Neil Gaiman

Da Wikiquote, aforismi e citazioni in libertà.
Neil Gaiman nel 2007

Neil Richard Gaiman (1960 – vivente), scrittore, fumettista, giornalista e sceneggiatore televisivo e radiofonico britannico.

Citazioni di Neil Gaiman[modifica]

  • A volte penso che le storie siano come gli animali. Alcune normali, altre rare, altre ancora in via d'estinzione. Ci sono storie antiche come squali e storie tanto nuove su questa terra come gli esseri umani o i gatti.
    Cenerentola, per esempio, è una fiaba che, nelle sue varianti, si è diffusa in tutto il mondo con lo stesso successo dei topi o delle cornacchie. La troverete in ogni cultura. Poi ci sono storie come l'Iliade che mi fanno venire in mente le giraffe, insolite eppure immediatamente riconoscibili ovunque compaiano o vengano raccontate. Ci sono, devono esserci, storie che si sono estinte, come il mastodonte o la tigre dai denti a sciabola, di cui non sono rimaste neppure le ossa: storie defunte, allorché le persone che le raccontavano sono morte e non potevano più narrarle, o storie che, da tempo dimenticate, hanno lasciato solo dei frammenti fossili di loro stesse in altri racconti. Del Satyricon non ci è pervenuta che una manciata di capitoli.
    Con estrema facilità, Beowulf sarebbe potuta essere una di quelle.
    Perché una volta, ben più di mille anni fa, la gente raccontava la storia di Beowulf. Poi il tempo passò e la storia fu dimenticata. Come un animale di cui nessuno si era accorto che si fosse estinto o quasi. Perso dal folclore orale, venne preservato da un unico manoscritto. I manoscritti sono fragili e vengono prevedibilmente distrutti dal tempo o dal fuoco. Il manoscritto di Beowulf ha segni di bruciature.
    Ma è sopravvissuto...
    E quando fu riscoperto, cominciò lentamente a riprodursi, come una specie in via d'estinzione che viene riportata alla vita.[1]
  • [Su La leggenda di Beowulf] Abbiamo cercato di creare una storia sulla fine di un'era. L'idea che l'era dei mostri e l'era degli eroi stiano arrivando al termine.[2]
  • [Sui critici de La leggenda di Beowulf] Alcuni di loro si sono indignati prima di vederlo e hanno scritto su Internet che non sarebbero andati a vedere il film. Altri si sono offesi perché la nostra versione della Danimarca era troppo montuosa. Si sono lamentati anche per per il tallone dai tacchi alti di Angelina Jolie, dal momento che le donne non avevano talloni dai tacchi alti in epoca medioevale. Ad essere onesti, le donne non hanno mai avuti talloni con i tacchi alti; questo è stato qualcosa che gli animatori hanno fatto come uno strano ornamento. In nessun punto ho scritto 'lei ha dei piedi con i tacchi alti' ma allora mi sono dato la spiegazione che lei è un mostro che cambia la sua forma e così può avere dei piedi con i tacchi alti se vuole.[3]
  • Beowulf è una delle più antiche storie che esistono. Dei tempi quando si raccontavano storie attorno al fuoco sulle cose nell'ombra.[2]
  • [Su La leggenda di Beowulf] Chi è il drago? Perché c'è un drago? E il parallelo tra ciò che succede tra Beowulf e il drago e tra Hrothgar e Grendel sembrava troppo buono per non sfruttarlo.[2]
  • Ci sono due fraintendimenti alla base della narrativa di fantascienza. Il primo fraintendimento è che la sf [...] si occupi del futuro, che essa sia, fondamentalmente, profetica. [...] Il secondo fraintendimento, una sorta di fraintendimento al quadrato, facile da credere una volta che si sia dato per scontato che 'la sf si occupa di prevedere il futuro', è questo: la sf riguarda un presente che non c'è più. In particolare, la sf riguarda solo il periodo in cui è stata scritta. [...] Questo è vero, in linea generale, ma è lo è sia per la sf che per ogni altro genere narrativo: i nostri racconti sono sempre il frutto dei nostri tempi. La sf, così come ogni altra forma d'arte, è un prodotto della sua epoca, che riflette o reagisce o illumina i pregiudizi, le paure e i presupposti del periodo in cui è stata scritta. Ma la sf è qualcosa di più [...] La cosa importante nella buona sf, quella che produce la fantascienza destinata a durare, è il modo in cui essa ci parla del nostro presente. Cos'è che adesso ci dice? E, ancora più importante, cosa ci dirà sempre? Poiché la sf diventa una pratica di scrittura significativa e ricca di implicazioni quando tratta di qualcosa di più grande e più importante dello zeitgeist, che fosse o meno intenzione dell'autore (dalla prefazione a Samuel R. Delany, Una favolosa tenebra informe, Fanucci Editore, 2004. pp. 7-8)
  • [Su La leggenda di Beowulf] Il più grande problema che abbiamo avuto nelle nostre prime bozze è che a 3 quarti del film c'è la necessità di abbandonare l'intero cast ed essere introdotti ad un completo cast nuovo. Bob disse come regista che sarebbe stato più facile per me vedere loro anziani e farli invecchiare e mostrare i loro bambini... Sai uno dei passi da me preferito, che non abbiamo fatto sullo schermo, è quando un vecchio Beowulf sta parlando con Ursula, lui dice mi ricordi tua madre Ursa e lei risponde quella era mia nonna, e tu realizzi come il tempo sia passato.[4]
  • L'amore infatti non appartiene alle terre del sogno. L'amore appartiene a Desiderio, e Desiderio è sempre crudele. (da Casa di Bambole)
  • La gloria di una cosa come Beowulf è che si può reinterpretare. E credo che questa sia la forza di questa vecchia storia.[2]
  • Lo scrittore Larry Niven, consiglia di conservare i propri errori di battitura per battezzarci personaggi esotici o razze aliene. E così Coraline, nata da uno scivolamento di dita sulla tastiera, non è mai tornata Caroline. (dall'intervista di M. Giovannini, Ciak, giugno 2009)
  • Non penso che lo stato d'animo abbia molto a che fare con ciò che si scrive. Ero solito porre fine al mondo molto spesso nei miei primi lavori, questo perché non riuscivo a pensare a nessun altro modo per terminare una storia. L'atmosfera di una storia è esattamente l'atmosfera che la storia richiede. (dal sito nextplanetover.com, traduzione di Andrea Ligas per ultrazine.org, 2004)
  • Più di ogni altra forma di letteratura, la fantascienza è un work in progress e ci arriva con una data di scadenza. Certa vecchia fantascienza può diventare illeggibile. La fama di alcuni autori non resiste all'erosione del tempo. Ma se la data di scadenza è trascorsa, e desta ancora una reazione emotiva dentro di noi, be', quella è arte e forse è anche verità. (da La ferita che non guarisce mai, introduzione a Robert Silverberg, L'uomo nel labirinto)
  • Quando da piccolo leggevo libri scritti da adulti, rimanevo sempre stupito, un poco perplesso e dicevo: "Com'è possibile che abbiano dimenticato la loro infanzia? Stanno scrivendo cose senza senso!". Non mi riconoscevo assolutamente nei loro libri. Per questo quando ero piccolo mi ripromettevo che non avrei dimenticato, che se fossi riuscito a diventare uno scrittore io sì che sarei riuscito a scrivere e a parlare dell'infanzia. (da un'intervista a cura di Fabio Bonetti rilasciata al Festival della Fantascienza di Trieste nel 2001)
  • Scrivo fumetti perché il loro è un medium sperimentale, che mi permette di sconvolgere qualsiasi regola. Me l'ha insegnato quel genio di Alan Moore. (dall'intervista di M. Giovannini, Ciak, giugno 2009)
  • Tutti noi abbiamo i nostri demoni.
    Beowulf pensava che il suo fosse Grendel...[1]
  • Un giorno, quando facevo il giornalista, il caporedattore venne da me e mi chiese di scrivere qualcosa su: "...sai, quei giochi che fanno diventare matti...". Alla fine capii che si riferiva ai giochi di ruolo e mi licenziai immediatamente! (da un'intervista di Francesco Ruffino pubblicata sulla rivista Rill nel marzo 1997)

American Gods[modifica]

Incipit[modifica]

Era in prigione da tre anni, Shadow. E siccome era abbastanza grande e grosso e aveva sufficientemente l'aria di uno da cui è meglio stare alla larga, il suo problema era più che altro come ammazzare il tempo. Perciò faceva ginnastica per tenersi in forma, imparava i giochi di prestigio con le monete e pensava un sacco a sua moglie e a quanto la amava.

