Søren Kierkegaard

Da Wikiquote, aforismi e citazioni in libertà.
Søren Kierkegaard

Søren Aabye Kierkegaard (1813 – 1855), filosofo, teologo e scrittore danese.

Citazioni di Søren Kierkegaard[modifica]

  • Che la sostanza di Spinoza significhi qualcosa d'altro, lo si vede facilmente; perché la sua sostanza è una necessità interna, nella quale per l'appunto ciò ch'è casuale (l'accidentale) svanisce perciò continuamente. Insomma la sostanza di Spinoza è l'espressione metafisica per la verità cristiana della Provvidenza la quale a sua volta corrisponde al destino in quanto esso è unità di necessità e casualità in modo che il caso c'è certamente, ma anche in modo che per essa il caso non esista.[1]
  • Che maledizione essere donna! Eppure, quando si è una donna, la peggiore maledizione è infatti non capire di esserlo.[2]
  • Chi non è ardentemente convinto che il principio vitale dell'amore è l'idea, alla quale bisogna sacrificare, se è necessario, la vita e quel che è più, l'amore stesso, sia pure un amore felice, chi non è convinto di questo è bandito dal regno della poesia. Ma ove l'amore è nell'idea, ogni commozione, ogni fuggevole moto dell'animo ha il suo significato, perché l'essenziale è continuamente presente, ossia la collisione poetica che, a quel che io so, può essere ben più terribile di quella che ho qui descritta. Ma a voler servire l'idea, il che non vuol dire servire due padroni, quando l'altro padrone è l'amore, si richiede una logorante fatica, perché nessuna bella può servire le esigenze che ha l'idea, né il broncio di una fanciulla contrariata è paragonabile all'ira profonda dell'idea, ira che soprattutto non si può mai dimenticare.[3]
  • Ci sono uomini il cui destino deve essere sacrificato per gli altri, in un modo o nell'altro, per esprimere un'idea, ed io con la mia croce particolare fui uno di questi.[4]
  • Ciò di cui ho veramente bisogno è di chiarire nella mia mente ciò che devo fare, non ciò che devo conoscere, pur considerando che il conoscere deve precedere ogni azione. La cosa importante è capire a che cosa sono destinato, scorgere ciò che la Divinità vuole che io faccia; il punto è trovare la verità che è vera per me, trovare l'idea per la quale sono pronto a vivere e a morire.[4]
  • Cos'è che rende un uomo grande, ammirato dal creato, gradevole agli occhi di Dio? Cos'è che rende un uomo forte, più forte del mondo intero; cos'è che lo rende debole, più debole di un bambino? Cos'è che rende un uomo saldo, più saldo della roccia; cos'è che lo rende molle, più molle della cera? È l'amore! Cos'è che è più vecchio di tutto? È l'amore. Cos'è che sopravvive a tutto? È l'amore. Cos'è che non può essere tolto, ma toglie lui stesso tutto? È l'amore. Cos'è che non può essere dato, ma dà lui stesso tutto? È l'amore. Cos'è che sussiste, quando tutto frana? È l'amore. Cos'è che consola, quando ogni consolazione viene meno? È l'amore. Cos'è che dura, quando tutto subisce una trasformazione? È l'amore. Cos'è che rimane, quando viene abolito l'imperfetto? È l'amore. Cos'è che testimonia, quando tace la profezia? È l'amore. Cos'è che non scompare, quando cessa la visione? È l'amore. Cos'è che chiarisce, quando ha fine il discorso oscuro? È l'amore. Cos'è che dà benedizione all'abbondanza del dono? È l'amore. Cos'è che dà energia al discorso degli angeli? È l'amore. Cos'è che fa abbondante l'offerta della vedova? È l'amore. Cos'è che rende saggio il discorso del semplice? È l'amore. Cos'è che non muta mai, anche se tutto muta? È l'amore, e amore è solo quello che mai si muta in qualcos'altro.[5]
  • Così, entrai nella vita favorito in tutti i modi, in quanto a doni di spirito e a circostanze esteriori; tutto veniva fatto e si veniva facendo perché lo spirito si sviluppasse in me con la maggiore possibile ricchezza; fidente, posso ben dirlo – sebbene con una simpatia e predilezione decisa per la sofferenza, e per ciò che fosse in qualche maniera oppresso e dolorante – entrai nella vita [...]: neppure per un attimo, nella vita, mi abbandonò la fiducia: si può ciò che si vuole, ma non si può una sola cosa; si può assolutamente tutto, ma una sola cosa no: alleviare la malinconia, che mi tiene in suo potere. [...] già per tempo ebbi familiare il pensiero che vincere significa vincere in ciò che è infinito; la qual cosa, nell'àmbito di ciò che è finito, significa patire. E così anche questo veniva a ribattere dall'altro capo il più intimo pensiero della mia malinconia: che io in fondo non fossi buono a nulla nell'àmbito di ciò che è finito.[6]
  • Dal momento in cui per la prima volta il mio animo commosso s'inchinò in umile ammirazione davanti alla musica di Mozart, è stata spesso per me una cara e consolante occupazione meditare come quella gioiosa visione ellenica della vita che chiama il mondo Kosmos, perché lo rappresenta come un tutto per ordinato, come uno squisito e trasparente ornamento di quello spirito che in esso agisce e vive..., come quella gioiosa visione si possa trasportare in un ordine superiore di cose, cioè nel mondo degli ideali; poiché anche qui si rileva una suprema mirabile saggezza, che si manifesta splendidamente nel riunire le cose che si appartengono: Omero e la guerra di Troia, Raffaello ed il cattolicesimo, Mozart e il "Don Giovanni"... Mozart immortale! A te devo tutto, è per te che ho perso il senno, che il mio spirito è stato colpito da meraviglia ed è stato scosso nelle sue profondità; devo a te se non ho trascorso la vita senza che nulla fosse capace di scuotermi.[7]
  • Dio non pensa, Egli crea; Dio non esiste, Egli è eterno. L'uomo pensa ed esiste e l'esistenza separa pensiero ed essere, li distanzia l'uno dall'altro nella successione [...].[8]
  • Grande è la fedeltà femminile, specie quando la si declina![9]
  • Il paganesimo aveva un dio per l'amore ma non per il matrimonio; il cristianesimo ha, oserei dire, un dio per il matrimonio ma non per l'amore.[10]
  • L'essenza della donna è un abbandono sotto forma di resistenza.[11]
  • L'ironia è l'occhio sicuro che sa cogliere lo storto, l'assurdo, il vano dell'esistenza.[12]
  • La mia anima si rifugia sempre nel Vecchio Testamento ed in Shakespeare. Là almeno si sente qualche cosa: là son uomini che parlano. Là si odia! là si ama, si uccide il nemico, si maledice ai posteri per tutte le generazioni; là si pecca.[13]
  • Lascia che altri si lagni che i tempi sono cattivi: io mi lagno ch'essi sono miserabili, perché senza passione.[13]
  • Non dovrò mai essere tentato di lavorare per vivere: un po' perché pensavo che avrei dovuto morire giovanissimo, e un po' perché pensavo che in considerazione di questa mia particolare croce Dio mi avrebbe risparmiato questa sofferenza e questo problema.[4]
  • Non importa sapere che Dio esiste; importa sapere che Dio è amore.[14]
  • Ogni uomo è una sintesi di corpo e anima, destinata a esser spirito, cioè ad abitare nella casa; ma l'uomo preferisce stare in cantina, cioè nella determinazione della sensualità. E non solo preferisce stare in cantina, ma l'ama a tal punto da arrabbiarsi se qualcuno gli propone di occupare il piano di sopra che è vuoto e a sua disposizione perché la casa in cui abita è sua.[15]
  • Se io non avessi Giobbe! Non posso spiegarvi minutamente e sottilmente quale significato e quanti significati egli abbia per me. Io non lo leggo con gli occhi come si legge un altro libro, me lo metto per così dire sul cuore e in uno stato di clairvoyance interpreto i singoli passi nella maniera più diversa. Come il bambino che mette il libro sotto il cuscino per essere certo di non aver dimenticato la lezione quando al mattino si sveglia, così la notte mi porto a letto il libro di Giobbe. Ogni sua parola è cibo, vestimento e balsamo per la mia povera anima.[16]
  • Siamo tanto poveri di occasioni favorevoli che quando una si mostra conviene in verità approfittarne, visto che purtroppo non c'è nessuna arte nel sedurre una fanciulla, ma è solo questione di fortuna trovarne una degna d'essere sedotta.[17]
  • Uscirò dal largo cerchio della società, mi separerò dal suo modo di pensare, formerò una setta che non solo ponga Mozart in alto, ma non conosca altri che Mozart.[18]

