Riccardo Bacchelli

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Riccardo Bacchelli nel 1969

Riccardo Bacchelli (1891 – 1985), scrittore italiano.

Citazioni di Riccardo Bacchelli[modifica]

  • [Sulla città di Varese] Ci sono viottoli e stradette antiche, piene di un garbo agreste e gentilmente austero, di quella naturale ritrosia che conferisce un carattere sobrio e segreto, di idillica rusticità.[1]
  • Comunismo – Che cosa si potrebbe ottenere? La proprietà diventerà criminosa e celata, come quella dei Ghetti nei tempi antichi. La ricchezza perderà, più ancora di adesso, ogni civiltà, gentilezza, festa e ricreazione. Diventerà privata del tutto. Tutti saranno avari. Avranno feste di stato, arte e scienza di stato. Del resto è probabilmente il cammino della democrazia, e i ricchi moderni ci si sono già messi avanti di un buon poco. Può darsi invece che, minacciata sul serio una cosa provvida e naturale come la proprietà, questo istinto di conservazione della società, nasca per essa, in tutti quelli che non sono dei puri salariati e pensionati, affetto trepido, sollecitudine e gratitudine. Tale che amava nella sua proprietà la sua porzione di libertà e di spiritualità, non farà più distinzione e vorrà difenderla mentre non ci aveva forse mai pensato. Per rendere nobile, stimabile ed amata una cosa, non c'è nulla di meglio che perseguitarla. (da Aforismi (1919-1920), in Scampato dal fuoco)
  • I figliuoli [...] imparano sempre assai più cose di quelle insegnate; e sono i figliuoli a conoscere i genitori, non il contrario. (da Amleto)
  • Il pane ferrarese è un capolavoro di eleganza, di ingegnosità e di sapore che allieta l'occhio e persuade il gusto.[2]
  • In Grotta a memoria d'uomo, in Valle da che i ricoveri avevan preso sesto abitabile, s'era insediato il gatto, comodo e silenzioso, salvo quando il sesso, intossicandolo, ne spremeva i lagni strani del suo spasimo erotico, fuori, nella solitudine di luoghi disabitati.
    Se la diceva poco coi pescatori, coi quali viveva e di cui amava l'odore, ma gli davan lische; nella caverna trovava abbondanza di sorci e lucertole, a quei tempi ancora varie e numerose e grandi, assai più che in questi. Però, di lische ingrassava, di lucertole dimagriva. (da In Grotta e in Valle, Mondadori, 1980, pp. 20-21)
  • Mostrami il tuo cane e ti dirò chi sei. (da Giorno per giorno dal 1922 al 1966, Mondadori, 1968)
  • Quanto più è sonoro il luogo, tanto meno si vuol far chiasso. Solo i galli all'alba riempiono Positano delle loro squisite argentine, ed è un bellissimo destarsi. Poi, col loro tacere nel sole, mari e monti riprendono di giorno, al pari che di notte, a generar silenzio. Questo romito silenzio, questo arcano segreto vennero cercando quegli antichi marinai e cittadini al tempo che Roma, stupor del mondo, cadeva.[3]
  • [In poesia] Sempre è difficile limitare e definire inconfutabilmente la malafede. (da Giorno per giorno dal 1912 al 1922, Mondadori, 1966)

Il Mulino del Po[modifica]

Incipit[modifica]

Mulini del Po: si contano forse sulle dita, e ogni anno scemano, e per scoprirli bisogna andare apposta a cercarli, chi non percorra il fiume in barca. Tanto pochi, nella vastità molle e potente del fiume serpeggiante, li nascondono o li lasciano appena intravedere, qua un gomito, là un ciglio d'argine, altrove un lembo di golena boscosa, o le svolte della strada rivierasca. Sono scuri e frusti, e coll'aspetto cadente illustrano la disposizione del Genio Civile che ha segnato il destino di questi ultimi superstiti alla concorrenza molitoria: l'esercizio dei mulini natanti è concesso fino a consumazione. Intesa a tutelare i fondi e gli argini dai danni e dai pericoli del risucchio vario da essi prodotto, la disposizione è annosa; la concorrenza è vecchia, se non antica; son pur lenti e duri a consumarsi i superstiti!

