Romanzo criminale (film)
Aspetto
Romanzo criminale
Titolo originale |
Romanzo criminale |
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Lingua originale | italiano |
Paese | Italia, Francia, Gran Bretagna |
Anno | 2005 |
Genere | politico, poliziesco, storico |
Regia | Michele Placido |
Soggetto | Giancarlo De Cataldo (romanzo) |
Sceneggiatura | Giancarlo De Cataldo, Sandro Petraglia, Stefano Rulli |
Interpreti e personaggi | |
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Note | |
Seguito da Romanzo criminale - La serie (2008-2010) |
Romanzo criminale, film italiano del 2005 con Kim Rossi Stuart e Stefano Accorsi, regia di Michele Placido.
A metà degli anni '70 una banda di delinquenti di strada partì dalle periferie per conquistare Roma. Per inseguire il loro sogno ingenuo e terribile travolsero ogni ostacolo. Strinsero alleanze pericolose. Si credevano immortali. La nostra storia è ispirata a fatti reali. I personaggi sono frutto dell'immaginazione degli autori. (Testo a schermo)
Frasi
[modifica]Citazioni in ordine temporale.
- [Ultime parole] Sto a morì... (Il Grana)
- [Ultime parole] No, no, io devo vedere mia figlia... (Barone Rosellini)
- Tu parli di un gruppo, una banda, una collettività... A me la collettività me fa schifo. (Il Nero) [rispondendo al Libanese]
- Quanto me fa ingrifa' sta machina, aho! Pensa che in Italia ce l'avemo io, e er principe de Torlonia. Ieri c'ho portato mi' madre a comprà la cicoria al mercato, aho! Ce guardavano tutti se stava pe' mette a piagne. (Dandi) [rivolto al Freddo]
- 'Na volta iddo non è era così, m'avita crere. Ma ora sto cristiano è diventato un guaio, e in questi casi da noi si dice che solo i vivi fanno guai... (Zio Carlo) [riferito al Terribile]
- Me brucia! (Il Terribile) [ultime parole]
- Duemila anni fa le mura di Roma erano grandi, possenti... adesso non sono più niente. Ma c'è in Europa oggi un muro che è ancora ben saldo, un muro che separa due civiltà: la nostra è quella della libertà, da quella del comunismo. E finché a Berlino esisterà questo muro, a Roma tutto deve rimanere com'è. La regola è questa Carenza, se lo metta bene in testa. Il presidente Moro stava provando a cambiarla, ma ci sono momenti in cui allo Stato il caos serve. Certo, va diretto, organizzato, incanalato ed è un lavoro che a volte fa orrore. Ma la società non ha bisogno solo di ingegneri, medici o artisti... ha bisogno anche di carcerieri... dei boia. (Il Vecchio)
- C'è da piombà uno fori Roma. (Libanese) [al Nero]
- E tu zitto e catena pure se manco come cane vali na lira t'ho ammazzato il padrone e non hai detto "a" t'ho tirato 'n osso ed eccote qua. (Libanese)
- Zio Carlo, guardi che non è 'na mancanza de rispetto. È che noi non ce l'avemo mai avuta 'na famija come 'a vostra, che, che te dice quello che, che bisogna fa, o quello che è giusto dì e quello che non se pò dì. Noi semo solo gente de strada, ma n'affare ce stamo dentro. (Dandi) [rivolto a Zio Carlo, dopo che Freddo gli aveva risposto in modo sgarbato]
- Bologna nun è robba de na banda... è robba vostra... invece de sta' a rompe er cazzo a me, va' a da 'na controllata ar ministero o a e stanzette qua sopra... magari ce trovi er timer co' scritto sopra "Repubblica Italiana". (Freddo) [mentre viene interrogato da Scialoja sulla strage di Bologna]
- A' Ste, và a vedere che succede. (Nicolino Gemito) [ultime parole]
- Io gli uomini li faccio sognare, non li faccio morire tra quattro mura! (Patrizia) [rivolta a Freddo]
- L'hai mai guardato negli occhi uno dopo che gli hai sparato? Io sì, sempre. In quel momento è come se si togliessero una maschera, uno dal niente diventa sfrontato, uno che era coraggioso piange, senza Dio prega... Chissà come saremo quanto toccherà a noi. (Il Nero)