Aut–Aut[modifica]

Incipit[modifica]

Amico mio! Quello che ti ho già detto tante volte, te lo ripeto, anzi te lo grido: o questo o quello, aut-aut! (2015)

Citazioni[modifica]

  • Chi striscia sulla terra non è esposto a cadere tanto facilmente come chi sale sulle cime delle montagne. (2015)
  • Chi vuol essere superiormente dotato, deve accettare anche che io gli addossi la responsabilità di poter essere anche più colpevole degli altri. (2015)
  • Cos'è dunque la malinconia? È l'isterismo dello spirito. Giunge un momento nella vita dell'uomo in cui l'immediatezza diviene quasi matura e in cui lo spirito esige una forma superiore nella quale afferrare se stesso come spirito. Come spirito immediato l'uomo è una cosa sola con tutta la vita terrena, e lo spirito si vuol quasi raccoglier fuori da questa dispersione, e trasfigurarsi in se stesso: la personalità vuole diventare cosciente di sé nel suo eterno valore. Se questo non accade, se il movimento si ferma, e viene represso, subentra la malinconia. (2015)
  • È innegabile che nel mondo esiste tanta gente meschina che vuole trionfare su tutto quello che si eleva di un solo palmo dalla mediocrità. (2015)
  • Il dubbio è il movimento interno del pensiero stesso, e nel mio dubbio mi comporto più impersonalmente che posso. (2015)
  • Il dubbio è la disperazione del pensiero, la disperazione è il dubbio della personalità; e per questo tengo tanto alla determinazione della scelta. (2015)
  • Il voler giocare a nascondersi si sconta sempre e nel modo più naturale, col diventar misteriosi a se stessi. (2015)
  • L'estetica, dicemmo, è nell'uomo ciò per cui egli spontaneamente è quello che è; l'etica è quello per cui l'uomo diventa quello che diventa. (2015)
  • La grandezza [...] non consiste nell'essere questo o quello, ma nell'essere se stesso, e questo ciascuno lo può se lo vuole. (2015)
  • La maggior parte degli uomini [...] vive per avere il pane quotidiano; quando l'ha avuto vive per avere un buon pane quotidiano; e quando ha ottenuto anche questo, muore. (2015)
  • Ma chi scorge nel godimento il senso e lo scopo della vita, sottopone sempre la sua vita a una condizione che, o sta al di fuori dell'individuo, o è nell'individuo ma in modo da non essere posta per opera dell'individuo stesso. (2015)
  • Ma cosa vuol dire vivere esteticamente e cosa vuol dire vivere eticamente? Cosa è l'estetica nell'uomo, e cosa è l'etica? A ciò risponderò: l'estetica nell'uomo è quello per cui egli spontaneamente è quello che è; l'etica è quello per cui diventa quello che diventa. Chi vive tutto immerso, penetrato nell'estetica, vive esteticamente. (2015)
  • Nulla di finito [...] nemmeno l'intero mondo può soddisfare l'animo umano, che sente il bisogno dell'eterno. (2015)
  • Ogni uomo, per quanto poco intelligente sia, per quanto bassa sia la sua posizione nella vita, ha un bisogno naturale di formarsi una concezione di vita, una rappresentazione del significato della vita e del suo scopo. Anche chi vive esteticamente fa questo, e l'espressione comune che, in ogni tempo e in ogni diverso stadio, si è sempre sentita, è questa: bisogna godere la vita. (2015)
  • Per dubitare occorre del talento, ma per disperare non ne occorre affatto. Ma il talento come tale è una differenza, e quello che per farsi valere esige una differenza, non sarà mai l'assoluto; perché l'assoluto può solo essere l'assoluto per l'assoluto. (2015)
  • Ricordo di aver letto una volta una satira non priva di spirito intorno alla emancipazione della donna. Lo scrittore si soffermava specialmente sull'abito, e pensava che in questo caso doveva essere uguale per l'uomo e per la donna. Immagina che orrore! Allora mi parve che lo scrittore non avesse concepito il suo compito abbastanza profondamente, che i contrasti che ponevano non colpissero l'idea abbastanza nel segno. Ardirò per un momento pensare questa bruttezza, perché so che così la bellezza si mostrerà in tutta la sua verità. Cosa è più bello degli abbondanti capelli della donna, dei suoi ampi boccoli? Eppure lo scritto dice che è un segno della sua imperfezione e ne espone anche parecchi motivi. Ma osserva la donna quando china il capo verso la terra, quando le trecce rigogliose quasi toccano terra, e pare che siano cespi di fiori coi quali essa cresca insieme alla terra? Mentre l'uomo invece è, per così dire, respinto dalla terra e mira verso il cielo. Essa non sta accanto a lui come l'essere imperfetto? Eppure questi capelli sono la sua bellezza, anzi la sua forza; poiché è con questi, come dice il poeta, che essa imprigiona l'uomo e lo lega alla terra. Mi piacerebbe dire a uno di quegli imbecilli che predicano l'emancipazione: eccola, guardala in tutta la sua imperfezione! Un essere da meno dell'uomo! Se hai il coraggio, taglia le abbondanti trecce, spezza queste pesanti catene e lasciala correre come una pazza, come una assassina, a terrore dell'umanità! (2015)
  • Se un uomo fosse tanto furbo da poter nascondere di esser pazzo, potrebbe far impazzire tutto il mondo. (2015)
  • Verrà il giorno in cui si vedrà che gli individui migliori in senso estetico, quelli che pongono lo scopo della vita nel differenziarsi, dispereranno di questa loro posizione eccezionale per ritrovare ciò che è semplicemente umano. Questo sarà bene anche per noi gente da poco, che a volte ci sentiamo turbati perché non abbiamo saputo nella nostra vita distinguerci. E, a dir la verità, il motivo non era solo che disdegnavamo una concezione simile di vita; ci sentivamo anche troppo insignificanti per realizzarla. (2015)

Edizione non specificata[modifica]

  • Ciò che io sono è un nulla; questo procura a me e al mio genio la soddisfazione di conservare la mia esistenza al punto zero, tra il freddo e il caldo, tra bene e male, tra la saggezza e la stupidaggine, tra qualche cosa e il nulla come un semplice forse. Paradossale è la condizione umana. Esistere significa «poter scegliere»; anzi, essere possibilità. Ma ciò non costituisce la ricchezza, bensí la miseria dell'uomo. La sua libertà di scelta non rappresenta la sua grandezza, ma il suo permanente dramma. Infatti egli si trova sempre di fronte all'alternativa di una «possibilità che sí» e di una «possibilità che no» senza possedere alcun criterio di scelta. E brancola nel buio, in una posizione instabile, nella permanente indecisione, senza riuscire ad orientare la propria vita, intenzionalmente, in un senso o nell'altro.
  • Per il momento i nostri cammini sono divisi; procuratevi il denaro ed in me troverete sempre un amico che saprà dimenticare che una volta eravate senza denaro.

Diario[modifica]