Citazioni[modifica]

  • Avete mai sentito di quello che sotto la forca domandò: "Il nodo scorre?" (cap. I, Il tesoro della Madonna di Spagna)
  • Chi si rallegra del male altrui, non troverà chi compianga il suo. (cap. IV, Il travaglio)
  • Come se una forza arcana e vetustissima lo legasse sull'ucciso all'uccisore, Scacerni allungò la destra a quella destra offerta, incrociandole sul morto che giaceva fra di loro. (cap. IV, Il travaglio)
  • Dappertutto gli uomini dicono male di quel che non possono avere o distruggere.
  • Di maggio il sol l'adorna e chi è di bella forma ritorna. (proverbio ferrarese citato al cap. IV, Il Travaglio)
  • Di scherno ribocca, del maledetto odio, la dura storia degli uomini. (cap. V, I giorni della ghirlanda)
  • Dove men si pensa rompe Po. (proverbio ferrarese citato più volte nell'opera)
  • E quanto a esperienza, è quel che ci rimane dopo che s'è perso tutto il resto. (cap. I, Il tesoro della Madonna di Spagna)
  • È troppo vero che, trovato il nome che designi il nemico al disprezzo, la persecuzione infierisce più facile quasi licenziata a farsi barbara dallo scherno. (cap. V, I giorni della ghirlanda)
  • Ferrara, Ferrara, | la bella città: | Si mangia, si beve, | e allegri si sta! (Ninna nanna dal Capitolo III: La giornata delle traversie)
  • Il bugiardo non è mai sprovveduto di fronte alla bugia; il veritiero sempre: perciò tanto spesso vediamo fronte sicura al mendacio, e la verità apparir timida e confusa. (cap. V, I giorni della ghirlanda)
  • In tempi di scarsi denari abbondano i consigli. (cap. I, Il tesoro della Madonna di Spagna)
  • La verità è come il cauterio del chirurgo: brucia, ma risana.
  • Le voglie non terminano nella soddisfazione, ma nel fastidio.
  • Nessuno è tanto iniquo che non possa sperare. (cap. IV, Il travaglio)
  • Ognuno trovava credito, specialmente in ciò che narrava il falso; l'unico non creduto era colui che diceva soltanto e nient'altro che la verità. (cap. IV, Il travaglio)
  • Par Sant'André ciappa 'l busgat pr' al pié. Se t'an al vo' ciapar, lass'l' andar fin a Nadad. (proverbio ferrarese; citato al cap. V La rivoluzione dei libertini)
Per Sant'Andrea prendi il porco per i piedi. Se non lo vuoi prendere, lascialo andare fino a Natale.
  • Tacete o voi che non sapete il canto: | L'asnêin dal mulinär v'ha tôlt il vanto. | T'ha tolto il vanto e messo ti ha l'anello: | L'asinin del mugnaio è tuo fratello (canto popolare citato nel cap. I, Il tesoro della Madonna di Spagna)

Il diavolo al Pontelungo[modifica]

Incipit[modifica]

Cent'anni fa, per la festa di San Giovanni [24 giugno], la messe indorava e santificava le campagne sotto la tutela delle croci benedette, fatte d'uno stelo secco di canapa piantato sui seminati. Il pane è la vita degli italiani, e il grano finisce di maturare nella stagione più spessa di grandinate.
La carestia va spartita fra tutti, ragionano ognun per sé i contadini; ma la grandine, a chi tocca il danno è tutto suo. Sotto San Giovanni ricordano volentieri che Dio pensa a tutti.
Allora si comprende perché i vecchi abbiano piantato il Santuario della Madonna di San Luca, special protettrice della città e del contado bolognese, sulla vetta del colle di dove scopre tanti gioghi di colline e tanta stesa di pianura, dove da tante strade e da tanti campi chiama e risponde ai voti del popolo.
Oggi l'assicurazione contro la grandine è uno dei cento e un modi per perdere la fiducia in Dio, ma la gente ci riposava ancora cent'anni fa, ai tempi del Papa, quando un giorno l'arciprete del Borgo Panigale si avviava ad attraversare il Pontelungo sul Reno.

