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Utente:SunOfErat/Citazioni necessarie

Da Wikiquote, aforismi e citazioni in libertà.

Archivio

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  • Non c'è infatti processo del ricordare che non comporti un senso freudiano del "perturbante"; perché il rischio di una perdita di memoria, accidentale o volontaria, è sempre presente, anche in una società altamente digitalizzata come la nostra. (Cristina Baldacci, Mal d'archivio, Repubblica.it, 1° settembre 2013)
  • [...] al giorno dìoggi nulla è meno chiaro della parola "archivio".
[...] nothing is less clear today than the word "archive". (Jacques Derrida, Archive fever: A Freudian Impression. Religion and Postmodernism, Chicago: University of Chicago Press, 1996, p. 90)
  • [L'archivio è] l'imperativo della nostra epoca [...] non solo conservare ogni cosa, ma anche preservare ogni denotazione di memoria - anche se non siamo sicuri quale memoria viene mostrata - ma anche produrre achivi.
[the archive is the] imperative of our epoch [...] not only to keep everything, to preserve every indicator of memory – even when we are not sure which memory is being indicated – but also to produce archives. (Pierre Nora, Between Memory and History: Les Lieux de Mémoire, Representations. (26), 7-24, 1989, p. 14)
  • Gli archivi - sia nazionali che individuali - sono fabbriche di memoria e, al giorno d'oggi, la memoria è un grande business.
Archives – both national and individual – are memory factories and, today, memory is big business. (Siân Evans, The Archive in Theory: An Archivist's Fantasy Gone Mad, mysite.pratt.edu, 27 aprile 2010)
  • [...] la biblioteca di tutte le biblioteche [...] che colleziona le polveri di dichiarazioni che ancora una volta sono diventate inerti, e che potrebbe rendere possibile il miracolo della loro resurrezione.
[...] the library of all libraries [...] that which collects the dust of statements that have become inert once more, and which may make possible the miracle of their resurrection. (Michel Foucault, The Archaeology of Knowledge and the Discourse on Language, New York: Vintage books, 2010)
  • For Derrida the archive is a mediation of two conflicting forces, one being the death drive (the primal urge for destruction that is “archive destroying”) and the other being the archive drive or the desire for conservation that is inextricably linked to the pleasure principle. (Siân Evans, The Archive in Theory: An Archivist's Fantasy Gone Mad, mysite.pratt.edu, 27 aprile 2010; riprende Jacques Derrida, Archive fever: A Freudian Impression. Religion and Postmodernism, Chicago: University of Chicago Press, 1996, p. 11)
  • Gli archivi non solo ci ricollegano a quel che abbiamo perduto. Ci ricordano invece, come le scatole di Warhol, quel che in primo luogo non abbiamo mai posseduto.
Archives do not simply reconnect us with what we have lost. Instead they remind us, like Warhol's boxes, of what we have never possessed in the first place. (Sven Spieker, The Big Archive: Art from Bureaucracy, Cambridge, Mass: MIT Press, 2008)

Arte

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  • L'angoscia urla forte; l'uomo urla la sua anima; nella grande tenebra, essa invoca aiuto, grida allo spirito: ecco l'espressionismo. L'espressionista [...] cerca di restaurare l'Uomo nella sua giusta posizione. (Hermann Bahr, 1918; citato in J.H. Terfloth, The Universal Element in German Expressionistic Drama, in Educational Theatre Journal, 2 maggio 1962, p. 129; traduzione da Franco Perrelli, Le origini del teatro moderno: Da Jarry a Brecht, Laterza, Roma-Bari, 2016, p. 112. ISBN 9788858126301)
  • Nell'impressionismo mondo e Io, interno ed esterno si trovano uniti all'unisono. Nell'espressionismo l'Io sommerge il mondo [überflutet das Ich die Welt]. Non esiste così più alcuna esteriorità: l'espressionista realizza l'arte in una guisa sino ad oggi inaspettata [...]. Alla luce di questa enorme interiorizzazione, l'arte non ha più alcun presupposto. Diventa così elementare. L'espressionismo è stato soprattutto la rivoluzione per l'elementare. (Paul Hatvani, Versuch über den Expressionismus)
  • Not only Warhol's speech, but also Warhol's artwork is just such an experience of the outside: Warhol can ask other people what he should paint because "Pop comes from the outside." The secret is without depth, what is repeated is the emptiness of repetition: "I want it to be exactly the same. Because the more you look at the same exact thing, the more the meaning goes away, and the better and emptier you feel." Foucault has commented that in Warhol's painting, "concentrating on this boundless monotony, we find the sudden illumination of multiplicity itself—with nothing at its center, at its highest point, or beyond it." [...] This repetition is empty; as in Blanchot, it "doesn't speak and yet it has always been said already". (da Nicholas De Villiers, Opacity and the Closet: Queer Tactics in Foucault, Barthes, and Warhol, U of Minnesota Press, 2012, p. 97. ISBN 9780816675708.)
