Vai al contenuto

Guerra del Vietnam

Da Wikiquote, aforismi e citazioni in libertà.
(Reindirizzamento da Guerra nel Vietnam)
Un campo Viet Cong arso dalle fiamme nell'aprile 1968

Citazioni sulla guerra del Vietnam.

Citazioni

[modifica]
  • Certo non si può dire che le cose vadano bene, il momento è grave; molti errori sono stati commessi ancora fino a ieri, e oggi il popolo guarda al governo come a un nemico. Nulla o assai poco è stato fatto per spiegare i motivi profondi di una guerra impopolare come e più di tutte le guerre; pochissimi, inoltre, hanno beneficiato degli ingenti aiuti dell'America, la corruzione non avendo risparmiato nessuno. Occorre rimboccarsi le maniche per applicare il programma di emergenza del governo. L'impresa più necessaria e difficile è quella di suturare le divisioni che lacerano il paese, e presuppone la possibilità di controbattere, con le parole e con i fatti, l'efficace propaganda del Viet-cong. Le prospettive non sono incoraggianti ma un po' di fiducia m'è rimasta: non credo alla alternativa "trattative immediate o estensione della guerra"; forse siamo ancora in tempo per uscire dall'impasse. (Phan Huy Quát)
  • Ci sono state 3 milioni di vittime in quella guerra. Durante 12 giorni, sono state sganciate più bombe che durante quattro anni di Seconda Guerra Mondiale. Fu una guerra feroce, e si svolse dopo l'istituzione delle Nazioni Unite e dopo che avevamo deciso che non ci sarebbero state più guerre. (Mu'ammar Gheddafi)
  • In questa guerra è in giuoco molto più che non il solo futuro del popolo vietnamita. I vietnamiti versano il loro sangue e perdono la vita nell'interesse del movimento comunista internazionale. Mostreremo i successori di Ho Chi Minh sufficiente saggezza per la lotta che devono vincere? Solo il tempo lo dirà. (Nikita Sergeevič Chruščёv)
  • L'eroico popolo vietnamita, conducendo una lotta sanguinosa, cacciò gli aggressori stranieri, a cominciare dai colonialisti francesi, e fondò il primo stato socialista del sud-est asiatico. Il Vietnam è oggi divenuto il fronte dove si svolge il più aspro combattimento anti-imperialista e anti-USA. È proprio sul territorio del Vietnam che si svolge una lotta accanita tra le forze rivoluzionarie anti-imperialiste e le forze aggressive dell'imperialismo USA. Le forze dell'Armata popolare di Liberazione e il popolo del Vietnam del Sud hanno già liberato i quattro quindi del territorio nazionale e i due terzi della popolazione e hanno creato il Governo Rivoluzionario Provvisorio della repubblica del Vietnam del Sud. Essi continuano a infliggere cocenti e irrimediabili sconfitte militari e politiche agli aggressori imperialisti USA e costringono a una impasse l'imperialismo USA e i fantocci sud-vietnamiti. (Kim Il-sung)
  • La Guerra del Vietnam è stata la prima guerra che negli Usa è stata condotta soprattutto come una campagna pubblicitaria. La manipolazione della verità attraverso i mezzi di comunicazione di massa e del governo fu uno degli obiettivi di questa campagna. Ciò ha condotto al fatto che l'opinione pubblica americana ha avuto un'immagine falsa e manipolata durante l'intera guerra. Questa campagna indusse i soldati a mentire di continuo e per tutto il corso della guerra il numero dei nemici uccisi venne esagerato. Venivano celebrate delle vittorie, quando queste vittorie erano impossibili. Ma per ironia della sorte la guerra venne persa anche sul piano dei media perché fin dall'inizio la guerra del Vietnam è stata una guerra di Public Relations, una guerra che anche i PR persero. [...] I Vietcong pensavano che sarebbe bastato recarsi in quei luoghi e ci sarebbero state rivolte. Non successe nulla di tutto ciò. L'offensiva fu così un errore. Ma i Vietcong non avevano preso in considerazione lo shock che aveva subito l'opinione pubblica americana per la perdita subita in termini di capacità di lotta dal suo esercito. Dopo che per anni erano stati bombardati di false ed esagerate notizie di vittorie, gli americani a casa non si aspettavano un'offensiva del nemico. E così si verificò ironicamente che la disfatta dei Vietcong si trasformò in una loro vittoria psicologica. (Stanley Kubrick)
  • La lotta del popolo indocinese ha dimostrato che è possibile fare una guerra di logoramento contro l'imperialismo. (Mohammed Siad Barre)