Preludio[modifica]

  • [Il diavolo all'arciprete] Avete una buona campagna quest'anno
    – Bella, se Dio ci aiuta
    – Non mancherà di fare il suo dovere. Avrei buoni cavalli da mandare a pascere dentro il vostro frumento, signor arciprete del Borgo [Borgo Panigale]
    – E io ho delle buone redini per tenerli in briglia, signor non so di dove!
    Come non fosse per detto, si salutarono in fretta e l'arciprete tornò al Borgo.
  • La nuvola era sorta dalle parti infedeli di Levante, dal mare, elemento dei meno devoti, e veniva così in fretta, piccola e rabbiosa, che nel tempo d'andare e tornare di sagrestia già spuntava sul filare dei pioppi in fondo allo stradale della canonica: d'un tratto si torsero e si piegarono investiti come da un fuoco. Tutta la campagna fu presa da una fosca disperazione di vento.
  • Ma intanto la noce [una noce di nuvola, è detto prima] aveva partorito e svolto il più nero e feroce nembo che si vedesse da un pezzo in qua. Parve che si avventasse direttamente sul campanile, unico desto in quella vasta calura pomeridiana sprovveduta, per soffocarvi la squilla. Ma lì fu respinto, inzeppato su sé medesimo come un furioso che venga a scontrar la corsa e la rabbia su due saldi pugni. Di steso ch'era, crescente ad aduggiar cielo e terra, ribollì come la risacca del mare, rifluì e impennò il suo precipizio in una colonna da sfondare il firmamento.

Altre citazioni[modifica]

  • Anche la miseria è un'eredità.
  • In fiore gli oscillanti canapai ubbriacavano. | Dai fieni mézzi che dan la febbre, da ondate | di frumenti pesanti, chi passa lungo le siepi | ne vede uscire i campanili rossi e i pioppi | senz'ombra, annegati nella canicola, che non si sa | a che vento mai trovino il modo di tremare | in queste calme di luglio. (da Parte seconda, III – Il diavolo al Pontelungo)
  • Averle perse tutte, le speranze, gli dette la stessa pace che averle tutte intatte.
  • E non voglio più saperne di politica. Parlatemi di una politica che rimetta al mondo quell'uomo là. [riferito a Michail Bakunin]
  • Davit cominciò a declamare: Quando un popolo si desta | Dio si mette alla sua testa, | le sue folgori gli dà.
    – Lasciamo il '48 – fece Bakunin – Dio non fa parte delle nozioni umane, e la sovranità del popolo è la più sottile delle gherminelle politiche. Ditemi piuttosto se gli uomini sono pronti.
  • Egli [Luigi Bakùnin, nipote del più noto Michele] dice che Bakùnin sacrificò tutto alla sua idea; io nego che questo sia un merito, quando l'idea è sbagliata. (da: Transatlantica, prefazione dell'autore al romanzo)
  • Ogni rivoluzione politica si riduce nell'andare a imparare quello che gli altri, che c'erano prima, sapevano da troppo tempo.
  • L'agricoltura è l'arte di sapere aspettare.
  • L'educazione non è mai troppa.

La città degli amanti[modifica]

Incipit[modifica]

Eustachius Vandenpeereboom, militando in Francia, aveva fatto a tempo a prendere una ferita sul fronte della Champagne. Rientrato a New York colla testa fasciata ancora, per due mesi non s'era fatto vivo, e poi aveva invitato gli amici a prendere il tè nel suo studio di pittore. Le emicranie prodotte dalla ferita erano parse a tutti scusa bastevole di quel silenzio; inoltre gli amici sapevano che per farsi dire una cosa da costui non era quel di chiedergliela il modo migliore.

Citazioni[modifica]

  • In tutte le guerre il biglietto di alloggio ha condotto incontri di uomini e donne. (p. 48)
  • Il pregiudizio può essere iniquo, ma risponde a una necessità di difesa. (p. 97)
  • – Vedi, tutto il male è che i nostri ministri, italiani, inglesi, francesi, sono tutti vecchi, col piede nella fossa. E i vecchi odiano i giovani, perché i giovani li spingono nella fossa. Allora han pensato di non far finire la guerra, per fare scemare i giovani. (p. 149)

Lo sa il tonno[modifica]

Incipit[modifica]