  • Dipingere le forme vestite dalla luce di altri mondi con i colori ottusi della terra è un compito arduo; esprimiamo gratitudine a chi ha tentato di farlo. Avrebbero bisogno di fuoco colorato, ma hanno solo pigmenti e terre a disposizione. (Annie Besant, 1904)

Foto

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  • Nella fotografia esistono, come in tutte le cose, delle persone che sanno vedere e altre che non sanno nemmeno guardare. (Nadar)
  • Tutte le fotografie sono dei memento mori. Scattare una foto significa partecipare alla mortalità, vulnerabilità e mutevolezza di un'altra persona. (Susan Sontag)
  • [Sul mugshot] [...] queste fotografie sono state scattate in momenti di forte stress per le persone ritratte. Si tratta del momento dell'arresto, colto a 1/125 di secondo. [...] guardatele attentamente: a partire dal 1880 atteggiamenti, espressioni, inquadrature cambiano poco. (Raynal Pellicer, Ritratti criminali, 2010, Mondadori Electa, p. 11. ISBN 9788837074203)

Sessualità

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  • In giving up an instinctive satisfaction, we simultaneously (1) internalize the authority presumably inhibiting the instinct, (2) increase our sense of guilt by intensifying our desire for satisfaction, (3) submit the ego to the fury of an aggressiveness originally intended for the inhibiting external authority. (Leo Bersani, The Freudian Body: Psychoanalysis and Art, 1986, p. 23)
  • Today the commonly used term gender expresses how sexual identities arc not uniquely biological, but, rather, it testifies to their cultural, social, and historical constructions; as Simone de Beauvoir stated, one is not born, but rather becomes, a woman. Nowadays we no longer talk about gender differences in a binary sense, but about gender as a mobile, changeable category, to the point of reaching (also via queer theory) transgender thought as the will to represent gender as no longer tied to identity as an unchangeable datum. Subjectivity refers to agency and the capacity of individuals to act within social systems. The shift from gender to trans-gender is not placed far from the body, nor does it transcend it, but rather frees it from its presumed immutability, fixedness, to reinstate the union between materiality and spirit, psyche and emotion, intellect and affectivity. If the term gender reveals the continuously evolving construction of sexuality and identity, the body is no longer perceived as a static biological datum, the site of a determined and deterministic sexuality, but rather as a palimpsest of identity experiences, narrating individual stories in their intertwining with collective ones. The body is thus a question, a bridge between the past and the present, a perception (on the part of others) that meets or clashes with one's perception of the self, a genealogic relay and a complex, individual, and collective memory, but also the will of a desirable, different future. (Rita Monticelli, "I would rather be a cyborg than a goddess": Genealogies, Re-Visions of the Body, and Feminist Figurations" in (a cura di) Lilla Maria Crisafulli, Gilberta Golinelli, Women’s Voices and Genealogies in Literary Studies in English, Cambridge Scholars Publishing, 2019, p. 44.)
  • L'immaginazione sessuale è illimitata quanto a prospettiva e a forza metaforica e non potrà mai essere davvero repressa [...] Specialmente adesso che il sesso sta diventando sempre più un’azione concettuale, intellettualizzata, lontana sia dall’affetto che dalla fisiologia, si devono tenere ben presenti i meriti delle perversioni sessuali. (J. G. Ballard, La mostra delle atrocità)
  • Nelle parole affascinanti di Baudrillard il perverso “sfugge alla legge per abbandonarsi alla regola [...] è la regola, non la sregolatezza” che accomuna i due membri del patto perverso, all’interno del quale è possibile ogni trasgressione, ma non “l’infrazione della Regola”. La regola instaura una serie di segni convenzionali, una logica artificiale e iniziatica estranea al mondo reale, un giuoco che si sottrae sia al principio del piacere che a quello della realtà. [...] La ripetizione e la ritualità, i cerimoniali e la cura dei dettagli caratterizzano entrambi, tuttavia il mondo erotico dell’ossessivo è totalmente asservito alla legge e ai divieti, così come quello perverso vi si sottrae, più che trasgredendoli, negandoli. Non casualmente i temi ossessivi, quando sono sessuali, sono perversi e, non potendo essere agiti, costituiscono l’oggetto delle più tenaci difese (28). Queste affinità fenomeniche, ed alcune segnalazioni di una risposta agli stessi trattamenti farmacologici hanno suggerito di includere le parafilie nello spettro dei disturbi ossessivo-compulsivi (38, 50, 28).