Citazioni[modifica]

  • Digli che abbiamo riprogrammato la realtà. Digli che il linguaggio è un virus, la religione un sistema operativo e le preghiere sono junk mail. (p. 56)
  • È sui sensi che fondano le nostre convinzioni, sono gli unici strumenti di cui disponiamo per fare esperienza: la nostra vista, il tatto, la memoria. Se i nostri sensi ci mentono, allora non abbiamo niente di cui fidarci. E anche se non crediamo a ciò che ci dicono, non abbiamo altro modo per viaggiare che quello di seguire la strada che essi ci indicano, ed è una strada che dobbiamo percorrere fino in fondo. (p. 131)
  • Le donne sopravvivono ai mariti. Gli uomini – quelli come lui – quando le mogli li lasciano non tirano avanti molto. Vedrai... comincerà a vaneggiare, tutte le cose familiari gli sembreranno estranee senza di lei. Si stancherà, si spegnerà lentamente e quando smetterà di lottare sarà finita. (p. 190-191)
  • Nessuna guerra degna di questo nome è mai stata combattuta da qualcuno che non si credesse dalla parte giusta. La gente davvero pericolosa crede di fare quello che fa, qualsiasi cosa sia, solo ed esclusivamente perché al di là di ogni dubbio è la cosa giusta da fare. È questo che li rende davvero pericolosi. (p. 215)
  • I casinò possiedono un segreto, un segreto che custodiscono e proteggono e stimano come il più sacro dei loro misteri. La maggior parte della gente non gioca per vincere, come in genere viene pubblicizzato, venduto, dichiarato e sognato. È una facile bugia che dà alla gente l'alibi per entrare da quelle enormi porte sempre aperte. Il segreto è questo: la gente gioca per perdere. Vengono nei casinò per fare l'esperienza di quell'istante in cui si sentono vivi, in groppa alla ruota della roulette, quando vengono girati come le carte o quando, insieme alle monete, smarriscono nelle fessure anche se stessi. Magari si vantano di qualche vincita, di quella certa notte in cui hanno sbancato il casinò, ma custodiscono come un tesoro, un tesoro prezioso, tutte le volte in cui hanno perso. È una specie di sacrificio rivolto a qualche divinità. (p. 257)
  • Las Vegas è diventata l'interpretazione onirica di una città uscita da un libro di fiabe: qui un castello tratto da un racconto per bambini, lì una piramide nera con la sfinge e le luci bianche che fendono l'oscurità come il raggio di un Ufo in manovra d'atterraggio, e dappertutto oracoli al neon e schermi rotanti su cui scorrono messaggi di felicità e fortuna, annunci di cantanti, attori e maghi che si esibiscono stabilmente o in tournée, e luci che scintillano invitanti. Ogni ora un vulcano ha un'eruzione di luci e fiamme. Ogni ora una nave pirata affonda una nave da guerra. (p. 258)
  • Ciò che lo incanta di questa città nel deserto è la velocità, il modo in cui il denaro si sposta da un punto all'altro e passa di mano in mano: per lui è come uno sballo, l'effetto di una droga che lo spinge, come un tossicomane, a scendere per strada. (p. 259)
  • «Mi manchi» ammise. «Sono qui» disse lei. «È quando ci sei che mi manchi di più. Quando siamo insieme. Quando non ci sei, quando sei soltanto un fantasma del passato o un sogno di un'altra vita, allora è più facile». (p. 328)
  • «Dunque» domandò lui, «com'è la morte?» «È dura. Non finisce mai.» (p. 329)
  • Farai una fine miserabile. Creperai con un bacio sulla bocca e una menzogna nel cuore. (p. 345)
  • Credo in un dio tutto mio che si preoccupa per me e protegge tutte le mie azioni. Credo in un dio impersonale che ha messo in moto l'universo e poi è andato a spassarsela e non sa nemmeno che esisto. Credo in un universo privo di dèi mosso da caos, rumore di fondo e una grande fortuna. (p. 351)
  • Credo che chiunque sostenga di sapere come va il mondo sia capace di mentire anche sulle piccole cose. Credo nell'onestà assoluta e nella necessità di ragionevoli menzogne sociali. (p. 351)
  • In tutto il Vangelo c'è un solo uomo al quale Gesù promette personalmente un posto in Paradiso. Non a Pietro e Paolo né a nessuno degli altri ma a un ladrone inchiodato sulla croce. Perciò non disprezzare quelli che stanno nel braccio della morte. Magari sono al corrente di qualcosa che tu non sai. (p. 391)
  • Non sempre ricordiamo gli atti che non ci fanno onore. Li giustifichiamo, li ammantiamo di bugie o li seppelliamo sotto il pesante coperchio della rimozione. (p. 428)

Explicit[modifica]

Allungò una mano e dall'aria afferrò una moneta d'oro. Era una moneta d'oro normale: non avrebbe riportato indietro i morti né guarito i malati, però era pur sempre d'oro. «E questo è tutto» disse tenendola tra l'indice e il pollice. «Fine della storia.» La lanciò in aria con un colpetto di pollice. La moneta disegnò un arco scintillante nel sole e rimase sospesa nel cielo di mezza estate come se non volese tornare più a terra. Forse non tornò. Shadow non restò a controllare. Si allontanò dall'argine, e continuò a camminare.

Il figlio del cimitero[modifica]

Incipit[modifica]

C'era una mano nell'oscurità e impugnava un coltello.
Il coltello aveva un manico d'osso, lucido e nero, e una lama più sottile e affilata di un rasoio. Se ti avesse ferito, avresti anche potuto non accorgertene, non subito.
Il coltello aveva fatto quasi tutto ciò per cui era stato portato in quella casa; la lama era bagnata, e così il manico.
La porta d'ingresso, da dove si erano insinuati il coltello e l'uomo che lo impugnava, era ancora aperta, appena un po', e viluppi di nebbia notturna serpeggiavano e si intrecciavano dentro la casa.
Quell'uomo qualunque si fermò sul pianerottolo. Con la mano sinistra prese un grande fazzoletto bianco dalla tasca del cappotto nero, ripulì il coltello e la mano inguantata che l'impugnava, e lo mise via. La caccia era quasi conclusa. Aveva lasciato la donna sul letto, l'uomo accasciato per terra, la figlia maggiore nella sua cameretta dai colori vivaci, tra giocattoli e modellini incompleti. Restava da sistemare solo il piccolo, un bimbo poco più che in fasce. Ancora uno e la missione sarebbe stata compiuta.

