Prima della rivoluzione

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Prima della rivoluzione

Immagine Adrianaastiprimadellar.jpg.
Titolo originale

Prima della rivoluzione

Lingua originale italiano
Paese Italia
Anno 1964
Genere drammatico
Regia Bernardo Bertolucci
Soggetto Bernardo Bertolucci
Sceneggiatura Bernardo Bertolucci, Gianni Amico
Interpreti e personaggi
Doppiatori italiani
Note

Prima della rivoluzione, film del 1964, regia di Bernardo Bertolucci.

Incipit[modifica]

Bisognava che accadessero molte cose, bisognava che io soffrissi, che tu soffrissi tanto. Esistevo perché voi esistevate. Adesso che me ne sto in pace, attaccato alle mie radici, mi pare di non esistere più. (narratore) [voce fuori campo]

Chi non ha vissuto negli anni prima della Rivoluzione non può capire che cosa sia la dolcezza del vivere. Talleyrand (testo a schermo)

Una domenica d'aprile del 1962, poco prima di Pasqua, a Parma. (testo a schermo)

Frasi[modifica]

Citazioni in ordine temporale.

  • "Eppure, Chiesa, ero venuto a te. Pascal e i Canti del Popolo Greco tenevo stretti in mano. Spazzò la resistenza con nuovi sogni e il sogno delle regioni federate in Cristo e il dolce ardente suo usignolo. Guai a chi non sa che è borghese questa fede cristiana nel segno di ogni privilegio, di ogni resa, di ogni servitù; che il peccato altro non è che il reato di lesa certezza quotidiana, odiato per paura e aridità; che la Chiesa è lo spietato cuore dello Stato. Come in sogno mi vengono incontro le porte della città, i bastioni, le barriere doganali, i campanili come minareti, le cupole come colline di pietra, i tetti grigi, le altane aperte e giù, più giù, le strade, i borghi, le piazze, la piazza. E in mezzo c'è il torrente, la Parma, che divide le due città, i ricchi dai poveri. E ancora la piazza: così in mezzo alla città eppure così vicina ai campi che certe notti ti arriva l'odore del fieno. La piazza con noi dentro che ci sentiamo come in una grande arena murata."[1] (Fabrizio) [voce fuori campo]
  • E tu che cosa faresti? Che cosa credi di fare, la rivoluzione?! (Agostino) [a Fabrizio]
  • Più di così credo che non crescerò più. E poi non mi piacciono le persone grandi, gli adulti non sono mai attraenti. Non mi piaccio neanch'io, neanche un po'. (Gina)
  • Non c'è mica bisogno di scappare di casa. Basta rimanere in casa quando gli altri escono. (Gina)
  • Ricordati, Fabrizio, non si può mica vivere senza Rossellini. (Amico cinefilo di Fabrizio) [a Fabrizio]
  • Non era un uomo straordinario. Non s'incontrano mai uomini straordinari. E poi io li odio gli uomini. Li odio. Con le loro donne, i loro figli, le loro famiglie. Tu mi piaci perché non sei ancora un uomo. (Gina) [a Fabrizio]

Dialoghi[modifica]

Citazioni in ordine temporale.