    Il perverso può anche conservare tratti ossessivi scindendosi in due mondi: nel primo accetta il sistema di regole del giuoco perverso, nell’altro si attiene alla legge ed alle norme convenzionali (31). Vi sarebbero quindi due tipi di perversi, uno che si dichiara e si ostenta pubblicamente in modo esibizionistico. narcisistico e grandioso, l’altro che invece mostra una facciata di assoluta normalità (e spesso di moralismo) [...] (Riccardo Dalle Luche, L'amore perverso. Eros melanconico e perversificazione, PsychoMedia.it)
  • Dopo un po' ci si rende conto che gli interpreti del porno, anche se recitano da cani, sono attori eccellenti in un unico dettaglio: riescono a restare seri. Del resto la mancanza di senso dell'umorismo, universale e istituzionalizzata, è la linfa vitale del porno. ((EN) Martin Amis, A rough trade, TheGuardian.com, 17 marzo 2001; traduzione da Dentro il porno, Internazionale.it, 28 marzo 2019)
  • Il porno è al servizio del "perverso polimorfo": il caos pressoché infinito del desiderio umano. Se nascondete una qualche perversità, allora prima o poi il porno riuscirà a individuarla. ((EN) Martin Amis, A rough trade, TheGuardian.com, 17 marzo 2001; traduzione da Dentro il porno, Internazionale.it, 28 marzo 2019)
  • Il pride è eccessivo perché è una città che si muove, e nella città c'è chiunque. C'è la drag, c'è il cattolico e c'è lo scemo e tutti gli altri. Non si può parlare di eccessivo, è l'uomo che è eccessivo. Noi eravamo un gruppetto piccolino ma veemente, con tanto di striscione col lenzuolo della nonna. C'era anche la suora che ci segue e ospita nel suo convento. (Iacopo Ialenti, citato in Vincenzo Ligresti Com'è essere giovani, gay e cattolici in Italia, Vice.com, 23 giugno 2017.)
  • Il BDSM è un’azione erotica che gioca criticamente con la morte e con molti aspetti che la società contemporanea tende a minimizzare o gestire in un approccio diverso. Mi riferisco all'esperienza del dolore o all'esperienza della relazione amorosa. Il sadomasochismo consensuale non partecipa alla biologizzazione e alla negazione della morte tipica della contemporaneità soprattutto occidentale. Esso gioca con il simbolismo della morte attraverso azioni volontarie che pongono in essere una particolare concezione del corpo e della vita. La morte è erotizzata in un processo che trova il suo cuore pulsante nella ricerca del piacere. La ricerca del piacere si può concepire come modalità politica volta a sperimentare e vivere la corporeità e le relazioni in maniera critica rispetto alle norme socialmente condivise su cui il vivere umano si basa e costruisce i suoi principi si inclusione ed esclusione. (Nicoletta Landi, BDSM. Ars erotica tra dolore e piacere, Rivista di Sessuologia, 35 (4) 2011)
  • [...] la carezza non è un semplice sfiorare: ma un foggiare. Carezzando l’altro, io faccio nascere la sua carne con la mia carezza, sotto le mie dita. La carezza fa parte dell’insieme di cerimonie che incarnano l’altro. Ma, si può obbiettare, non era forse già incarnato? No. La carne dell’altro non esisteva esplicitamente per me, perché percepivo il corpo dell’altro in situazione; non esisteva per lui perché la trascendeva verso le sue possibilità e verso l’oggetto. La carezza fa nascere l’altro come carne per me e per lui. [...] Così la carezza non si distingue per nulla dal desiderio: carezzare cogli occhi o desiderare è la stessa cosa; il desiderio si esprime con la carezza come il pensiero col linguaggio. [...] Nel desiderio e nella carezza che l’esprime, mi incarno per realizzare l’incarnazione dell’altro; e la carezza, realizzando l’incarnazione dell’altro, mi manifesta la mia incarnazione; cioè io mi faccio carne per indurre l’altro a realizzare per-sé e per me la sua carne e le mie carezze fanno nascere per me la mia carne [...] (Jean-Paul Sartre, L’essere e il nulla. La condizione umana secondo l’esistenzialismo, trad. di Giuseppe Del Bo, NET, 2002, pp. 438-445.)