Citazioni[modifica]

  • In ogni cimitero c'è una tomba che appartiene ai ghoul. Basta gironzolare un po' per trovarla, rigonfia e macchiata d'umidità, la lapide incrinata o spezzata, infestata dalle vegetazione o soffocata da una giungla di erbacce, e se si allunga la mano e la si tocca si viene sopraffatti da un senso di abbandono. La lapida è più fredda delle altre e il nome inciso è spesso illeggibile. Se c'è una statua, è decapitata, o così deturpata da funghi e licheni da sembrare a sua volta un grosso fungo. Se in un cimitero noti una tomba che sembra il bersaglio di vandali da strapazzo, quella è la Porta dei ghoul. E se quella tomba ti fa desiderare di essere in qualsiasi altro posto, quella è la Porta dei ghoul.
    Ce n'era una, nel cimitero di Bod.
    Ce n'è una in ogni cimitero.
  • – Sono convinto che, là fuori, l'uomo che ha assassinato la tua famiglia ti cerchi ancora, che intenda ancora ucciderti.
    Bod fece spallucce. – E allora? – disse. – È soltanto morte. Voglio dire, tutti i miei migliori amici sono defunti.
    – Già. – Silas esitò. – Proprio così. E in gran misura, hanno chiuso i conti con il mondo. Ma tu no; tu sei vivo, Bod. Questo significa che hai potenzialità infinite. Puoi fare qualsiasi cosa, realizzare qualsiasi cosa, sognare qualsiasi cosa. Se tu cambi il mondo, il mondo cambierà. Potenzialità. Quando si muore, è tutto concluso. Finito. Hai fatto quel che hai fatto, sognato il tuo sogno, scritto il tuo nome. Ma quelle potenzialità saranno esaurite.
  • Bod era abituato a essere ignorato, a vivere tra le ombre. Chi è avvezzo a essere trascurato da ogni sguardo diventa particolarmente sensibile a qualunque occhiata nella sua direzione, e si accorge subito quando ha degli occhi puntati addosso o se desta l'interesse di qualcuno. Se una persona che a malapena viene riconosciuta dal prossimo come essere vivente d'improvviso viene additata e inseguita... questo attira subito la sua attenzione.
  • È questa la differenza tra i vivi e i morti, vero? – continuò la voce. Era Liza Hempstock a parlare, Bod l'aveva capito, anche se la giovane strega non si vedeva da nessuna parte. – I defunti non ti deludono. Hanno vissuto la loro vita, hanno fatto quel che hanno fatto. Noi non cambiamo. I vivi, invece, ti deludono sempre, non è vero? Conosci un ragazzino nobile e coraggioso, e quando cresce ecco che scappa via. [...] Noi del cimitero vogliamo che tu resti vivo. Vogliamo che tu ci sorprenda e ci deluda, ci impressioni e ci stupisca. Torna a casa, Bod.
  • La gente vuole dimenticare l'impossibile. Rende più sicuro il loro mondo.
  • Voglio vedere la vita. Voglio stringerla tra le mani. Voglio lasciare un'impronta sulla sabbia di un'isola deserta. Voglio giocare a pallone con la gente. Voglio... voglio tutto. (Bod)
  • Dormi dormi mio bambino | dormi bene fino al mattino | poi da grande, lo vedrai | per il mondo viaggerai. | Danza una canzone | bacia i tuoi amori | scopri il tuo nome | e sepolti tesori... | Affronta la vita, | son affanni e piaceri, | che non sian inesplorate | le strade di ieri. (Filastrocca della signora Owens)

I ragazzi di Anansi[modifica]

Incipit[modifica]

Comincia, come quasi tutto, con una canzone.
Al principio era il verbo, erano parole accompagnate da una melodia. È così che venne fatto il mondo, che il vuoto fu diviso, che le terre e le stelle e i sogni e gli dèi minori e gli animali... che ogni cosa venne al mondo.
Con il canto.
I grandi rettili furono cantati dopo che il cantore aveva finito con i pianeti, le colline, gli alberi, gli oceani e gli animali più piccoli. Furono cantate le scogliere che legano l'esistenza, i terreni di caccia, e l'oscurità.
Le canzoni rimangono. Durano. La canzone giusta può trasformare un imperatore nello zimbello del paese, può far cadere dinastie. Una canzone dura ben oltre il momento in cui i fatti e le persone di cui parla sono diventati polvere e sogno. È questo il potere delle canzoni.

Citazioni[modifica]

  • Grandi storie da sogno. Gli uomini hanno sempre avuto questa predisposizione. (cap. 2, p. 47)
  • Le storie sono come ragni, con lunghe zampe, e sono come le ragnatele in cui l'uomo finisce aggrovigliato, ma che se le guardi sotto una foglia, nella rugiada del mattino, sembrano tanto belle con quel modo elegante di collegarsi una all'altra, strette strette. (cap. 2, pp. 49-50)
  • «Come lo bevi il caffè
    «Nero come la notte, dolce come il peccato.» (cap. 3, p. 67)
  • La bottiglia era vuota. Era durata più a lungo di quanto avesse il diritto di durare, e ora non conteneva niente di niente. (cap. 4, p. 80)
  • Ci sono luoghi mitici. Esistono, ciascuno a suo modo. Alcuni sono al di sopra del mondo come coperture, altri esistono al di sotto, come il fondo di un quadro. (cap. 4, p. 85)
  • Daisy cominciava a sentirsi come il genere di poliziotto che si vede solo al cinema: duro, disilluso e assolutamente pronto a contestare il sistema; il genere di poliziotto che vuole sapere se cercate guai o se lo state provocando e specificamente il genere di poliziotto che dice "Sto diventando troppo vecchio per queste stronzate". (cap. 11, p. 259)
  • Il mondo è piccolo. Non è necessario viverci a lungo per impararlo. Esiste una teoria secondo la quale in tutto il mondo ci sono soltanto cinquecento persone vere (il cast, diciamo. Gli altri, secondo la teoria, sono comparse) e ciò che più conta è che si conoscono tutti. È vero almeno in parte. Nella realtà il mondo è costituito di migliaia di gruppi di circa cinquecento persone che passano la vita a incontrarsi, a cercare di evitarsi e a trovarsi nello stesso improbabile negozio di tè a Vancouver. (cap. 11, p. 267)
  • Le storie sono ragnatele collegate filo per filo, e si segue ogni storia verso il centro perché il centro è la sua fine. Ogni persona è un filo della storia. (cap. 12, p. 283)
  • Ogni persona mai esistita o esistente o che esisterà ha una canzone sua. Non è una canzone scritta da qualcun altro. Ha una melodia e parole sue. Sono poche le persone che riescono a cantare la loro canzone. La maggior parte di noi ha paura di non riuscire a renderle giustizia con la voce, oppure che le parole siano troppo sciocche o troppo oneste o troppo strane. Perciò, invece di cantarla, la vive.
  • Vedeva l'alba, un enorme sole color arancio sangue circondato da nuvole sfumate di scarlatto.

Il genere di cielo che spinge anche la persona più prosaica a scoprire dentro di sé il bisogno nascosto di dipingere quadri ad olio. (p. 64)

  • Le cose impossibili capitano.

Quando capitano, in genere la gente le affronta. Quel giorno, come ogni giorno, sulla faccia del pianeta circa cinquemila persone avrebbero fatto l'esperienza di uno di quei casi su un milione, e nemmeno uno di loro si sarebbe rifiutato di credere all'evidenza dei fatti. Quasi tutti avrebbero detto, ciascuno nella sua lingua, l'equivalente di "strana la vita, vero?" e avrebbero tirato avanti. (p. 66)

  • Sorrideva nella maniera più convincente.

Impiegato adeguatamente, un sorriso come quello avrebbe potuto scatenare una guerra santa. (p. 82)

  • Non sarebbe riuscito a spiegare in cosa era diversa. Ci aveva provato, senza riuscirci. In parte era dovuto a come si sentiva quando era con lei: come se riflesso nei suoi occhi lui diventasse una persona migliore. (p. 177)
  • Essere morti, probabilmente, era un po' come essere vivi: si impara qualcosa cammin facendo e il resto lo si improvvisa. (p. 224)
  • Si stavano baciando. Detto così siete scusati per aver pensato che fosse un bacio normale, tutto labbra e pelle e magari persino un po' di lingua. Ma vi siete persi il sorriso di Ragno, la luce nei suoi occhi.

