconosciuti che immaginano quanto tu li disprezzeresti se li conoscessi. (Motti brevi, n. 30)
  • Ciò che logora più rapidamente e nel modo peggiore la nostra anima è perdonare senza dimenticare. (Motti brevi, n. 34)
  • Coscienza di classe: così definiamo un gruppo ben circoscritto di pregiudizi, ognuno dei quali va fiero non solo di se stesso ma anche degli altri, e che sono soliti accrescersi automaticamente e reciprocamente fino a un livello da cui conseguono una parziale incapacità di intendere e di volere e un pericolo per l'ambiente sociale. (Garbugli quotidiani, corso dei tempi, 39, 2002, p. 154)
  • Dilettante è chi non è all'altezza delle proprie idee, ma ne va orgoglioso. (Motti brevi, n. 28)
  • È così facile scrivere i propri ricordi quando si ha una cattiva memoria. (Motti brevi, n. 46)
  • Guardati dalle persone modeste: non immagini con quale commosso orgoglio coltivano le loro debolezze. (Motti brevi, n. 15, 2002, p. 194)
  • Il feuillettonista ha una scrittura naturalmente facile. Perché solo l'obiettività ha un effetto ritardante, solo l'obiettività si aspetta obiezioni, le va a cercare, le costringe a uscire dalla propria anima. Il momento personale è invece sempre caratterizzato dall'accelerazione, e il feuillettonista scrive tanto più rapidamente in quanto, a livello conscio o inconscio, sta sempre fuggendo dalla propria coscienza. (Creazione e risonanza, 65, 2002, p. 180)
  • In ogni aneddoto veramente indovinato si nasconde il germe di un mito, ogni allegoria poetica prende la direzione del simbolo. (Creazione e risonanza, 50, 2002, p. 174)
  • L'essenza del feuillettonismo: considerare l'effetto momentaneo in ogni caso più importante di obiettività, verità e conseguenze. Sarebbe ingiusto dire che l'autore di feuilleton bada soprattutto al vantaggio personale. Al contrario: è quello che è, spesso a proprio danno, e a volte sa anche rendersene conto.
    Il fatto che appunto il feuilleton offra il terreno più adatto allo sviluppo dello spirito o, per meglio dire, dello stato d'animo feuillettonistico, si basa sulla necessità giornalistica dell'effetto immediato. Ci sono però dei feuilleton, e non certo i peggiori, che non sono stati scritti affatto da feuillettonisti nel senso corrente del termine, come d'altra parte ci sono libri e drammi creati con spirito assolutamente feuillettonista.
    Ma il feuillettonismo è un elemento che si tradisce da sé [...]. (Creazione e risonanza, 65, 2002, pp. 178-179)
  • Nessuno spettro ci assale in travestimenti più svariati di quelli con cui si camuffa la solitudine, e una delle sue maschere più impenetrabili è l'amore. (Relazioni e solitudini, 64, 2002, p. 122)
  • Perché l'ultima goccia si dà tante arie per aver fatto traboccare il calice? Anche la prima non è stata meno colpevole: ma lo stolto calice, allora, non l'aveva presagito. (Responsabilità e coscienza, 34, 2002, p. 102)
  • Quante volte – e nei nostri riguardi ancor più spesso che nei riguardi degli altri – riteniamo forza di carattere ciò che alla fine è soltanto debolezza di sentimento. (Motti brevi, n. 4)
  • Se ti senti incline alla riconciliazione, chiediti anzitutto cosa ti ha reso così malleabile: cattiva memoria, indolenza o codardia. (Relazioni e solitudini, n. 33)
  • Una cosiddetta mezza verità, pur con tutte le arie che riesce a darsi, non diventerà mai una verità intera. Anzi, se la guardiamo negli occhi con sufficiente intensità, vedremo sempre una completa menzogna. (Responsabilità e coscienza, 46, 2002, p. 104)

La contessina Mizzi[modifica]

Incipit[modifica]

