8½
8½
Marcello Mastroianni in una scena del film
Titolo originale |
8½ |
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Lingua originale | italiano |
Paese | Italia, Francia |
Anno | 1963 |
Genere | drammatico |
Regia | Federico Fellini |
Soggetto | Federico Fellini, Ennio Flaiano |
Sceneggiatura | Federico Fellini, Ennio Flaiano, Tullio Pinelli, Brunello Rondi |
Produttore | Angelo Rizzoli |
Interpreti e personaggi | |
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Doppiatori italiani | |
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Note | |
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8½, film italo francese del 1963 con Marcello Mastroianni e Claudia Cardinale, regia di Federico Fellini.
[In una sorta di sogno, Guido Anselmi rimane intrappolato nel traffico e non riesce a fuoriuscire della propria vettura. Il protagonista teme di soffocare nell'abitacolo ma riesce poi ad uscire dall'auto. Guido comincia a volare con le braccia aperte, allontanandosi così dal centro abitato. Dopo un cambio scena, si intravede sul lungomare l'"avvocato" (l'agente di Claudia) a cavallo e un suo collaboratore (membro dell'ufficio stampa di Claudia) che tiene un capo di una corda in mano]
Ufficio stampa di Claudia [destandosi]: Avvocato, l'ho preso! [l'altro capo della corda è legato intorno al piede sinistro di Guido, che prova inutilmente a divincolarsi]
Agente di Claudia: Ehi, giù! Vieni giù! [leggendo alcuni fogli] Giù definitivamente! [Guido cade verso il mare e il sogno termina, Guido si sveglia di soprassalto]
Frasi
[modifica]Citazioni in ordine temporale.
- Vede, ad una prima lettura salta agli occhi che la mancanza di un'idea problematica, o se si vuole di una premessa filosofica [...] rende il film una suite di episodi assolutamente gratuiti, può anche darsi divertenti nella misura del loro realismo ambiguo. Ci si domanda: cosa vogliono realmente gli autori? Ci vogliono far pensare? Vogliono farci paura? Il gioco rivela fin dall'inizio una povertà d'ispirazione poetica... Mi perdoni, ma questa può essere la dimostrazione più patetica che il cinema è irrimediabilmente in ritardo di cinquant'anni su tutte le altre arti. Il soggetto poi non ha neanche il valore di un film d'avanguardia, benché qua e là ne abbia tutte le deficienze. Ho preso degli appunti ma non credo che le saranno utili. [porgendo dei foglietti a Guido] Mi rimane un po' misterioso il fatto che lei abbia pensato a me per una collaborazione che francamente non so come si potrebbe realizzare! (Carini) [a Guido]
- E le capricciose apparizioni di questa ragazza della fonte cosa vorrebbero significare? Un'offerta di purezza, di calore al suo protagonista? Di tutti i simboli che abbondano nella sua storia questo è il peggiore. (Carini[1])
- Stai a vedere se questa adesso non mi riparla del marito, dici di no? Vedrai, vecchio Snaporaz![2] (Guido) [parlando a se stesso allo specchio, riferito a Carla]
- Un solo grande scrittore: il Fitzgerald dei suoi primi romanzi, e dopo un'orgia di pragmatismo, di realismo brutale. In fondo cosa vuol dire destra? Cosa vuol dire sinistra? Lei è talmente ottimista da credere che in questo mondo confuso e caotico ci sia della gente dalle idee così chiare da tenersi tutto a destra o tutto a sinistra. (Carini)
- Guido, an duvémm durmì stanòta. L'è la nota che e' ritrat è móv i ócc' [...], t'arcórd cla parola: asa nisi masa, asa nisi masa, asa nisi masa![3] (bambina)
- Guido non dobbiamo dormire stanotte. È la notte in cui il ritratto muove gli occhi [...], ti ricordi la parola: asa nisi masa, asa nisi masa, asa nisi masa!