E poi, quando il bacio finì, il modo in cui rimase eretto, come un uomo che, appena scoperta l'arte di stare in piedi, fosse certo di farlo meglio di chiunque altro al mondo. (p. 337)

Nessun dove[modifica]

Incipit[modifica]

Richard Meyhew non si stava divertendo molto quella notte, l'ultima prima di andare a Londra.

Citazioni[modifica]

  • «So che questa è una domanda indiscreta, ma lei, per caso, è clinicamente pazzo?»
    «Possibile, ma assai improbabile. Perché?»
    «Bè» ribatté Richard «Uno di noi deve esserlo per forza!»
  • Questo è il momento di avere paura dell'oscurità. (Hunter)
  • Il suo sorriso avrebbe fermato una rivoluzione. (riferito ad Hunter)
  • «Ma non sembrano tutti uguali questi tunnel?» chiese Richard «Come si fa a capire qual è l'uno e qual è l'altro?»
    «Non si capisce» disse il Marchese. «Infatti ci siamo irrimediabilmente persi. Non ci troveranno mai più. Tra un paio di giorni ci uccideremo a vicenda per procurarci il cibo.»
    «Sul serio?»
    «No.»
  • Non ho paura di cadere. Quello di cui ho paura è il momento in cui smetti di cadere e cominci ad essere morto. (Richard)
  • Quando gli angeli vanno a male, Richard, marciscono più di chiunque altro. (il Marchese de Carabas)

Stardust[modifica]

Incipit[modifica]

C'era una volta un giovane che desiderava ardentemente soddisfare le proprie brame.
E fin qui, per quanto riguarda l'inizio del racconto, non v'è nulla di nuovo (poiché ogni storia, passata o futura, che narri di un giovane potrebbe cominciare alla stessa maniera). Ma strano era il giovane e strani i fatti che lo videro protagonista, tanto che egli stesso non seppe mai come andarono veramente le cose.
La storia ebbe inizio, come molte altre storie dei tempi andati, a Wall.
Ancora oggi, a seicento anni dalla sua nascita, la cittadina di Wall si erge immutata sulla cima di un'alta sporgenza granitica al centro di una piccola foresta. Le case del villaggio sono vecchie e quadrate, fatte di pietra grigia, con neri tetti d'ardesia e comignoli svettanti. Sfruttando ogni minimo spazio della roccia, le case si sorreggono a vicenda, costruite l'una a ridosso dell'altra, con qualche cespuglio o alberello che spunta qua e là dal fianco di un edificio.

Citazioni[modifica]

  • — Scusa — gli disse una vocina inquietante nell'orecchio — ti dispiacerebbe sognare facendo meno rumore? I tuoi sogni si infiltrano nei miei, e se c'è una cosa che non ho mai mandato giù sono proprio le date. Guglielmo il conquistatore, millesessantasei, ma di più non so, ed è una nozione che baratterei volentieri con un topo ballerino. (p. 77)
  • — Ma guardati un po' — disse quella piccola persona pelosa, con la voce che era un misto di orgoglio e tristezza — mentre mangi quei funchi come se ti piacessero davvero, come se non fossero segatura, assenzio e ruta nella bocca. Tristran si leccò le dita e assicurò al suo benefattore che erano davvero i funghi più buoni che avesse mai avuto il privilegio di assaggiare. — Lo dici adesso — ribatté il suo ospite con malinconica soddisfazione — ma tra un ora non lo dirai più. Ti faranno senz'altro male così come fanno male le parole della pescivendola che feriscono il suo giovane ragazzo quando discutono di sirene. Sono notizie che scorrono da Garamold fino a Stormold. Che linguaggio! Mi ha fatto azzurrare le orecchie! (p. 79)
  • Quanto manca per Babilonia?
    Venti leghe, signor mio.
    Vi giungerò a lume di candela?
    Andata e ritorno, signor mio.
    Se l'andatura è svelta e leggera
    Vi giungerai a lume di candela. (p. 82)
  • Lo scoiattolo non ha ancora trovato la ghianda che darà vita alla quercia dalla quale nascerà la culla del bebè che crescerà e mi ucciderà. (p. 126)
  • Mano nella mano si misero a gironzolare per il mercato. Si alzò il vento, che fece sbatacchiare tende e bandiere, e una pioggia fredda cominciò a cadere su di loro. Insieme ad altre persone trovarono riparo sotto il telone di una bancarella di libri. — Rosso di sera bel tempo di sera, rosso di mattina la pioggia si avvicina — recitò a Tristran e Yvaine un uomo con un cappello a cilindro nero, che stava acquistando un librettino rilegato in pelle rossa. Tristran annuì e gli rivolse un sorriso. Poi, sotto una pioggia meno intensa, riprese il suo giro insieme ad Yvaine. — Scommetto che questo è tutto il ringraziamento che otterrò da parte loro — disse l'uomo con il cilindro al libraio, che non aveva minimamente idea di cosa parlasse, e non voleva nemmeno saperlo. (p. 231)

Coraline[modifica]

Incipit[modifica]

Coraline scoprì quella porta poco dopo aver traslocato con la famiglia.
La casa era molto vecchia, con una soffitta, una cantina e un giardino pieno di erbacce e di grossi e vecchi alberi.
Date le sue notevoli dimensioni, però, non era occupata esclusivamente dalla famiglia di Coraline. I suoi ne possedevano solo una parte.
Nel resto dell'edificio abitavano altre persone.

Citazioni[modifica]

  • – Non era stato coraggioso, restando lì fermo a farsi pungere – disse Coraline al gatto. – Non era stato coraggioso perché non aveva avuto paura: quella era l'unica cosa che potesse fare. Ma quando era tornato a riprendersi gli occhiali, sapendo che lì c'erano le vespe, aveva avuto veramente paura. Quello era stato vero coraggio. – Mosse il primo passo lungo il corridoio. Sentiva odore di chiuso, di polvere e di umidità. Il gatto avanzata lentamente accanto a lei. – E perché mai? – le domandò il gatto, con un tono che rivelava scarso interesse. – Perché – disse Coraline – quando hai paura di qualcosa, ma la fai comunque, quello è coraggio.
  • – È sorprendente come ciò che siamo possa dipendere dal letto in cui ci risvegliamo al mattino, ed è sorprendente quanto tutto ciò possa rivelarsi fragile. (da Coraline, p. 79)

Cose fragili[modifica]

Introduzione[modifica]