- Io da anni appartengo a questa organizzazione criminale, molto forte e ramificata. Io mi sono sempre occupato della qualificazione degli stupefacenti, io li conosco tutti. C'hanno bische, tereni, negozi, palazzi interi, c'hanno tutto! Pure 'na discoteca se so comprati. E a parte quello, commissa', nessuno j'a mai rotto le palle perché dice che so' amici d'a mafia, dei teroristi, pure di certi poliziotti. So solo che il Freddo me vo' morto e chi comanda veramente oggi è il Dandi. (Sorcio) [durante l'interrogatorio]
- [Sui massoni] Ma sì, quei testa di cazzo là! Quelli che giocano coi compassi, i cappucci e i numeri di iscrizione. Pensa che c'ho un numero d'iscrizione pure io. 'Na vorta uno in un grande albergo a 'na riunione m'ha chiamato "fratello muratore". Ha! Te, hai capito? Robba che se 'o sapesse la por'anima de mi' padre, che quello proprio muratore me voleva fa' diventa'. (Dandi)
- Glielo dico io chi sono. Prima che lei raccolga stupide maldicenze. Sono un servitore dello stato. Per ragioni di servizio mi misuro col male, come lei d'altronde. Vede, i segnali che raccolgo da un po' di tempo a questa parte mi dicono che molto presto tutto finirà. La divisione del mondo, il muro di Berlino con il quale sono invecchiato presenta delle crepe molto evidenti e molto presto verrà giù trascinando sotto le sue macerie la classe politica di cinquanta anni io me ne andrò un minuto prima del terremoto. Ma non si incomodi con le sue indagini per spazzarmi via. Lo farà la storia. (Il Vecchio)
- Ho fatto un sacco de cazzate ne la vita mia; ma tu, dalla prima volta che ti ho vista e per il tempo che me resta, sei stata la parte bella! Er mejo che uno come me poteva spera'. Tante cose di me le sai, ma tante non te l'ho dette, una di queste è che so' malato, so' molto malato e vojo stare da solo quando sarà il momento... Te vorrei risparmia', hai capito, i dolori, le cure, il sangue e tutto quello che se ne va prima ancora che se n'annamo noi. Tu devi fa il lavoro che ti piaceva e che non hai potuto fa pe' colpa mia. Me pare de vederte, sai amore, co l'occhiali, er tuo sedere alto, in mezzo alle statue, ai quadri, ai libri, a le cose antiche, a le cose belle... Sì, me pare de vederte amore, amore mio! (Freddo) [in un messaggio a Roberta]
- Questa è la mia lettera di dimissioni dal servizio. Esco di scena in punta di piedi senza far rumore. Nel tempo che verrà non ci sarà bisogno di gente come me perché non ci sarà più nessuna democrazia da salvare ma solo interessi privati, lotte per più potere e denaro. I pochi fascicoli che porto con me parlano degli uomini che dovranno salvarsi dal diluvio. Persone spesso ignobili, anime nere, capitani di ventura. Eppure come già altre volte nella storia saranno loro a governare il caos... (Il Vecchio)
- Va beh, incartami pure questi, va'. T'e saluto, Mike, buona giornata! (Dandi) [ultime parole]
- Le cose sono cominciate da queste parti: dietro quel palazzo, da ragazzini, la notte rubammo 'na machina. Eravamo Libano, il Dandi, io e il Grana, el povero Andreino che ce lasciò quella notte stessa. Era una notte come questa, minacciosa, piena de nuvole. Chi lo sa, forse quella morte doveva esse 'n segnale per farce capì che dovevamo sta boni, dovevamo sta al posto nostro pe' non fa a stessa fine... E invece noi abbiamo pensato che era proprio mejo fa quela fine piuttosto che timbra' un cartellino pe' tutta la vita. (Freddo)
- Signor Danconi? (Il Nero)[ultime parole]
- Grazie mille, arrivederci! (Roberta) [ultime parole]
Dialoghi
[modifica]Citazioni in ordine temporale.
- Libanese: Sto a organizza' na cosa grossa, 'n sequestro!
Freddo: Sequestro? Ma che te sei 'mpazzito?
Libanese: Me so svejato, a Freddo.
Freddo: Ma chi voi sequestra'?
Libanese: El barone Rosellini, è pieno de sordi. So tutto de lui, mi' padre e mi' madre hanno fatto i servi pe' na vita a casa sua, li trattava peggio d'e bestie...
Freddo: E i feri?
Libanese: Du mitra, otto pistole e 'n fucile a pompa. Dandi non vede l'ora, pure il Nero sta con noi, l'artra è tutta gente de strada: Ciro, Bufalo, Ricotta, Scrocchiazeppi e Fierolocchio.
Freddo: E quanto voi chiede' de riscatto?
Libanese: Cinque mijardi in contanti!
Freddo: E chi ce l'ha cinque mijardi in contanti?