Giardino della villa del conte. Verso il fondo, le sbarre di un alto cancello; al centro, lievemente spostato a destra, il grande portone. A sinistra, sul davanti, la facciata della villa: un edificio a un piano solo, wsi vede che un tempo era un piccolo castello di caccia, costruito centott'anni prima e restaurato da trent'anni. [...]
Un servitore: Posso chiedere a Vostra Grazia a che ora devo servire il pranzo?
Il conte (parla il tipico gergo tedesco-ungherese degli ufficiali. Si accende un sigaro): Alle due, alle due.
Un servitore: E a che ora Vostra Grazia comanda la carrozza?
La contessina (si affaccia sul balcone, tenendo in mano tavolozza e pennello, e si porge verso il giardini): Buongiorno, papà.
Il conte: Salute, Mizzi.
La contessina: Insomma, papà, sei sparito di nuovo, mi hai lasciata sola, e proprio a colazione. Ma si può sapere dove sei stato?
Il conte: Ah lontano, mia cara, proprio lontanuccio. Avevo voglia di cavalcare, e sono arrivato fin oltre Rodaun. Hai visto che giornata? Splendida, splendida. E tu? Sei già al lavoro? Magari avrai presto di nuovo qualcosa da farmi vedere?
La contessina: Sì papà, questo sì, ma non t'illudere, sempre i soliti fiori, solo quelli.

Citazioni[modifica]

  • Noi miseri mortali non possiamo mai pretendere di sapere come si giudichi lassù una vicenda umana. (p. 52)

La signorina Else[modifica]

Incipit[modifica]

«Davvero non vuoi giocare, Else?» – «No, Paul, non ne ho più voglia. Ciao. Arrivederla, signora Mohr.» – «Via, Else, mi chiami signora Cissy. Anzi, semplicemente Cissy.» – «Come mai, Else. va via così presto? Mancano ancora due ore buone prima del dinner.» – «La lascio al suo single con Paul, signora Cissy. Oggi non sono in vena e vi rovinerei il divertimento.» – «La lasci perdere, signora Mohr, oggi si è svegliata con la luna storta. Però sei carina anche con la luna, Else! Soprattutto ti dona quel sweater rosso.» – «Ti auguro di avere più fortuna con il blu. Ciao, Paul.»

Citazioni[modifica]

  • Potrei uscire anch'io, augurar loro la buonanotte e poi inoltrarmi tra i prati, nel bosco, salire, inerpicarmi sempre più in alto, sul Cimone, sdraiarmi, addormentarmi, morire assiderata. Misterioso suicidio di una fanciulla dell'alta società viennese. Trovata morta in un punto inaccessibile del Cimone della Pala. Il nero mantello da sera copriva appena il ben corpo nudo... Forse non mi troverebbero mai. Forse l'anno venturo. O forse ancora più tardi. Solo lo scheletro. Meglio restare qui, nel tepore della hall, e non morire tra i ghiacci.[1]
  • Vorrei gridare il mio saluto al cielo prima di tornare giù in mezzo alla gente. Ma dove andrà il mio saluto? Sono così sola. Terribilmente sola, tanto che nessuno può immaginare la mia solitudine. Amore mio, io ti saluto. Chi sei? Ti saluto mio promesso sposo! Ma chi sei?... (p. 27)

Incipit di alcune opere[modifica]

Fama tardiva[modifica]

Il signor Eduard Saxberger rientrò dalla sua passeggiata e salì lentamente le scale che portavano alla sua abitazione.

Gioco all'alba[modifica]

«Signor tenente!... Signor tenente!... Signor tenente!»[2]

Il Dr. Gläser, medico dei bagni[modifica]

Il battello era pronto per partire. Il Dr. Gläser era in piedi sul ponte, vestito di scuro e con un soprabito grigio, aperto, su una manica del quale spiccava un bracciale da lutto. Il direttore dell'albergo l'aveva accompagnato alla partenza.[3]

Il ritorno di Casanova[modifica]

A cinquantatre anni Casanova, da tempo non più spinto a vagare per il mondo dal giovanile piacere dell'avventura, ma dall'inquietudine dell'avanzante vecchiaia, fu preso da una così intensa nostalgia per la sua città natale, Venezia, che cominciò a girarle intorno simile a un uccello che vien giù a morire calando da libere altezze in sempre più strette volute.[2]

Il sottotenente Gustl[modifica]