- Una crisi di inspiration? E se non fosse per niente passeggera, signorino bello? Se fosse il crollo finale di un bugiardaccio senza più estro né talento? Sgulp! (Guido)
- Sono già due anni che ho fatto testamento. Veramente, sai? Tanto a fare testamento non si muore mica prima! (Carla)
- Stavo appunto spiegando che il protagonista della mia storia ha avuto un'educazione, come tutti noi del resto, cattolica, che gli crea certi complessi, certe esigenze... non più sopprimibili. Un principe della Chiesa gli appare come il depositario di una verità che non riesce più ad accettare benché lo affascini, allora cerca un contatto, un aiuto, forse una folgorazione. (Guido) [al monsignore]
- Sente questo cantore? [...] Si chiama diomedea. La leggenda vuole che quando morì Diomede, tutti questi uccellini si raccolsero insieme e gli cantarono un coro funebre accompagnandolo fino alla tomba. Sente che sembra un singhiozzo. (Cardinale) [a Guido]
- E che significato ha? È un personaggio dei suoi ricordi d'infanzia, non ha niente a che vedere con una vera coscienza critica. No, se lei vuole davvero fare qualcosa di polemico sulla coscienza cattolica in Italia, ebbene, caro amico, in questo caso, mi creda, è assolutamente necessario anzitutto un livello culturale molto più elevato e poi una logica di una lucidità inesorabile. Mi perdoni ma la sua tenera ignoranza è del tutto negativa. I suoi piccoli ricordi bagnati di nostalgia, le sue vocazioni inoffensive e in fondo emotive, sono le azioni di un complice [...] e la coscienza cattolica... ma... ma pensi un po' a ciò che è stato Svetonio al tempo dei Cesari. No, lei parte con una ambizione di denuncia e arriva al favoreggiamento d'un complice, ma lei vede che confusione, che ambiguità. (Carini) [a Guido]
- Ma io l'ho capito, sai, quello che vuoi raccontare! Tu vuoi raccontare la confusione che un uomo ha dentro di sé. Ma devi essere chiaro! Mi devi far capire! Altrimenti che scopo c'è? (Pace) [a Guido]
- È una baracca enfatica, proprio come lui: è il suo ritratto. (Matilde) [riferita all'astronave e a Guido]
- Mi sembrava di avere le idee così chiare. Volevo fare un film onesto, senza bugie di nessun genere. Mi pareva di avere qualcosa di così semplice, così semplice da dire, un film che potesse essere utile un po' a tutti, che aiutasse a seppellire per sempre tutto quello che di morto ci portiamo dentro. E invece io sono il primo a non avere il coraggio di seppellire proprio niente. Adesso ho la testa piena di confusione, questa torre tra i piedi... chissà perché le cose sono andate così. A che punto avrò sbagliato strada? Non ho proprio niente da dire, ma voglio dirlo lo stesso. (Guido) [a Rossella]
- Io credo che non potrei tradirti mai, non fosse altro per non sopportare il ridicolo, la fatica di doversi nascondere, mentire... Si vede che a te riesce facile invece! (Luisa) [a Guido]
- Io non lo so che cosa credi di vedere, di scoprire tu nella mia vita, riducendo tutto alla meschinità di uno che ruba in cucina. Ma cosa ne sai della mia vita, di quello che ho, di quello che non ho, che ne sai? (Guido) [a Luisa]
- Mie care, la felicità consiste nel poter dire la verità senza far mai soffrire nessuno. (Guido) [alle ragazze nell'harem]
- Stiamo bene così tutti insieme, vero Guido? I primi tempi non avevo capito, non avevo capito bene che le cose dovevano andare così. Ma adesso, hai visto Guido, sono brava: non ti do più fastidio, non ti domando più niente. Sono stata un po' zuccona, eh? C'ho messo vent'anni a capire! Vent'anni! Dal giorno che ci siamo sposati... e tu sei diventato mio marito e io tua moglie. Ti ricordi, Guido? Ti ricordi quel giorno? (Luisa) [alla fine della visione dell'harem]
- Senta qua: «l'Io solitario che gira intorno a se stesso e si nutre soltanto di sé finisce strozzato da un gran pianto o da un gran riso.» Sono parole di Stendhal scritte durante il suo soggiorno in Italia. Se invece di buttarle via, si leggessero qualche volta le carte dei cioccolatini, si eviterebbero molte illusioni. (Carini) [all'interno del cinema]
- Io non voglio diventare il Pulcinella del cinema italiano e soprattutto non voglio che lo diventi tu! T'aspettano tutti col fucile puntato! Amici te ne restano pochi, tanto a sinistra quanto a destra. Ma io sono qua per aiutarti in tutti i modi! Però il film deve cominciare e deve cominciare subito! Avanti coi provini! (Produttore)
- Lei ha fatto benissimo, mi creda, oggi è una buona giornata per lei. Sono delle decisioni che costano, lo so, ma noi intellettuali, dico noi perché la considero tale, abbiamo il dovere di rimanere lucidi fino alla fine. Ci sono già troppe cose superflue al mondo, non è il caso di aggiungere altro disordine al disordine. In fondo perdere dei soldi fa parte del mestiere di produttore. I miei rallegramenti, non c'era altro da fare e lui ha ciò che si merita, per essersi imbarcato con tanta leggerezza in un'avventura così poco seria. No, mi creda, non abbia né nostalgia né rimorsi, distruggere è meglio che creare quando non si creano le poche cose necessarie. E poi, c'è qualcosa di così chiaro e giusto al mondo che abbia il diritto di vivere? Un film sbagliato per lui non è che un fatto economico, ma per lei, al punto in cui è arrivato, poteva essere la fine. Meglio lasciar andare giù tutto e far spargere sale come facevano gli antichi per purificare i campi di battaglia. In fondo avremmo solo bisogno di un po' di igiene, di pulizia, di disinfettare. Siamo soffocati dalle parole, dalle immagini, dai suoni che non hanno ragione di vita, che vengono dal vuoto e vanno verso il vuoto. A un artista, veramente degno di questo nome, non bisognerebbe chiedere che quest'atto di lealtà: educarsi al silenzio. Ricorda l'elogio di Mallarmé alla pagina bianca? E di Rimbaud? Un poeta mio caro, non un regista cinematografico, lo sa di Rimbaud quando ha finito una poesia, la sua rinuncia a continuare a scrivere, la sua partenza per l'Africa? Se non si può avere il tutto, il nulla è la vera perfezione. Mi perdoni quest'eccesso di citazioni, ma noi critici facciamo quello che possiamo. La nostra vera missione è spazzare via le migliaia di aborti che ogni giorno, oscenamente, tentano di venire al mondo. E lei vorrebbe addirittura lasciare dietro di sé un intero film, come lo sciancato si lascia dietro la sua impronta deforme? Che mostruosa presunzione credere che gli altri si gioverebbero dello squallido catalogo dei suoi errori. E a lei che cosa importa cucire insieme i brandelli della sua vita, i suoi vaghi ricordi, o i volti delle persone che non ha saputo amare mai? (Carini)
Dialoghi
[modifica]Citazioni in ordine temporale.
