Maksim Gor'kij

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Maksim Gorkij

Maksim Gor'kij, pseudonimo di Aleksej Maksimovič Peškov (1868 – 1936), drammaturgo e scrittore russo.

Citazioni di Maksim Gor'kij[modifica]

  • A Genova, sul piazzale davanti alla stazione, s'era raccolta una folla densa [...]
    Sovrastava la folla, dall'alto piedistallo, la figura di Colombo, il sognatore che ha molto patito per le cose in cui credeva e che ha vinto proprio perché credeva. Guardava la folla, come se, con le labbra di marmo, dicesse: «Vince solo chi crede». [...]
    Il massiccio edificio marmoreo della stazione stava come un semicerchio, le ali aperte, quasi volesse abbracciare la gente. Giungevano dal porto il greve respiro dei piroscafi, il sordo lavorio dell'elica nell'acqua, il tintinnio delle catene, fischi e grida. Sulla piazza tutto era quieto, si soffocava, il sole bruciante inondava ogni cosa.[1]
  • Chi sa capire tutto è molto infelice.[2]
  • [A proposito di Sergej Esenin] Del bel cherubino ricciuto rimanevano soltanto gli occhi chiarissimi, ma anche quelli sembravano sbiaditi, come per effetto di un sole troppo violento. Il loro sguardo irrquieto scorreva sui volti della gente con espressione mutevole, ora arrogante e strafottente, ora invece incerta, smarrita e diffidente. Ebbi l'impressione che ce l'avesse con la gente in generale. E si vedeva che beveva. [...] Le sue mani erano irrequiete e snodate ai polsi come quelle di un tamburino. E inoltre era angosciato, distratto.[3]
  • Ho sentito recitare Esenin e ne sono stato commosso fino alle lacrime... Possedeva una tale intensità di sentimento e una così perfetta e coinvolgente maniera di porgere... che si trasfigurava. Alla fine non fui nemmeno capace di esprimergli il mio grazie perché avevo un nodo in gola che mi impediva di parlare. In quel momento non ho potuto fare a meno di pensare che Esenin più che un uomo era uno strumento musicale creato dalla natura esclusivamente per la poesia, per esprimere amore a tutto ciò che vive e respira, e implorare misericordia per la fragilità degli uomini. [4]
  • I lager come le Solovki sono indispensabili. (in visita alle Solovki, 20 giugno 1929[5])
  • [Capri] L'isola dorme nell'austero silenzio: dorme pure anche il mare, come morto. Pare che dall'alto una mano potente abbia scaraventato in esso questo bruno e strano scoglio, uccidendone la vita. Guardandola dal mare, e proprio dove l'arco dorato della via Lattea tocca l'acqua nera, l'isola si mostra come una fenomenale bestia, dalla fronte mostruosa, la quale curvata l'irsuto dorso, lambisce con la gola enorme il mare, bevendone silenziosamente l'acqua liscia e piana come l'olio.[6]
  • La carrozza del passato non porta lontano.[7][8]
  • [Lev Tolstoj] L'uomo più complesso del XIX secolo.[9]
  • Nei Paesi fascisti, l'omosessualità, rovina dei giovani, fiorisce impunemente; nel Paese dove il proletariato ha audacemente conquistato il potere, l'omosessualità è stata dichiarata crimine sociale e severamente punita. Eliminate gli omosessuali e il fascismo scomparirà.[10]
  • Non sono in grado di esprimere in poche parole le mie impressioni. Non vorrei, e sarebbe vergognoso [!] ricadere in stereotipati elogi della stupefacente energia di uomini, i quali, essendo attenti e indefessi guardiani della rivoluzione sanno essere, insieme, creatori straordinariamente arditi della cultura.[5]
  • Per un vecchio, la patria è dappertutto dove fa caldo.[11]
  • [...] se ingrandissi alcune migliaia di volte una comune pulce vedresti l'animale più spaventoso della terra, che nessuno sarebbe abbastanza forte da dominare [...] Ma le smorfie più mostruose della storia producono simili ingrandimenti anche nel mondo reale. Stalin è una pulce che la propaganda bolscevica e l'ipnosi della paura hanno ingrandito fino a dimensioni impensabili.[12]
  • Talvolta, la menzogna dice meglio della verità ciò che avviene nell'anima.[13]
  • Tutti gli esseri umani hanno piccole anime grigie... e tutti se le vogliono imbellettare.[7]
  • [A proposito di Sergej Esenin] Tutto di lui: la voce roca e rotta, i gesti incerti, il corpo oscillante, la fiamma della disperazione negli occhi, tutto era come doveva essere nelle circostanze attuali della sua vita. [...] Si prese la testa fra le mani e incominciò a recitare la Canzone della cagna. E quando disse i due ultimi versi anche i suoi occhi si riempirono di lacrime.[3]
  • Un uomo buono può essere stupido e tuttavia rimanere buono. Ma un uomo cattivo non può assolutamente fare a meno di essere intelligente.[11]
Citato in Gorkij. Il maestro e il grande dittatore, traduzione di Clara Strada Janovic, Corriere della sera, 27 giugno 1998
  • Caro Iosif, in Italia sono a disagio. Mussolini a Napoli non è ben visto.
  • Giorni fa è venuto a Napoli Mussolini e ha pronunciato un lungo discorso al "popolo", si dice che in quel discorso abbia dichiarato che entro il 1935 egli intende riformare radicalmente tutta la vita dell'Italia. "La grande Roma deve essere quella d'un tempo: il centro della cultura mondiale, e il Vaticano sarà il ghetto del cattolicesimo". Un giornale ha pubblicato questa frase, ma è stato subito sequestrato e trovarlo è impossibile.
  • A Napoli si è trasferito l'erede al trono, un pederasta e, secondo l'opinione generale di chi lo conosce, un cretino. Per due giorni è andato in giro per la città su una carrozza dorata, accompagnato da una scorta sfarzosa, e per questo il traffico in città è stato bloccato e l'attività commerciale sospesa. "Uno spettacolo fastoso e scandaloso l'ho visto in Turchia sotto Abdul – Hamid", mi ha detto un vecchio.
  • [A Stalin] Poiché Mussolini a Napoli non è ben visto, si dice che il principe sia venuto per organizzare qui un movimento antifascista. La crisi qui cresce come dappertutto, e la disoccupazione pure.