Libanese: Quella è gente che ce n'hanno pure dieci.
Freddo: Alora chiedemone dieci, no? - Dandi: 'Nsomma Libano, 'sta base ce serve pe fa' che?
Libanese: Pe pijasse quello che se volemo pija' tutti.
Dandi: E che se volemo pija' tutti?
Libanese: Roma. - Freddo: Famme capi', noi adesso compramo du' mijardi e mezzo de roba, li mettemo su piazza... Poi 'o sai che succede?
Libanese: Che ce starà 'na guerra, però durerà n'attimo... Perché je la famo noi a loro, no loro a noi! - Freddo: Che dice Ciro?
Libanese: Dice che stanno tutti al Full 80: Cencio, Bernardino Scafa, el Teribile, e il Napoletano. Mancava solo Gemito.
Dandi: Ma come, Gemito è il cane da guardia del Teribile, non se stacca mai da lui.
Libanese: Nun se staccava: m'o so' già comprato lui. Comunque non ce stanno a capi' più un cazzo: se chiedono che fine 'amo fatto, che ce volemo fa' coi soldi del barone...
Dandi: Je stanno a zompa' tutti i parametri.
Libanese: Pe' forza... Se so' scordati da 'ndo vengono, quelli. So' diventati animali da cortile.
Freddo: Invece noi semo bestie feroci...
Libanese: Stanotte se ne accorgono. Tanto che ce po' succede.
Freddo: E... che voi che ce succeda? Al massimo c'ammazzano... Ah, Libano!
Libanese: Semo già morti mille volte noi. Al minorile, tutte le volte che abbiamo dovuto dì "sì, sì, sissignore", a chi c'ha trattato come 'e merde: non se po ammazza' n'omo du' vorte.
Freddo: T'appoggio.
Dandi: Io t'o'spingo. [ridono] - Il Terribile: Quanto c'avete? Quanto volete investi', eh?
Libanese: Due mijardi e mezzo.
Il Terribile: Be' io pijio er settancinque per cento sull'utile. E nun ce stanno cazzi!!!
Libanese: Forse nun me so' spiegato bene: tu ce vendi la robba al dieci per cento de più de quello che te costa a te, noi la piazzamo e il ricavato va al trenta per cento a te e er settanta a noi. Di' che te sta bene!
Il Terribile: Me sta bene. - Libanese: A' Patri', mo' m'hai rotto er cazzo. T'amo fatto na'proposta, devi dì sì o no.
Patrizia: Che succede se non mantengo l'accordo?
Libanese: La cosa non è prevista.
Patrizia: Siete gli unici che non mi avete ancora chiesto di scoparvi. Come mai? Siete froci?
Freddo: Perché sei solo una puttana. E se non la smetti de fa' la spiritosa, sei una puttana morta. [carica la pistola] Libano t'ha chiesto se vuoi la palazzina, te devi risponne: "Sì. La vojo. Grazie". Hai capito mò? Allora? - Il Napoletano [ultime parole]: Bernardi', che minchia fai?
Bernardino [ultime parole]: Io passo, vado al cesso. [uscito dalla porta, si imbatte in Dandi e Freddo] Embè? [vengono tutti uccisi] - Libanese: A me a scola me piacevano solo l'imperatori: Augusto, Tito, Adriano...
Freddo: A me no! Erano tutti matti!
Libanese: Sì però era gente che pensava en grande a Fre'!
Freddo: No, no, finivano sempre male, poi mica in guera eh, sempre così pe' e stronzate...
Libanese: Che ne sai magari ce capita pure a noi così.
Freddo: Che te pensi de esse' n'imperatore? [il Libanese sorride] Oddio un po' de manie de grandezza ce l'hai.
Libanese: Le manie de grandezza ce l'hanno avute tutti quelli ch'hanno cambiato a storia...
Freddo: Tipo?
Libanese: Mussolini, Hitler, te ce metto pure Stalin, eh...
Freddo: Sì, e mettece pure Mao Tse-tung...
Libanese: Mao Tse-tung è comunista però c'ha du' palle così... Dittatori, vabbè, ma che male c'è a esse dittatori?
Freddo: No, no, coi dittatori nun me ce ritrovo proprio.
Libanese: Eh, lo so, lo so! Pare che nun te conosco... Come te conosco io, nun te conosce nessuno, Fre'! - Freddo: Preparame er conto, Libano. Io esco dar gioco.
Libanese: Nu n se esce da 'sto tipo de giochi, a' Fredo.
Freddo: E chi 'o stabilisce? Te? Che n'conti più un cazzo perché te sei vennuto ai politici.