- Guido: Ammettiamo che sei la purezza, che sei la spontaneità. Ma che diavolo vuol dire essere proprio sinceri? Hai sentito che ha detto il falcaccio: [facendo il verso a Carini] "è ora di farla finita coi simboli, il richiamo della purezza, l'innocenza, l'evasione." Allora che vuoi? [la visione di Claudia lo guarda] Sì, potrebbe essere anche così: nel paese c'è una pinacoteca e tu la figlia del custode... sei cresciuta tra immagini di antica bellezza. [Claudia ride, Guido affranto fa una capriola sul letto coperto di foto di attrici] Hai ragione!
Claudia [gli bacia la mano poi si siede accanto a lui sul letto]: Son venuta per non andare via più! [si stende accanto a lui] Voglio far ordine, voglio far pulizia! Voglio far ordine, voglio far puli... [Suona il telefono e Guido si sveglia]
- Guido: Eminenza, io non sono felice.
Cardinale: Perché dovrebbe essere felice? Il suo compito non è questo. Chi le ha detto che si viene al mondo per essere felici? Dice Origene nelle sue omelie: «extra Ecclesiam nulla salus, fuori della Chiesa non c'è salvezza; extra Ecclesiam nemo salvatur, fuori dalla Chiesa nessuno si salverà; salus extra Ecclesiam non est, non c'è salvezza fuori dalla Chiesa; Civitas Dei, chi non è nella Civitas Dei appartiene alla Civitas Diaboli.»[4]
- Rossella: Ma va! Davvero vedremo tutta questa roba nel tuo film? Mamma mia, il profeta fa la voce grossa, si è messo in testa di far paura a tutti quanti!
Guido: Perché anche a te t'entusiasmano le storie dove non succede niente? Nel mio film invece succede di tutto, guarda un po'! Ci metto dentro tutto!
- [Carla, l'amante di Guido, è appena arrivata al bar dove siedono Guido, Luisa e Rossella. Guido fa finta di non vederla continuando a leggere il giornale, Carla imbarazzata si siede lontana dai tre.]
Luisa: Calmati va, l'avevo già vista ieri sera appena sono arrivata. [Guido alza gli occhi dal giornale, si gira con aria interrogativa verso Luisa quindi vede Carla e scuote la testa]
Guido: Ti giuro...
Luisa: Non ti ho chiesto niente! Non voglio saper niente! Risparmiami soltanto la vergogna di sentirti sempre giurare il falso!
Rossella: Quella è nata in marzo o aprile, ha tutte le caratteristiche dell'ariete, è proprio il tipo "ariete".
Luisa: Lo so io che tipo è quella lì!
Rossella [ridacchia]: Ah, sì? Ma sono proprio quei tipi lì che hanno più facilità ad essere buone compagne di uomini deboli, abulici, senza chiarezza... [rivolgendosi a Guido]
Guido: Luisa, non lo sapevo! La vedo adesso per la prima volta, come la vedete voi. Ma insomma, dico, in un posto come questo dove viene tanta di quella gente, poteva anche capitarci quella disgraziata, no? Ah, è per questo che mi stai tormentando da ieri sera! Ma non lo potevi dire subito... E poi guarda se c'è una cosa che mi offende è il fatto che si possa pensare che io vada in giro con una combinata in quella maniera! [Rossella ride] Ma l'avete vista com'è vestita, sì?
Rossella: Sentite, facciamo una passeggiata?
Guido: Non parliamo più di questa storia, Luisa! È chiusa da tre anni ormai, finita! Basta!
Luisa [a Rossella]: Mi fa impazzire! Parla come se dicesse la verità, fa l'onesto. Ma guardalo, ha ragione lui! [rivolta quindi a Guido] Ma come fai a vivere in questo modo? Ma non è mica giusto mentire sempre così, non far capire mai agli altri ciò che è vero e ciò che è falso. Possibile che è tutto uguale per te? Tutto? [rivolgendosi di nuovo a Rossella] Scusami, lo so, lo so, hai ragione, sono noiosa! Che malinconia fare la parte della borghese, di quella che non capisce! Ma che devo fare?! Dimmi tu quello che devo fare! Eh, ridere come fai tu proprio non posso!
