Vai al contenuto

Epicuro

Da Wikiquote, aforismi e citazioni in libertà.
(Reindirizzamento da Lettera ad Erodoto (sulla fisica))
Epicuro

Epicuro di Samo (in greco Ἐπίκουρος, 341 a.C. – 271 a.C.), filosofo greco.

Citazioni di Epicuro

[modifica]
  • Anima piccola nella buona sorte si esalta, nell'avversa si annulla. (da Scritti morali)
  • È nobile cosa la povertà accettata con gioia. (citato in Seneca, Lettere a Lucilio, traduzione di Caterina Barone, Garzanti)
  • È non solo più bello ma anche più piacevole fare il bene anziché riceverlo. (frammento 551)
  • La divinità o vuol togliere i mali e non può o può e non vuole o non vuole né può o vuole e può. Se vuole e non può, è impotente; e la divinità non può esserlo. Se può e non vuole è invidiosa, e la divinità non può esserlo. Se non vuole e non può, è invidiosa e impotente, quindi non è la divinità. Se vuole e può (che è la sola cosa che le è conforme), donde viene l'esistenza dei mali e perché non li toglie? (frammento 374)
  • Per mio conto io non so concepire che cosa è il bene, se prescindo dai piaceri del gusto, dai piaceri d'amore, dai piaceri dell'udito, da quelli che derivano dalle belle immagini percepite dagli occhi e in generale da tutti i piaceri che gli uomini hanno dai sensi. Non è vero che solo la gioia della mente è un bene; giacché la mente si rallegra nella speranza dei piaceri sensibili, nel cui godimento la natura umana può liberarsi al dolore. (da Sul fine)
  • Se un nemico ti prega, non respingere la sua richiesta, ma prendi le tue cautele: non è diverso da un cane. (da Scritti morali)

Attribuite

[modifica]
Quod supra nos nihil ad nos.

Lettera ad Erodoto (sulla fisica)

[modifica]

Epicuro a Erodoto, salve.
Per quelli, Erodoto, che non possono seguire punto per punto ciascuno dei miei scritti sulla natura, né prendere in esame i libri più lunghi tra i miei trattati, ho composto un'epitome dell'intera trattazione, affinché possano preparare la memoria per comprendere le dottrine più importanti, allo scopo di aiutare se stessi in ogni circostanza nei punti essenziali, almeno nella misura in cui si applicano allo studio della natura. Ma anche chi ha fatto apprezzabili progressi nella considerazione dell'insieme deve tenere a mente l'impronta fondamentale dell'intera dottrina, perché dell'intuizione dell'insieme abbiamo spesso bisogno, mentre di quella particolare non così spesso.

Citazioni

[modifica]
  • [...] i mondi sono infiniti, in parte simili al nostro mondo, in parte dissimili. Perché gli atomi che sono infiniti [...] si muovono in una lontananza sempre maggiore. Atomi tali, per cui potrebbe formarsi un mondo o da cui potrebbe essere creato un mondo, non sono stati impiegati né per un solo mondo né per un numero limitato di mondi, né per quanti mondi siano simili a questi o dissimili da questi. Nulla dunque impedisce di ammettere un numero infinito di mondi.[2]

E inoltre, dell'infinito non si deve predicare il su o il giù come se ci fosse un punto più alto e uno più basso in assoluto; e comunque, lo spazio che abbiamo sopra la testa non ci apparirà mai, perché si estende dal punto in cui ci troviamo fino all'infinito; e così teoricamente prolungando all'infinito lo spazio che è sotto di noi, questo sarà nel contempo tanto sopra quanto sotto rispetto allo stesso punto di riferimento. Ma ciò è inconcepibile. In tal senso, è possibile assumere un solo movimento, che teoricamente si prolunghi verso l'alto all'infinito, e uno solo diretto verso il basso, anche se, [estendendo il movimento] mille e mille volte, ciò che procede da noi verso i luoghi situati al di sopra della nostra testa dovesse raggiungere i piedi di quelli che sono sopra, oppure quanto procede da noi in giù dovesse raggiungere la testa di quelli sotto. Ciò non di meno, il movimento nel suo complesso, viene concepito come fosse esteso all'infinito, in direzioni opposte l'una rispetto all'altra.

Lettera a Meneceo (sulla felicità)

[modifica]

Meneceo,
Mai si è troppo giovani o troppo vecchi per la conoscenza della felicità. A qualsiasi età è bello occuparsi del benessere dell'animo nostro.
Chi sostiene che non è ancora giunto il momento di dedicarsi alla conoscenza di essa, o che ormai è troppo tardi, è come se andasse dicendo che non è ancora il momento di essere felice, o che ormai è passata l'età. Ecco che da giovani come da vecchi è giusto che noi ci dedichiamo a conoscere la felicità. Per sentirci sempre giovani quando saremo avanti con gli anni in virtù del grato ricordo della felicità avuta in passato, e da giovani, irrobustiti in essa, per prepararci a non temere l'avvenire.

[Epicuro, Lettera sulla felicità (a Meneceo), traduzione di Angelo Maria Pellegrino, Stampa alternativa, Milano 1992.]

Citazioni

[modifica]
  • Chi dice che l'età per filosofare non è ancora giunta o è già trascorsa, è come se dicesse che non è ancora giunta o è già trascorsa l'età per essere felici. (122)
  • Gli dei esistono, è evidente a tutti, ma non sono come crede la gente comune, la quale è portata a tradire sempre la nozione innata che ne ha. (123)
  • La morte, il più atroce dunque di tutti i mali, non esiste per noi. Quando noi viviamo la morte non c'è, quando c'è lei non ci siamo noi. Non è nulla né per i vivi né per i morti. Per i vivi non c'è, i morti non sono più. (125)
  • Noi riteniamo il piacere principio e fine della vita felice, perché lo abbiamo riconosciuto bene primo e a noi congenito. (129)
  • I mali se affliggono duramente affliggono per poco, altrimenti se lo fanno a lungo vuol dire che si possono sopportare. (133)
  • Meglio essere senza fortuna ma saggi che fortunati e stolti. (135)

[Epicuro, Lettera sulla felicità (a Meneceo), traduzione di Angelo Maria Pellegrino, Stampa alternativa, Milano 1992.]