Aneddoto[modifica]

Incipit[modifica]

Quando il rossiccio e nasuto dottore, tastando con le sue dita fredde il corpo di Egor Bikov, disse con una voce di basso che non lasciava dubbi che la malattia era stata trascurata e oramai era diventata pericolosa, Bikov si sentì avvilito come quando da giovine, reclutato nell'anno della guerra con la Turchia, sotto Eni-Zagroi giaceva riverso in mezzo ai cespugli spinosi con una gamba forata e la nera pioggia notturna lo bagnava e il dolore adagio adagio gli stiracchiava la carne giù dalle ossa.
– Che è questo? morrò, forse?

Citazioni[modifica]

  • Gli uomini sono abituati a vivere come se Dio li avesse messi in terra perché si prendessero beffe l'uno dell'altro. (p. 118)
  • Quanto più si accumulano le ricchezze, tanto più negli uomini cresce e si esaspera l'invidia. (p. 129)
  • Ciò che per gli uomini è un peccato, per il diavolo è un motivo di risa. (p. 119)
  • Qualunque mendicante sa che il vero baluardo della vita e la vera difesa dell'uomo sono la ricchezza e la proprietà (p. 132)
  • Gli uomini provano poca ammirazione per la meravigliosa magnificenza dei Cieli. (p. 133)
  • È sempre utile vedere da che parte uno zoppica. Se zoppica a sinistra dagli un colpo a destra, se a destra, percuoti a sinistra. (p. 135)
  • Al tempo di Cristo anche gli uomini erano pochi, e poco volevano, e pur tuttavia quel poco non bastava a tutti. Ora noi siamo diventati più avidi, siamo una moltitudine, e ad ognuno di noi necèssita possedere tutto. Dunque, lavora, accumula, risparmia... (p. 145)
  • Ognuno sia sacro a se stesso. Ecco. Appunto così: ogni uomo sia per se stesso sacrosanto! (p. 145)

L'eremita[modifica]

Incipit[modifica]

Il burrone boschivo discendeva in decvlivio verso la gialla Okà; sul suo fondo scorreva, nascondendosi fra l'erbe, un ruscello; sopra al burrone fluiva il fiume azzurro dei cieli, con un movimento di giorno impercettibile e di notte tremulo di stelle che vi brillavano come pesci d'oro.
Sul pendio a sud-est del burrone cresceva una macchia di arbusti intricata e folta e dove era più densa, sotto una sporgenza a picco, si incavava una spelonca chiusa da una porta fatta con grossi rami abilmente intrecciati. Davanti alla porta si stendeva uno spazio di terreno di circa due metri di lato, rinsaldato e coperto da ciottoli; di là, come una scala, alcune grosse pietre scendevano al ruscello.