  • La risposta tradizionale alla domanda "Chi possiede la storia?" è sempre stata "i vincitori", sebbene gli USA "possiedano" la storia della guerra vietnamita nonostante l'abbiano persa. (Charles Shaar Murray)
  • 'Nam. Il fallimento americano più tremendo della storia. Sessantamila soldati e tre milioni di vietnamiti uccisi. Se contiamo anche i Khmer rossi, si può aggiungere un altro milione. Se dopo la Seconda guerra mondiale il mondo ci considerava dei salvatori, ci siamo trasformati in macellai e stupratori... E abbiamo perso comunque. (Fury)
  • Nel testamento di Ho Chi Minh non si fa menzione dell'enorme, altruistico aiuto che l'Unione Sovietica dà al Vietnam. La nostra assistenza è stata decisiva perché, senza l'aiuto materiale dell'Unione Sovietica, sarebbe stato impossibile per il Vietnam sopravvivere alle condizioni della guerra moderna e resistere a un aggressore ricco e potente come gli Stati Uniti. Per ricevere armi ed equipaggiamenti adeguati, il Vietnam non ha altra scelta se non appoggiarsi all'Unione Sovietica. Per ottenere la vittoria i vietnamiti devono avere armi appropriate, e queste le possono ricevere solo dall'Unione Sovietica. La Cina non può dare al Vietnam ciò di cui ha bisogno. La stampa mondiale, includendo i nemici dei comunisti, sa che il Vietnam non potrebbe condurre la sua politica di resistenza militare contro l'aggressione americana, se non fosse per l'aiuto economico e materiale dell'Unione Sovietica. (Nikita Sergeevič Chruščёv)
  • Non abbiamo perso la guerra, l'abbiamo abbandonata. (Kong: Skull Island)
  • Per comprendere l'effetto della Guerra del Vietnam sulla cultura americana, occorre ricordare che il Vietnam fu la Prima guerra mondiale dell'America. (David Gelernter)
  • – Ricorda le guerriglie del XX secolo nel continente asiatico? Vi erano coinvolte due grandi potenze, proprio come i klingon e noi. Nessuno osò un azione di forza.
    – Sì, me ne ricordo. E andò avanti così, anno dopo anno.
    – E lei cosa avrebbe suggerito? Di armare una delle due parti con armi super potenti? Se così fosse stato, ora noi non saremmo qui. No, l'unica soluzione sta proprio in questo, dottore: nell'equilibrio di tre potenze.
    – E se i klingon dessero ai loro amici ancora di più?
    – Be', noi allora daremmo ai nostri altrettanta più potenza. Equilibrio di forza! È il gioco più sporco, il più difficile di tutti, ma è l'unico che possa salvare entrambe le parti. (Star Trek)
  • Se gli Stati Uniti abbandonano il Vietnam del Sud, allora perderanno la fiducia degli altri loro alleati. (Mohammad Reza Pahlavi)
  • – Siamo in guerra col Vietnam.
    – Cosa?
    – Non l'hai visto Rambo?! (Scuola di mostri)
  • "The Star-Spangled Banner" è probabilmente l'opera più complessa e potente dell'arte americana che tratti della guerra del Vietnam e dei suoi effetti corruttori e distruttivi sulle successive generazioni della psiche americana. (Charles Shaar Murray)
  • A condurre la guerra era un gruppo di clown con quattro stelle che avrebbero finito per dar via tutto il circo.
  • Accusare un uomo di omicidio quaggiù era come fare contravvenzioni per eccesso di velocità a Indianapolis.
  • Era un modo particolare che avevamo qui di vivere con noi stessi: li facevamo a brandelli con una mitragliatrice, poi gli davamo un cerotto.
  • In questa guerra tutto diviene confuso laggiù, il potere, gli ideali, un certo rigore morale, esigenze militari contingenti... ma laggiù con questi indigeni si può essere spinti a prendersi per Iddio.
  • Noi addestriamo dei giovani a scaricare Napalm sulla gente, ma i loro comandanti non gli permettono di scrivere "cazzo" sui loro aerei perché è osceno.
  • È difficile parlare con calma dei crimini che vengono perpetrati dagli invasori armati fino ai denti. Centinaia di migliaia di tonnellate di napalm hanno raso letteralmente al suolo, bruciandole, intere zone del Sud Vietnam. Quasi un milione e mezzo di vietnamiti sono rimasti intossicati, molti sono morti in seguito all'impiego delle armi chimiche. La coscienza di ogni persona onesta e tanto più la coscienza di un comunista non si rassegnerà mai a quello che compiono gli invasori americani e i loro accoliti, che si autodefiniscono rappresentanti della «civiltà occidentale» e del cosiddetto « mondo libero ». Vergogna a loro!