  • Meditare bisogna su ciò che procura la felicità, poiché invero se essa c'è abbiamo tutto, se essa non c'è facciamo tutto per possederla.
  • Né il giovane indugi a filosofare né il vecchio di filosofare sia stanco. Non si è né troppo giovani né troppo vecchi per la salute dell'anima. Chi dice che non è ancora giunta l'età di filosofare o che l'età è già passata, è simile a chi dice che per la felicità non è ancora giunta o è già passata l'età.

[Epicuro, Opere, traduzione di G. Arrighetti, Einaudi, Torino.]

  • Il male, dunque, che più ci spaventa, la morte, non è nulla per noi, perché quando ci siamo noi non c'è lei, e quando c'è lei non ci siamo più noi.
Tὸ φρικωδέστατον οὖν τῶν κακῶν ὁ θάνατος οὐθὲν πρὸς ἡμᾶς, ἐπειδήεπερ ὅταν μὲν ἡμεῖς ὦμεν, ὁ θάνατος oὐ πάρεστιν, ὅταν δὲ ὁ θάνατος παρῇ, τόθ' ἡμεῖς οὐκ ἐσμέν.

[Epicuro, Lettera a Meneceo (sulla felicità), traduzione di Angelo Maria Pellegrino]

Proprio perché il piacere è il nostro bene più importante ed innato, noi non cerchiamo qualsiasi piacere; ci sono casi in cui noi rinunciamo a molti piaceri se ce ne deriva un affanno. Inoltre consideriamo i dolori preferibili ai piaceri, quando da sofferenze a lungo sopportate ci deriva un piacere più elevato. Quando diciamo che il piacere è il nostro fine ultimo, noi non intendiamo con ciò i piaceri sfrenati, e nemmeno quelli che hanno a che fare con il godimento materiale, come dicono coloro che ignorano la nostra dottrina. La saggezza è principio di tutte le altre virtù e ci insegna che non si può essere felici, senza essere saggi, onesti e giusti. Le virtù in realtà sono un'unica cosa con la vita felice e questa è inseparabile da esse.

La fortuna per il saggio non è una divinità come per la massa – la divinità non fa nulla a caso – e neppure qualcosa priva di consistenza. Non crede che essa dia agli uomini alcun bene o male determinante per la vita felice, ma sa che può offrire l'avvio a grandi beni o mali. Però è meglio essere senza fortuna ma saggi che fortunati e stolti, e nella pratica è preferibile che un bel progetto non vada in porto piuttosto che abbia successo un progetto dissennato. Medita giorno e notte tutte queste cose e altre congeneri, con te stesso e con chi ti è simile, e mai sarai preda dell'ansia. Vivrai invece come un dio fra gli uomini. Non sembra più nemmeno mortale l'uomo che vive fra beni immortali.

Lettera a Pitocle (sui fenomeni celesti)

[modifica]

Epicuro a Pitocle salute.
Cleone mi portò la tua lettera nella ti mostravi molto affettuoso nei nostri confronti e ben degno della sollecitudine che abbiamo per te, e sinceramente ti sforzavi di ricordare quei ragionamenti che conducono a vita felice. Mi chiedevi poi di mandarti un trattatello, breve e riassuntivo, sui fenomeni celesti, per poterlo tener meglio a memoria. Gli altri miei scritti, infatti, sono difficili a ricordarsi, sebbene, come dici, tu li abbia continuamente alle mani. Noi ben volentieri abbiamo approvato questa tua richiesta, e l'abbiamo accolta con buone speranze. Per cui, dopo aver composto tutte le altre opere, vogliamo portare a termine anche questa trattazione che tu stimi potrà riuscire utile anche a molti altri, e soprattutto a coloro che da poco hanno gustato della verace scienza della natura, e a coloro che sono impediti dalle faticose occupazioni della vita quotidiana. Accogli dunque di buon grado questo mio scritto, e tenendotelo bene a memoria richiamalo spesso alla mente, insieme alle altre cose della piccola epitome che abbiamo mandato a Erodoto.

Citazioni

[modifica]
  • Il cosmo è perimetro di cielo che comprende astri e terra e tutti i fenomeni, separato dall'infinito.

Tutte queste cose dunque, o Pitocle, tienle bene a mente; potrai così per lo più star lontano dalle favole dei miti, e conoscere ciò che a queste cose è congenere; e soprattutto applicati alla scienza dei primi principî e dell'infinito e delle altre cose simili, e dei criteri e delle affezioni, e di tutto ciò che rappresenta lo scopo di questi nostri ragionamenti. Quando le avrai ben indagate, ti potranno far conoscere agevolmente le cause dei singoli problemi. Coloro invece che queste cose soprattutto non amano, né queste cose stesse potranno ben conoscere, né conseguire il fine per cui esse devono essere studiate.

[Epicuro, Epistula ad Pythoclem, in Opere.]