Quanto durerà ancora? Guardiamo l'orologio... probabilmente non sta bene in un concerto così serio.[2]

Citazioni su Arthur Schnitzler[modifica]

  • Schnitzler è il tipico scrittore che fonde compassione e nichilismo in una visione desolata, in una cartella clinica della condizione umana in cui anche la storia e la politica appaiono maschere illusorie degli istinti e del destino. (Claudio Magris)
  • Sebbene capace di questa visione unitaria dell'uomo, Schnitzler s'ispira a un desolato pessimismo. La vita gli appare un gioco di forze irrazionali e una giostra d'inganni senza senso; vivere significa tradire. L'insistito tema dell'adulterio, della delusione o della crudele umiliazione amorosa è il simbolo del suo "scettico determinismo", come diceva Freud, che lo spinge a vedere nella forza vitale un cieco desiderio di sopraffazione. (Claudio Magris)
  • Impossibile trovare un altro scrittore che abbia una simile comprensione dell'animo umano e una simile capacità di analizzare i nostri meccanismi mentali. (Stanley Kubrick)
  • Il Suo determinismo come il Suo scetticismo – che la gente chiama pessimismo – la Sua penetrazione delle verità dell'inconscio, della natura istintiva dell'uomo, la Sua demolizione delle certezze convenzionali della civiltà, l'adesione dei Suoi pensieri alla polarità di amore e morte, tutto ciò mi ha commosso come qualcosa di incredibilmente familiare. (Sigmund Freud, lettera del 14 marzo 1922[4])

Bibliografia[modifica]

  • Arthur Schnitzler, Aforismi, in Opere, a cura di Giuseppe Farese, Mondadori.
  • Arthur Schnitzler, Al pappagallo verde (Der grüne Kakadu), traduzione e introduzione di Claudio Magris, Oscar Mondadori, Milano, 1979.
  • Arthur Schnitzler, Doppio sogno (Traumnovelle), a cura di Giuseppe Farese, Adelphi, 1999.
  • Arthur Schnitzler, Doppio sogno (Traumnovelle), traduzione di Paola Capriolo, Gruppo Editoriale L'Espresso, 2011.
  • Arthur Schnitzler, Fama tardiva, a cura di Wilhelm Hemecker e David Osterle, traduzione di Alessandra Iadicicco, Ugo Guanda Editore, 2014. ISBN 978-88-235-1127-9
  • Arthur Schnitzler, Il libro dei motti e delle riflessioni, traduzione di Claudio Groff, Rizzoli, Milano, 2013. ISBN 978-88-58-65691-4
  • Arthur Schnitzler, Il libro dei motti e delle riflessioni: aforismi e frammenti, introduzione, cronologia e bibliografia di Roberta Ascarelli, traduzione di Claudio Groff, Rizzoli, Milano, 2002. ISBN 88-17-12765-5
  • Arthur Schnitzler, La contessina Mizzi (Komtesse Mizzi oder der Familientag), traduzione e introduzione di Claudio Magris, Oscar Mondadori, Milano, 1979.
  • Arthur Schnitzler, La signorina Else (Fräulein Else), traduzione e presentazione di Anna Corbella, Demetra Srl, 1995.

Voci correlate[modifica]

Note[modifica]

  1. Da Signorina Else, traduzione di Enrico Groppali, Feltrinelli, edizione digitale, 2018. ISBN ebook 9788858832363 https://books.google.it/books?id=KUZGDwAAQBAJ&pg=PT56&dq=La+signorina+Else+Cimone&hl=it&sa=X&ved=2ahUKEwjfxpCAytzsAhWJGuwKHW2VAJUQ6AEwAHoECAYQAg#v=onepage&q=La%20signorina%20Else%20Cimone&f=false
  2. a b c Citato in Giacomo Papi, Federica Presutto, Riccardo Renzi, Antonio Stella, Incipit, Skira, 2018. ISBN 9788857238937
  3. Citato in Fruttero & Lucentini, Íncipit, Mondadori, 1993.
  4. Sigmund Freud, Lettere 1873-1939, Bollati Boringhieri, 1960

Altri progetti[modifica]

Opere[modifica]