Libanese: Guarda che io n' sapevo niente de Bologna, eh?
Freddo: 'O vedi che è come te dico io? Lo vedi? Ce usano senza manco dacce spiegazioni. Quanno c'avranno spremuti come limoni ce butteranno dentro ar secchio. Io me ne vado prima ch'e gambe mie! Vojo mori' come dico io! Non come e quanno dicono loro.
Libanese: Ma nun me pija' per culo! Nun me pija' per culo! A' Freddo, 'a politica n' c'entra' n'cazzo! Te sei bevuto er cervello pe' quella, hai sbroccato! Hai sfragnato tutto: l'amicizia, eravamo fratelli io e te. Se ne vo' anna'... C'era 'n patto: pe' sempre!
Freddo: 'Ste regole ormai nun vargono più.
Libanese: 'Sta gamba vale! 'Sta gamba! È pe' sempre! Io m'a so' giocata pe' difendeve a te e ar Dandi, hai capito? Hai sentito quello che t'ho detto, eh? Hai capito, a' Giuda?!?
Freddo: Allora se so' Giuda damme 'sti trenta denari che me spettano e famola finita. - Gemito: Da che mondo è mondo, i debiti li pagano tutti!
Libanese: L'imperatori, no! [ultime parole] - Freddo: Che c'hai da guarda'? Che so' bello?
Scialoja: Ne conosco tanti come te: superficiali, ignoranti come capre, senza cuore. Forse nella merda ci sei finito per sbaglio, non lo so. Ma so che non ci stai bene.
Freddo: Hai finito?
Scialoja: Sì, ho finito.
Freddo: Se po' ave' 'na sigaretta? Aho', Appuntà, 'na sigaretta.
Scialoja: Colussi, lascia stare. Stavolta esci. Una che conosci, Patrizia, ha detto che quella notte stavi con lei. Io so che non è vero ma non posso dimostrarlo, come so che sei un assassino e un trafficante di droga. Per te quella polvere è una merce come un'altra, e so che se la spara in vena, vero? Che c'entri tu con quelle teste di cazzo?
Freddo: Avemo ricominciato con le favole?
Scialoja: "Favole", però intanto con uno c'entri: tuo fratello Gigio. Poco fa una voltante l'ha trovato dietro Via delle Sette Chiese, con la siringa ancora nel braccio. - Aldo Buffoni: Mannaggia! Mannaggia!
Freddo: De chi me devo fida'? De l'amici come te?
Aldo Buffoni: Nun succede più! Aiutame, no? Ve ridò tutto fino a l'urtima lira!
Freddo: Ormai 'o sanno tutti quello che hai fatto.
Aldo Buffoni: Te capisco, hai ragione! però io e te ar carcere 'amo diviso tutto: er cardo, er freddo, 'a fame, i pidocchi... e a te t'ho sempre detto tutto! E pure 'sta vorta te volevo parla' perché avevo saputo chi è ch'aveva dato 'a robba a tu' fratello. Er Sorcio j'aveva data! S'o voj, j'ho faccio io er servizio! Che devo fa'? Dimme! Pijo Sonia e me ne vado 'n Brasile? Sparisco co' Sonia? Che devo fa'? Dimme!
Freddo: Famo così, vattene in Brasile co' Sonia! Però non devi più torna', hai capito? Devi sparì pe' sempre, Aldo!
Aldo Buffoni: Pe' sempre! Pe' sempre! T'o giuro, pe' sempre! Abbracciame!
Freddo: Damme 'n bacio, poi vattene affanculo! [i due si abbracciano]
Aldo Buffoni: Grazie! Grazie! [ultime parole] - Scialoja: Guarda che noi ti vogliamo salvare la vita. Là fuori sti altri ti aspettano. Il buco in testa che non ti ha fatto Freddo, appena esci di qua, te lo fa uno di questi, magari Dandi. A meno che tu non ci aiuti a mettere tutti dentro, perché se tu esci e questi stanno fuori, tu sei un sorcio morto, lo sai?
Avvocato: Signor Giudice, il commissario non deve intimorire il mio cliente!
Scialoja: Io non sto intimorendo nessuno, allora Sorcio, tu te ne vuoi uscire? Bene, vattene! Ti lasciamo andare subito, se hai delle indicazioni speciali per la sepoltura le lasci dette a Colussi e noi le seguiamo. Dai, vattene! Sei un uomo libero!
Avvocato: Non dire niente!