Massime Capitali

[modifica]
  1. L'essere beato e immortale non ha affanni, ne ad altri ne arreca; è quindi immune da ira e da benevolenza, perché simili cose sono proprie di un essere debole.
  2. La morte non è niente per noi. Ciò che si dissolve non ha più sensibilità, e ciò che non ha sensibilità non è niente per noi.
  3. Il limite estremo della grandezza dei piaceri è la rimozione di tutto il dolore. Dove sia il piacere, e per tutto il tempo che vi sia, non vi è posto per dolore fisico, o dell'anima, o per l'uno e l'altro insieme.
  4. Non dura ininterrottamente il dolore della carne; il suo culmine dura anzi un tempo brevissimo; e ciò che di esso appena oltrepassa il piacere non si protrae molti giorni nella nostra carne. Le lunghe malattie poi arrecano alla carne più piacere che dolore.
  5. Non è possibile vivere felicemente senza anche vivere saggiamente, bene e giustamente, né saggiamente e bene e giustamente senza anche vivere felicemente. A chi manchi ciò da cui deriva la possibilità di vivere saggiamente, bene, giustamente, manca anche la possibilità di una vita felice.
  6. Al fine di procurarsi sicurezza nei riguardi degli altri uomini, anche i beni del comando e del regno sono beni secondo natura in quanto con tali mezzi si sia capaci di procurarsela.
  7. Alcuni vollero divenire famosi e rinomati ritenendo così di procurarsi sicurezza nei riguardi degli altri uomini. Ammesso che in tal modo la loro vita sia diventata veramente sicura, essi hanno acquistato un bene secondo natura; ma se la loro vita non lo è divenuta, non hanno raggiunto quel bene secondo natura sotto il cui impulso hanno agito fin dall'inizio.
  8. Nessun piacere è di per se stesso un male: però i mezzi per procurarsi certi piaceri arrecano molti più tormenti che piaceri.
  9. Se ogni piacere si intensificasse nel suo luogo e nella sua durata, e pervadesse tutto il nostro composto o le parti più importanti del nostro essere, allora i piaceri non differirebbero gli uni dagli altri.
  10. Se le cose che danno luogo ai piaceri propri dei dissoluti fossero anche tali da liberarci dai timori dell'animo circa i fenomeni celesti, la morte, il dolore, e ci insegnassero quale sia il limite dei desideri, non avremmo niente da rimproverare a quelli: essi sarebbero infatti ricolmi di ogni piacere e non avrebbero mai da soffrire fisicamente o da affliggersi, nel che consiste appunto il male.
  11. Se non ci turbasse la paura dei fenomeni celesti e quella della morte, ch'essa possa essere qualcosa che ci tocchi da vicino, e il non conoscere il confine dei piaceri e dei dolori, non avremmo bisogno della scienza della natura.
  12. Non sarebbe possibile dissolvere ogni timore intorno alle cose di maggior importanza se non si sapesse quale sia la natura dell'universo, ma si vivesse in sospettoso timore delle cose che ci raccontano i miti; non sarebbe possibile cogliere i piaceri nella loro purezza senza la scienza della natura.
  13. Non gioverebbe a niente il procurarsi sicurezza nei riguardi degli altri uomini finche si continuasse a nutrire timore riguardo a ciò che sta sopra di noi, o sottoterra, o in generale nell'infinito.
  14. Se la sicurezza nei riguardi degli altri uomini deriva fino a un certo punto da una ben fondata situazione di potenza e ricchezza, la sicurezza più pura proviene dalla vita serena e dall'appartarsi dalla folla.
  15. La ricchezza secondo natura ha confini ben precisi ed è facile a procacciarsi, quella secondo le vane opinioni cade in un processo all'infinito.
  16. Poca importanza ha la sorte per il saggio, perché le cose più grandi e importanti sono governate dalla ragione, e cosi continuano e continueranno ad essere per tutto il corso del tempo.
  17. Il giusto è privo in assoluto di turbamento, mentre l'ingiusto è ricolmo del turbamento più grande.
  18. Non cresce il piacere della carne, ma solo subisce variazione, una volta che sia rimossa tutta la sofferenza che viene dal bisogno. Il limite dei piaceri che la ragione ci prescrive è prodotto dal calcolo razionale di questi stessi e di tutte le affezioni dello stesso tipo, che procurano all'anima i più grandi timori.
  19. Un tempo illimitato contiene la stessa quantità di piacere che uno limitato, quando i confini dei piaceri si valutino con retto calcolo.
  20. La carne non ammette limiti nel piacere, e il tempo che serve a procurarle tale piacere è anch'esso senza limiti. Ma il pensiero che ha appreso a ragionare intorno al fine e al limite di ciò ch'è pertinente alla carne, e che ha soppresso il timore dell'eternità, ci rende possibile una vita perfetta, per cui non sentiamo più l'esigenza di un tempo infinito: esso non rifugge dal piacere ne, quando le circostanze ci portano al momento di uscire dalla vita, può dire di andarsene avendo tralasciato qualcosa di ciò che rende questa ottima.
  21. Chi conosce i limiti della vita, sa che è facile rimuovere il dolore che proviene dal bisogno e ottenere ciò che rende la vita perfetta; sì che non ha affatto bisogno di tendere a cose che comportino lotta.
  22. Bisogna ben valutare il fine che ci è dato, e far sì di riportare tutte le nostre opinioni a una certezza evidente; o tutto quanto sarà pieno di insicurezza di giudizio e di turbamento.