  • La gente mi comprende così poco che non comprende neppure i miei lamenti perché non mi comprende. (§ 68, febbraio 1836; 1997, p. 35)
  • Preferisco parlare con le vecchie signore che riportano chiacchiere di casa; poi con i dementi — in ultimo con la cosiddetta gente assennata. (§ 149; 1997, p. 36)
  • La mia vita è purtroppo fatta al congiuntivo: fa', o mio Dio, ch'io abbia una forza indicativa! (§ 223, 1 ottobre 1837; 1997, p. 37)
  • Se io preferisco tanto l'autunno alla primavera, è perché in autunno si guarda il cielo — in primavera la terra. (§ 229, 29 ottobre 1837; 1997, p. 37)
  • Io credo che se un giorno diventerò cristiano sul serio, dovrò vergognarmi soprattutto, non di non esserlo diventato prima, ma di aver tentato prima tutte le scappatoie. (§ 237, 8 dicembre 1837; 1997, p. 37)
  • Se avessi avuto la Fede, sarei rimasto con Regina: ora l'ho compreso. (§ 715; 1997, p. 114)
  • È proprio vero quel che dicono i filosofi: «La vita va compresa all'indietro». Ma non bisogna dimenticare l'altro principio, che «si vive in avanti». (§ 749; 1962)
  • L'inglese Swift in gioventù costruì un manicomio dove egli stesso da vecchio fu ricoverato. E si racconta che spesso si guardava nello specchio ripetendo: «Povero vecchio mio!». (§ 788; 1997, p. 92)
  • In ogni campo, per ogni oggetto, ecc., son sempre le minoranze, i pochi, i rarissimi, i Singoli, quelli che sanno: la Folla è ignorante. (§ 1155; 1962)
  • Una volta il mio unico desiderio era di diventare funzionario di polizia, mi sembrava un còmpito adatto per la mia testa insonne e intrigante. Credevo che tra i criminali vi fosse gente con cui lottare, ragazzi intelligenti, forti, astuti. Più tardi ho capito che è stato un bene non esserlo diventato, perché la maggior parte degli affari di polizia si riduce a cose misere e meschine — non crimini e delinquenti matricolati. Si tratta di quattro soldi e di poveri diavoli. (§ 1176; 1997, p. 44)
  • Fin dalla prima infanzia porto una freccia di dolore confitta nel cuore. Fin quando mi sta confitta, sono ironico – se vien levata, io muoio. (§ 1189; 1962)
  • L'unico uomo del mio tempo a cui abbia prestato attenzione, è Mynster. Ma egli si preoccupava solo di stare al governo, persuaso di essere nella verità: della verità poco si preoccupa, anche se essa fosse malmenata sotto i suoi occhi. (§ 1293, 20 novembre 1847; 1997, p. 213)
  • Se nell'esser cristiani non vi è ogni momento, come al principio, assolutamente il più grande pericolo umano possibile, il Cristianesimo è abolito. (§ 1442; 1997, p. 342)
  • V'è sempre nella mia vita una malinconia, ma al tempo stesso una felicità indescrivibile. (§ 1447; 1997, p. 94)
  • Muovere qualcuno: no, non lo faccio. C'è chi legge i miei scritti, chi se li studia, chi li impara a memoria, chi se ne serve quando deve predicare e insegnare... Mio Dio, ma allora io faccio più male che bene! (§ 1486; 1997, p. 48)
  • Maometto protesta con tutte le forze ch'egli non è un poeta e che il Corano non è poesia: egli vuol essere un profeta [...]. Io protesto invece con tutte le forze per non essere tenuto per un profeta: voglio essere soltanto un poeta. (§ 1725; 1997, pp. 51-52)
  • A fondamento della lotta o inimicizia fra estranei sta l'indifferenza, - per lotta fra gli amici sta l'amicizia e la solidarietà. (§ 2408; 1963)
  • Tertulliano, il Padre della Chiesa assolutamente il più logico di tutti e il più cristiano a doppio taglio [...]. (§ 2778; 1997, p. 344)
  • Fuori dalla Cristianità non c'è che Socrate. Tu, o natura nobile e semplice, tu eri veramente un riformatore! (§ 2884; 1997, p. 72)
  • No, il Cristianesimo non dice che esistere è soffrire, al contrario – e per questo esso si colloca sopra l'ottimismo giudaico – ha per proscenio la brama di vivere la più potenziata, con cui mai ci si sia aggrappati alla vita – per poi presentare il Cristianesimo come rinuncia, e per mostrare che essere cristiano è soffrire, incluso anche il fatto di dover soffrire per la dottrina. (§ 2907; 1997, p. 232)
  • Lo scopo di questa vita è di essere portati al più alto grado di noia della vita. (§ 3322; 1997, p. 78)

Aforismi e pensieri[modifica]

[Tratti dal Diario[19]]