Rossella: Ma no, tesoro! Io non ci rido mica.
Luisa [rivolta a Guido]: Che cosa le racconti a quella lì? Cosa le dici? [sospira, sorseggia e quindi riprende] Quello che mi fa più schifo è che tu l'hai mischiata alla nostra vita e che sappia tutto di me e di te! Quella puttana! [alzando il tono della voce] Vacca!
Guido e Rossella: Luisa! [cercando di placarla]
Rossella [a Guido]: Ma guarda che pure tu sei un bel noioso, sai?
- Guido: Luisa, dove vai?
Luisa: Ho sonno, vado in albergo! Buonanotte Guido!
Guido: Aspetta un momento, senti! Ma che c'è, cos'è successo?
Luisa: No, non è successo niente! Non succede mai niente tra noi due.
Guido: Ti ha offeso qualcosa che hai visto nei provini? Si tratta di un film!
Luisa: Oh, lo so meglio di tutti che si tratta di un film! Che è un'invenzione, un'altra bugia! Anche se c'hai messo dentro tutti...
Guido: Luisa!
Luisa: ... ma come fa comodo a te! La verità però è un'altra e la so solo io. La tua fortuna è che non avrò mai la sfrontatezza di raccontarla agli altri come fai tu. Ma fallo! Fallo il tuo film!
Guido: No, non lo faccio...
Luisa: Compiaciti! Accarezzati!
Guido: Ma no, no, non lo faccio!
Luisa: Fa credere a tutti di essere meraviglioso. Ma che vuoi insegnare agli altri tu, che non hai saputo dire niente di vero a chi ti sta accanto? A chi è invecchiata con te...
Guido: Dai, Luisa! Non fare la melodrammatica!
Luisa: Hai fatto bene a farmi venire qui: c'era bisogno di una conclusione e ti assicuro che non tornerò più indietro. Ma va all'inferno! [uscendo]
- Guido: Tu saresti capace di piantare tutto e ricominciare la vita da capo? Di scegliere una cosa, una cosa sola e di essere fedele a quella? Riuscire a farla diventare la ragione della tua vita, una cosa che raccolga tutto, che diventi tutto proprio perché la tua fedeltà che la fa diventare infinita. Ne saresti capace? Ecco ascolta se io ti dicessi, Claudia...
Claudia: [...] E tu... saresti capace?
Guido: [...] No... no, questo tipo no, non è capace. Questo vuole prendere tutto, arraffare tutto, non sa rinunciare a niente; cambia strada ogni giorno perché ha paura di perdere quella giusta e sta morendo, come dissanguato.
Claudia: E così finisce il film?
Guido: No, comincia così, poi incontra la ragazza della fonte, è una di quelle ragazze che danno l'acqua per guarire, è bellissima, giovane e antica, bambina e già donna, autentica, solare. Non c'è dubbio che sia lei la sua salvezza.
- Claudia: Della storia che mi hai raccontato non ho capito quasi niente. Ma scusa, un tipo così, come tu l'hai descritto, che non vuol bene a nessuno, non fa mica tanta pena sai? In fondo è colpa sua. Che cosa pretende dagli altri?
Guido: Perché, credi che io non lo sappia? Come sei noiosina, anche tu.
Claudia: Ah, ma non ti si può dire proprio niente! Quanto sei buffo con quel cappellaccio truccato da vecchio! Io non capisco: incontra una ragazza che lo può far rinascere, che gli ridà vita e lui la rifiuta?
Guido: Perché non ci crede più.
Claudia: Perché non sa voler bene.
Guido: Perché non è vero che una donna possa cambiare un uomo.
Claudia: Perché non sa voler bene.
Guido: E perché soprattutto non mi va di raccontare un'altra storia bugiarda.
Claudia: Perché non sa voler bene.
Guido: Mi dispiace Claudia di averti fatta venire fin quassù, ti domando scusa.
Claudia: Che imbroglione che sei! Allora non c'è questa parte nel film?
Guido: Hai ragione tu, sai? Non c'è la parte nel film. Non c'è neanche il film. Non c'è niente di niente da nessuna parte. Per me la faccenda potrebbe finire qui.
- Guido: Ma che cos'è questo lampo di felicità che mi fa tremare e mi ridà forza, vita? Vi domando scusa dolcissime creature, non avevo capito, non sapevo... com'è giusto accettarvi, amarvi... e com'è semplice. Luisa, mi sento come liberato: tutto mi sembra buono, tutto ha un senso, tutto è vero. Ah, come vorrei sapermi spiegare... ma non so dire. Ecco, tutto ritorna come prima, tutto è di nuovo confuso, ma questa confusione sono io... io come sono, non come vorrei essere e non mi fa più paura. Dire la verità: quello che non so, che cerco, che non ho ancora trovato. Solo così mi sento vivo e posso guardare i tuoi occhi fedeli senza vergogna. È una festa la vita, viviamola insieme. Non so dirti altro Luisa, né a te né agli altri. Accettami così come sono se puoi, è l'unico modo per tentare di trovarci.
Luisa: Non so se quello che hai detto è giusto, ma posso provare se mi aiuti.