  23. Se ti opporrai a tutte le sensazioni, non avrai più nemmeno criteri cui riferirti e perciò neanche modo di giudicare quelle che tu dici essere errate.
  24. Se rifiuterai una sensazione senza ben distinguere fra ciò ch'è dovuto a opinione, ciò che attende conferma, ciò ch'è presente con evidenza in base a sensazione o ad affezione o a un qualunque atto di intuizione rappresentativa della mente, finirai col confondere anche le altre sensazioni con opinione vana, e non riuscirai più ad usare alcun criterio di giudizio. E se nelle nozioni fondate sull'opinione tu farai valere ugualmente sia ciò che attende conferma sia ciò che non riceve conferma, non potrai sfuggire all'errore, perché non ti sarai liberato assolutamente dall'ambiguità nel giudizio circa la verità o falsità di una conoscenza.
  25. Se in ogni circostanza non rapporterai la tua azione al fine secondo natura, ma, nella scelta o nel rifiuto, ti indirizzerai ad altro fine, le tue azioni non saranno in coerenza con le tue parole.
  26. Tutti quei desideri che, se non esauditi, non arrecano vera sofferenza non sono necessari: il loro stimolo è tale da potersi annientare facilmente quando appaiano indirizzati a cose difficili a ottenersi, o siano tali da recare danno.
  27. Di tutte le cose che la sapienza procura in vista della vita felice, il bene più grande è l'acquisto dell'amicizia.
  28. La medesima persuasione che ci incoraggiò a credere che nessun male è eterno o lungamente duraturo ci fa anche ritenere che la sicurezza più grande che si attui nelle cose finite è quella dell'amicizia.
  29. Dei desideri alcuni sono naturali e necessari, altri naturali e non necessari, altri né naturali né necessari, ma nati solo da vana opinione.
  30. Fra i desideri naturali che, se non vengono soddisfatti, non danno luogo a vera sofferenza, ve ne sono di quelli in cui sussiste una forte tensione; e questi hanno origine da vana opinione: e ci è difficile dissiparli non per la loro propria natura, ma per le stolte credenze degli uomini.
  31. Il giusto fondato sulla natura è l'espressione dell'utilità che consiste nel non recare ne ricevere reciprocamente danno.
  32. Per tutti quegli esseri viventi che non ebbero la capacità di stringere patti reciproci circa il non recare ne ricevere danno, non esiste ne il giusto ne l'ingiusto; e altrettanto si deve dire per quei popoli che non poterono o non vollero stringere patti per non recare e non ricevere danno.
  33. La giustizia non esiste di per sé, ma solo nei rapporti reciproci, e in quei luoghi nei quali si sia stretto un patto circa il non recare ne ricevere danno.
  34. L'ingiustizia non è di per sé un male, ma consiste nel timore che sorge dal sospetto di non poter sfuggire a coloro che sono stati preposti a punirlo.
  35. Colui che fa qualcosa di nascosto contro i patti stipulati reciprocamente circa il non recare ne ricevere danno non può confidare di non essere scoperto, anche se per il presente ciò gli riesce infinite volte: non può mai sapere se riuscirà a non farsi scoprire fino alla sua morte.
  36. In senso generale il giusto è uguale per tutti, in quanto è un accordo di utilità reciproca nella vita sociale; ma a seconda della particolarità dei luoghi e delle condizioni risulta che non per tutti il giusto è lo stesso.
  37. Fra le cose che la legge prescrive come giuste, quella che è comprovata come utile dalle necessità dei rapporti sociali reciproci deve esser considerata come avente il requisito del giusto, sia essa la stessa per tutti o no; ma se si ponga una legge che non risulti coerente all'utilità nei rapporti reciproci, essa non possiede la natura del giusto. Se poi ciò che era utile secondo giustizia viene a decadere, pur avendo per un certo tempo corrisposto alla prenozione del giusto, ciò non vuol dire che non lo fosse durante quel tempo, se non ci si vuole turbare per vane chiacchiere ma guardare sostanzialmente ai fatti.
  38. Quando, senza che siano sopravvenute nuove circostanze, le cose sancite dalla legge come giuste si rivelano nella pratica non corrispondenti alla prenozione del giusto, vuol dire che in realtà non erano giuste. Ma quando, essendo sopravvenute nuove circostanze, quelle cose che erano prescritte come giuste non sono più utili, allora bisogna dire che esse sono state giuste fino a che sono state utili per la vita in comune dei cittadini, e che in seguito, quando non sono state più utili, non sono state più nemmeno giuste.
  39. Si è disposto nella maniera migliore contro il turbamento che proviene dall'esterno colui che si è reso affini le cose possibili e non del tutto estranee le impossibili. Quanto a quelle cose riguardo a cui non ha avuto nemmeno tale potere, se ne è astenuto del tutto, fondandosi su tutto ciò che è utile a tale scopo.
  40. Tutti coloro che hanno avuto la possibilità di godere della massima sicurezza nei riguardi di coloro che li circondavano, vivono in comunità gli uni con gli altri nel modo più piacevole e nella più sicura fiducia; e, pur nutrendo fra loro i più stretti legami, non piangono la dipartita di quelli di loro che muoiono prematuramente, come se questi fossero da compiangere.