  • L'Unione Sovietica chiede risolutamente che sia posta fine all'aggressione imperialistica contro i popoli del Vietnam, della Cambogia e del Laos. Il nostro paese è stato, è e rimarrà un sostenitore attivo della giusta causa degli eroici popoli dell'Indocina.
  • L'Unione Sovietica ha dato e continuerà a dare ampio aiuto militare, economico e politico al popolo vietnamita.
  • La grande vittoria riportata recentemente dal popolo vietnamita, che ha costretto i dirigenti degli USA a cessare i bombardamenti e le altre azioni militari contro l'intero territorio della Repubblica democratica del Vietnam, costituisce al tempo stesso, come rilevano gli stessi amici vietnamiti, una grande vittoria del campo socialista e di tutte le forze della pace del mondo.
  • Se il governo americano è capace di ascoltare la voce della ragione, esso deve cessare immediatamente i bombardamenti e le altre azioni aggressive contro il Vietnam del Nord e considerare realisticamente le proposte di trattative di quel paese.
  • Seguendo gli insegnamenti del grande patriota e rivoluzionario Ho Chi Min, il popolo vietnamita tiene in alto la bandiera del socialismo e si oppone impavidamente agli aggressori imperialistici. La Repubblica Democratica del Vietnam può essere certa di poter contare anche per l'avvenire, sia nella lotta armata che nel lavoro pacifico, sull'appoggio fraterno dell'Unione Sovietica.
  • [Su Lyndon B. Johnson] Egli ha avuto l'audacia di parlare di aggressione dal Nord mentre le forze americane venivano aumentate al Sud e acceleravano le loro incursioni contro il Nord del Paese.
    Nonostante le parole ipocrite di pace e di negoziati senza condizioni del Presidente, il governo americano si è in realtà impegnato ad intensificare e ad allargare le attuali operazioni nel Sud e nel Nord.
  • Gli imperialisti americani, avendo dinanzi a sé la sonfitta totale nel Sud, sono ricorsi all'avventura militare altamente pericolosa e criminale di bombardare il Nord dal cielo e dal mare.
  • Finché gli Stati Uniti continueranno nella loro aggressione noi continueremo a combattere.
  • I nord-vietnamiti si sono impegnati a combattere e a vincere una clamorosa vittoria contro l'imperialismo americano, il nemico comune dell'umanità.
  • Noi sappiamo abbastanza bene che gli Stati Uniti non desiderano negoziare un accordo sul problema del Vietnam perché l'imperialismo è per natura aggressivo e guerrafondaio. Tutto ciò che vuole è la guerra ed esso sta allargando la sua guerra di aggressione.
  • Se gli americani realmente desiderano trattare devono dapprima porre termine senza condizioni ai bombardamenti ed agli altri atti di guerra contro la Repubblica Democratica del Vietnam. Gli Stati Uniti non hanno alcun diritto di chiedere qualsiasi atto di reciprocità.
Võ Nguyên Giáp
  • Certi americani mi hanno domandato se ho qualche lezione da dare agli Stati Uniti; io ho sempre risposto che pur avendo vinto la guerra, noi siamo un popolo modesto. Non abbiamo mai pensato di dar lezioni ad altri. Gli americani non sono stati capaci di sconfiggerci in guerra, nonostante la loro formidabile potenza militare ed economica. Perché? Perché il nostro popolo era assolutamente determinato a combattere per l'indipendenza nazionale. Dico sempre che il potere militare ed economico ha i suoi limiti. La potenza più grande risiede nell'uomo, nella nazione.
  • Città come Hanoi e Haiphong possono essere distrutte: ci batteremo lo stesso. Ricostruiremo poi il nostro paese, e con la nostra risolutezza, col nostro morale, la nostra fede nella vittoria, gli americani non raggiungeranno mai il loro scopo: disorganizzare la nostra vita economica. Avete visto che la vita continua. C'è di nuovo, invece, che il contadino nei campi è anche preparato alla lotta contro il nemico.
  • Dal punto di vista tattico io credo, e certuni lo riconoscono anche al Pentagono, che le truppe americane, oltre a non sapere perché vengono qui, non hanno un ideale. E ciò influisce sul loro morale.