  • La filosofia è la balia asciutta della vita, essa può prendersi cura di noi – ma non può allattarci. (p. 25)
  • Ci si pronuncia così tanto contro gli antropomorfismi e non si ricorda che la nascita di Cristo è il più grande e il più ricco di significato. (p. 25)
  • Le idee fisse sono come, per esempio, i crampi ai piedi – il rimedio migliore contro di esse è camminarci sopra. (p. 26)
  • L'attesa è il cordone ombelicale della vita superiore. (p. 27)
  • Vale per ogni Idea quello che si dice sul Messia: Egli è «senza padre, senza madre, senza genealogia, senza principio di giorni, né fine di vita [...]» (Eb. 7,3). (pp. 27-28)
  • Si può vedere che l'amore ha vinto il mondo dal fatto che esso ricambia il male col bene. (p. 30)
  • Il paganesimo non avanza mai verso la verità più di quanto non abbia fatto Pilato che disse: che cos'è la verità? e poi la crocifisse. (p. 30)
  • L'uomo non fa quasi mai uso delle libertà che ha, come ad esempio della libertà di pensiero; si pretende invece come compenso la libertà di parola. (p. 31)
  • Dio crea dal nulla, meraviglioso, dici tu. Sì, ma Egli fa una cosa che è ancora più meravigliosa, crea i santi (la comunione dei Santi) dai peccatori. (p. 31)
  • Sembra che stia diventando sempre più valida la considerazione che Hegel sia una parentesi all'interno di Schelling e si aspetta solo che venga chiusa. (p. 32)
  • Ci vuole [...] più coraggio per dimenticare che per ricordare [...]. (p. 33)
  • Non c'è una vittoria più bella di quella ottenuta perdonando, poiché in questo caso perfino lo sconfitto si sente lieto di glorificarla. (p. 33)
  • La vecchiaia realizza i presentimenti della gioventù; sì, in realtà questo lo si può vedere con Swift, che nella sua gioventù costruì un manicomio, e da vecchio egli stesso vi finì ricoverato. (p. 33)
  • Ci vuole del coraggio morale per essere afflitti; ci vuole del coraggio religioso per essere lieti. (p. 34)
  • È meglio dare che ricevere,[20] ma a volte c'è più umiltà nell'accettare piuttosto che nel dare. (p. 36)
  • Che cos'è questa vita, nella quale l'unica cosa certa è l'unica di cui non si può sapere nulla con certezza: la morte? (p. 37)
  • Che cos'è la speranza? [...] un astuto traditore che è più perseverante perfino dell'onestà [...]. (p. 37)
  • Che cos'è il ricordo? Un consolatore molesto; [...] un'ombra che non si può vendere, anche nel caso in cui qualcuno voglia comprarla! (p. 37)
  • Che cos'è la fede? Una corda alla quale si rimane appesi, quando non ci si impicca. Che cos'è la verità? Un segreto che il morente porta con sé. Che cos'è l'amicizia? Un tormento in più! Che cos'è l'attesa? Una freccia che vola e che resta conficcata nel bersaglio. Che cos'è la sua realizzazione? Una freccia che oltrepassa il bersaglio. (p. 37)
  • Sembra che gli uomini abbiano avuto il dono della parola non per nascondere i pensieri (come riteneva Talleyrand, e già prima di lui Young nelle Notti), ma per nascondere il fatto che non hanno pensieri. (p. 38)
  • Le seconde nozze sono soltanto una mediocre ristampa, una mediocre seconda edizione. (p. 39)
  • Tenere una ferita aperta può comunque anche essere salutare: una ferita sana e aperta; a volte è peggio quando si rimargina. (p. 39)
  • In autunno tutto ci ricorda il crepuscolo, – e tuttavia, mi sembra la stagione più bella: volesse il cielo allora, quando io vivrò il mio crepuscolo, che ci debba essere qualcuno che allora mi ami come io ho amato l'autunno. (p. 40)
  • Come la freccia dell'arciere addestrato quando si allontana dalla corda dell'arco non si dà riposo prima di arrivare al bersaglio, così l'uomo è creato da Dio avendo come obiettivo Dio, e non riesce a trovare riposo se non in Dio. (p. 49)
  • Giobbe sopportò tutto – ma quando vennero i suoi amici... a consolarlo, allora perse la pazienza. (p. 54)
  • Uni-versum (universo) è una bella parola per esprimere che tutto il creato serve soltanto un Signore e si rivolge solo verso Uno. (p. 54)
  • Pensa attentamente al fatto che il modello viene chiamato agnello, già questo è di scandalo per l'uomo normale, non si ha nessuna voglia di essere un agnello. (p. 54)
  • Se Cristo venisse oggi sulla terra, com'è vero che io vivo, non prenderebbe di mira i sommi sacerdoti, ecc. – ma i giornalisti. (p. 54)
  • Togli il paradosso da un pensatore e avrai un professore. (p. 58)
  • L'angoscia è il primo riflesso della possibilità, un batter d'occhio, e tuttavia possiede un terribile incantesimo. (p. 59)
  • Tra i macellai si può certamente trovare della brava gente, ma una certa rudezza è inseparabile dal loro mestiere, fa parte della loro professione. Accade di peggio con l'essere giornalista: un certo grado di disonestà è inseparabile perfino dal più onesto giornalista. (p. 62)
  • Incredibile! Con preghiere e invocazioni Anselmo, come egli stesso racconta (nel Proslogion), è arrivato a tale prova. Del resto, si tratta di un modo tutto suo – di dimostrare. Anselmo dice: «Io voglio dimostrare l'esistenza di Dio. A questo fine prego Dio di rendermi forte e di aiutarmi». Ma il fatto che egli sia così sicuro che si abbia bisogno dell'aiuto di Dio per dimostrarlo è una prova dell'esistenza di Dio molto migliore, se senza l'aiuto di Dio si potesse dimostrare la Sua esistenza, si sarebbe un po' meno sicuri che Egli esiste. (pp. 74-75)
  • Nel Nuovo Testamento si impara come noi uomini dobbiamo servire Dio; l'invenzione umana che chiamiamo cristianesimo insegna come fare in modo che Dio serva noi. (p. 81)
  • La verità è una trappola: non riesci a ottenerla senza rimanere catturato; non puoi ottenere la verità in modo tale che tu la afferri, ma solo in modo tale che essa ti afferri. (p. 85)

Il concetto dell'angoscia[modifica]