Sentenze Vaticane

[modifica]
  1. L'essere beato ed incorruttibile non ha affanni, né ad altri ne arreca; è quindi immune da ira e da benevolenza, perché simili cose sono proprie di una natura debole.
  2. La morte non è niente per noi. Ciò che si è dissolto non ha più sensibilità, e ciò che non ha sensibilità non è niente per noi.
  3. Il dolore non dura continuo nella carne; il suo culmine dura il tempo più breve, mentre quel dolore che appena oltrepassa lo stato di piacere che è proprio della carne, non dimora molti giorni. Le lunghe malattie sono accompagnate più dal piacere nel corpo che dal dolore.
  4. Ogni dolore è facile a disprezzare; quello che comporta sofferenza intensa dura poco tempo, e quello che perdura molto tempo nella carne comporta sofferenza temperata.
  5. Non è possibile vivere felicemente senza vivere con saggezza, virtù e giustizia, né vivere con saggezza, virtù e giustizia, senza vivere felicemente. A chi manchi la saggezza, la virtù e la giustizia, manca anche la possibilità di una vita felice.
  6. Non è possibile per chi contravviene in segreto ad un patto stipulato reciprocamente al fine di non recare né ricevere danno di avere fiducia di non essere scoperto, anche se è già riuscito mille volte a non essere scoperto: fino alla sua morte non sarà mai certo che egli possa evitare di essere scoperto.
  7. È difficile per chi commette ingiustizia evitare di essere scoperto, e impossibile avere fiducia di continuare a non esserlo.
  8. La ricchezza richiesta dalla natura è limitata e facile da acquisire, quella delle vane opinioni si estende all'infinito.
  9. La necessità è un male, ma non è necessario vivere nella necessità.
  10. Ricordati che sei nato a sorte mortale ed a finito tempo di vita: ma con i tuoi ragionamenti sulla natura sei sorto all'infinità ed all'eternità, e hai contemplato "tutte le cose che sono ora e che saranno o che furono nel tempo trascorso".
  11. La maggior parte degli uomini sono in preda al torpore mentre si riposano, al furore mentre agiscono.
  12. L'uomo giusto è privo di turbamento, ma quello ingiusto è ricolmo del turbamento più grande.
  13. Tra le cose ritenute giuste dalla legge, quelle che sono comprovate come vantaggiose ai rapporti sociali reciproci devono essere considerate giuste, se appaiono così a tutti. Ma se qualcuno pone una legge che non risulti vantaggiosa ai rapporti sociali reciproci, essa non ha più la natura del giusto. Se poi ciò che è stato ritenuto in conformità con la giustizia venga a cambiare, ma per un certo tempo sia conforme alla prenozione del giusto, esso era nondimeno giusto per quel periodo di tempo rispetto a quelle persone che non si disturbano per vane chiacchiere ma guardano ai fatti.
  14. Siamo nati una sola volta, e non potremo essere nati una seconda volta; dovremo non essere più per l'eternità. Ma tu, benché non abbia padronanza del domani, stai rinviando la tua felicità. La vita si perde nei rinvii, ed ognuno di noi muore senza aver goduto una sola giornata.
  15. Come noi stimiamo le nostre opinioni, considerandole utili, nel caso che siano ammirate dagli altri ed anche quando non lo sono, nello stesso modo dobbiamo stimare le opinioni altrui, purché ne siano degne.
  16. Nessuno sceglie un male, riconoscendolo come male, ma, allettato da esso perché sembra un bene se considerato in confronto con un male più grande, egli cade in trappola.
  17. Non dobbiamo stimare come più felice il giovane, ma il vecchio che ha vissuto bene. Perché il giovane nella pienezza delle sue forze è spesso confuso e sviato dal vento della fortuna; ma il vecchio che si è ancorato nella vecchiaia come in un porto, tiene ormai saldi nella sicura custodia della gratitudine i beni che prima aveva scarsa fiducia di ottenere.
  18. Se la vista, la conversazione e lo stare insieme vengono tolti, la passione d'amore s'estingue.
  19. Chi si dimentica dei beni tra le cose che sono successe nella sua vita, è già oggi diventato vecchio.
  20. Tra i desideri alcuni sono naturali e necessari, altri sono naturali ma non necessari, ed altri sono né naturali né necessari, ma derivati da vana opinione.
  21. La natura non va forzata, ma persuasa. La persuaderemo soddisfacendo i desideri necessari, ed anche quelli naturali, purché non portino danno, ma respingendo fortemente quelli che siano nocivi.
  22. Un tempo infinito contiene la stessa quantità di piacere che uno finito, quando i confini dei piaceri si misurino col raziocinio.
  23. Ogni amicizia è per se stessa desiderabile, ma il suo motivo principale deriva dai vantaggi che l'amicizia porta con sé.
  24. I sogni non hanno natura divina né potenza divinatoria, ma succedono a causa di immagini che ci hanno impressionati.
  25. La povertà misurata al fine che è proprio della natura, è gran ricchezza, ma la ricchezza, se non viene limitata, è gran povertà.
  26. Bisogna rendersi conto che le argomentazioni lunghe e quelle brevi portano allo stesso fine.
  27. Nel caso di altri tipi di attività, se ne coglie il frutto solo dopo di essere riusciti, dopo molta fatica, a diventare padroni della materia. Nel caso della filosofia però, la conoscenza ed il diletto vanno insieme; visto che il godimento non si raggiunge dopo gli studi, ma gli studi ed il godimento vanno avanti insieme.
  28. Non è da stimare né chi s'abbandona con facilità all'amicizia né chi vi esita. È necessario correre rischi per amore dell'amicizia.
  29. A dirla schietta preferirei, mentre mi occupo della scienza della natura, parlare come un oracolo di ciò che giova a tutti gli uomini, anche se nessuno lo capisse, piuttosto che adattarmi all'opinione pubblica per godermi il plauso che le folle mi elargirebbero in gran copia.
  30. Alcuni, durante la loro vita, s'accumulano di che vivere, senza riflettere che a tutti noi la bevanda della nascita fu versata mortale.
  31. Da ogni altra cosa è possibile metterci al sicuro, ma rispetto alla morte noi tutti abitiamo una città senza mura.
  32. La venerazione verso il saggio è essa stessa un gran bene per colui che la prova.
  33. Il grido della carne è: non aver fame, non aver sete, non aver freddo. Colui che abbia soddisfatto questi bisogni, o che si aspetti di poterli soddisfare, può gareggiare in felicità anche con Zeus.
  34. Non è tanto dell'aiuto degli amici che noi abbiamo bisogno, quanto della fiducia che essi ci aiuterebbero nel caso ne avessimo bisogno.
  35. Non intorbidare i beni presenti col desiderio di quelli che ti mancano, ma considera che i beni presenti erano prima tra le cose solo sperate.
  36. La vita di Epicuro, paragonata a quella di altri, sembra una leggenda per la sua mitezza e la sua autosufficienza.
  37. La natura è debole di fronte al male, ma non di fronte al bene; perché i piaceri la tengono al sicuro, mentre i dolori la rovinano.
  38. D'animo molto meschino è colui che ha molte ragioni fondate per mettere fine alla sua vita.