  • "Credo... che ricorderei più volentieri una vita sciupata per cose fragili che una vita dedicata a evitare i debiti morali". Queste parole mi apparvero in sogno e quando mi svegliai le scrissi, senza capire bene cosa significassero o a chi si riferissero.
  • Scrivere è un po' come cucinare. A volte puoi fare quello che vuoi ma la torta non lievita, e ogni tanto invece la torta viene più buona di quello che avresti mai osato sperare.
  • Il modo migliore per descrivere un racconto è raccontarlo. Per forza! Il modo di descrivere una storia, a se stessi o al mondo, consiste nel raccontare quella storia. È un atto riequilibrante ed è un sogno. Più accurata è la mappa, più assomiglia al territorio. La mappa accurata al massimo sarebbe il territorio stesso, e sarebbe davvero perfettamente accurata e perfettamente inutile.
    La storia è la mappa che è il territorio.
    Ricordatevelo bene.
  • Dopo tutto, di cose fragili ce ne sono talmente tante. Le persone si rompono così facilmente, e anche i sogni, e i cuori.
  • Naturalmente le fiabe sono fatte per essere trasmesse. Puoi prenderle, o esserne contagiato. Sono la moneta corrente che abbiamo in comune con coloro che hanno percorso le strade del mondo prima che arrivassimo noi. (Raccontare ai miei figli storie che a me avevano raccontato i miei genitori e i miei nonni mi fa sentire parte di qualcosa di speciale, di strano, parte del flusso ininterrotto della vita).
  • Credo che sia un dovere che abbiamo gli uni verso gli altri, raccontarci storie. È la cosa più vicina alla preghiera del Credo a cui io mi sia mai accostato, o a cui, sospetto, mai mi accosterò.
  • Mi piacciono i sogni. Ne so abbastanza da rendermi conto che la logica dei sogni non è la logica dei racconti, e che è difficile trasformare un sogno in un racconto: al risveglio il sogno si trasforma da oro in foglie, da seta a ragnatela.
    C'è però qualcosa che si riesce a riportare indietro da un sogno: l'atmosfera, attimi, persone, un tema. Questa è però l'unica volta in cui sono riuscito a riportare indietro una storia completa.
  • Mentre scrivo queste righe, mi viene in mente che la caratteristica particolare della maggior parte delle cose che consideriamo fragili è quanto siano invece robuste. Da bambini facevamo dei giochi con le uova per dimostrare come fossero in realtà minuscoli edifici di marmo estremamente resistenti; mentre ci dicono che il battito delle ali di una farfalla, se fatto nel punto giusto, può creare una tempesta al di là dell'oceano. Il cuore si può spezzare, ma è il più forte dei nostri muscoli, capace com'è di pompare sangue per lo spazio di una vita, settanta volte al minuto, e senza quasi perdere un colpo. Perfino i sogni, la più delicata e intangibile delle cose, possono dimostrarsi assai resistenti a ogni tentativo di distruggerli. I racconti, come le persone e le farfalle e le uova di usignuolo e i cuori umani e i sogni, sono cose fragili, fatti con niente di più forte e duraturo che ventisei lettere e una manciata di segni di interpunzione. Oppure sono parole nell'aria, composte di suoni e di idee – astratte, invisibili, che svaniscono appena pronunciate – e cosa può esserci mai di più fragile? Ma ci sono piccoli e semplici racconti su avventure e persone capaci di cose incredibili, storie di miracoli e mostri, che sono durati molto più a lungo di coloro che le hanno narrate, e alcune sono durate anche più a lungo delle terre in cui sono nate.

Incipit[modifica]

Uno studio in smeraldo[modifica]

Di ritorno dal loro eccezionale tour europeo, nel corso del quale si sono esibiti di fronte a numerose teste coronate, ottenendone il plauso e i complimenti grazie a straordinarie rappresentazioni drammatiche, in cui si univano commedia e tragedia, gli Strand Players informano che in aprile, per un periodo limitato, presenteranno presso il Royal Court Theatre di Drury Lane il mio somigliantissimo fratello Tom!, la minuscola fioraia e arrivano i Grandi Antichi (un affascinante dramma storico con splendidi costumi), tre atti unici! Prenotazioni al box office.

La danza delle fate[modifica]

Se fossi giovane com'ero un tempo, e sogni
e morte ancora assai lontani,
L'alma mia non spezzerei, per serbarne
mezza nel mondo degli umani
Così che metà di me starebbe a casa, e invano
bramerebbe il mondo delle Fate
Mentre l'anima mia vagando andrebbe
per sentieri e stradine sterrate,
E lì incontrerei una bella fatina e
con un sorriso un bacio le darei o forse tre

Spose proibite degli schiavi senza volto nella casa segreta la notte del desiderio e del terrore[modifica]

Da qualche parte nella notte, qualcuno stava scrivendo.

Il sentiero dei ricordi[modifica]

Mi piacciono le cose a forma di racconto.
La realtà, comunque, non è a forma di racconto, e neanche le irruzioni del bizzarro nella nostra vita sono a forma di racconto. Non finiscono mai in modo del tutto soddisfacente. Raccontare ciò che è fuori dall'ordinario è come raccontare i propri sogni: è possibile comunicare gli eventi di un sogno ma non il suo contenuto emotivo, il modo in cui un sogno può influire su tutta la tua giornata.

Orario di chiusura[modifica]

A Londra ci sono ancora dei club. Autenticamente o falsamente antichi, con decrepiti sofà e caminetti in cui scoppietta il fuoco, giornali, e una tradizione di silenzi o di conversazioni, e poi ci sono club moderni, il Groucho e i suoi molti derivati, dove attori e giornalisti vanno per essere visti, per bere, per godersi la loro balenante solitudine, o anche per parlare. Ho amici che frequentano entrambi i generi di club, ma personalmente non sono membro di alcun club londinese. Non più.

Vita da wodwo[modifica]

Mi spoglio della camicia, del libro, della giacca, della vita
Li lascio, gusci vuoti e foglie cadute
Vado in cerca di cibo e di una sorgente
D'acqua fresca.

Caffè amaro[modifica]

Sostanzialmente, ero morto. Forse da qualche parte dentro di me urlavo e piangevo e ululavo come un animale, ma si trattava di un'altra persona nascosta nel profondo, un'altra persona che non aveva accesso alla faccia, alle labbra e alla bocca e alla testa, perciò in superficie io alzavo le spalle sorridendo, e continuavo a muovermi. Se avessi potuto trapassare proprio fisicamente, lasciar andare tutto così, senza fare niente, uscire dalla vita con la stessa semplicità con cui si esce da una porta, l'avrei fatto. E invece avrei continuato a dormire la notte e camminare di giorno, seccato di esserci e rassegnato all'esistenza.

Gli altri[modifica]

«Il tempo è fluido, qui» disse il demone.
Seppe che era un demone nel momento stesso in cui lo vide. Lo sapeva, come sapeva che quel luogo era l'Inferno. Né l'uno né l'altro lasciavano dubbi sulla loro identità.

Soli si resta facendo i lazzaroni[modifica]

Ai miei figli piace moltissimo ascoltare le storie della mia infanzia: "La volta in cui mio padre minacciò di arrestare un agente", "Come per ben due volte ruppi i denti davanti di mia sorella", "Quando finsi di essere due gemelli", e perfino "Il giorno in cui uccisi il gerbillo per errore".
Ma non ho mai raccontato loro questa storia. E mi troverei in difficoltà, se dovessi spiegare il perché.

I fatti relativi alla scomparsa di Miss Finch[modifica]

Per cominciare dalla fine: sistemai una fettina di zenzero marinato, rosa e translucido, sopra la pallida carne di seriola, immersi il tutto – zenzero, pesce e riso – nella salsa di soia, con il pesce verso il basso; poi lo divorai in due morsi.
«Credo che dovremmo andare alla polizia» dissi.

Strange little girls[modifica]

New Age
Sembra così distaccata, così concentrata, così tranquilla, eppure i suoi occhi rimangono puntati sull'orizzonte.
Appena la conosci pensi di aver capito tutto quello che c'è da capire di lei, ma nulla di ciò che pensi è vero. Dentro di lei, la passione scorre come un fiume di sangue.
Ha distolto lo sguardo per un solo istante, e la maschera è scivolata, e tu ti sei innamorato. Tutti i tuoi domani cominciano qui.

Arlecchino a San Valentino[modifica]

È il 14 febbraio, in quell'ora del mattino in cui i bambini sono a scuola e i mariti partono per andare al lavoro in macchina, o vengono scaricati, incappottati e con il fiato che fa nuvolette di vapore, nella stazioncina di paese per la Grande Migrazione dei Pendolari, quando attacco il mio cuore sulla porta di casa di Missy. Il cuore è di un rosso scuro, intenso, quasi marrone, il colore del fegato. Poi busso alla porta, qualche colpetto leggero, rat-a-tat-tat!, e afferro il batocio, il bastone, la mia potentissima lancia svolazzante di nastri e svanisco come vapore nell'aria fredda...

Riccioli[modifica]

Raccontare fiabe, è un dovere reciproco,
in quanto persone, non come padre e figlia.
E per la centesima volta ti racconto:
«C'era una volta una bambina di nome Riccioli d'Oro,»
poiché aveva lunghi capelli del colore dell'oro,
e mentre camminava nel bosco vide...