Sono nato di domenica in aprile, perciò, come tutti i nati di domenica in quel mese e come sanno i contanovelle, intendo i parlari degli animali.[4]

Altre citazioni[modifica]

  • Io ti raccomando di non dar retta ai lusingatori che seguono il branco, come pescicani ed altri prepotenti. Costoro cercano di tenere a bada con le baie qualcuno dei più inesperti o dei più sicuri e sufficienti tonni, per mangiarseli poi sul serio. Guardati dai pesci promettitori, dai troppo piacevoli da ascoltare, da chi ti fa degli elogi, da chi ti vuole indurre a vie nuove, più facili, più spiccie o più lusinghevoli. Stai sulle tue, bada a te, la via la sai, se la perdi non ne ritrovi più. Ricordati che le cose troppo allettanti non son mai salutari e che la verità non è mai così bella come la si dipinge. Rispondi sempre, a tutti: Lo sa il tonno. (dal discorso del tonno padre a suo figlio, explicit del Capo I: L'Infanzia e le scuole del tonno)

Incipit di alcune opere[modifica]

Il fiore della Mirabilis[modifica]

Tremendo sole di luglio, a perpendicolo, infuocava la campagna magra, il greto di un'ampia fiumara arida, il candore penoso della polvere di strada, alta mezzo braccio sopra solchi profondi altrettanto; abbagliante luccicava su file d'ontani e pioppi e sugli ulivi severi tra campi d'erba arsiccia e stoppie morte e di frumentone bruciato anzi di far la pannocchia.
Spietato come il solleone, lo strepere delle cicale; e queste, mentre quello si accaniva allo sterminio della siccità sulla campagna spaventata, parevan ebbre di gioia cattiva o disperata.

Rossini[modifica]

Due dotti ed eleganti scrittori, prima il Perticari e poi il latinista L.C. Ferrucci, in polemica col pesarese professor Giuliano Vanzolini, sostennero che Rossini dovesse considerarsi di Lugo di Romagna.[4]

Citazioni su Riccardo Bacchelli[modifica]

  • Bacchelli rimane legato ad esperienze ottocentesche, per altri versi già annuncia il romanzo moderno e alcune intuizioni prima di essere nella pagina sono già nel segreto dell'opera. Con lui forse si chiude un'epoca ma sicuramente se ne apre un'altra. E nessun altro scrittore italiano è, come Bacchelli, in bilico tra due epoche e tra due concezioni del romanzo. (Francesco Grisi)
  • Per Bacchelli
    È uno di quelli | che, in una certa maniera, | hanno raggiunto | l'adipe della carriera. (Marcello Marchesi)

Note[modifica]

  1. Da Italia per terra e per mare, Rizzoli editore, 1951.
  2. Da un articolo per il Corriere della Sera del 9 novembre 1958, citato in Sapori in biblioteca. Percorsi tra agricoltura e alimentazione nei libri antichi in Emilia Romagna, movio.beniculturali.it.
  3. Citato in Bartolo Ciccardini, Viaggio nel Mezzogiorno d'Italia, Guida, Napoli, 2009, p. 18. ISBN 978-88-6042-618-5
  4. a b Citato in Fruttero & Lucentini, Íncipit, Mondadori, 1993.

Bibliografia[modifica]

  • Riccardo Bacchelli, Amleto, Arnoldo Mondadori Editore, 1957.
  • Riccardo Bacchelli, Il diavolo al Pontelungo, BMM, Arnoldo Mondadori Editore, 1962.
  • Riccardo Bacchelli, Il fiore della Mirabilis, BMM, Arnoldo Mondadori Editore, 1963.
  • Riccardo Bacchelli, Il Mulino del Po, BMM, Arnoldo Mondadori Editore, 1963.
  • Riccardo Bacchelli, La città degli amanti, Casa Editrice Ceschina, Milano, 1929.
  • Riccardo Bacchelli, Lo sa il tonno. Favola mondana e filosofica, prefazione di Gilberto Finzi, Oscar narrativa 1186, Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1980.
  • Riccardo Bacchelli, «Scampato dal fuoco». Lo Spleen di Parigi e altre traduzioni da Baudelaire, con aforismi e fantasie di Riccardo Bacchelli in memoria del poeta, Garzanti, Milano, 1947.

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