  39. Non chi cerca sempre l'assistenza degli amici dev'essere considerato un amico, né chi non se ne approfitta mai. L'uno fa mercato del bene per averne il contraccambio, l'altro recide la speranza del bene per l'avvenire.
  40. Chi dice che tutto avviene per necessità non ha nessun argomento per contraddire colui che dice che non tutto avviene per necessità. Questa proposizione è, in base a quello ch'egli dice, essa stessa per necessità.
  41. Dobbiamo allo stesso tempo ridere, filosofare, amministrare la nostra casa, usare di quant'altro è a nostra disposizione e non cessare mai di proclamare le parole della retta filosofia.
  42. Dallo stesso tempo derivano le origini del sommo bene ed il godimento di esso.
  43. Lo smodato amore di ricchezze, se contro giustizia, è empio, e se con giustizia, è vergognoso; perché è condotta indecorosa risparmiare in modo sordido, anche se in conformità con la giustizia.
  44. Il saggio che si è adattato alle necessità sa meglio spartire con gli altri che prendere tutto per sé; nell'autosufficienza ha trovato un tesoro così grande.
  45. La scienza della natura non forma uomini assidui nel vantare o nel parlare, nemmeno uomini che ostentano la propria educazione, la quale è invidiata dalla massa del popolo; ma piuttosto uomini scevri di iattanza ed autosufficienti, uomini che si occupano dei beni propri, non di quelli del mondo.
  46. Cacciamo completamente da noi le nostre cattive abitudini, come se fossero uomini malvagi che ci abbiano per lungo tempo recato danni.
  47. Ti ho prevenuta, o sorte, e da ogni tua insidia mi sono premunito. Non a te né ad alcun'altra circostanza ci arrenderemo: ma quando sia necessario andarcene, sputando ampiamente sulla vita e su quelli che vanamente ci si attaccano, ce ne andremo con un bel peana proclamando quanto bene abbiamo vissuto.
  48. Bisogna cercare di fare il domani migliore dell'oggi, fino a che viaggiamo nella vita. Poi, arrivati alla fine della strada, ci allietiamo moderatamente.
  49. È necessario far calcolo del fine a noi immediatamente dato e di tutta intera l'evidenza, alla quale riportiamo i nostri giudizi. Altrimenti tutto sarà pieno di disordine e confusione.
  50. Nessun piacere è per se stesso un male, però i mezzi per procurarsi certi piaceri portano con sé tormenti che sono molto più numerosi che i piaceri stessi.
  51. [A un giovane] Mi dicono della eccessiva inclinazione della tua carne verso i piaceri del sesso. Ebbene, se non violi le leggi ed i buoni costumi, né offendi il tuo prossimo, né debiliti la tua carne, né dissipi le tue sostanze, fa come vuoi. Bada però che non è possibile non essere ridotto in alcuna di queste necessità; i piaceri del sesso non giovarono mai: già è molto se non fanno male.
  52. L'amicizia percorre danzando la terra, recando a noi tutti l'appello di aprire gli occhi sulla felicità.
  53. Non si deve invidiare nessuno; visto che i buoni non meritano invidia, ed in quanto ai cattivi, più essi trovano buona sorte più si rovinano.
  54. Bisogna non fare finta di filosofare, ma filosofare sul serio; perché non abbiamo bisogno dell'apparenza di salute, ma di vera salute.
  55. Consoliamoci nelle sventure con la memoria dei beni nei tempi passati e con la coscienza che non è possibile fare che ciò che è stato non sia stato.
  56. Il saggio non soffre di più se messo alla tortura egli stesso, che quando il suo amico è messo alla tortura...
  57. ... (quindi non tradirà l'amico) o la sua vita sarà atterrata dalla sfiducia e tutta sconvolta.
  58. Dobbiamo liberarci dal carcere degli affari e della politica.
  59. Ciò che è insaziabile non è lo stomaco, come dicono i più, ma l'opinione falsa che lo stomaco richiede sazietà illimitata.
  60. Ogni uomo si parte dalla vita come se ci fosse appena entrato.
  61. È una cosa bellissima la vista del prossimo, quando al primo incontro ci si scopre dello stesso sentimento, o almeno col desiderio ardente verso questo fine.
  62. Se l'ira dei genitori verso i figli è giustificata, è veramente sciocco se i figli oppongono resistenza e non chiedono scusa. Se l'ira non è giustificata, ma senza ragione, è una cosa veramente ridicola prendere atteggiamenti di sfida esasperandone col proprio risentimento l'irragionevolezza, e non cercare di mitigarla in altri modi mostrando buona volontà.
  63. Una vita frugale porta con sé la purità; colui che non se ne rende conto soffre lo stesso che colui che si abbandona ad una vita smodata.
  64. La lode degli altri deve seguirci spontaneamente; noi dobbiamo occuparci della cura di noi stessi.
  65. È una cosa stolta supplicare gli dei per ottenere ciò che uno è in condizione di procurarsi da se stesso.
  66. Dimostriamo compatimento per le sofferenze degli amici non con le lamentazioni, ma prendendoci cura di loro.
  67. Colui che desidera una vita libera non può accumulare ricchezze dagli affari, visto che questo non è facile senza piegarsi al servizio delle folle e dei potenti, mentre egli possiede già tutto in inesauribile abbondanza. Se la vita libera porta a caso con sé molte ricchezze, anche queste possono facilmente essere condivise con i vicini per ottenerne la benevolenza.
  68. Niente basta a quell'uomo per il quale ciò che basta sembra poco.
  69. La natura ingrata dell'anima ha reso la creatura umana avida di variazioni illimitate nel modo di vivere.
  70. Non fare niente nella vita che ti farà temere che il tuo vicino se ne accorga.
  71. Per tutti i desideri bisogna chiedersi: cosa mi accadrà se quanto questo desiderio richiede ha compimento, e cosa mi accadrà se non l'ha?
  72. Non giova affatto il mettersi in stato di sicurezza fra gli uomini, finché si continuasse ad avere timore riguardo a ciò che sta sopra di noi, o sottoterra, o in generale delle cose dell'infinito.
  73. Il fatto che abbiamo sofferto certi dolori fisici giova a metterci in guardia contro altri dello stesso genere.
  74. Nelle discussioni fatte per amore di se stesse, colui che è vinto guadagna di più, perché egli impara di più.
  75. Ingrata verso i beni passati è la parola che dice: guarda la fine di una vita lunga.
  76. Invecchiando, tu sei proprio come io ti esorto ad essere, e hai riconosciuto che cosa sia il filosofare per se stesso e che cosa sia il farlo per l'Ellade. Me ne rallegro con te.
  77. Il supremo frutto dell'autosufficienza è la libertà.
  78. L'uomo d'animo sincero vive soprattutto nella saggezza e nell'amicizia, l'una bene mortale, l'altra bene immortale.
  79. Chi non si turba trova serenità verso se stesso e verso gli altri.
  80. L'uomo d'indole bennata deve, al fine di raggiungere il "destino di salvezza", sorvegliare la propria giovinezza e tenere a freno ciò che corrompe tutto a causa dei desideri furiosi.
  81. Non scioglie dal turbamento dell'anima e neppure vale a dare meritevole gioia il possedere le più grandi ricchezze, né gli onori e l'ammirazione delle folle, né altro di quanto dipende da motivi sregolati.