  • Gli americani [...] fanno la guerra con la strategia aritmetica. Interrogano i loro computer, fanno somme e sottrazioni, estraggono radici quadrate: e su quelle agiscono. Ma la strategia aritmetica non è valida qui: se lo fosse, ci avrebbero già sterminato.
  • Gli americani hanno commesso un errore gravissimo: scegliere come campo di battaglia il Vietnam del Sud. I reazionari di Saigon sono troppo deboli: questo lo sapevano anche Taylor, MacNamara, Westmoreland. Ciò che non sapevano è che, in tanta debolezza, non avrebbero saputo mettere a profitto l'aiuto americano. Perché qual era lo scopo dell'aggressione americana in Vietnam? Chiaro: una neocolonia basata su un governo fantoccio. Ma per fare una neocolonia ci vuole un governo stabile, e il governo di Saigon è un governo estremamente instabile. Non ha alcun effetto sulla popolazione, la gente non gli crede. Sicché in quale paradosso si trovano gli americani? Il paradosso di non potersi ritirare dal Vietnam del Sud anche se lo vogliono perché, per ritirarsi, devono lasciare una situazione politica stabile. Cioè alcuni servi che li sostituiscano bene. Servi sì, ma forti. Servi sì, ma seri. Il governo fantoccio di Saigon non è forte e non è serio: non vale nemmeno come servo, non sta in piedi neanche a puntellarlo coi carri armati. E allora gli americani come fanno ad andarsene? Eppure devono andarsene: non possono mica tenere 600.000 uomini in Vietnam per altri dieci, quindici anni!
  • Gli americani non capiscono ancora perché sono stati battuti. Non avevano capito la nostra fondamentale caratteristica: la coesione nazionale.
  • Gli americani vivono nelle contraddizioni. Se vogliono conservare il terreno devono disperdersi. Se non vogliono disperdersi non possono conservare il terreno.
  • Il popolo vietnamita ha la sua potenza, il suo morale, un patriottismo altissimo e grandi capacità tattiche, e taluni possono pensare che, ciononostante, data la potenza tecnica americana, non si può credere in una vittoria del Vietnam. Invece vinceremo, politicamente e militarmente.
  • La Corea costò agli americani venti miliardi di dollari, il Vietnam è già costato oltre cento miliardi di dollari. La Corea gli costò più di 54.000 morti, il Vietnam ha già superato questa cifra...
  • La guerra ci ha fatto pagare un prezzo molto alto. Il nostro Paese ha subito perdite umane e materiali enormi. Incalcolabili. Nel frattempo, altri Paesi godevano della pace sviluppando la loro economia. Nel 1945 la situazione socio-economica del Vietnam era migliore, ad esempio, della Thailandia. Oggi, a causa delle conseguenze della guerra, siamo molto indietro rispetto alla Thailandia. Ma abbiamo ottenuto qualcosa di molto importante: come diceva Ho Chi Minh, niente è più importante della libertà.
  • Nella guerra contro gli Usa non abbiamo perso neanche un B-52 perché non ne avevamo.
  • Quando tutto un popolo insorge, non c'è nulla da fare. E non c'è ricchezza al mondo che possa liquidarlo. Di qui la nostra strategia, la nostra tattica che gli americani non sanno comprendere.
  • La cosa bella del Vietnam era che c'era sempre un posto dove andare. [...] E c'era sempre una cosa da fare.
  • Mi capitò di vedere molta campagna. Facevamo delle lunghissime camminate. E stavamo sempre a cercare un tizio di nome Charlie.
  • Ora, ci avevano detto che il Vietnam era molto diverso dagli Stati Uniti d'America. Tranne che per i barattoli di birra e la grigliata, era vero.
  • Un giorno cominciò a piovere e non la smise più per quattro mesi. Siamo stati sotto le piogge di tutti i tipi: da quella fina fina che ti punge, a quella grossa grossa che ti ammacca; la pioggia che scorreva giù di lato e a volte la pioggia che veniva anche dritta dritta da sotto! Accidenti, pioveva anche di notte!
  • La belva americana si dibatte nell'agonia vietnamita, vorrebbe uscire viva dalla trappola per poter dire al mondo che si è ritirata a testa alta e non con la coda fra le gambe.
  • La guerra contro il popolo vietnamita è la guerra degli americani. Questi si trovano in una situazione molto imbarazzante, poiché, oltre alla guerra, stanno perdendo anche l'«onore» che del resto non l'hanno mai avuto.