Altro

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  • Spinti dalla richiesta sociale di persistere nella ricerca del successo, oltre che dall'ambizione dell'efficienza, diventiamo al tempo stesso mandanti e sacrificatoti ed entriamo in una spirale di autolimita-zione, autosfruttamento e collasso. «Quando la produzione è immateriale, tutti ne possiedono i mezzi. Il sistema neoliberista non è più un sistema classista nel vero senso della parola. Non è più costituito da classi in conflitto tra loro. Questo ne garantisce la stabilità». Han sostiene che tutti sono diventati sfruttatori di sé stessi. «Oggi ognuno è un lavoratore autonomo che si autostrutta. Ognuno è al tempo stesso schiavo e padrone. Perfino la lotta di classe si è trasformata in una lotta contro sé stessi». Gli individui sono diventati quello che Han chiama «soggetti orientati all'obiettivo»; non pensano di essere «soggetti» soggiogati ma piuttosto «progetti che si modificano e si reinventano continuamente», il che diventa «una forma di compulsione e costrizione, quindi a un tipo più efficiente di soggetivazione e sottomissione. Essendo un progetto che si ritiene libero da limitazioni esterne, adesso l'Io si sottomette a limitazioni interne e costrizioni autoimposte, che stanno assumendo la forma di una ricerca compulsiva del successo tramite l'ottimizzazione»? (Byung-Chul Han, citato in Slavoj Žižek, Virus: Catastrofe e solidarietà, traduzione di Federico Ferrone, Bruna Tortorella e Valentina Salvati, Ponte alle Grazie, Milano, 27 marzo 2020 (quinta edizione), p. 54; traduzione di Byung-Chul Han</ref>)
  • Una persona è un ominide con un cervello infettato che ospita milioni di simbionti culturali, e i canali principali attraverso i quali questi ospiti si trasmettono fanno parte dei sistemi simbionti conosciuti come linguaggi. (Richard Dawkins, citato in Daniel C. Dennett, L'evoluzione della libertà, Milano, Raffaello Cortina Editore, 2004, p. 228; citato in Slavoj Žižek, Virus: Catastrofe e solidarietà, traduzione di Federico Ferrone, Bruna Tortorella e Valentina Salvati, Ponte alle Grazie, Milano, 27 marzo 2020 (quinta edizione), p. 44.)
  • Fare del proprio meglio. Rifare. Ritoccare impercettibilmente ancora questo ritocco. «Correggendo le mie opere, – diceva Yeats, – correggo me stesso». (Marguerite Yourcenar)
  • Un uomo che vuole la verità diventa scienziato; un uomo che vuole lasciare libero gioco alla sua soggettività, diventa magari scrittore; ma che cosa deve fare un uomo che vuole qualche cosa di intermedio tra i due? (Robert Musil, L'uomo senza qualità)
  • To invent the sailing ship or steamer is to invent the shipwreck. To invent the train is to invent the rail accident of derailment. To invent the family automobile is to produce the pile-up on the highway. To get what is heavier than air to take off in the form of an aeroplane or dirigible is to invent the crash, the air disaster. (Paul Virilio, The Original Accident, Malden, MA, Polity, 2007, p. 10.)
  • [...] the lie wasn't covering up anything else. We all know stories about people who lead double lives, but here there was no double life - hiding behind the lie was nothing but a total void. And I found echoes of that emptiness in my own life... I don't go to an office, no one knows exactly what I do - I am the only witness to my life, which was the case with Romand. I spend days on my own staring at the ceiling, and he spent his days alone in his car. And I'd say that in that respect there was some kind of identification - I wanted to know what went through his head all those empty days he spent in his car. (da Empathy with the devil, TheGuardian.com, 14 gennaio 2001.)