  • Fabrizio: Cosa fai tutto il giorno a Milano?
    Gina: Mah, niente. Faccio la trasmissione del pensiero. Ho una mira infallibile. Suono il triangolo. Faccio tre bagni al giorno. Piango sempre. E rido sempre.
  • Gina: A Parma si mangia sempre troppo. Prima si mangia e poi si parla di quello che si è mangiato. Fatica doppia! È un po' come mangiare due volte.
    Fabrizio: Pensa, oggi Santa Pasqua, a Parma molti non si alzano nemmeno da tavola. Tutta una tirata: pranzo e cena! Fanno la dodici ore del Lambrusco!
  • Gina: Dunque, c'era una volta un vecchio santone, [indica Cesare] come lei, che aveva un giovane discepolo, come lui. [indica Fabrizio] E tutt'e due camminavano per la campagna. E un giorno il vecchio santone disse al giovane: "Io avrei molta sete, mi andresti a prendere un bicchiere d'acqua?" E il giovane disse: "Sì, va bene." E s'incamminò per una strada e arrivò fino a una fontana e oltre la fontana vide un paese meraviglioso che lo affascinava molto, e...
    Fabrizio: ...e in questo paese conobbe una ragazza, misteriosa, straordinaria. Come te. E la sposò ed ebbero molti figli e visse con lei per vent'anni.
    Gina: Imbroglione, tu la sapevi già!
    Cesare: E dopo vent'anni scoppiò una terribile pestilenza, morirono tutti e si salvò solamente lui. Intanto era diventato più vecchio. Disperato s'incamminò per la campagna. Camminò molto e arrivò proprio al punto dove aveva lasciato il vecchio santone.
    Gina: E chi vide, seduto sui suoi stracci?
    Fabrizio: Proprio il vecchio santone che era ancora lì. E che gli disse...
    Gina: "Eh, ma quanto tempo che ci hai messo per andare a prendere un bicchiere d'acqua! È tutto il pomeriggio che t'aspetto!" [ridono] Ecco che il tempo non esiste. Hai capito? Per il discepolo era passata tutta una vita e il vecchio era ancora lì che aspettava la sua acqua.
    Fabrizio: Il fatto è che a forza di saggezza dei popoli, i popoli sono sempre morti di fame.
    Cesare: Fabrizio, ti sei rimesso a parlare proprio come un libro stampato.
    Gina: Credevo che voi due poteste andare d'accordo.
    Cesare: Certo, discutiamo proprio perché siamo d'accordo.
    Gina: Io mi annoierei.
    Cesare: Io invece ho capito che gli unici con i quali si può discutere sono quelli che hanno le tue stesse idee.
    Gina: Io sono un camaleonte e le idee degli altri mi fanno cambiare colore. Che cosa vuol dire?
    Cesare: Che probabimente lei è tanto sicura di se stessa che può ricevere tutto senza perdere niente.
    [...]
    Fabrizio: Hai ragione, d'accordo. Parlo come un libro stampato. Perché io devo parlare come un libro stampato per essere convincente. Ricordati però che sono i libri che mi passi tu e io gli credo.
  • Cinefilo: Tra vent'anni Anna Karina sarà come per noi oggi Louise Brooks: rappresenterà un'epoca intera. Dico bene o dico male? Il miracolo del cinema è questo per me. Niente ti dà più il senso del 1946, per esempio, della coppia Humphrey Bogart e Lauren Bacall nel Big Sleep di Hawks. Ma io ti sto annoiando con questo discorso. Dico bene o dico male?
    Fabrizio: No, scusami, stavo pensando a una cosa...
    Cinefilo: Anche quando sei entrato nel cinema Orfeo pensavi a dell'altro, dico bene o dico male?
    Fabrizio: Guarda, non so neanche che film ho visto. Sono entrato così. Era un'ora che giravo per strada.
    Cinefilo: Invece sono entrato alle sei. Sei e due otto e due e dieci. L'ho visto due volte.
    Fabrizio: Certi film non li sopporto.
    Cinefilo: Vertigo otto volte, Viaggio in Italia quindici volte. E tu puoi vivere senza Hitchcock e Rossellini!
    Fabrizio: Ma tu sei un drogato! Ma cosa vuoi farmi, un processo stasera?
    Cinefilo: Voi dite che René e Godard fanno dei film di evasione. Une femme est une femme è molto più engagé di tutti i film di De Santis e Lizzani e in un certo senso anche di Franco Rosi, insisto.
    Fabrizio: Ah, ma tu sei matto! Eh, sì, scusami, spiegati meglio. Se no vuol dire che mi stai prendendo in giro.
    Cinefilo: Il cinema è un fatto di stile, lo stile è un fatto morale. Non mi segui più, che ti succede?
    Fabrizio: Sono innamorato.
    Cinefilo: Ah, be', allora il problema diventa di contenuto. Non è più di stile.
    Fabrizio: Mi accorgo che-che non mi era mai successo prima. Non sapevo cosa volesse dire esserci dentro.
    Cinefilo: Racconta, dai.
    Fabrizio: [...] non capisco più niente.
    Cinefilo: Credevi che l'amore fosse una sovrastruttura, eh? Invece la donna è donna. Capitano delle cose nella vita di cui così, subito, profondamente, non si afferra il senso, ma sono importanti. Ti cambiano anche. Una carrellata per esempio. È stile, ma lo stile è un fatto morale. Mi ricordo una carrellata circolare di Nicholas Ray di 360°, che è uno dei luoghi, giuro, più altamente morali e quindi più engagé della storia del cinema. 360° di carrello, 360° di moralità.
    Fabrizio: Forse dovrei ridere, ma non posso.