Il problema di Susan[modifica]

Quella notte fa di nuovo lo stesso sogno.
È ferma, accanto a sua sorella e ai suoi fratelli, sul limitare del campo di battaglia. È estate, e l'erba ha una sfumatura di un verde insolito, molto intenso: un verde sano, come un campo da cricket o il declivio che accoglie nelle South Downs arrivando dalla costa. Sull'erba sono stesi dei cadaveri. Nessuno è umano; vede un centauro, la gola tagliata, sdraiato accanto a lei.

Come credi che mi senta?[modifica]

Sono a letto, ora. Sento le lenzuola di lino sotto di me, leggermente stropicciate, hanno preso la mia temperatura. Non c'è nessun altro. Il petto non mi fa più male. Non sento nulla. Sto bene.

La mia vita[modifica]

La mia vita? Diavolo, non credo proprio che ti
interesserebbe. Gesù, ho la gola secca...
Qualcosa da bere? Be', se paghi tu, e visto che fa
così caldo, va bene. Perché no. Uno solo, però.

Quindici arcani dei tarocchi vampiri[modifica]

Il Matto
«Che cosa vuoi?»
Il giovane veniva tutte le notti al cimitero, ormai da un mese. Aveva osservato la luna inondare con la sua fredda luce il gelido granito e il marmo fresco e le vecchie pietre e statue coperte di muschio. Gufi e ombre lo avevano fatto sobbalzare. Aveva visto le coppie di innamorati e gli ubriachi e i ragazzini che tagliavano via veloci, nervosi: tutti quelli che attraversavano il cimitero di notte.

Chi nutre e chi mangia[modifica]

Questa è una storia vera, abbastanza. Per quel che interessa, e per quel che può servire.
Era notte fonda, avevo freddo, e mi trovavo in una città dove non avrei dovuto essere. Non a quell'ora, comunque. Non vi dirò di che città si tratta. Avevo perso l'ultimo treno, e non avevo sonno, perciò me ne andai in giro nei pressi della stazione finché non trovai una caffetteria aperta. Un posto caldo in cui rifugiarmi.

Il morbo del malatista[modifica]

Un'affezione, di morbosa intensità e decorso maligno, che colpisce coloro che abitualmente e in modo patologico catalogano e fabbricano malattie.

Alla fine[modifica]

Alla fine, il Signore diede il mondo al Genere Umano. Tutto il mondo era dell'Uomo, tranne un giardino. "Questo è il mio giardino" disse il Signore "e qui tu non metterai piede."
Un uomo e una donna entrarono nel giardino, i loro nomi erano Terra e Respiro.

Golia[modifica]

Potrei forse affermare di aver sempre sospettato che il mondo fosse un lurido tugurio infame, la pessima copertura per qualcosa di molto più complesso e assurdo e infinitamente strano, e che, in un certo senso, sapevo già la verità. Ma io credo che semplicemente il mondo sia sempre stato così. E anche adesso che so la verità – proprio come la saprai tu, amor mio, se andrai avanti a leggere – il mondo continua a sembrarmi lurido e infame. Un mondo diverso, una diversa sporcizia, ma la sensazione è sempre quella.

Pagine da un diario trovato in una scatola da scarpe lasciato in un autobus Greyhound in un punto qualsiasi tra Tulsa, Oklahoma, e Louisville, Kentucky[modifica]

Lunedì 28
Ormai dev'essere da un po' che seguo Scarlet. Ieri ero a Las Vegas. Mentre attraversavo il parcheggio di un casinò, ho trovato una cartolina. Sopra c'era una parola scritta col rossetto rosso. Una parola sola: "Ricorda". Dall'altra parte, un paesaggio del Montana.
Non ricordo che cosa mi dovrei ricordare. Adesso sono in macchina, e viaggio verso nord.

Il giorno dei dischi volanti[modifica]

Quel giorno, atterrarono i dischi volanti. Centinaia, dorati,
Silenziosi, scendevano dal cielo come grandi fiocchi di neve,
E i Terrestri immobili
li guardavano arrivare
Aspettavano, le bocche riarse, di scoprire cosa contenessero
E nessuno di noi sapeva se ci sarebbe stato un domani
Ma tu non l'hai notato perché

L'invenzione di Aladino[modifica]

A letto con lui quella notte, come ogni notte,
la sorella stesa ai loro piedi, lei termina il suo racconto,
poi attende. La sorella è svelta a capire,
e dice: «Non riesco a dormire. Ne racconti un'altra, per favore?»

Il sovrano del Glen[modifica]

«Secondo me» disse l'omino a Shadow «lei è una specie di mostro. Giusto?»
Erano le uniche presenze, a parte la barista, al bar di un hotel in una cittadina sulla costa settentrionale della Scozia. Shadow era seduto per conto suo, e stava bevendo una birra, quando quel tipo era venuto a sedersi al suo tavolo. Era la fine dell'estate, e Shadow aveva l'impressione che ogni cosa fosse fredda e piccola e umida. Aveva di fronte a sé un libro con "piacevoli itinerari locali", e stava studiandosi una passeggiata da fare il giorno seguente, lungo la costa, verso Cape Wrath.

Miti del nord[modifica]

Incipit[modifica]

È difficile avere una mitologia preferita proprio come avere una cucina preferita in assoluto (certe sere si ha voglia di mangiare thai, altre sushi, altre ancora si desiderano disperatamente i semplici piatti che cucinava la mamma quando eravamo piccoli). Ma se proprio dovessi dichiarare quali sono i miei preferiti, probabilmente direi i miti norreni.

Citazioni[modifica]