  • Questa guerra dimostra ancora una volta che nessuna forza può fronteggiare la lotta popolare di liberazione. Di fronte allo spirito combattivo, al coraggio e alla capacità di un popoplo che si batter per una giusta causa andranno sempre in frantumi le armi del nemico, per quanto potente esso sia e dotato delle armi più moderne, come lo sono gli Stati Uniti d'America.
  • Questa guerra ha confermato la tesi leninista secondo cui il potere si conquista con le armi, attraverso la lotta. La belva va abbattuta con i proiettili ed anche l'imperialismo americano, il socialimperialismo sovietico e la borghesia reazionaria vanno combattuti con le armi. Per i popoli questa è l'unica via per assicurarsi la liberazione.
  • Crepi Ho Chi Minh, viva il corpo dei marines!
  • Io volevo tanto vedere l'esotico Vietnam, il gioiello dell'Asia orientale. Io volevo incontrare gente interessante, stimolante, con una civiltà antichissima... e farli fuori tutti.
  • Noi siamo qui per aiutare i vietnamiti, perché dentro ogni muso giallo c'è uno che sogna di diventare americano. È un mondo spietato, figliolo! Bisogna tener duro fino a quando passerà questa mania della pace!
  • Tu credi che li ammazziamo per la libertà? Questa è strage.
  • Almeno da un punto di vista umano, la guerra in Vietnam fu un conflitto che nessuno vinse, una lotta tra vittime, le sue origini furono complesse, le sue lezioni molto discusse, la sua eredità deve ancora essere definita dalle generazioni a venire. Che si sia trattato di una impresa valorosa o di un'avventura irragionevole, fu comunque una tragedia di dimensioni epiche.
  • Gli americani si erano preparati a fare sacrifici in vite umane e in denaro, come era accaduto in altre guerre. Ma si dovevano vedere dei progressi. Si doveva capire quando la guerra sarebbe finita. Durante la seconda guerra mondiale, gli americani potevano seguire sulla carta geografica il percorso dei loro eserciti attraverso l'Europa; in Vietnam, dove i fronti non esistevano, non si riusciva ad ottenere altro che conteggi di "nemici uccisi" e promesse. Così gli Stati Uniti, che avevano messo in campo una stupefacente potenza militare per abbattere il morale dei comunisti, cominciarono a sfaldarsi sotto la tensione di una lotta che sembrava interminabile.
  • I soldati americani di altre guerre misuravano i progressi in base al territorio che veniva conquistato; occupare un'altra città sulla strada verso la vittoria sosteneva il loro morale. In Vietnam, invece, i soldati americani conquistavano e riconquistavano più volte lo stesso terreno e nemmeno i generali erano in grado di spiegare lo scopo dei combattimenti. La sola misura del successo era il "conto dei morti", il mucchio dei nemici ammazzati, una misura banale che conferiva alla guerra lo stesso fascino di un mattatoio.
  • L'immagine del veterano di guerra forse ha ricavato un beneficio dal graduale crescere della considerazione sociale per le forze armate e chiaramente ricevette un beneficio dal monumento di Washington. Tuttavia numerosi veterani sentono di far parte di una generazione anomala; il loro posto nella società è spiacevole, indefinito, quasi imbarazzante, come se la nazione avesse proiettato su loro il proprio senso di colpa o di vergogna o di umiliazione per la guerra.
  • La guerra è guerra. In che cosa la guerra in Vietnam fu diversa? Il pericolo era onnipresente e cronico. Durante la seconda guerra mondiale passai tre anni nell'esercito; una buona parte del tempo lo trascorsi nei campi d'aviazione e nei magazzini militari in una zona dell'India nordorientale senza mai sentire un colpo di arma da fuoco. Ma in Vietnam non esistevano zone sicure. Un soldato assegnato ad un ufficio di Saigon o ad un magazzino di Danang poteva essere ucciso o ferito in qualsiasi momento del giorno o della notte dai mortai o dai razzi comunisti. E durante il suo servizio di un anno un soldato di fanteria che passava attraverso le boscaglie era quasi continuamente in combattimento, esposto alle mine nemiche, alle trappole e agli agguati, quando non era impegnato in scontri diretti. [...] L'età media del soldato americano in Vietnam era di diciannove anni, sette anni più giovane di quanto fosse suo padre all'epoca della seconda guerra mondiale; questo lo rendeva molto più vulnerabile alla tensione psicologica della lotta, che era gravata dalla particolare tensione del Vietnam dove ogni contadino poteva essere un terrorista vietcong.