    Cinefilo: Io sono un noioso che fa degli elenchi di film e il fatto è che stasera hai bisogno di stare solo, io magari ti ho scocciato.
    Fabrizio: Forse hai ragione.
  • Fabrizio: Sento che è tutto sbagliato, che anche questo modo di divertirsi è tutto sbagliato.
    Cesare: È tutto il pomeriggio che vai avanti così... Cosa vuoi?
    Fabrizio: Ma non c'è mica bisogno che te lo dica, che cosa voglio. Credevo che parlassimo la stessa lingua, io e te, che volessimo la stessa cosa.
    Cesare: Ma dai, la gente per divertirsi vuole vuole vedere Celentano da vicino, o la Mina...
    Fabrizio: Per questo dico che è tutto sbagliato. E dire che ho passato metà estate a girare per le sezioni. Giuro che qui sta andando tutto a puttane.
    [Alcune ragazze parlano della morte di Marilyn Monroe. Una delle ragazze dà la notizia per certa proprio per il fatto di averla letta sul giornale e sentita alla radio.]
    [...]
    Fabrizio: Il popolo prende quello che gli si dà. Mi fa paura.
    Cesare: Be', finché siamo noi a dare.
    Fabrizio: Il popolo accetta ciecamente. E se fossimo nell'errore?
    Cesare: In questo senso avremmo potuto sbagliare da sempre.
    Fabrizio: Infatti avete sbagliato. No, non dico gli errori piccoli, gli errori degli uomini: avete sbagliato perché in vent'anni il popolo non si è formato neppure uno straccio di coscienza.
    Cesare: Noi abbiamo le prove che una coscienza popolare esiste, fortissima anche.
    Fabrizio: Lo so cosa intendi, ma i fatti del luglio 1960[2] non mi bastano. Non mi bastano le rivoluzioni di un giorno.
    Cesare: Ma non contanto le lotte, gli scioperi, le conquiste sindacali?
    Fabrizio: Non mi bastano gli scioperi, le agitazioni sindacali, i primi maggio con le bandiere rosse. Nel '48, forse... Ma oggi chi è disposto a scioperare per la libertà dell'Angola? Dimmene uno che sia andato in Algeria a combattere! Chi scende più in piazza se ammazzano un negro in Alabama? Ma anche scendere in piazza non mi basta più. Ci vorrebbe un uomo nuovo, un'umanità di figli che sia padre per i loro padri. Lo sai.
    Cesare: Il proletariato ha degli ideali, non dimenticarlo.
    Fabrizio: Il proletario ha un solo ideale, irrazionale; ma non ne ha colpa, avete permesso che sognasse una dignità borghese e adesso vuole confondersi coi borghesi, vuole vestire abiti borghesi, vuole capire gli spettacoli borghesi, i libri borghesi...
    Cesare: I lavoratori vogliono migliorare le loro condizioni economiche, mi sembra giusto.
    [...]
    Fabrizio: Che cosa ha fatto il partito per Agostino?
    Cesare: E tu cos'hai fatto per Agostino? Tu dormivi, e la sua morte ti ha svegliato. E poi perché pretendi dal partito quello che non hai saputo fare tu?
    Fabrizio: Proprio perché non l'ho fatto io.
    Cesare: Ormai sei fuori, e credi di essere più dentro degli altri. Eh, ne ho già visti come te... Il tuo problema è un altro: se tu avessi più coraggio parleresti di Gina.
    Fabrizio: Gina, Gina.. Tu mi hai portato un libro, una volta... C'era una frase sottolineata: "Gli uomini fanno la loro storia in un ambiente che li condiziona". Tu me l'hai spiegata così: gli uomini agiscono in un ambiente che esisste già, ma sono gli uomini a fare la loro storia, non l'ambiente in cui vivono. Io sono il fallimento di quella frase. Bisogna aprire gli occhi: tu volevi modificarmi, anch’io l’ho sperato. E invece io sono una pietra, non muterò mai. Gina, volevo rimpirla di vitalità e invece l'ho riempita di angoscia. Una volta mi ha detto, vergognandosi un po', che aveva la febbre dei nervi. Io ho un'altra febbre. Una febbre che mi fa sentire la nostalgia del presente. Mentre vivo sento già lontanissimi i momenti che sto vivendo, così non voglio modificarlo il presente, lo prendo come viene, ma il mio futuro di borghese è nel mio passato di borghese. Così, per me, l'ideologia è stata una vacanza, una villeggiatura . Credevo di vivere gli anni della rivoluzione, invece vivevo gli anni prima della rivoluzione, perché è sempre prima della rivoluzione quando si è come me. [cominciano a cantare i canti comunisti] " I comunisti disdegnano di nascondere le loro opinioni e intenzioni. Dichiarano apertamente che i loro fini possono essere raggiunti soltanto col... con il rovesciamento violento..." [piange]
    Cesare: "...soltanto col rovesciamento violento di tutto l'ordinamento sociale fin'ora esistente. Le classi dominanti tremino al pensiero di una formazione comunista."
    Fabrizio: "I proletari non hanno da perdervi che le loro catene, hanno un mondo da guadagnare..."[3]

Citazioni su Prima della rivoluzione[modifica]

  • Prima della rivoluzione di Bertolucci ha l'ambizione e la struttura di un romanzo. I suoi presunti difetti sono vuoti (salti) di struttura. (Morando Morandini)

Note[modifica]

  1. Cfr. Pier Paolo Pasolini, La religione del mio tempo.
  2. La rivolta al governo Tambroni.
  3. Manifesto del Partito Comunista

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