Citazioni su 8½
[modifica]- 8½ offre due letture: la prima è quella riservata a un clan di amici e conoscitori, in grado di cogliere ai vari livelli i riferimenti multibiografici, di decifrare divertendosi le chiavi del racconto. [...] La seconda lettura di 8½ è quella che interessa il comune spettatore e bisogna dire che il film regge bene. L'ambiente e la sua fauna, evocati con rapidi tratti da grande umorista, hanno un'importanza secondaria di fronte al cuore del problema, cioè la domanda fondamentale: la ragione della nostra presenza nel mondo. (Tullio Kezich)
- È un grande affresco umano e un'acuta rappresentazione dei dubbi che affliggono le persone, ancora attualissimo e tratteggiato con perfetta armonia tra stile e contenuto. Visivamente straordinario, affronta con apparente leggerezza i temi della morte, della memoria, dell'arte, del destino, della felicità. Un film che si potrebbe vedere e rivedere senza stancarsi mai, scoprendo sempre cose nuove. (Riccardo Scamarcio)
- Fellini 8½: il posto delle fregole. (Marcello Marchesi)
- Fellini mostra che un regista è prima di tutto un tizio che dalla mattina alla sera viene seccato da un mare di gente che gli pone domande alle quali non sa, non vuole o non può rispondere. La sua testa è piena di piccole idee divergenti, di impressioni, di sensazioni, di desideri nascenti e si pretende da lui che dia certezze, nomi precisi, cifre esatte, indicazioni di luogo e di tempo. [...] Tutti i tormenti che possono distruggere le energie di un regista prima delle riprese sono qui accuratamente enumerati in questa cronaca che sta alla preparazione di un film come Rififi sta alla elaborazione di un colpo. (François Truffaut)
- Gli episodi reali e quelli della memoria si alternano in una vetrina di caratteri che davvero non si possono dimenticare: il papà nel sogno, l'amico con l'amante giovane, la maga che gli legge nel pensiero la formula "Asa nisi masa". Infine ecco il grande girotondo da fiera, con tutti i personaggi che si tengono per mano, che gli girano intorno: tutto continua ed è vitale, ed è inutile drammatizzare sul grande palcoscenico della vita. 8½ è da molti ritenuto la più alta espressione di Fellini, più ancora della Dolce vita. Qui tutto si compie, tutti i misteri vengono identificati. Il mondo del regista si evolve da (più o meno) reale che era, sale di dimensione per diventare tutto. Tutto incredibilmente nella sua "prima persona", come una sorta di paradiso e inferno efficacissimi, onnicomprensivi: il cinema di Fellini è complice, misterioso e ruffiano, blasfemo e religioso, è puttaniere e crea disagio, è eroico e vigliacco, è uomo e donna, qualunquista, apolitico, periferico, olimpico e provinciale. Ma la soglia di fantasia, magia e sortilegio è altissima, raggiungibile solo da Fellini. (il Farinotti)
- Il personaggio di Fellini è un erotomane, un sadico, un masochista, un mitomane, un pauroso della vita, un nostalgico del seno materno, un buffone, un mistificatore e un imbroglione. Per qualche aspetto rassomiglia un po' a Leopold Bloom, l'eroe dell'Ulysses di Joyce che Fellini mostra in più punti di aver letto e meditato. Il film è tutto introverso, ossia, in sostanza, è un monologo interiore alternato a radi squarci di realtà. La nevrosi dell'impotenza è illustrata da Fellini con una precisione clinica impressionante e, forse, talvolta persino involontaria. [...] I sogni di Fellini sono sempre sorprendenti e, in senso figurativo, originali; ma nei ricordi traluce un sentimento più delicato e più profondo. Per questo i due episodi dell'infanzia nella rustica casa romagnola e della fanciullezza con il primo incontro con la donna sulla spiaggia di Rimini, sono i più belli del film e tra i più belli di tutta l'opera di Fellini. (Alberto Moravia)
- La parabola pronunciata da Fellini può anche lasciarci freddi, se la isoliamo dal contesto [...], ma l'eccezionalità del film sta proprio nella "bella confusione" [...] di errore e verità, di realtà e sogno, di valori stilistici e valori umani, nel totale adeguamento del linguaggio cinematografico di Fellini alle sconnesse immaginazioni di Guido. Come distinguere il regista della realtà da quello della finzione è impossibile, così i difetti di Fellini coincidono con le ombre spirituali di Guido. L'osmosi tra arte e vita è strabiliante. Certo siamo di fronte a un esperimento irripetibile. [...] In Otto e mezzo l'operazione è riuscita fino allo spasimo. [...] I motivi (e le polemiche) che serpeggiano nel film sono infiniti e appartengono a un repertorio già noto: è vano tentare di farne un elenco, così come degli scorci di racconto, dei ritratti e dei paesaggi umani. Ovunque qui il genio di Fellini brilla come raramente si è visto al cinema. Non c'è ambiente, non c'è personaggio, non c'è situazione privi di un significato preciso sul grande palcoscenico di Otto e mezzo. (Giovanni Grazzini)