  • Se la capacità di disobbedire ha segnato l'inizio della storia umana, può darsi benissimo che l'obbedienza ne provochi la fine. [...] Non voglio dire, con questo, che ogni disobbedienza è una virtù e ogni obbedienza un vizio. Far propria un'opinione del genere significherebbe ignorare il rapporto dialettico che intercorre tra obbedienza e disobbedienza. [...] L'essere umano capace solo di obbedire è uno schiavo; chi sa soltanto disobbedire e non obbedire è un ribelle (non un rivoluzionario). [...] L'obbedienza alla propria ragione o convinzione (obbedienza autonoma) è invece un atto di autoaffermazione, non di sottomissione.[...] L'uomo inserito in una organizzazione ha perduto la capacità di disobbedire e non è neppure consapevole del fatto che obbedisce. (Erich Fromm, La disobbedienza e altri saggi, 1981, pp. 13-15)
  • Se si arrivasse a essere coscienti degli organi, di tutti gli organi, si avrebbe un'esperienza e una visione assoluta del proprio corpo, il quale sarebbe così presente alla coscienza che non potrebbe più compiere i servizi ai quali è costretto: diventerebbe esso stesso coscienza, e cesserebbe in tal modo di svolgere la sua funzione di corpo. (Emil Cioran, Squartamento, 1979)
  • «Out of the ash I rise with my red hair / And I eat men like air», Sylvia Plath in Lady Lazarus
  • C'è un tipo di bianco che è più bianco, e questo era proprio quel tipo di bianco. C'è un tipo di bianco che respinge tutto ciò che gli è inferiore, e cioè quasi ogni cosa. E questo era quel tipo di bianco. C'è un tipo di bianco che non è creato dalla candeggina, ma è esso stesso candeggina. E questo era quel tipo di bianco. Questo bianco era bianco in maniera aggressiva. Imponeva la sua influenza su tutto quello che gli era attorno, e niente gli sfuggiva. (David Batchelor, Cromofobia. Storia della paura del colore, traduzione di M. Sampaolo, Mondadori, Milano, 2001, cap. 1 Scenari del bianco, p. 2. ISBN 9788842497684)
  • Bianco puro: questo è certamente un problema occidentale, e non c'è modo di liberarsene. (David Batchelor, Cromofobia. Storia della paura del colore, traduzione di M. Sampaolo, Mondadori, Milano, 2001, cap. 1 Scenari del bianco, p. 6. ISBN 9788842497684)
  • Il corpo ideale: senza carne di alcun tipo, vecchia o giovane, bella o butterata, profumata o puzzolente; senza movimento, né esterno né interno; senza appetiti. (Questo il motivo per cui la cucina era un luogo così fastidioso, ma non fastidioso quanto la toilette.) Ma forse c'era qualcosa di più perverso; forse questo era un modello di ciò cui il corpo dovrebbe assomigliare dall'interno. Non un luogo di fluidi, organi, muscoli, tendini e ossa tutti in tensione costante, precaria e vivente fra loro, ma una camera sgombra, vuota, bianca, tutta ripulita, purificata da ogni testimonianza dei grotteschi imbarazzi della vita attuale. Non odori, non rumori, non colori; nessun cambiamento da uno stato a un altro e l'incertezza che ne consegue; nessuno scambio col mondo esterno e nessun dubbio e sporcizia che l'accompagnano; niente mangiare, niente bere, niente pisciare, niente cacare, niente succhiare, niente fottere, niente di niente. (David Batchelor, Cromofobia. Storia della paura del colore, traduzione di M. Sampaolo, Mondadori, Milano, 2001, cap. 1 Scenari del bianco, p. 15. ISBN 9788842497684)
  • Se i cosmetici possono sia valorizzare la bellezza sia nascondere la bruttezza, essi possono anche soffocare la vita. Sono realmente contro natura; possono essere usati per decorare un cadavere, ma possono anche fare un cadavere di quello che decorano. (David Batchelor, Cromofobia. Storia della paura del colore, traduzione di M. Sampaolo, Mondadori, Milano, 2001, cap. 3 Apocalypstick, p. 66. ISBN 9788842497684)
  • In almeno un senso, tutta la pittura è cosmetica. Tutta la pittura comporta che si spalmi della pasta colorata su una superficie piana, insulsa, ed è fatta al fine di imbrogliare e ingannare un osservatore, un osservatore che vuole farsi imbrogliare e ingannare lasciandosi trascinare a vedere qualcosa che non c'è. E dietro il trucco che è la pittura, non c'è niente. Non c'è sostanza sotto la superficie, non profondità dietro l'apparenza. Lo stesso vale, naturalmente, per il film, che ai nostri occhi è spesso un cosmetico più mistico della pittura. Dietro la danzante luce colorata, c'è appunto anche qui uno schermo piatto, una monocromia-nel-mondo di cui siamo costretti a ricordarci all'inizio e alla fine di ogni proiezione. (David Batchelor, Cromofobia. Storia della paura del colore, traduzione di M. Sampaolo, Mondadori, Milano, 2001, cap. 3 Apocalypstick, p. 71-72. ISBN 9788842497684)