  • Le sofferenze dell'America dopo la guerra impallidiscono di fronte alle condizioni del Vietnam che io rivisitai all'inizio del 1981. Riscoprii una terra che non soltanto era stata devastata da trent'anni di guerra quasi ininterrotta, ma era governata da un regime inetto e repressivo, incapace di affrontare la sfida della ricostruzione.
  • Non fosse stato per il Vietnam, forse l'amministrazione Carter avrebbe manovrato apertamente o segretamente per bloccare l'avanzata dei movimenti di sinistra in Etiopia o in Angola o per salvare dal crollo lo scià di Persia. Prima di mandare i marines americani come forza multinazionale di pace in Libano, il presidente Reagan e il Congresso hanno ingaggiato un lungo e tormentato dibattito. La paura di un impegno in un altro conflitto e in un'altra guerra combattuta nella giungla ha anche creato nell'americano una forte ostilità contro un intervento nelle crisi che si manifestano in America Centrale. In effetti, i divergenti atteggiamenti degli americani sulla ribellione in Salvador e nei confronti della crescente insurrezione nel Sud Vietnam due decenni fa esemplificano questa forte differenza.
  • C'è un nesso molto evidente e quasi elementare fra la guerra in Vietnam e la lotta che io e altri abbiamo intrapreso in America.
  • Forse è stato un più tragico riconoscimento della realtà quando ho capito che la guerra faceva assai di più che devastare le speranze dei poveri in patria. La guerra mandava i loro figli e fratelli e mariti a combattere e a morire in una percentuale straordinariamente superiore alla loro consistenza proporzionale nella popolazione. Stavamo prendendo i giovani neri che la nostra società aveva mutilato, e li mandavamo a quindicimila chilometri di distanza, per garantire nel Sudest asiatico libertà a cui essi stessi non avevano accesso nel Sudovest della Georgia o a Harlem est. E così ci siamo trovati più volte di fronte alla crudele ironia di vedere sugli schermi televisivi ragazzi neri e bianchi che uccidono e muoiono insieme, per un paese incapace di farli sedere insieme nei banchi delle stesse scuole. E così li vediamo affiancati e solidali nella brutalità, mentre incendiano le capanne di un povero villaggio, ma ci rendiamo conto che a Chicago difficilmente potrebbero abitare nello stesso isolato. Io non potevo restare in silenzio di fronte a una così crudele manipolazione dei poveri.
  • Ho capito che l'America non avrebbe mai investito i fondi e le energie necessarie a riabilitare i suoi poveri, finché le avventure come il Vietnam avessero continuato a risucchiare uomini e talenti e denaro come una sorta di pompa aspirante, demoniaca e distruttiva.
  • Essere vietnamiti significa trovarsi nel mezzo di una lotta fra due giganti, anzi tre giganti, che non si curano affatto di te e ti usano come pallottola per spararsi addosso. America e Russia. America e Cina. Noi siamo il pretesto per la loro vanità, che mira soltanto alla conquista del potere, della supremazia. E in questa lotta rischiamo d'essere schiacciati senza pietà. Lo sa anche Ho Chi Minh. Lo sanno tutti. Fuorché gli americani. Ma spiegarlo agli americani sarebbe come spiegar loro che la parola socialsmo non è una parolaccia, che la civiltà da loro proposta, anzi imposta, è una civiltà da robot.
  • Gli americani sostengono d'essere qui in osservanza dei loro princìpi di democrazia e di libertà. Non ci credo, o nel migliore dei casi ci credo al cinquanta per cento. Gli americani sono qui per difendere i loro interessi, che non sempre coincidono con gli interessi del Vietnam.
  • Gli americani vogliono instaurare nel Vietnam del Sud il regime democratico che hanno loro: rispetto delle leggi, libertà di parola e via dicendo. Ma che diavolo significano certe cose quando si muore di fame?
  • La guerra continuerà in ogni caso e la soluzione potrà essere raggiunta facendo del Vietnam del Sud, un Paese altamente sviluppato, sia sul piano economico sia su quello della democrazia, al punto tale da costituire un centro di attrazione per i nordvietnamiti, i quali a lungo andare, sceglierebbero tutti di trasferirsi al Sud oppure di rovesciare il regime di Ho Chi-minh.