- Le sue [di Fellini] parole, le sue meditazioni scottanti confluiscono in un microfono che moltiplica all'infinito il volume della voce incline al "mea culpa" e decine di altoparlanti questa voce l'amplificano, la moltiplicano e la ricompongono in un clima da circo equestre, tra lo scoppiettio folgorante delle trovate e la suggestività coreografica dell'insieme. In mezzo a tanto fragore di buoni propositi e di sanguinanti lacerazioni, si insinua il dubbio che Fellini, nella sostanza, finga o comunque si compiaccia, conoscendo bene i gusti di una platea la quale, poco allenata anch'essa agli esami di coscienza semplici, e austeri, preferisce le manifestazioni di istrionismo spirituale. (Mino Argentieri)
- Nel film vanno separati nettamente due "tempi": quello che riguarda la concezione, e quello che si riferisce all'esecuzione. Sulla "concezione" si può dissentire [...] per una qual certa insofferenza di questa ostentazione del fatto privato. Sulla "esecuzione" è più difficile manifestare il proprio disaccordo. Direi anzi che è quasi impossibile. [...] L'opera si presenta come un'improvvisazione geniale [...], Fellini vi ha tracciato l'arabesco di una particolare condizione del suo spirito. L'opera è diventata il giuoco di abilità più difficile che il regista abbia mai affrontato. È come una serie di acrobazie che il funambolo esegue al di sopra della folla [...] sempre sul punto [...] di cadere per sfracellarsi al suolo; ma l'acrobata sa compiere al momento giusto la capovolta giusta, con un colpo di reni si raddrizza, si salva e vince. L'esercizio è riuscito. (Mario Verdone)
- Non ho un'ammirazione incondizionata per Fellini. Potrei usare una bandiera: Strada no, Vitelloni sì. Ma credo che se ci si lasciasse completamente andare, Otto e mezzo apparirebbe, aldilà dei pregiudizi e delle reticenze, come un oggetto prodigioso. Una fantastica generosità, un'assenza totale di precauzioni e d'ipocrisia, una sincerità evidentemente priva di compiacimento e un grande coraggio artistico e finanziario caratterizzano questa impresa stupefacente. [...] Otto e mezzo, intellettualmente ed esteticamente, è uno sforzo lirico, patetico e forsennato verso l'unità, al di là delle contraddizioni e degli ostacoli interni o esterni. Da questa permanente inquietudine nasce un'opera, da questa follia barocca un'architettura molto ben congegnata, in un'appassionata negazione delle convenzioni e dei valori consolidati, in una ricerca neo-francescana, al di là delle false ricchezze, d'una specie di equilibrio. Io non amavo né La strada né Cabiria. Fellini riprende, riesamina senza pietà tutto ciò che ha detto fino ad ora con la follia e il movimento di Vitelloni e dello Sceicco bianco. Non credo che si tratti di un gusto per l'auto-citazione. [...] Fellini affila il suo coltello contro se stesso. Così facendo supera le proprie angosce, e quelle di ogni uomo di cinema, traumatizzato [...] dallo stato d'inferiorità e di soggezione in cui vegeta, come un pesce delle caverne, l'arte di fare dei film. (Pierre Kast)
- Otto e mezzo è ciò che si spinge piú in là in assoluto rispetto a una sceneggiatura originale, fino a diventare un'autoanalisi con meno trama possibile, con piú libertà possibile; una sceneggiatura che sembra farsi mentre il film viene girato, e che ha come oggetto del racconto lo scrivere e girare un film. Otto e mezzo si fonda su un'idea che mette in discussione la creatività: dice non so come andare avanti, non so che film fare.E quindi è un film che racconta che non si hanno piú idee per un film. È su questo che bisogna scrivere una sceneggiatura. (Francesco Piccolo)
- Otto e mezzo è egualmente composto da una serie di affreschi: ma dedicati all'esistenza intima, non alla vita sociale. Lungi dal trarne vantaggio, la raffigurazione del protagonista soffre di sensibili squilibri; l'opera, apparentemente più fusa, tende in realtà alla dispersione, annoverando splendidi frammenti accanto a scene di scarsa necessità. Per ricomporla ad unità al regista non resta che ricorrere al colpo di scena: ripone via in fretta l'inquietante armamentario appena sciorinato e intona un allegro girotondo scacciapensieri. (Vittorio Spinazzola)
- Per gli amici sono Snàporaz, | cito sempre 8½, | non ho più niente da dire, ma... | ma voglio dirlo lo stesso. (Caparezza)
- Per me è uno dei più grandi film mai realizzati. Perché va direttamente al cuore della creatività, la creatività nel cinema, che è circondato da infinite e fastidiose distrazioni e varietà di follia. E per il fatto che la storia di Guido diventa una sorta di storia di tutti noi, diventa viva, vibrante, va verso il sublime. (Martin Scorsese)
- Poi vidi 8½, il culmine della sua carriera. Sembrava a quel tempo così strano per la fine aperta, così misterioso e ambiguo. Nei film americani si ha sempre la necessità di un inizio, una parte centrale e una fine. Fellini ha realizzato una sorta di decostruttivismo della realtà. 8½ è un puzzle che induce a porsi delle domande, pratica una sorta di impressionismo, il punto di vista del protagonista e della cinepresa si fondono. (Oliver Stone)