Frammenti

[modifica]
  • Amplesso venereo non giovò mai, è già molto se non nuoce. (1920, p. 166)
  • Se vuoi far ricco Pitocle, non accrescerne gli averi, ma sfrondane i desideri. (1920, p. 173)
  • Facciamo gran conto della frugalità, non perché sempre si debba stare a regime semplice e parco, ma per essere senza preoccupazioni rispetto a queste cose. (1920, p. 173)
  • Fuggi, o felice, a vele spiegate, ogni genere di cultura. (1920, p. 174)
  • Tutto trabocca il mio corpo di dolcezza, quando vivo a pane e acqua, e sputo sui piaceri di vita sontuosa, non per loro medesimi, ma per gl'incomodi che vi si accompagnano. (1920, p. 175)
  • Di piacere al volgo non mi proposi mai; perché quello che a lui piace io non so; quello che io so, il volgo è ben lungi dall'approvare. (1920, p. 176)
  • Fra sì grandi beni, non diede a me ed a Metrodoro alcun fastidio che l'illustre Grecia, non solo non ci abbia conosciuti, ma quasi neppure abbia sentito parlar di noi. (1920, p. 177)
  • Vuoi ti sia concessa vera libertà? Servi alla filosofia. (1920, p. 177)
  • Se vivi secondo natura non sarai mai povero, se secondo le opinioni volgari non sarai ricco mai. (1920, p. 177)
  • Se ti trovi in angustie, t'accade perché oblioso della natura: infatti tu stesso a te medesimo imponi infiniti timori e desideri. (1920, p. 178)
  • Meglio per te giacere impavido sovr'umile giaciglio di foglie, che vivere inquieto, padrone d'aureo letto e di mensa sontuosa. (1920, p. 178)
  • A te, non a molti, dico questo: perché l'uno all'altro siamo abbastanza vasto teatro. (1920, p. 178)
  • Allora specialmente ritirati in te medesimo, quando sei costretto a stare fra la turba. (1920, p. 178)
  • Dobbiamo prediligere una bell'anima, e sempre porcela dinanzi agli occhi, per vivere come se ci contemplasse, e fare ogni cosa come se ne fosse spettatrice. (1920, p. 178)
  • Dolce cosa, memoria di caro defunto. (1920, p. 179)
  • Non evitare di far piccoli favori, perché sembrerà che il medesimo faresti anche per i grandi. (1920, p. 179)
  • Se il dio dovesse esaudire i voti umani, più tosto morrebbe ogn'uomo, poiché assiduamente fra loro si augurano molti mali. (1920, p. 182)
  • È meglio sopportare questi particolari dolori, per godere maggiori gioie.
    Giova astenerci da questi particolari piaceri, per non soffrire più gravi dolori. (1920, p. 183)
  • Cui poco non basta, nulla basta. (1920, p. 185)
  • Frugalità è massima ricchezza. (1920, p. 185)
  • Timore di vita frugale induce molti a vita piena di timore. (1920, p. 185)
  • Selvaggia attività accumula ricchezze, ma si crea misera vita. (1920, p. 185)
  • Chi meno desidera il domani, al domani s'avvia con più gioia. (1920, p. 186)
  • Le leggi sono promulgate per i saggi, non perché non facciano ingiustizia, ma perché non sia loro fatta. (1920, p. 188)
  • Chi incute timore non può non temere. (1920, p. 188)