  • L'angoscia si può paragonare alla vertigine. Chi volge gli occhi al fondo di un abisso, è preso dalla vertigine. Ma la causa non è meno nel suo occhio che nell'abisso; perché deve guardarvi. Così l'angoscia è la vertigine della libertà [...]. (cap. II, 1; p. 74)
  • [...] se si insiste troppo sulla moralità, ecco che si sveglia il piacere e si tenta il discepolo, quasi contro la sua volontà, a farsi ironico verso il suo maestro. (cap. II, 2 A, nota; p. 86)
  • La vista del peccato può salvare un individuo e far perdere invece un altro. Uno scherzo può avere il medesimo effetto di una parola seria e viceversa. Parlare e far silenzio possono produrre un effetto opposto a quello a cui miravano. (cap. II, 2 B; p. 91)
  • Il medioevo tagliava netto. Quando un individuo, che stava per riconquistare se stesso, scopriva, per esempio, di avere arguzia, talento comico o una qualità simile, egli annientava tutto questo come qualcosa di imperfetto. (cap. III, 3; p. 132)
  • Ora, volgendosi verso se stesso, egli [il genio] scopre la colpa. Più il genio è grande e più profondamente scopre la colpa. Che questa sia una follia per la mancanza di spiritualità, è una cosa che mi fa piacere e lo considero come un segno felice. Il genio non è alla stregua degli altri, e non si accontenta di esserlo. Ciò non è perché egli ripudia gli uomini, ma dipende dal fatto ch'egli ha da fare originariamente con se stesso, mentre tutti gli altri uomini e le loro spiegazioni non gli servono né per andare avanti né per andare indietro. (cap. III, 3; p. 134)
  • Quando la morte si presenta nella sua vera faccia scarna e truculenta, non la si considera senza timore. Ma quando essa, per burlarsi degli uomini che si vantano di burlarsi di lei, si avanza camuffata, quando soltanto la nostra meditazione riesce a vedere che, sotto le spoglie di quella sconosciuta, la cui dolcezza c'incanta e la cui gioia ci rapisce nell'impeto selvaggio del piacere, c'è la morte — allora siamo presi da un terrore senza fondo.[21]

In Vino Veritas[modifica]

  • Il ricordo non dev'essere soltanto preciso, dev'essere anche felice; la tappatura del ricordo deve aver conservato il profumo del vissuto prima che sia posto il sigillo. Così come l'uva non si pigia in qualsiasi stagione, così come le condizioni atmosferiche hanno una grande influenza sul vino, allo stesso modo nemmeno il vissuto può essere ricordato o interiormente rivissuto in qualsiasi momento o in qualsiasi circostanza.
  • Gli occhiali del vecchio hanno le lenti molate per vedere da vicino. Se un giovane ha gli occhiali, le lenti sono fatte per vedere da lontano, perché gli manca la forza di ricordare, ovvero allontanare, tenere a distanza. D'altro canto, tanto la felice capacità di ricordare del vecchio, quanto la felice facoltà di apprendere del bambino sono una grazia della natura, la quale abbraccia amorevolmente le due più indifese eppure, per certi versi, le più felici porzioni della vita.
  • Il ricordo è infatti l'idealità, ma come tale è ben più impegnativo e richiede maggiore responsabilità rispetto alla noncurante memoria. Il ricordo vuole sostenere in un uomo l'eterna continuità nella vita e assicurargli che la sua esistenza terrena rimanga uno tenore, d'un solo respiro, esprimibile come un tutt'uno.
  • La memoria è immediata e viene immediatamente soccorsa, il ricordo è solo riflesso. Per questo ricordare è un'arte. Al contrario, anziché tenere tutto nella memoria, io desidero con Temistocle poter dimenticare.
  • Il pentimento è quindi un ricordo della colpa. Da un punto di vista puramente psicologico credo davvero che la polizia aiuti il criminale a non arrivare a pentirsi. Con il continuo annotare e ricordare il corso della sua vita, il delinquente raggiunge una tale prestazione di memoria a forza di snocciolare eventi, che l'idealità del ricordo è bandita.
  • Ci vuole grande idealità per pentirsi sul serio, e soprattutto per pentirsi subito; perché la natura può anche aiutare un uomo, e il pentimento tardivo, che rispetto al richiamare alla memoria è insignificante, spesso è il più serio e il più profondo.
  • Se è vero quel che dice il poeta: bene vixit qui bene latuit, allora io ho vissuto bene, poiché il mio angolo è stata una buona scelta. È certo anche che il mondo e tutto ciò che vi si trova non ha mai migliore aspetto di quando lo si guarda da un cantuccio e bisogna avvicinarsi di soppiatto per vedere; ed è anche certo che tutto ciò che si ode e si udirà al mondo suona più soave e più incantevole da un cantuccio quando vi si avvicini di soppiatto.