  • Era proprio il fatto che il mondo con la sua storia finisce, e il modo in cui finisce e rinasce, che trasformava in eroi tragici, e in cattivi tragici, gli dèi e i giganti del gelo e tutti gli altri. Ragnarok era quello che manteneva vivo per me il mondo norreno, stranamente attuale e presente, mentre altri complessi di credenze meglio documentate mi sembravano ormai parte del passato, roba vecchia. (p. 6)
  • Odino conosce molti segreti. Ha dato un occhio in cambio della saggezza. E ha fatto di più: per ottenere la conoscenza delle rune, e il potere, ha sacrificato se stesso a se stesso. (p. 15)
  • Thor, il figlio di Odino, è il dio del tuono. È diretto quanto suo padre Odino è astuto, di buon carattere quanto suo padre è infido. (p. 16)
  • Loki è molto bello. È molto suadente, convincente, simpatico, ed è di gran lunga il più scaltro, il più sottile e il più sagace fra gli abitanti di Asgard. Perciò è proprio un peccato che dentro di lui ci sia un mare di oscurità: tanta rabbia, tanta invidia, tanta bramosia. [...] È più intelligente, acuto e scaltro di qualunque altro dio o gigante. Nemmeno Odino è astuto quanto Loki. [...] Gli altri dèi lo tollerano, forse perché i suoi stratagemmi e i suoi piani li hanno salvati tante volte, almeno quante li hanno messi nei guai. (p. 17)
  • Loki rende il mondo più interessante ma meno sicuro. È il padre dei mostri, l'autore delle sofferenze, il dio maligno. (p. 18)
  • A Muspell, all'estremità delle fiamme, dove la nebbia brucia nel fuoco, dove la terra finisce, stava Surtr, che esisteva prima degli dèi. È ancora lì. Impugna una spada fiammeggiante, e la lava ribollente e la foschia ghiacciata per lui sono la stessa cosa.
    Si dice che quando arriverà Ragnarok, ovvero la fine del mondo, e solo allora, Surtr lascerà il suo posto. Si allontanerà da Muspell con la spada fiammeggiante e darà fuoco al mondo, e uno dopo l'altro gli dèi cadranno di fronte a lui. (p. 21)
  • Dove ghiaccio e fuoco si incontravano il ghiaccio si sciolse, e nelle acque disciolte comparve la vita: le sembianze di una persona più grande dei mondi, più enorme di qualunque gigante presente o passato. Non era maschio, non era femmina, era maschio e femmina.
    Questa creatura era l'antenato di tutti i giganti, e si diede un nome: Ymir. (p. 22)
  • Odino e Vili e Ve uccisero il gigante Ymir. Bisognava farlo. Non c'era altro modo per creare i mondi. Quello fu l'inizio di tutte le cose, la morte che rese possibile ogni forma di vita.
    Pugnalarono il grande gigante. Dal cadavere di Ymir sgorgò una inimmaginabile quantità di sangue; fontane di sangue salato come il mare e grigio come gli oceani zampillarono con improvvisa e violenta abbondanza, creando gorghi tanto profondi da spazzare via e affogare tutti i giganti. (Sopravvissero soltanto un gigante, Bergelmir, nipote di Ymir, e sua moglie, arrampicandosi su una casa di legno, che li trasportò come una barca. Tutti i giganti che oggi esistono e che noi temiamo discendono da loro.) (p. 23)
  • Alzate lo sguardo al cielo: quello che vedete e l'interno del cranio di Ymir. Le stelle che vedete di notte, i pianeti, le comete e le stelle cadenti, sono scintille scaturite dai fuochi di Muspell. E le nuvole che vediamo di giorno? Quelle erano un tempo il cervello di Ymir, e chissà a cosa pensa, ancora. (p. 24)
  • Ask e Embla sono il padre e la madre di tutti noi: ogni essere umano deve la vita ai suoi genitori e ai loro genitori e ai genitori precedenti. Basta tornare indietro abbastanza, e gli antenati di tutti noi erano Ask e Embla. (p. 25)
  • Ecco perché Odino è chiamato "il padre di tutto". Perché è il padre degli dèi, e perché ha soffiato la vita nei nonni dei nonni dei nostri nonni. Dèi o mortali che siamo, Odino è il padre di tutti noi. (p. 25)
  • Il frassino Yggdrasil è un frassino robustissimo, l'albero più bello e perfetto di tutti: e anche il più grande. Cresce in mezzo ai nove mondi e li unisce, uno con l'altro. È l'albero più grosso che esista, e il più splendido. I suoi rami più alti toccano il cielo. (p. 29)
  • Ci sono tre sorelle, le norne, che sono sagge donzelle. Curano la fonte, e si assicurano che le radici di Yggdrasil siano sempre coperte di fango e ben curate. La fonte appartiene a Urd; lei è il Fato, il Destino. È il nostro passato. Con lei ci sono Verdandi - il suo nome significa "divenire" - e a lei appartiene il presente, e Skuld, il cui nome significa "ciò che è previsto", e il suo regno è il futuro.
    Le norne decidono ciò che avviene nella nostra vita. Ci sono altre norne, non soltanto quelle tre. Norne dei giganti e degli elfi, norne dei nani e dei Vanir, norne buone e norne cattive e sono loro a decidere quale sarà il tuo destino. Alcune norne donano alle persone una buona vita, altre ci danno vite difficili, o brevi, o complicate.
    Lì, alla fonte di Urd, esse danno forma al tuo destino. (pp. 30-31)
  • Quando succede qualcosa di male la prima cosa che penso è: "È colpa di Loki". Si risparmia un sacco di tempo. (Thor, p. 39)
  • Se le persone prestassero più attenzione alle parole che usano, non oserebbero misurarsi con Loki, il più saggio, il più brillante, il più astuto, il più intelligente, il più bello... (Loki, p. 49)
  • [Su Loki] Ce l'avevi con lui anche quando gli dovevi una profonda gratitudine, e gli eri grato anche quando lo detestavi. (p. 50)
  • Loki era bello, e lo sapeva. Tutti avrebbero voluto amarlo e credere in lui, ma nel migliore dei casi era inaffidabile ed egocentrico, e nel peggiore malevolo o addirittura malvagio. Sposò una donna di nome Sigyn, che al tempo del corteggiamento e del matrimonio era bellissima e felice ma dopo un po' aveva la faccia di una che aspetta sempre brutte notizie. (p. 69)
  • [Su Hel] Quelli che stavano alla destra della figlia vedevano una bellissima bambina, mentre quelli alla sua sinistra cercavano di non guardarla, perché vedevano camminare in mezzo a loro una bambina morta, con la pelle e la carne putrefatte e nerastre. (p. 70)
  • Sono soltanto me stessa, Hel, figlia di Angrboda e di Loki. [...] E i morti mi piacciono più di tutto. Sono cose semplici, e mi parlano con rispetto. I viventi mi guardano con repulsione. (Hel, p. 72)
  • Questa bambina governerà il più oscuro e profondo dei luoghi, e i morti di tutti e nove i mondi. Sarà la regina di quelle povere anime che muoiono indegnamente, di malattia o di vecchiaia, per incidenti o al momento della nascita. I guerrieri che cadono in battaglia continueranno a venire qui da noi, nel Valhalla. Ma coloro che muoiono in un altro modo diventeranno suoi sudditi, e la serviranno nell'oscurità. (Odino, p. 72)
  • La mia tazza si chiamerà Fame. [...] Questo [coltello] lo chiamerò Carestia. E il mio letto si chiamerà Agonia. (Hel, p. 72)
  • Io non ho paura di niente. [...] Credo che siate voi, creaturine, ad aver paura di me. (Fenrir, p. 76)
  • Sleale Odino! [...] Se tu non mi avessi mentito, sarei stato amico degli dèi. Ma la paura ti ha rovinato. Io ti ucciderò, Padre degli Dèi. Aspetterò fino alla fine di tutte le cose, e poi mangerò il sole e mangerò la luna. Ma la mia gioia più grande sarà uccidere te. (Fenrir. p. 78)
  • Il lupo ringhiò, e dalla sua bocca scese tanta saliva da formare un fiume. A non sapere che era un lupo, si sarebbe potuta credere una piccola montagna, con un fiume che sgorgava da una caverna. (pp. 78-79)
  • Il martello di Thor si chiamava Mjollnir. I nani Brokk ed Eitri lo avevano fabbricato per Thor. Era uno dei tesori degli dèi. Se Thor lanciava il martello contro qualcosa, il martello non falliva mai il bersaglio, e poi tornava indietro, e volava fino alla sua mano. Poteva rimpicciolirlo e nasconderlo nella tunica, e poi poteva ingrandirlo di nuovo. Era un martello perfetto in tutto tranne una cosa: l'impugnatura era leggermente corta, e quindi Thor doveva farlo roteare con una mano sola. (p. 83)
  • [Rivolto a Loki] Quando non ho il mio martello, tu sei più bravo di me a convincere le persone a fare le cose. (Thor, p. 86)
  • Non succede niente che Heimdall non veda, e a volte vede cose che devono ancora succedere. (p. 87)

Incipit di alcune opere[modifica]

Il cimitero senza lapidi e altre storie nere[modifica]

Il cimitero senza lapidi[modifica]

C'era una strega sepolta al confine del cimitero, era un fatto risaputo. La signora Owens aveva detto praticamente da sempre a Bod di tenersi lontano da quell'angolo del mondo.
«Perché?» le chiedeva lui.
«Non è salutare» rispondeva sempre la signora Owens. «C'è umidità in quella zona. È praticamente una palude. Andresti incontro alla morte.»

Il ponte del troll[modifica]

Sradicarono gran parte dei binari ferroviari all'inizio degli anni Sessanta, quando avevo tre o quattro anni.
Diedero una bella sforbiciata ai servizi dei treni. La cittadina dove vivevo divenne il capolinea, e ormai potevi andare solo a Londra.

Non chiedetelo a Jack[modifica]

Nessuno sapeva da dove fosse arrivato il giocattolo, a quale bisnonno o a quale lontana prozia fosse appartenuto prima di finire nella camera dei bambini.
Era una scatola con delle incisioni, dipinta d'oro e di rosso. Senza alcun dubbio era attraente e — così pensavano gli adulti — di valore. Forse era persino un oggetto antico.