Citazioni[modifica]

  • Si racconta che il diavolo è stato il primo a fare l'acquavite. Per una buona azione sia detto "grazie" anche al diavolo. (p. 3)
  • La femmina, amico, è una gran cosa, tutto il mondo ne delira: la fiera, l'uccello, il piccolo maggiolino, tutti sono vivi per questo! E al di fuori di ciò di che si può vivere? (p. 9)
  • Quella gente di tribunale fa tutto ciò per nulla, così, per mostra, come a dire: "Ecco come noi facciamo osservare le leggi!" E son tutte un inganno quelle leggi, regolamenti, carte, decreti: nulla di necessario; che ognuno viva come gli pare! (p. 9)
  • Perché prego e per aver che cosa? Ho tutto quello di cui ho bisogno, la gente mi rispetta e tuttavia do disturbo a Dio. Dio ha i suoi affari, perché dargli impaccio? (p. 11)
  • L'anima non conosce leggi, non conta gli anni... (p. 22)
  • Esistono degli uomini che non possono avere più nessun conforto, tranne l'illusione. (p. 37)

La Spia[modifica]

Incipit[modifica]

Evsei Klimkoff aveva quattr'anni quando suo padre venne ucciso da una guardia campestre e sette compiuti allorché sua madre morì per l'eccessivo lavoro durante il raccolto. Soccombette così bruscamente e in modo tanto strano e improvviso che Evsei non fu neppure preso dalla paura vedendola irrigidita. Lo zio Pietro, fabbro in una ferriera, gli domandò posando la sua mano sulla testina del bimbo:«Ebbene che faremo ora?». Evsei gettò uno sguardo rapido e malinconico sul giaciglio dov'era sua madre e rispose piano:
– Non lo so.
L'operaio si asciugò la faccia bagnata di sudore colla manica del camiciotto e dopo un lungo silenzio riprese dolcemente
– Tu verrai con me a casa mia; forse ti manderò a scuola, perché tu non mi dia noia – povero vecchietto mio!

Citazioni[modifica]

  • Sopravvenne l'autunno, dolce e malinconico, ma i cittadini non si accorgevano della sua venuta. Invadevano le strade e le piazze con inusitato ardire e con crescente energia, ed Evsei credeva sempre più nella loro vittoria e alla realizzazione vicina di una vita tranquilla e felice. Poi sopravvennero le giornate memorabili, truci e meravigliose al tempo stesso. Tutti smisero di lavorare, d'un tratto, come se una stretta potentissima avesse soffocata la vita abituale che per tanto tempo aveva oppresso le genti; tutto rimase sospeso. Gli operai rifiutarono il pane, la luce e l'acqua alla loro sovrana, la città, e per parecchie notti essa rimase nelle tenebre e conobbe i tormenti della sete e della fame. Durante quelle cupe giornate il popolo percorreva le vie, con una gioia infantile negli occhi e vivaci canzoni sulle labbra. Per la prima volta gli era dato di valutare la propria forza, la cui potenza la meravigliava. Capiva il potere che aveva sulla vita sociale ed esultava nel vedere le case mute, le macchine immobili e morte, la polizia disorientata, e umiliata la borghesia sinora così stizzosa. Quelle giornate avevano strappato alle deboli mani di essa la sua terribile potenza, ma le avevano lasciato l'astuzia e la crudeltà. (cap. XII)

Pensieri inattuali[modifica]

  • Io nutro una particolare diffidenza e sfiducia per l'uomo russo al potere: egli, che è stato schiavo fino a poco tempo fa, diventa un despota sfrenato, appena gli si offre la possibilità di essere padrone del suo vicino.[8]
  • La scienza è l'intelligenza del mondo, l'arte il suo cuore.[8]
  • Mi sembra che l'esclamazione «La patria è in pericolo!» non sia così terribile come «La cultura è in pericolo!»[8]

Racconto di un amore non corrisposto[modifica]

Incipit[modifica]

Passando per il vicolo del teatro, io volevo quasi sempre sulla porta di una piccola bottega addossata a una vecchia casa di legno, un uomo che mi pareva fuori di posto e inutile in quella stretta fenditura della città, coperta da una striscia di cielo polveroso. Quell'uomo sedeva su una scranna presso la porta, leggendo un giornale, o stava ritto appoggiandosi con la spalla allo stipide, le braccia conserte sul petto. Al di sopra della vetrina una piccola insegna a lettere nere trasversali indicava che in quella botteguccia si vendevano "oggetti di cancelleria". Dietro il vetro appannato erano disposti pacchi di buste, taccuini e variopinte collezioni di vecchi francobolli su cartoni quadrati.