- Otto e mezzo è un film stupefacente. Teso nello sforzo di appendere allo schermo, come un trofeo, la sua psicologia, Fellini ha compiuto un salto pericoloso e spettacolare. Ha dovuto inventarsi una lingua nuova, morbida e flessuosa, che non ripetesse le convenzioni del racconto tradizionale. C'è riuscito. Il suo esperimento è una delle cose più stimolanti che, da questo punto di vista, abbia fatto il cinema italiano, pur così facondo oggi di tentativi e di invenzioni. Costretto a seguire unicamente il ritmo delle sue fantasticherie, ha saputo eliminare i confini tra la realtà e il sogno per immergersi in una nuova dimensione temporale che non ha alcun rapporto con la vita e che — insieme — non precipita mai nelle deformazioni surrealistiche o espressionistiche. (Fernaldo Di Giammatteo)
- Questo film è una tappa avanzata nella storia della forma romanzesca. Già La dolce vita, con la sua struttura a blocchi, indicava una strada significativa sia nel cinema sia nella letteratura. Otto e mezzo, invece, non soltanto si lascia dietro di un mucchio d'anni quasi tutto il cinema che si fa correntemente, casca per di più sopra la nostra narrativa nel momento più sensibile della frizione tra convenzione e avanguardia, e le può dare una bella botta in direzione dello sperimentalismo, cioè del futuro, per quello che riguarda tra l'altro i problemi dell'essere, dello scrivere, del rapporto con la realtà. (Alberto Arbasino)
- Se è vero che la lavorazione di ogni film felliniano è caratterizzata da un'atmosfera particolare, da un umore predominante del regista che lo accompagna dall'inizio alla fine, 8½ è insieme il film del dubbio e dell'ostinazione, della tentazione di piantare tutto e del perfezionismo esasperato. Nebuloso nella progettazione, accuratissimo nell'esecuzione. (Tullio Kezich)
- Se Otto e mezzo si differenzia dagli altri film "raddoppiati", non è soltanto perché in esso il raddoppiamento è più sistematico o più centrale, ma anche e soprattutto perché esso vi funziona diversamente. Infatti Otto e mezzo, cosa che deve essere attentamente valutata, è un film due volte raddoppiato, e se si dice che esso è costruito in abisso, è di una doppia costruzione in abisso che si dovrà parlare. Non abbiamo soltanto un film sul cinema, ma un film su un film che è a sua volta verte sul cinema; non soltanto un film su un cineasta, ma un film su un cineasta che riflette egli stresso sul proprio film. [...] Non basta dunque parlare di "film nel film": [...] Otto e mezzo è il film che in Otto e mezzo si va facendo; il "film nel film" è in questo caso il film stesso. [...] Questa costruzione a tre stadi dà il suo senso più vero all'elucidazione del film, che è stato diversamente interpretato. La versione definitiva stabilita da Fellini non comporta uno ma bensì tre scioglimenti successivi. [...] Se è giusto notare quanto c'è di paradossale e di clamoroso in Otto e mezzo, meditazione potentemente creativa sull'impotenza di creare, bisogna osservare che questo stesso tratto rinvia, al di là di ogni possibile ammiccamento da parte di Fellini, a una situazione più fondamentale e meno paradossale di quanto non si dica. Da tutta la confusione di cui il film ci ha reso testimoni sta per nascere [...] un film mirabilmente costruito e il meno confuso possibile. (Christian Metz)
- Un Ben Hur del cinema d'avanguardia. Il tentativo di un autoritratto in forma fantastica. Il diario di bordo di un autore. Il rapporto su un ingorgo esistenziale. Un film sulla confusione e sul disordine della vita. Uno dei massimi contributi a quel rinnovamento dei modi espressivi e alla rottura della drammaturgia tradizionale che ebbero luogo nel cinema a cavallo tra gli anni '50 e '60, rinnovamento che Fellini aveva già cominciato con "La Dolce Vita". Personaggi memorabili e sequenze d'antologia. Il suo vero contenuto è la fitta trama dei rapporti di Guido (Mastroianni, qui più che mai alter ego di Fellini) con la moglie e l'amante, con l'ambiente di lavoro e gli estranei, con i Guru della Chiesa e della Critica, col passato e l'avvenire, con sé stesso. "L'enfer c'est les autres", aveva detto Sartre. Fellini ribalta l'affermazione: la vita – e il cinema – sono gli altri, i vivi e i morti, gli esseri reali e le creature della fantasia. Bisogna accettarli tutti con amore, gratitudine, solidarietà. (Il Morandini)
- Un film come 8½, a differenza di La dolce vita, che è un film positivamente datato, nel senso che si riferisce a un particolare momento e luogo come se fosse una capsula del tempo, è un film universale perché potrebbe essere in un posto qualsiasi e in un momento qualsiasi. (Oliver Stone)
- Certo che m'è piaciuto. Che film triste, però. Tutti quei vecchi, tutti quei preti, quell'aria di disfacimento e di morte... Sono morti anche i vivi, in quel film.