  • Sì, lo so, voi europei, voi bianchi credete che i vietnamiti siano stanchi della guerra: al Sud e al Nord. Non ne siamo affatto stanchi, e la ragione è che non sappiamo che cosa sia la pace, la morte per noi è una questione di abitudine e non ci fa orrore. Prenda il mio esempio: non ricordo nemmeno il mio incontro con la guerra: ero un bambino quando fummo occupati dai giapponesi. E dopo i giapponesi vennero i cosiddetti alleati, cioè i cinesi, e si misero a combattere fra comunisti e nazionalisti. Dopo i cinesi, ci fu la guerra coi francesi. Dopo i francesi, incominciammo con questa. Ogni giorno, per noi, è il giorno in cui potremmo morire. E, quando ci penso, io non batto ciglio.
  • Che cosa possono il sacrificio di pochi americani generosi, la distribuzione di saponette, di fertilizzanti, di caramelle, di palloncini colorati di fronte alla spocchia del capo-distretto nominato da Saigon; che vale, per l'opinione della massa vietnamita, eseguire difficili interventi chirurgici, assistere i lebbrosi se, poi, un bombardamento diretto contro i guerriglieri in effetti distrugge i villaggi e uccide innocenti?
  • Giorno dopo giorno, inesorabilmente, la guerra continua a stravolgere il Vietnam. Muoiono gli uomini, soldati e civili, bambini, donne, vecchi e con loro muore la pietà, ogni giorno un po' di più. Un vietnamita su due ha meno di venticinque anni, il che significa che è nato e vissuto in tempo di guerra (il conflitto è cominciato nel 1941, con l'occupazione giapponese), che potrebbe morire domani o al fronte o per la strada, dovunque, perché questa guerra è senza misericordia, non conosce santurari.
  • I soldati americani approdano a Saigon solo desiderosi di stordirsi; sanno di non trovarsi fra amici, riducono i contatti coi vietnamiti al minimo indispensabile. E i vietnamiti li sfruttano rabbiosamente, dietro i loro sorrisi non v'è odio. La popolazione vietnamita non può curarsi della difesa del mondo libero, pel semplice motivo che da venticinque anni non ha avuto che disastri, guerre, umiliazioni. Per la maggioranza dei vietnamiti, la presenza americana significa soprattutto che «il bianco uccide il giallo».
  • In tutti questi anni di generosi sforzi, di ingenti aiuti e di immancabili errori, gli americani son rimasti isolati dal popolo vietnamita perché nessun governo ha mai potuto, o voluto, far loro da intermediario, laddove senza il consenso della popolazione diviene problematico anche pel più forte esercito del mondo esercitare un fruttuoso sforzo bellico.
  • Per dodici milioni di contadini, che sono il paese reale, la guerra è morte e distruzione: per i saigonesi si riduce alla presenza degli americani, e finché ci resteranno, essi avranno di che vivere: lavorando, intrallazzando o mendicando. Nell'ora dei pasti Saigon viene attraversata da famelici cortei di donne e ragazzi armati di lattine-gavette, che corrono verso gli insediamenti americani e i grandi ristoranti, decisi a contendersi ogni possibile rifiuto di cibo.
  • Dicono che noi vogliamo che questa guerra continui, ma come possono dire una cosa simile? Siete stato nelle campagne. Avete visto le sofferenze che i bombardamenti causano al nostro popolo. Perché mai allora si dovrebbe desiderare che questa orribile guerra continui?
  • Facendo così, gli Stati Uniti hanno calpestato il diritto internazionale, hanno gravemente violato gli accordi di Ginevra sul Vietnam e si sono presi gioco dell'umanità e della giustizia.
  • Gli Stati Uniti sono come un lupo preso nella tagliola. Aggredendo il sud sono stati presi nella tagliola con le zampe posteriori. Ora aggrediscono il nord. È come se nella tagliola venissero prese anche le zampe anteriori. Così la bestia feroce non potrà più muoversi a suo agio, e noi alla fine vinceremo.
  • Il popolo vietnamita desidera ardentemente la pace per costruire il suo paese, ma si deve ottenere una vera indipendenza se si vuole avere la vera pace. La questione è molto chiara: l'imperialismo americano deve cessare i suoi attacchi aerei nel Nord, porre fine alla sua aggressione nel Sud, ritirare le sue truppe dal Vietnam meridionale e lasciare al popolo vietnamita di risolvere da sé i suoi affari.
  • Lo so, lo so, la vecchia questione di salvare la faccia dell'America. Ma vede, la porta è aperta. Possono partire quando vogliono.
  • Ecco come nordvietnamiti e vietcong conquistarono il cuore e la mente della popolazione contadina: con massacri a sangue freddo destinati a intimorire i superstiti.