Citazioni[modifica]

  • La libertà è un'illusione menzognera. (p. 49)
  • L'uomo non è libero nemmeno in sogno e che anche l'immobilità della pietra non è libertà, perché la pietra dura fino a quando il tempo non la riduce in polvere. (p. 50)
  • Ogni uomo è servo di diverse cose; il diavolo della sua cattiveria, e il Signore Iddio, se esiste, lo è delle sue opere, incomprensibili per la ragione umana. Ecco che cosa penso della libertà. (p. 50)
  • Devo spiegare che il teatro non mi piace: è una sorta di compravendita d'anime umane al minuto, a piccole dosi per volta; mette in mostra un gioco di sentimenti falsi concepiti senza ingegnosità, oppure si beffa di uomini che sembrano ridicoli solo perché vivono con un'anima semplice per il piacere degli altri. (p. 53)
  • Come un cero ardente | Si consuma tristemente – per il calore, | Così, dopo una recita di Ajàrov, | Lo spettatore disperato – si annega nel Volga! (p. 54)
  • L'amore per una donna somiglia alla melanconica opera di Dio; anche Lui ha cercato, senza riuscirvi, di creare col vuoto e dal nulla uno splendido universo... (p. 99)
  • L'amore è una malattia dell'immaginazione. (103)
  • Coi pensieri bisogna avere qualche riguardo, perché nessuno sa quali siano i giusti e quali no. (p. 104)
  • L'uomo non vive di pensieri, ma di un desiderio che non è meditato. (p. 104)
  • Io sopporto con fatica le notti di plenilunio che d'estate o d'inverno denudano tutte le cose. Esse scacciano il sonno e conducono sempre con sé pensieri lucidi e freddi. Siano maledette! (p. 105)
  • Di tutte le beffe che la sorte serba all'uomo, non ce n'è una più tremenda d'un amore non corrisposto. (p. 106)
  • La terra nostra è dimenticata dalla ragione di Dio, dimenticata fra le stelle, e gli uomini vi sono solitari e stranieri! Ed ecco, quando pensi a tali cose, diventa intuitivamente chiaro ed evidente fino a che punto sia necessaria all'uomo una donna amata. (p. 107)

Varenka Olessova[modifica]

  • Gli uomini e le donne sono come due razze perennemente in lotta [...]. La fiducia, l'amicizia e altri sentimenti di questo genere, dubito che siano possibili tra me e un uomo. Ma è possibile l'amore... e l'amore è la conquista di colui che ama di meno, su quello che ama di più... Una volta sono stata io la vinta e l'ho pagata cara..., adesso ho conquistato io e certamente... profitterò della mia vittoria... (p. 59)
  • Però se fosse anche vero che Dio creò gli uomini, la vita li trasforma così presto che certamente da molto tempo sono diventati ributtanti per Lui. (p. 60)
  • Vedi, basta un po' di felicità e l'uomo diventa subito migliore; più buono. Alcuni troppo savi, dicono che i dolori ci purificano... Io vorrei che la vita, applicando a loro questa teoria, purificasse la loro mente dagli errori... (p. 127)

Incipit di alcune opere[modifica]

I tre[modifica]

I boschi di Kergenets sono disseminati di tombe solitarie nelle quali marciscono le ossa di vecchi eremiti, seguaci dell'antica fede. Di uno di essi ― il venerabile Antip ― nelle campagne dei dintorni si racconta la seguente storia.[14]

Incendio[modifica]

Mi trovo su collinette calve, coperte di un'erba rara e corta; vedo intorno a me tumuli, di cui l'occhio si accorge appena, pesti dagli zoccoli del bestiame, battuti dal vento. Siedo vicino a una specie di cassa in mattoni, piccola come un balocco, coperta da un tetto di ferro, e che da lontano può sembrare una cappella, ma da vicino piuttosto un canile. Sotto il ferreo coperchio inchiavardato, la cassa custodisce catene, staffili, fruste, insieme a certi strumenti di tortura coi quali furono tormentati gli uomini sepolti sulle colline. Tutto ciò è stato lasciato in ricordo alla città, come a dire: bada, non rivoltarti!
Ma gli abitanti della città hanno già dimenticato: chi erano gli uomini abbattuti qui? Gli uni dicono: i cosacchi di Stepan Ràsin, gli altri affermano: i morduini e i ciuvasci di Emilian Pugaciòf.
E soltanto il vecchio e sempre ubriaco mendicante Satinscikof afferma, come vantandosi:
«Noi ci siamo rivoltati con tutti e due...»