  • Essi bruciano con molta luce, e poi muoiono. Gli uomini coloriti illuminano ciò che sta loro intorno, ma per farlo si consumano. (David Batchelor, Cromofobia. Storia della paura del colore, traduzione di M. Sampaolo, Mondadori, Milano, 2001, cap. 3 Apocalypstick, p. 79. ISBN 9788842497684)
  • Il corpo è uno dei mezzi con cui noi ci esprimiamo quando esauriamo le parole. [...] Spesso noi affrontiamo il mondo con un gesto piuttosto che con una parola, mostrando piuttosto che dicendo. Indicando. Portando campioni. Tirando fuori cose e mettendole giù. Anche le parole tradiscono la nostra dipendenza da qualche muto gesto: quando spieghiamo qualcosa, noi "la mostriamo"; quando qualcosa è spiegata, noi l'"afferriamo". Quante volte, quando si tratta di colore – quando, cioè, abbiamo bisogno per qualche ragione di essere precisi a proposito del colore – siamo costretti a ritornare a un gesto? Quante volte ci troviamo a dover indicare un esempio di colore? (David Batchelor, Cromofobia. Storia della paura del colore, traduzione di M. Sampaolo, Mondadori, Milano, 2001, cap. 4 Hanunoo, p. 102, p. 79. ISBN 9788842497684)
  • Le insegne al neon, i cartelli delle bevande gassate, le pubblicità delle sigarette, i poster, i graffiti, e i collage di manifesti strappati contribuiscono a rendere la città un luogo in cui l'arte accade. Un tipo di arte casuale, di poster stratificati [...] che illustrano la città anche se non ci sono le persone. (Fred Herzog, An Interview with Fred Herzog – 'In His Own Words' (excerpts), americansuburbx.com, 9 maggio 2013)
  • Là vidi una donna seduta sopra una bestia scarlatta, coperta di nomi blasfemi, con sette teste e dieci corna. La donna era ammantata di porpora e di scarlatto, adorna d'oro, di pietre preziose e di perle, teneva in mano una coppa d'oro, colma degli abomini e delle immondezze della sua prostituzione. (Apocalisse di Giovanni 17:4)
  • Un tempo per me internet era una freccia che partiva dal mio pc e si perdeva nelle profondità dello scibile umano. Oggi è una freccia che punta verso di me mentre io punto verso di lei: una specie di specchio. (Clara Mazzoleni, In memoria di Rotten, rivistastudio.com, 5 dicembre 2017)
  • Molti adulti sono preoccupati perché questi ragazzi "copiano" contenuti mediatici già esistenti invece di creare opere originali. Le loro appropriazioni si dovrebbero invece considerare come una sorta di apprendistato. Una volta i giovani artisti imparavano dai maestri affermati, a volte contribuendo ai loro lavori, spesso seguendo il loro modello prima di sviluppare stili e tecniche proprie. Le nostre aspettative moderne circa l'originalità creativa rappresentano un carico pesante per chiunque si trovi agli esordi della carriera. (Henry Jenkins, Cultura convergente, traduzione di V. Susca, M. Papacchioli e V. B. Sala, Apogeo, Milano 2007, p. 193. ISBN 978-88-503-2629-7.)
  • Non illudiamoci che la memoria sia fatta di vaghe ombre. È fatta di occhi, che ti guardano dritto in faccia; e di dita, che ti accusano. (Il portiere di notte)
  • We should stop calling people who experience impostor syndrome “people who experience impostor syndrome” and start calling people who don’t experience impostor syndrome “overconfident weirdos.” ( L.V. Anderson, Feeling Like an Impostor Is Not a Syndrome, Slate.com, 16 aprile 2016)
  • È nostra arroganza definire «maschili» la schiettezza, la lealtà e la cavalleria quando la vediamo in una donna; è loro arroganza descrivere come «femminili» la sensibilità, il tatto o la dolcezza in un uomo. (C. S. Lewis)
  • Tutto va per il meglio nel peggiore dei mondi possibili... (Dino Campana, lettera dell'11 aprile 1930 a Bino Binazzi, spedita dal manicomio di Castelpulci)
  • Così l'uomo dal cuore inaridito, incapace di amare, portatore di corruzione e divoratore della vitalità altrui, morto nella miseria della propria anima e vivo in un'esistenza mostruosa, esprime la remota vibrazione del proprio dramma nella forma spaventosamente sincera del vampiro. (Giacomo Manzoli, 30 passi nella storia del cinema, Cinemalibero, Bologna, 2005, p. 23, ISBN 8886861648)