- L'avvocato padre di famiglia potrà anche riconoscersi in Guido, però resta il fatto che Guido è Fellini. Ma via: sembra un atto testamentario, quel film, un tirare le somme.
- Tanto lo sappiamo tutti, ormai, che il suo film è autobiografico: sfacciatamente, indiscutibilmente autobiografico. Perfino il cappello di Guido Anselmi è identico al suo. Perfino il modo di buttarsi il cappotto sulle spalle, di camminare, di sorridere. [...] perfino nella stessa capacità di dire bugie. "Menti come respiri", gli dice sua moglie. Oddio: non che a somigliargli lei faccia una gran bella figura. Il ritrattino è spietato: "Pulcinella ipocrita e vigliacco." "Debole, abulico e mistificatore." "Presuntuoso, incerto e imbroglione." "Un tipo che non vuol bene a nessuno." E, per finire, quella ammissione terribile: "Non ho proprio nulla da dire ma lo dico lo stesso".
- Con questo non si può certo dire che il film sia autobiografico: in senso spicciolo. E se anche lo fosse? Non voglio fornire allo spettatore una interpretazione in chiave aneddotica, biografica. In chiave biografica il film diventerebbe solo una inutile, fastidiosa esibizione narcisistica.
- È la storia di un uomo come ce ne sono tanti: la storia di un uomo giunto a un punto di ristagno, a un ingorgo totale che lo strozza. Io spero che dopo i primi cento metri lo spettatore dimentichi che Guido è un regista, cioè un tipo che fa un mestiere insolito, e riconosca in Guido le proprie paure, i propri dubbi, le proprie canagliate, viltà, ambiguità, ipocrisie: tutte cose che sono uguali in un regista come in un avvocato padre di famiglia.
- [Sulla scelta dell'attore protagonista] Io avevo bisogno di un italiano, di un amico che accettasse con umiltà di essere come un'ombra rispettosa, che non venisse fuori in modo eccessivo. Così ho preso Mastroianni, lo conoscevo già, ed è stato bravissimo: così allusivo, discreto, simpatico, antipatico, tenero, prepotente. C'è e non c'è. Perfetto.
- Non è un film triste. È un film dolce, aurorale. Malinconico, semmai. Però la malinconia è uno stato d'animo nobilissimo: il più nutriente e il più fertile.
- Quarantatré anni non sono un'età precoce per tirare le somme della propria vita. Proprio per questo il film mi ha fatto un gran bene: mi sento come liberato, ora, con una gran voglia di lavorare. È un film testamentario, hai ragione, eppure non mi ha svuotato. Al contrario, mi ha arricchito: fosse per me, ricomincerei a farne un altro domattina. Davvero. E certo se mi dicono che bravo Fellini, che ingegno, mi fa un gran piacere: ma non sono i complimenti che cerco con Otto e mezzo. Vorrei... vorrei che questo senso liberatorio si trasmettesse a chi lo va a vedere, che dopo averlo visto la gente si sentisse più libera, avesse il presentimento di qualche cosa di gioioso...
Note
[modifica]- ↑ Guido sta leggendo gli appunti che Carini, dopo aver visionato le prime bozze della sceneggiatura, gli ha consegnato. Nel film gli appunti vengono letti con la voce di Carini.
- ↑ Snaporaz è il nomignolo fumettistico che Fellini aveva dato a Mastroianni. Tra l'altro, Snaporaz è anche il nome di un altro personaggio interpretato da Mastroianni: il protagonista de La città delle donne, un film diretto dallo stesso Fellini e risalente al 1980 (ben diciassette anni dopo l'uscita di 8½). Cfr. Leonetta Bentivoglio, Così Fellini si reincarnò nel suo Snaporaz, la Repubblica, 22 dicembre 1996.
- ↑ La formula Asa nisi masa era già stata citata precedentemente nel film: una coppia di maghi, nel corso del loro numero di magia, era riuscita a leggere nella mente di Guido, scrivendo alla lavagna proprio queste parole. La formula, usata dai bambini per far muovere gli occhi alla persona ritratta nel quadro, sembra non aver alcun senso, in realtà nell'alfabeto serpentino, essa significa «anima». Cfr. Stefano Bartezzaghi, Da amarcord a Snaporaz, enciclopedia del babazuf, Repubblica.it, 11 agosto 2001.
- ↑ Delle tre frasi citate dal Cardinale solo la seconda appartiene realmente ad Origene:
- La prima frase «extra Ecclesiam nulla salus» è una celebre sentenza latina attribuita impropriamente a Tascio Cecilio Cipriano. Cfr. pagina su Wikipedia.
- La seconda frase «extra Ecclesiam nemo salvatur» è tratta dalla terza omelia di Origene sul libro di Giosuè, paragrafo 5.
- La terza frase «salus extra Ecclesiam non est» è invece tratta da una lettera di Tascio Cecilio Cipriano e rappresenta la formulazione corretta della prima frase citata.