La madre[modifica]

Ogni giorno sul sobborgo operaio, nell'aria fumosa e greve, fremeva e urlava la sirena della fabbrica e, obbedienti all'appello, dalle piccole case grigie uscivano frettolosi sulla strada, come scarafaggi atterriti, uomini tetri e cupi che non erano riusciti a ristorare nel sonno i loro muscoli.[14]

Citazioni su Maksim Gor'kij[modifica]

  • Maksim Gor'kij non era molto apprezzato da mio padre. Ricordo che [...] cercava di capirlo, ma non riusciva a trovarvi quella verità e quel fuoco sacro che cercava in lui. Un giorno, mi chiese la mia opinione su quello scrittore e gli risposi che non mi piaceva.
    «Sì», fece lui, «nemmeno io ci trovo nulla.»
    Ma allora Gor'kij era in voga, e quando venne a Jasnaja vi fu accolto amichevolmente.
    Da parte sua Maksim Gor'kij era e rimane tuttora un fervente ammiratore di mio padre. Ciò che mi ha molto colpito è stato il dolore che provò alla morte di Tolstoj. Mi hanno detto che il suo dolore era immenso. (Lev L'vovič Tolstoj)

Note[modifica]

  1. Da Fiabe italiane, traduzione di Lionello Costantini, Osna Grossmann e Agostino Villa, Editori Riuniti, 1965, p. 43
  2. Da Il mestiere delle lettere
  3. a b Citato in Elvira Watala, Wiktor Woroszylski, Vita di Sergej Esenin, traduzione dal polacco di Vera Petrella, Vallecchi Editore Firenze, 1980.
  4. Citato in Sergej Aleksandrovic Esenin, Russia e altre poesie, Baldini Castoldi Dalai, 2007, pp. 27-28.
  5. a b Dalla nota lasciata dallo scrittore il 22 giugno 1929 sul Libro dei visitatori delle isole Solovki. Citato in A. Solzenicyn, Arcipelago Gulag 1918-1956. Saggio di inchiesta narrativa. III-IV, traduzione di M. Olsùfieva, Mondadori, Milano, 1995, p. 66. Il punto esclamativo tra parentesi quadre è un commento di Solženicyn.
  6. Da Di notte, in Eroica, vol. I, fasc. II, 1913, citato in Angelo Tamborra, Esuli russi in Italia dal 1905 al 1917, Riviera ligure, Capri, Messina, Rubbettino, Soveria Mannelli, 20022
  7. a b Dai Bassifondi
  8. a b c d Citato in Dizionario delle citazioni, a cura di Italo Sordi, BUR, 1992. ISBN 88-17-14603-X
  9. Citato in Lev Tolstoj, Contro la caccia e il mangiar carne, a cura di Gino Ditali, Isonomia editrice, Este, 1994, p. 7. ISBN 8885944116
  10. Citato in Gian Antonio Stella, E il ministro Calderoli fece il macho, Corriere della Sera, 15 gennaio 2006.
  11. a b Da Bassifondi; citato in Elena Spagnol, Enciclopedia delle citazioni, Garzanti, Milano, 2009. ISBN 9788811504894
  12. Dal diario, secondo il testimone; citato in Donald Rayfield, Stalin e i suoi boia: una analisi del regime e della psicologia stalinisti, traduzione di Stefania De Franco, Garzanti, Milano, 2005, p. 213. ISBN 88-11-69386-1
    Il diario di Gor'kij sparì dopo la sua morte ed è quindi sconosciuto. Questo passo è stato riferito da uno degli ufficiali dell'NKVD che ne prese possesso, ed è nello stile di Gor'kij. (nota di Rayfield, p. 512)
  13. Da I vagabondi
  14. a b Citato in Giacomo Papi, Federica Presutto, Riccardo Renzi, Antonio Stella, Incipit, Skira, 2018. ISBN 9788857238937

Bibliografia[modifica]

  • Maksim Gorkij, Aneddoto, da Racconti del '22-24' , traduzione di Erme Cadei, Fratelli Treves Editori, Milano, 1928.
  • Maksim Gorkij, Incendio, traduzione di Erme Cadei, Biblioteca Moderna Mondadori, 1951.
  • Maksim Gorkij, L'eremita, da Racconti del '22-24' , traduzione di Erme Cadei, Fratelli Treves Editori, Milano, 1928.
  • Maksim Gorkij, La Spia, traduzione di Cesare Castelli, Casa Editrice Bietti, Milano, 1934.
  • Maksim Gorkij, Racconto di un amore non corrisposto, da Racconti del '22-24' , traduzione di Erme Cadei, Fratelli Treves Editori, Milano, 1928.
  • Maksim Gorkij, Varenka Olessova, traduzione di M. Karklina Rakovska, S. A. Edizioni Delta, Milano, 1929.

Altri progetti[modifica]

Opere[modifica]