Sorcio: Allora commissa', io intendo rinunciare al mio avvocato... - Dandi: Senti, Mainardi, io te devo chiede un favore personale. Te lo sai che noi t'avemo sempre trattato bene, a te 'a cocaina nun t'è mancata mai. Però adesso è ora de ricambia' er favore. Te te devi inventà un modo pe tira' fori er Freddo dar carcere.
Dott. Mainardi: E che voi che me invento?
Dandi: Ho sentito che 'na volta uno in carcere s'è iniettato der sangue infetto. Te non c'hai nell'ospedale tuo un paziente co 'sto sangue marcio?
Dott. Mainardi: Certo che ce l'ho. Ma è una cosa che non si può fare. Iniettare quel sangue significa che...
Dandi: Significa che te fanno usci'!
Dott. Mainardi: Sì. Ma perché, dopo un po' di tempo, sei morto.
Dandi: Questo er Freddo 'o sa, e ha detto che je va bene.
Dott. Mainardi: No, no, lascia stare. Cercatene un altro.
Dandi: Aoh, ma te che credi, che a me me faccia piacere vede' dentro ar gabbio uno che è come se fosse mi' fratello? Te pensi che è facile? Te pensi che ce sto bene mentre te chiedo de cercamme 'sto veleno?
Dott. Mainardi: No.
Dandi [lo colpisce due volte e poi lo tiene fermo puntandogli un oggetto appuntito in testa]: Senti 'n po', pezzo de merda, io te spacco la capoccia se non me dici de sì! Quanto è vero Iddio, Maina', conto fino a tre! Uno...
Dott. Mainardi: Sì, sì, sì! Sì.
Dandi: Bravo, Maina'. Vedi che se capimo? - Freddo[ultime parole]: Ciro.
Ciro Buffoni[ultime parole]: Freddo...
Citazioni su Romanzo Criminale
[modifica]- Il film nasce da un bel libro, Bigazzi è il mio direttore della fotografia, ed è anche un direttore "etico". Bisognava stare attenti a non trasformare i personaggi in eroi. Sullo sfondo c'è lo scempio dell'Italia, Bologna, i cadaveri. Più che un film di criminali, ho cercato di fare un film civile. La mia storia è Rosi, Petri, Damiani e Bellocchio. C'è sempre una grande sincerità in quello che faccio. (Michele Placido)
- Innanzitutto devo dire che è un film che mi ha riportato con la mente proprio a Pasolini e al suo Accattone, perché ho sempre pensato, romanticamente che i protagonisti della pellicola di Michele Placido fossero quei ragazzini che Accattone incontra quando torna nella sua baracca. In fondo, Libano, Freddo e Dandi sono come i ragazzi di periferia che Pasolini raccontava nei suoi film e nei suoi romanzi. (Pierfrancesco Favino)
- Ispirandosi al libro di Giancarlo De Cataldo pubblicato da Einaudi, per due ore e mezza il film corale analizza in chiave romantica i criminali, le loro imprese, la loro ascesa e caduta. Raccogliendo nel cast molti attori italiani soprattutto giovani e bravi (bravissimo Kim Rossi Stuart), Michele Placido ha realizzato un film con qualche difetto però molto interessante, forte, riuscito. (Lietta Tornabuoni)
- L'unico rischio di Romanzo Criminale – libro, film, serie – è quello di dare una dignità letteraria a personaggi che tutto erano fuorché eroi. (Andrea Scanzi)
- Mi sono emozionato quando ho letto la sceneggiatura, poi ho letto il romanzo, che è di una bellezza straordinaria; in più c'è tutta la tragedia del nostro paese. Ho voluto raccontare quegli anni, accentuando anche episodi come quello della strage di Bologna per far conoscere quel periodo terribile dell'Italia ai più giovani. Nel film si vedono le macerie attraverso gli occhi del Freddo che ne rimane scioccato: volevo far risaltare quanto sia stato scandaloso quell'attentato, che risulta scandaloso anche allo sguardo di un criminale come lui. (Michele Placido)
- Nel mio romanzo c'era ancora qualcosa di nascosto che doveva essere raccontato, alcuni dettagli importanti che, nel film di Placido, non erano emersi, forse a causa dei tempi imposti a una pellicola cinematografica. (Giancarlo De Cataldo)
- Non è solo una storia di gangster, già nel romanzo c'era una connotazione politica. Ad un certo punto la banda viene manovrata, nel film è più evidente. Non si poteva seguire pedissequamente il romanzo perché lo si sarebbe tradito. La differenza di linguaggio obbliga a dei cambiamenti. Un pezzo della storia d'Italia è stata anche una storia criminale. (Giancarlo De Cataldo)
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