  • Il manichino, nell'uso che ne fa Kantor, diventa una sorta di riconduzione della marionetta al suo "rango più basso", utilizzata, cioè, come doppio ambiguo e finanche grottesco dell'umano. Alla radice di tale scelta vi è sempre quell'attenzione per il superamento dell'organico che caratterizza formulazioni teoriche craighiane ma con in respiro tutto diverso. La funzione di "doppio", infatti, viene assunta, spesso alla lettera. Il manichino che duplica lo zio prete, in Wielopole Wielopole, o quello della madre sono l'immagine speculare del corpo dell'attore e dell'immagine del personaggio ma, sottratti come sono all'azione (e, in altre parole, alla vita), ne rappresentano la qualità iconica, la qualità di un'immagine, cioè, che si vuole emblema di una determinata situazione. Il manichino, dunque, ci appare come personaggio risolto nella pura immagine di sé. Personaggio senza persona. (Lorenzo Mango, La scrittura scenica: Un codice e le sue pratiche nel teatro del Novecento, Bulzoni Editore, 2003, p. 167. 9788883198496)
  • Le notizie false della storia nascono certamente spesso da osservazioni individuali inesatte o da testimonianze imperfette, ma questo infortunio iniziale non è tutto e in realtà in se stesso non spiega nulla. L'errore si propaga, si amplifica e vive solo a una condizione: trovare nella società in cui si diffonde un brodo di cultura favorevole. In quell'errore, gli uomini esprimono inconsciamente i propri pregiudizi, odi e timori, cioè tutte le loro forti emozioni. Soltanto [...] dei grandi stati d'animo collettivi hanno poi la capacità di trasformare una cattiva percezione in una leggenda. ((FR) Marc Bloch, Réflexions d'un histiruen sur les fausses nouvelles de guerre, Revue de synthèse historique, Parigi, agosto 1921, volume XXXIII, pp. 13-35; citato in Cesare Bermani, Il bambino è servito: leggende metropolitane in Italia, p. 15, Dedalo, 1991, ISBN 9788822045317)
  • Il mondo non è diviso in pecore e capre. Non tutte le cose sono bianche o nere. È fondamentale nella tassonomia che la natura raramente ha a che fare con categorie discrete. Soltanto la mente umana inventa categorie e cerca di forzare i fatti in gabbie distinte. Il mondo vivente è un continuum in ogni suo aspetto. Prima apprenderemo questo a proposito del comportamento sessuale umano, prima arriveremo ad una profonda comprensione delle realtà del sesso. (Alfred Kinsey, Il comportamento sessuale nel maschio umano)
  • In ogni attività creativa, colui che crea si fonde con la propria materia, che rappresenta il mondo che lo circonda. Sia che il contadino coltivi il grano o il pittore dipinga un quadro, in ogni tipo di lavoro creativo, l'artefice e il suo oggetto diventano un'unica cosa: l'uomo si unisce col mondo nel processo di creazione. (Erich Fromm, L'arte di amare)
  • Ho provato, ho fallito. Non importa, riproverò. Fallirò meglio. (Samuel Beckett, Molloy)
Ho sempre tentato. Ho sempre fallito. Non discutere. Fallisci ancora. Fallisci meglio.
Ever tried. Ever failed. No matter. Try again. Fail again. Fail better
  • La maggioranza dell'umanità vive un'esistenza di tranquilla disperazione. (Henry David Thoreau)
  • La morte di qualsiasi uomo mi sminuisce, perché io sono parte dell'umanità. E dunque non chiedere mai per chi suona la campana: suona per te. (John Donne, Meditation XVII)
  • Pensare prima di parlare è la parola d'ordine del critico. Parlare prima di pensare è quella del creatore. (Edward Morgan Forster, Two Cheers for Democracy, The Raison d'Etre of Criticism in the Arts)
  • Ebbi una lite d'amore col mondo. (Epitaffio di Robert Frost)
I had a lover's quarrel with the world.
  • Abbi vergogna di morire solo se non avrai conseguito alcuna vittoria per l'umanità. (Horace Mann, Address at Antioch College (1859))
Be ashamed to die until you have won some victory for humanity.
  • Sarò onesto, perché c'è chi ha fiducia in me; | Sarò puro, perché c'è chi mi vuole bene; | Sarò forte, perché c'è molto da soffrire; | E sarò coraggioso perché c'è tanto da sfidare (Howard A. Walter)
I would be true, for there are those who trust me; | I would be pure, for there are those who care; | I would be strong, for there is much to suffer; | I would be brave, for there is much to dare.