Citazioni su Epicuro

[modifica]
  • Ciò che manca all'Etica epicurea è l'universalità, e quindi la vita comune. Veramente Epicuro non impugna né la famiglia, né lo Stato; ma dissuade il savio dal matrimonio per la difficoltà d'incontrarsi bene colla moglie, e pei dispiaceri e le brighe che procura l'educazione de' figli. Similmente per lo Stato: ci si ricorre per utilità, come garanzia della propria difesa; ma, potendo, è meglio vivere appartato. Tra le massime di Epicuro c'è anzi esplicitamente: Vivi nascosto. (Francesco Fiorentino)
  • Crantore aveva certo ragione di combattere l'assenza di dolore di Epicuro, se la si stabiliva così profonda da non avvertire nemmeno le avvisaglie e la nascita dei mali. Io non approvo affatto questa assenza del dolore che non è né possibile né desiderabile. Sono contento di non essere malato ma se lo sono voglio sapere che lo sono, e se mi cauterizzano o mi incidono, voglio sentirlo. Invero, chi sradicasse la cognizione del male, estirperebbe contemporaneamente la cognizione del piacere, e infine annienterebbe l'uomo. (Michel de Montaigne)
  • Di natura divina, semmai, è da ritenere proprio Epicuro, il quale per primo scoprì quella legge dell'esistenza che è chiamata sapienza; egli con l'uso della ragione ha portato in salvo la nostra vita dalle tempeste e dall'oscurità verso un porto tranquillo e verso la luce. Giustamente è a lui che dovremmo attribuire il nome di divinità, poiché ha diffuso tra le genti quei dolci rimedi che danno sollievo alla vita e conforto all'animo. (Tito Lucrezio Caro)
  • Egli fu per il suo tempo quello che lo psicanalista è per il nostro: a suo modo non denunciava anche lui «il disagio della civiltà»? (In tutte le epoche confuse e raffinate, un Freud tenta di alleggerire le anime). Più che con Socrate, è con Epicuro che la filosofia scivolò verso la terapeutica. Guarire e soprattutto guarirsi, questa era la sua ambizione: benché volesse liberare gli uomini dalla paura della morte e da quella degli dèi, provava egli stesso sia l'una che l'altra. L'atarassia di cui si fregiava non costituiva la sua esperienza ordinaria: la sua «sensibilità» era notoria. Quanto al disprezzo per le scienze, disprezzo che gli è stato in seguito rimproverato, sappiamo come sovente sia proprio dei «cuori feriti». Questo teorico della felicità era un malato: vomitava, a quanto pare, due volte al giorno. In mezzo a quali miserie doveva dibattersi per aver tanto odiato i «turbamenti dell'anima»! Quel poco di serenità che riuscì a conquistare, senza dubbio la riservò ai suoi discepoli, i quali, riconoscenti e ingenui, gli crearono una reputazione da saggio. Siccome le nostre illusioni sono ben più deboli di quelle dei suoi contemporanei, intravediamo agevolmente il rovescio del suo Giardino... (Emil Cioran)
  • Egli solo vide, per la prima volta, che gli dèi esistono, poiché è stata proprio la natura ad imprimere nella mente di ogni uomo la nozione degli dèi. C'è forse un popolo, c'è una società di uomini che, pur senza una adeguata informazione, non abbia un qualche presentimento dell'esistenza degli dèi? (Marco Tullio Cicerone)
  • Epicuro crede che esistano gli dèi, perché è necessario che esista una natura eccellente, della quale nulla possa essere migliore. (Marco Tullio Cicerone)
  • Epicuro è stato uno degli uomini più vituperati e calunniati: credevano di combatterne la dottrina gettando fango sull’uomo; ma della bontà del suo carattere non è lecito dubitare, anche per la testimonianza di quelli che non gli furono amici. Cicerone che ha sempre combattuto la filosofia di Epicuro, attesta e riconosce esplicitamente la sua rettitudine, la probità disinteressata, la purezza del costume, la bontà generosa dell’animo. Allo stesso modo Seneca che non è epicureo, e Plutarco che pure lo combatte. Diogene Laerzio celebra le sue virtù, specialmente l’inesauribile bontà e filantropia verso tutti. Doveva esercitare una grande attrattiva su quanti lo avvicinavano. Una certa simpatia umana e generosa, la mitezza del cuore, una saviezza temperata e riposata senza nulla di eccessivo, sembrano essere state le doti principali del suo carattere. Anche la sua frugalità è fuori di dubbio. (Giuseppe Melli)
  • Epicuro è vissuto e vive in ogni tempo, sconosciuto a quelli che si definivano e si definiscono epicurei, e senza fama presso i filosofi. Egli stesso ha dimenticato il suo nome: fu il bagaglio più pesante che egli mai abbia gettato via. (Friedrich Nietzsche)
  • Epicuro ha in mira la felicità sensibile. Godere, non patire; trovar modo di liberarsi dal timore degli Dei e della morte, il gran tormento della umana vita; tale è il postulato, e tale è il fine della filosofia. Bisogna dunque fare un sistema e concepire il mondo in tal maniera, che non ci abbiano luogo codesti due timori. (Angelo Camillo De Meis)
  • Epicuro ha dunque un bel girarsi e rigirarsi, negar la Provvidenza, negar le pene e le ricompense di un'altra vita; far servire al piacere la giustizia, l'amicizia ed ogni altra virtù; ridurre l'umano intelletto a combinazioni di atomi, ed ambire, come il sommo dei beni, la condizione della bestia, che ei si trova sempre allo stesso punto, solo contro tutti, solo in tutti i luoghi, contro tutti i tempi e contro tutti gli uomini o tutto il genere umano, il quale mai non desiste dal proclamare un Dio rimuneratore e vendicatore, l'immortalità dell'anima e la distinzione eterna del bene e del male, e dal condannare in tal modo il sistema Epicuro come di altrettanto falso, quanto obbrobrioso. (René François Rohrbacher)
  • Epicuro. Sì, sono fiero di sentire il carattere di Epicuro in modo diverso, forse, da chiunque altro, e soprattutto di gustare in tutto ciò che di lui leggo e ascolto la gioia pomeridiana dell'antichità – vedo il suo occhio che guarda un vasto, albicante mare, oltre gli scogli delle coste su cui si posa il sole, mentre grandi e piccole fiere giuocano nella sua luce, sicure e placide come questa luce e quell'occhio stesso. Una tale gioia l'ha potuta inventare solo un uomo che ha perpetuamente sofferto, la gioia d'un occhio davanti al quale il mare dell'esistenza si è quietato e che non si sazia più di guardare la sua superficie, e questo screziato, tenero, abbrividente velo di mare: non era mai esistita prima di allora una tale compostezza della voluttà. (Friedrich Nietzsche)
  • [Epicuro] suppone che non soltanto i corpi misti, ma anche tutti gli altri siano prodotti dalle varie e casuali combinazioni di atomi che si spostano avanti e indietro [...] nel [...] vuoto infinito. (Robert Boyle)
  • Epicuro voleva fondato il culto degli Dei su l'ammirazione della loro felicità, anziché sul timore della loro ingerenza nelle cose umane. Questo timore nato dalla superstizione era da sgombrare affatto: e a ciò bisognava aiutarsi appunto con la filosofia. (Francesco Fiorentino)

Note

[modifica]
  1. Attribuita anche a Socrate.
  2. Diogene Laerzio, Vite dei filosofi, 2 voll., a cura di Marcello Gigante, Laterza, Bari, 1962, vol. II, X, 45, p. 498.

Bibliografia

[modifica]

Voci correlate

[modifica]

Altri progetti

[modifica]

Opere

[modifica]