  • Per prima cosa, trovo comico che tutti gli uomini amino e vogliano amare eppure non si possa sapere che cosa sia ciò che è amabile, che cosa sia l'oggetto proprio dell'amore. Lascio da parte la parola amare, perché non dice nulla, ma non appena debba cominciare il discorso, la prima domanda è: che cos'è ciò che si ama? A questo punto non si dà altra risposta se non che si ama ciò che è amabile. Se si risponde infatti con Platone, che bisogna amare il bene, allora si è oltrepassato con un sol passo tutto l'ambito erotico. Ma di conseguenza si dirà forse che bisogna amare il bello.
  • E non è altrettanto comica la spiegazione che danno gli innamorati, o meglio, non mette in risalto appunto il lato comico? Dicono che amore renda ciechi, e in questo modo spiegano il fenomeno.
  • La galanteria spetta essenzialmente alla donna e il fatto che lei l'accetti istintivamente si spiega con la sollecitudine che la natura ha nei confronti dei più deboli, dei bistrattati, per i quali un'illusione è più che una compensazione. Ma è appunto l'illusione a essere fatale.
  • Da piccola la bambina è tenuta in minore considerazione rispetto al fanciullo. Quando è un po' più grande non si sa bene cosa farne; infine viene quel momento decisivo che fa di lei una sovrana. L'uomo le si avvicina adorante, diviene un corteggiatore. Adorante, perché tale è ogni pretendente, non si tratta della trovata di un astuto impostore. Anche il boia, se deve deporre i fasces per andare a chiedere la mano di una donna, persino lui piega il ginocchio, a meno che non sia perché intende sacrificarsi subito alle esecuzioni domestiche, che considera così naturali dall'esser lungi dal trovare qualche scusa nel fatto che quelle pubbliche siano diventate così rare. L'uomo colto si comporta nello stesso modo. Si genuflette adorante, concepisce l'amata secondo le categorie più fantastiche e poi dimentica molto alla svelta la sua, di posizione genuflessa: sapeva perfettamente mentre si inginocchiava che era tutta una fantasticheria.
  • Osservando un uomo, si crederebbe che esso sia in sé un intero, e ciò lo si crede ancora finché, soggiogato all'amore, si vede che egli è soltanto una metà che corre alla ricerca dell'altra sua metà. Non v'è nulla di comico in una mezza mela, il comico emergerebbe soltanto se una mela intera fosse una mezza mela; nella prima non vi è alcuna contraddizione, ma sì nell'ultima. Se si prendesse sul serio il modo di dire per cui la donna è solo un uomo a metà, allora essa non sarebbe affatto comica in amore. L'uomo, che per contro ha goduto della pubblica stima come un essere umano intero, diventa comico quando all'improvviso comincia a correre a destra e a manca tradendo così il fatto di essere solo una metà.
  • La più alta idealità che la donna può destare nell'uomo è proprio la coscienza dell'immortalità.
  • La questione è la seguente: se la donna desta nell'uomo l'idealità e con essa la coscienza dell'immortalità, lo fa sempre in negativo. Colui che realmente è divenuto genio, eroe, poeta, santo grazie a una donna, ha afferrato in quello stesso istante l'immortalità. Se la forza idealizzante fosse presente nella donna in modo positivo, allora la moglie e soltanto la moglie risveglierebbe la coscienza dell'immortalità nell'uomo. L'esistenza mostra esattamente il contrario.
  • La moda è donna, perché la moda è incostanza nel nonsenso, che conosce una sola conseguenza, quella di diventare sempre più folle.
  • Questi erotici sono esseri felici. Vivono più sontuosamente degli dèi, poiché si cibano sempre soltanto di ciò che è più pregiato dell'ambrosia e bevono bevande più dolci del nettare: banchettano con l'invenzione più seducente che sia stata concepita dal più ingegnoso pensiero degli dèi, mangiano sempre soltanto l'esca – oh, delizia senza pari! Beato modo di vivere, non mangiano che l'esca, senza mai venire catturati. Gli altri uomini abboccano, divorano l'esca come i contadini l'insalata di cetrioli e vengono catturati. Solo l'erotico sa apprezzare l'esca, apprezzarla infinitamente.
  • Meravigliosa natura, se io non ti ammirassi sarebbe una donna a insegnarmi a farlo, perché ella è il Venerabile dell'esistenza. Meravigliosamente tu l'hai plasmata, ma ancor più meraviglioso è che mai plasmasti una donna uguale all'altra. Nell'uomol'essenziale è l'essenziale e in questo senso è sempre lo stesso; nella donna l'essenziale è l'accidentale e così un'inesauribile differenza.
  • Vi è solo un'assoluta antitesi dell'assoluto: la sciocchezza.