  • Tutte le famiglie felici si somigliano; ogni famiglia infelice è invece disgraziata a modo suo. (Lev Tolstoj, Anna Karenina)
  • Per ammalarsi, si deve entrare in contatto con una persona malata o con qualcosa che abbia toccato. Per spaventarsi basta entrare in contatto con una calunnia, con la televisione, con internet. (Contagion, Dr. Ellis Cheever)
  • A me piacciono troppe cose e io mi ritrovo sempre confuso e impegolato a correre da una stella cadente all'altra finché non precipito. (Jack Kerouac)
  • Come aborro quella scatola! Quella unidirezionale pompa spara-feccia che ronza e rutta! (I Simpson, Telespalla Bob e la televisione)
  • The first and best of victories is for a man to conquer himself ; to be conquered by himself is, of all things, the most shameful and vile. (Platone, Le leggi)
  • Tu puoi continuare a procrastinare, ma il tempo non lo farà per te. (Benjamin Franklin)
  • Umberto Eco, Postille a "Il nome della rosa", Alfabeta, n°. 49, giugno 1983. «Ho riscoperto così ciò che gli scrittori hanno sempre saputo (e che tante volte ci hanno detto): i libri parlano sempre di altri libri e ogni storia racconta una storia già raccontata. [...] Ho scoperto dunque che un romanzo non ha nulla a che fare, in prima istanza, con le parole. Scrivere un romanzo è una faccenda cosmologica, come quella raccontata nel Genesi. [...] Il problema è costruire il mondo, le parole verranno quasi da sole. Rem tene, verba sequentur.»
  • Non è per una mancanza di amore verso la parola che questo film non ha dialoghi. È perché, dal mio punto di vista, il nostro linguaggio è in uno stato di grande umiliazione: non riesce più a descrivere il mondo in cui viviamo. (Godfrey Reggio)
It's not for lack of love of the language that these films have no words. It's because, from my point of view, our language is in a state of vast humiliation. It no longer describes the world in which we live.
  • La causa fondamentale dei problemi è che nel mondo moderno gli stupidi sono sicuri di sé mentre gli intelligenti sono pieni di dubbi. (Bertrand Russell)
The fundamental cause of the trouble is that in the modern world the stupid are cocksure while the intelligent are full of doubt.
  • Per molti maschi bianchi arrabbiati e appartenenti alla classe operaia questo cambiamento è profondamente destabilizzante. Una società che dà la stessa importanza ai neri o alle donne lesbiche contraddice tutti i valori con cui questi tradizionalisti (alcuni li chiamerebbero reazionari) sono cresciuti. Per dirla in modo più diretto: in passato i maschi bianchi eterosessuali della classe lavoratrice potevano consolarsi con l'idea che c'erano altri sotto di loro nella gerarchia sociale. Vivevano in una società che li metteva al di sopra dei gay, di chi non era bianco e delle donne. Ora quell'idea è svanita, insieme ai posti di lavoro e alla casa. (Jonathan Freedland, Benvenuti nell'era di Donald Trump, Internazionale.it, 9 novembre 2016.)
  • Il mio passato è una malattia contratta nell'infanzia. Perciò ho deciso di capire come. Questo referto, dunque, non vuole essere un teatro anatomico, piuttosto un susseguirsi di fotogrammi, dove quello che conta è il flusso dell'immagine, il corpo sgusciante che vibra sotto di me, la sua forma mutante tra le forme: vasi sanguigni, conchiglie di molluschi, cellette d'api, snodi autostradali, pelvi di uccelli, cristalli e filettature aerodinamiche. Non c'è trama, ma trauma: un esercizio di patopatia. Non c'è teoria, ma racconto di piccole catastrofi, giocate dentro gli spazi interstellari della carne. (Valerio Magrelli, Nel condominio di carne, Giulio Einaudi Editore)
  • Tutta la nostra storia è unicamente quella degli uomini svegli; nessuno, sino ad ora, ha pensato ad una storia di uomini che dormono. (Georg Christoph Lichtenberg)
  • [...] silenzio non assenza | di parole o musica oppure | suoni malvagi. | Il silenzio può essere un piano | rigorosamente completato | la cartografia della vita | è una presenza | ha una storia una forma. | Non confonderla | con qualsiasi tipo di assenza. (da Cartografie Del Silenzio[1]
Silence not absence | of words or music or even | raw sounds | Silence can be a plan | rigorously executed | the blueprint to a life | It is a presence | it has a history a form | Do not confuse it with any kind of absence.
  • People who write conspiracy theory narratives tend to want an explanation that matches the size of the phenomenon they are looking at. 9/11 was the perfect brainstorm: it seeds the public imagination with vivid images and horrific death tolls. For many of us has been very difficult to deal with that and for conspiracy theorist they deal with it by writing stories in which they are the hero for unraveling what really went on. (dal documentario The 9/11 Conspiracies: Fact or Fiction, History Channel, 2007)
  • La credenza che la realtà che ognuno vede sia l'unica realtà possibile, è la più pericolosa di tutte.
The belief that one's own view of reality is the only reality is the most dangerous of all delusions. (Paul Watzlawick, How Real Is Real?: Confusion, Disinformation, Communication, New York, Vintage, 1977)
  1. Citato in 100 Passi nell'anima. Antologia poetica, Ass. Sintesi Azzurra E-book, Bologna, 2010, p. 65