  • Essa fu una esperienza traumatizzante per gli americani, una esperienza brutalizzante per i vietnamiti, una occasione sfruttabile per i russi.
  • I regimi comunisti sotterrano i loro errori; noi reclamizziamo i nostri. Durante la guerra in Vietnam una quantità di americani bene intenzionati furono ingannati dai nostri errori ben pubblicizzati.
  • Io ora credo, guardandomi dietro, che non abbiamo combattuto contro il nemico; abbiamo combattuto contro noi stessi e il nemico era dentro di noi.
  • Lo sai che i vietnamiti mettono le sostanze chimiche nell'erba per fregarci? Così noi non combattiamo e diventiamo pacifisti.
  • Non riesco a credere che combattiamo tra di noi quando dovremmo combattere contro i Viet Cong.
  • Certo i bombardamenti non hanno del tutto fermato la infiltrazione, ma la stanno ostacolando e finiranno col far pagare a caro prezzo al Nord Vietnam la sua aggressione, se la continuasse. Ovviamente non posso stabilire quali siano al riguardo le intenzioni degli avversari, so soltanto che noi abbiamo deciso di far tutto il necessario per aiutare il Sud Vietnam a difendersi. Infine, poiché i fattori militari e geografici sono sotto molti aspetti considerevolmente differenti da quelli della Corea, io non sono incline a ritenere che debba riproporsi il modulo coreano.
  • Il nostro aiuto alla Repubblica del Vietnam è costato la vita di parecchi americani e altri ne moriranno prima che la nostra missione sia compiuta; ma nel considerare i nostri sacrifici siamo consapevoli di quelli altissimi compiuti da lunghi anni dai vietnamiti. Essi meritano il rispetto e l'amministrazione di tutti gli uomini liberi.
  • Mi sembra un eccesso di semplificazione farla finita con la guerra o estenderla... Noi americani di certo non pensiamo di farla finita, il che non significa affatto che intendiamo precipitare nella terza guerra mondiale.
  • Noi non vogliamo nulla per noi, né tanto meno desideriamo la guerra, non cerchiamo territori di conquista e nemmeno basi. Questa guerra è cominciata con l'aggressione comunista, finirà quando il nemico deporrà le armi. Siamo sempre pronti a negoziare, ma una pace onorevole, giusta, che garantisca l'esistenza di un Vietnam libero e indipendente.
  • Questa è la guerra del Vietnam, la guerra dei vietnamiti. Noi siamo e saremo qui per aiutarli a vincerla. Per aiutarli a vivere da uomini liberi.
  • Io non amo certo la guerra. Essere costretto a farla non mi dà nessuna allegria. Quindi i bombardamenti di Hanoi non mi fanno bere champagne, così come non mi fanno bere champagne i razzi su Saigon. Ma, francamente, e dal momento che questa guerra esiste, bisogna farla.
  • Questa guerra durerà fino al giorno che Giap vorrà, cioè fino a quando egli vorrà imporcela.
  • Tutti mi chiedono la stessa cosa: «Signor presidente, se lei è così forte da un punto di vista militare e politico, di che si preoccupa?». Glielo spiego io di che mi preoccupo. Non è mica difficile, per un nordvietnamita, imparare l'accento del Sud e passare da sudvietnamita. Sono vietnamiti anche loro. Tra noi non sono mica riconoscibili come gli americani. Quel trucchetto non l'hanno già fatto nel Laos coi Pathet Lao?
  • Se l'America ci abbandona, per noi è la fine. La fine completa, assoluta, e discuterne ancora non serve. Ricorda il Tibet? Nessuno intervenne, nel Tibet, nemmeno le Nazioni Unite, e ora il Tibet è comunista.
  • Credo che se avessimo continuato i bombardamenti la guerra sarebbe già conclusa o sul punto di concludersi.
  • Il Vietnam è stata la prima guerra combattuta senza censure, e senza censure l'opinione pubblica può diventare terribilmente confusa.
  • Mi dispiace di lasciare questo paese prima che la battaglia sia finita e prima della pace.
  • Ogni volta che i nostri bombardamenti cominciavano a fare sentire i loro effetti sul nemico, la situazione politica (in America) e le emozioni di certi strati del popolo americano costringevano gli uomini politici a fare marcia indietro. Il motivo per cui la nostra strategia non riuscì fu che non utilizzammo appieno la nostra forza. Ogni volta che il Nord Vietnam sentiva gli effetti della nostra potenza bellica, le forze politiche ci costringevano a una deescalation.

Voci correlate

[modifica]

Altri progetti

[modifica]