Timore e tremore[modifica]

  • La fede comincia appunto là dove la ragione finisce.
  • Maria non abbisogna dell'ammirazione del mondo, così come Abramo non ha bisogno di lagrime: perché ella non era un'eroina, né egli un eroe. Ma ambedue divennero ancor più grandi degli eroi non col fuggire la sofferenza, le pene, il paradosso, bensì per via di essi.
  • Quello che ciascun uomo può compiere è il movimento della infinita rassegnazione; e, per conto mio, non esiterò ad accusare di viltà chiunque si immagini di esserne capace.
  • La fede è la più alta passione di ogni uomo. Ci sono forse in ogni generazione molti uomini che non arrivano fino a essa, ma nessuno va oltre.[22]
  • O dunque esiste un paradosso per il quale l'Individuo è, come tale, in un rapporto assoluto con l'Assoluto; oppure Abramo è perduto.
  • L'angoscia è una faccenda pericolosa per gli smidollati. (2013)

Citazioni su Søren Kierkegaard[modifica]

  • Il cristiano Soren Kierkegaard considerava neopagana tutta la filosofia moderna. (Luciano Pellicani)
  • Il silenzio, inoltre, valorizza la testimonianza. Il silenzio non prova, non argomenta, non dimostra, testimonia soltanto. Eppure, nonostante questo, ma forse proprio per questo, possiede una forza insolita. «Perché gridi così forte?» dice Dio a Mosè. Eppure Mosè taceva. «Tanto – commentava Kierkegaard – può il silenzio gridare al cielo». (Massimo Baldini (filosofo))
  • Kierkegaard appartiene alla schiera, certamente stretta, dei pensatori autobiografici – Pascal, Montaigne, Kierkegaard, Nietzsche –, pensatori che hanno preteso o hanno pensato di fare una rivoluzione nella storia del pensiero più radicale di quella che si era proposta Kant. (Pietro Prini)
  • Kierkegaard erra nel dire che ogni peccato non può essere che sessuale. La virtù è sessuale. (Angelo Fiore)
  • La data di nascita sull'esistenzialismo moderno può essere fissata nel momento in cui Søren Kierkegaard uscì dal sistema hegeliano per entrare nell'«esistenza». Sfortunatamente portò con sé un po' di quel sistema. (Donald Nicholl)
  • Nelle facoltà c'è molta attenzione al tema del credere: ho trovato un interesse straordinario per Kierkegaard, molti studenti sono venuti a chiedermi la tesi su di lui. (Umberto Regina)
  • Normalmente quando si parla di Kierkegaard si vede in lui l'antisistematico, o lo si intende come un grande conoscitore delle pieghe dell'animo umano, nella direzione dei grandi moralisti, come un Montaigne o un Pascal. Ma se uno apre le Postille di filosofia vede che non c'è pagina che Tommaso D'Aquino non sottoscriverebbe. Per Fabro, Kierkegaard era una grossa carta metafisica da giocare in favore della cultura ufficiale della chiesa.(Emanuele Severino)