Come vendere il Ponte di Ponti[modifica]

Il mio Club dei Furfanti preferito è il più antico e tuttora il più esclusivo di tutti i Sette Mondi. È stato fondato quasi settantamila anni fa da una nutrita masnada di imbroglioni, malfattori e truffatori. È stato imitato molte volte in molti luoghi — ne avevano messo in piedi uno a Londra di recente, meno di cinquecento anni fa — ma nessuno di questi altri club ha mai potuto competere, in quanto ad atmosfera, con il Club dei Furfanti originale, nella città di Lost Carnadine. Nessun altro club ha membri così selezionati.

Ottobre sulla sedia[modifica]

Ottobre se ne stava sulla sedia, la serata era così gelida, e le foglie erano rosse e arancioni e ruzzolavano giù dagli alberi che delimitavano il boschetto. I dodici se ne stavano seduti attorno a un focolare a rosolare delle enormi salsicce, che mandavano faville e sfrigolavano ogni volta che il grasso sgocciolava sul legno di melo, e a bere sidro di mele fresco, aspro e pungente nelle loro bocche.

Cavalleria[modifica]

La signora Whitaker trovò il Santo Graal; era sotto una pelliccia. Ogni giovedì pomeriggio la signora Whitaker se ne andava all'ufficio postale a ritirare la pensione, anche se le sue gambe non erano più quelle di una volta, e sulla strada di ritorno si fermava al negozio dell'Oxfam per comprarsi qualcosina.

Il prezzo[modifica]

I vagabondi e i barboni hanno dei segnali che lasciano sui pilastri dei cancelli e sugli alberi e le porte, per permettere ai loro simili di sapere qualcosa sulla gente che vive nelle case e nelle fattorie dove passano durante il loro vagabondare. Credo che i felini lascino segnali simili; come spiegare altrimenti i gatti che per tutto l'anno si presentano alla nostra porta affamati, pulciosi e abbandonati?

Come parlare con le ragazze alle feste[modifica]

«Su» disse Vic. «Sarà uno sballo.»
«No che non lo sarà» replicai, anche se avevo perso la battaglia da ore, e lo sapevo.
«Sarà fantastico» disse Vic per la centesima volta. «Ragazze! Ragazze! Ragazze!»

Avis Soleus[modifica]

Erano una congrega di ricchi scalmanati, all'epoca, quelli dell'Epicurean Club. Certo sapevano come divertirsi. Erano in cinque: c'era Augustus "Duepenne" McCoy, che, grosso come tre uomini, mangiava come quattro e beveva per cinque. Il suo bisnonno aveva fondato l'Epicurean Club con la rendita di un vitalizio, che aveva fatto fruttare alacremente, secondo tradizione, per incassare sino all'ultimo centesimo.

Il caso dei ventiquattro merli[modifica]

Me ne stavo seduto nel mio ufficio a coccolare un bicchiere di whisky fatto in casa e a pulire oziosamente la mia pistola. Fuori la pioggia cadeva incessante, cosa che succede quasi sempre nella nostra graziosa cittadina, nonostante quel che sostiene l'ente turistico. Al diavolo, non me ne importava; non lavoro mica per l'ente turistico. Sono un detective privato, uno dei migliori per giunta, anche se non lo si sarebbe proprio detto: l'ufficio cadeva a pezzi, l'affitto non lo pagavo, e quel whisky era l'ultimo che mi rimaneva.
La vita è proprio un osso duro.

Istruzioni[modifica]

Tocca nel muro il portone di legno
che non avevi mai visto prima,
di': "Permesso" prima di aprire il chiavistello,
entra,
percorri il sentiero.
Un rosso folletto di metallo pende dalla
verde porta d'ingresso,
a mo' di battente,
non toccarlo, ti morderebbe le dita.
Cammina dentro la casa.
Non prendere nulla.
Non mangiare nulla.
Però,
se qualche creatura ti dicesse di essere affamata,
dalle del cibo.

Souvenir e tesori: una storia d'amore[modifica]

Dite pure che sono un bastardo, se volete. È vero, non c'è modo di negarlo. Mia mamma mi ebbe due anni dopo essere stata rinchiusa «per il suo bene»; questo accadde nel 1952, quando un paio di notti di bagordi in compagnia dei ragazzi del paese bastavano per essere dichiarate affette da «ninfomania clinica» e venire rinchiuse «per protezione propria e della società» su richiesta scritta di due medici. Uno dei quali era suo padre, mio nonno, e l'altro il socio con cui condivideva l'ambulatorio nel Nord di Londra.

Citazioni su Neil Gaiman[modifica]

  • Di lui mi piace come coniuga il moderno con l'antico, il mito con la narrativa, è un "attraversatore" di generi, come me del resto, e mi piace l'idea di unire il punk ai miti greci: è interessante, per cui ho letto e riletto. Mi piace anche il fatto che lavori in factory, che si affidi a più disegnatori. (Alessandro Benvenuti)
  • Il fatto che Neil Gaiman si contorni di professionisti e di gente brava anche quanto lui è un segno di intelligenza, l'aprirsi e il confrontarsi con talenti e menti di un certo livello la dice lunga. (Alessandro Benvenuti)

Note[modifica]

  1. a b Citato nell'introduzione di Caitlín R. Kiernan, La leggenda di Beowulf, traduzione di Marina Depisch, Sperling & Kupfer, 2007, pp. IX-XI, ISBN 978-88-200-4405-3
  2. a b c d Citato in The Origins of Beowulf, materiale bonus, La leggenda di Beowulf, edizione speciale due dischi, Warner Bros., 2007
  3. Citato in Gaiman parla di Beowulf e della sua carriera, Neilgaimania.it, 17 marzo 2008.
  4. Citato in Gaiman e Avary su Beowulf, Neilgaimania.it, 12 novembre 2008.

Bibliografia[modifica]

  • Neil Gaiman, American Gods, traduzione di Katia Bagnoli, Mondadori, Milano, 2003. ISBN 9788804520832
  • Neil Gaiman, Coraline, traduzione di Maurizio Bertocci, Mondadori, Milano, 2004. ISBN 8804530235
  • Neil Gaiman, La ferita che non guarisce mai, introduzione a Robert Silverberg, L'uomo nel labirinto, traduzione di Riccardo Valla, Fazi Editore, Roma, 2008. ISBN 9788881128747
  • Neil Gaiman, I ragazzi di Anansi, traduzione di Katia Bagnoli, Mondadori, Milano, 2007. ISBN 9788804567967
  • Neil Gaiman, Il cimitero senza lapidi e altre storie nere, traduzione di Giuseppe Iacobaci e Elena Molho, Mondadori, 2007. ISBN 9788804572756
  • Neil Gaiman, Il figlio del Cimitero, traduzione di Giuseppe Iacobaci, Mondadori, 2009. ISBN 978-88-04-58766-8
  • Neil Gaiman, Souvenir e tesori: una storia d'amore, in "999", a cura di Al Sarrantonio, traduzione di Tullio Dobner, Annabella Caminiti, Francesco Di Foggia, Sperling & Kupfer, 1999.
  • Neil Gaiman, Stardust, traduzione di Maurizio Bertocci, Mondadori, Milano, 2004. ISBN 8804547103
  • Neil Gaiman, Nessun dove, Fanucci editore, Aprile, 2006. ISBN 8834711769
  • Neil Gaiman, Cose fragili, traduzione di Stefania Bertola, Mondadori, Milano, 2014. ISBN 9788804643548
  • Neil Gaiman, Miti del nord, traduzione di Stefania Bertola, Mondadori, Milano, 2017. ISBN 9788804686132

Filmografia[modifica]

Produttore[modifica]

Soggetto[modifica]

Altri progetti[modifica]

Opere[modifica]