Note[modifica]

  1. Dai Papirer, 1844, V B 55, 17; citato nella nota di Cornelio Fabro in Kierkegaard 1965, p. 120.
  2. In AA.VV., Il libro della politica, traduzione di Sonia Sferzi, Gribaudo, 2018. ISBN 9788858019429
  3. Da La ripresa, traduzione di Angela Zucconi, Edizioni di Comunità, 1963, pp. 22-42. In Marco Scovazzi, Antologia delle letterature nordiche, Letteratura Universale, a cura di Luigi Santucci, vol. XXVIII, Fratelli Fabbri Editori, Milano, 1970, p. 77.
  4. a b c Citato in Donald Nicholl, Il pensiero contemporaneo (Recent Thought In Focus), traduzione di Bruna De Allegri, Società Editrice Vita e Pensiero, Milano, 1956.
  5. Da Discorsi edificanti (1843), traduzione e cura di Dario Borso, Edizioni Piemme, 1998, pp. 81-82. ISBN 88-384-3179-5
  6. Da Der Gesichtspunkt für meine Wirksamkheit als Schriftsteller, «Samlede Vaerker», XIII, 605, traduzione di Romana Guarnieri, in Romano Guardini, Ritratto della malinconia, Brescia, [19542], pp. 12-13; citato in Italo Lana e Armando Fellin, Civiltà letteraria di Roma antica, vol II, p. 476.
  7. Da Don Giovanni, la musica di Mozart e l'eros.
  8. Da Postilla conclusiva non scientifica alle «Briciole di filosofia»; citato in Andrea Dalledonne, Il rischio della libertà: S. Tommaso – Spinoza, Marzorati Editore, 1990, p. 34.
  9. Da La ripetizione, a cura di Dario Borso, BUR, 2014.
  10. Da Sul matrimonio, 1845.
  11. Dal Diario di un seduttore.
  12. Da Sul concetto di ironia in costante riferimento a Socrate.
  13. a b Citato in Scipio Slataper, Ibsen, G.C. Sansoni Editore, Firenze, 1944.
  14. Citato in Francesco Gioia, La grazia e le grazie, Messaggero di sant'Antonio, febbraio 2010, p. 8.
  15. Da La malattia mortale, Mondadori, 2011, p. 48.
  16. Da La ripresa, traduzione di Angela Zucconi, Edizioni di Comunità, Milano, 1963, p. 117. Citato in rodoni.ch, p. 9, nota 4.
  17. Da Diario di un seduttore, traduzione di Attilio Veraldi, Rizzoli, Milano, 1983. ISBN 978-88-17-00614-9
  18. Da L'erotico nella musica, traduzione di Gualtiero Petrucci, Bastogi, 1998.
  19. Nella Nota al testo a pag. 19 della raccolta Aforismi e pensieri, è precisato che «sono tratti tutti dal Diario».
  20. Cfr. Gesù: «Vi è più gioia nel dare che nel ricevere!».
  21. Citato in Nicola Abbagnano, Storia della filosofia: La filosofia del Romanticismo. La filosofia tra il secolo XIX e il XX, Unione tipografico-editrice torinese, 1963, p. 189.
  22. Citato in Gianfranco Ravasi, L'incontro: ritrovarsi nella preghiera, Oscar Mondadori, Milano, 2014, p. 101. ISBN 978-88-04-63591-8

Bibliografia[modifica]

  • Sören Kierkegaard, Aforismi e pensieri, a cura di Massimo Baldini, traduzione di Silvia Giulietti, Tascabili Economici Newton, Roma, 1995. ISBN 88-8183-148-1
  • Søren Kierkegaard, Aut-Aut, traduzione di K. Montanari Gulbrandsen e Remo Cantoni, Mondadori, 2015.
  • Søren Kierkegaard, Diario, a cura di Cornelio Fabro, Morcelliana, Brescia, vol. I, 1962; vol. II, 1963.
  • Søren Kierkegaard, Diario. Edizione ridotta, a cura di Cornelio Fabro, Fabbri Editori, Milano, 1997.
  • Søren Kierkegaard, Il concetto dell'angoscia – La malattia mortale, traduzione e note di Cornelio Fabro, Sansoni, Firenze, 1965.
  • Søren Kierkegaard, In vino veritas, traduzione di Ingrid Basso, Feltrinelli, Milano, 2020. ISBN 9788858841679
  • Søren Kierkegaard, Le grandi opere filosofiche e teologiche, traduzione di Cornelio Fabro, Bompiani, Milano, 2013
  • Søren Kierkegaard, Timore e tremore, traduzione di F. Fortini e K. Montanari Gulbrandsen, Comunità, Milano, 1971.

Voci correlate[modifica]

Altri progetti[modifica]

Opere[modifica]