Eugenio Montale
Eugenio Montale (1896 – 1981), poeta italiano.
Citazioni di Eugenio Montale
[modifica]- Ai poeti è inutile chiedere comprensione di certe cose.[1]
- Anche Pascoli mi sembrava un poeta, certamente molto notevole, ma, molto, troppo dolciastro per il mio temperamento. Troppo sentimentale e troppo dolciastro: questa era l'opinione che mi facevo io.[2]
- Codesto solo oggi possiamo dirti: ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.[3]
- [Titta Ruffo] Con Titta Ruffo, e con qualche raro suo simile, non è morto il canto, ma è morto il canto eroico.[4]
- [Sugli analfabeti] Da loro c'è sempre da imparare. Possiedono alcuni concetti fondamentali, quelli che contano. Purtroppo, pare che ne siano rimasti pochi.[5]
- Dove il potere nega, in forme palesi ma anche con mezzi occulti, la vera libertà, spuntano ogni tanto uomini ispirati come Andrej Sakharov e Marco Pannella che seguono la posizione spirituale più difficile che una vittima possa assumere di fronte al suo oppressore: il rifiuto passivo. Soli e inermi, essi parlano anche per noi.[6]
- Ed è perciò che Gobetti pur senza additarci un sistema e tanto meno un partito, ci pone di fronte uno specchio dal quale ci discostiamo con fastidio o con orrore, a seconda che la dilagante marea della mediocrità politica e intellettuale ci riempia di tedio o di disgusto, di noia o di ribrezzo.[7]
- Eravamo una famiglia numerosa, i miei fratelli andavano nello scagno[8], l'unica mia sorella frequentò l'università, per me non era il caso di parlarne. In molte famiglie esisteva il tacito accordo che il cadetto fosse dispensato dal tenere alto il buon nome della famiglia.[9]
- Ho imparato una verità che pochi conoscono: che l'arte largisce le sue consolazioni soprattutto agli artisti falliti.[10]
- Ho letto tempo fa che un uomo ha scelto a Mosca lo sciopero della fame. Si chiama Andrej Sackharov ed è un fisico famoso. Mi sembra importante che un uomo di scienza prenda l'arma di protesta che fu di Gandhi.[6]
- [...] i materialisti dialettici ribelli a qualsiasi metafisica eppure imprigionati in una dogmatica che è una metafisica della peggiore specie.[11]
- Il rapporto tra l'alfabetismo e l'analfabetismo è costante, ma al giorno d'oggi gli analfabeti sanno leggere.[12]
- [Sergio Solmi] Il suo dono naturale è di vedere senza essere visto e di essere presente come può esserlo un fatto o meglio un dono di natura.[13]
- [Su Lucio Piccolo] Il suono del corno che ci giunge dal Capo d'Orlando non è l'Olifante di un sopravvissuto, ma una voce che ognuno può sentire echeggiare in sé.[14]
- Il vero genovese era "stúndàiu" (la parola non è sdrucciola e occorre un forte accento sulla prima u), e quindi poco sociale. Solo in quel di Frosinone ha trovato il termine corrispondente: "sprùcido". Stundaiu è un misto di orgoglio, di timidezza, di diffidenza, una pratica quotidiana del mugugnu, un certo complesso d'inferiorità bilanciato dal senso di una specifica superiorità nell'ordine dei valori morali.[15]
- Indro [Montanelli] è naturalmente inclinato, direi quasi condannato a vedere più i tics degli uomini che le loro qualità e nessuno come lui fa più uso, nei suoi ritratti, dell'acido prussico.[16]
- [Piero Gobetti] Intransigente, dinamico, ostinato, duro a morire ma, ahimé, fragilissimo – angelo vestito da suffragetta, come fu definito – continuo a ricordarlo come un Lohengrin isolato, una figura eroica, un leader senza successo, che aveva però le stimmate del genio.[7]
- Io penso spesso alla bella Torino, dove dev'essere dolce sentirsi vivere.[1]
- Io sono qui perché ho scritto poesie, un prodotto assolutamente inutile, ma quasi mai nocivo.[17]
- Io sono stato un poeta che ha scritto un'autobiografia poetica senza cessare di battere alle porte dell'impossibile. Non oserei parlare di mito nella mia poesia, ma c'è il desiderio di interrogare la vita. Agli inizi ero scettico, influenzato da Schopenhauer. Ma nei miei versi della maturità ho tentato di sperare, di battere al muro, di vedere ciò che poteva esserci dall'altra parte della parete, convinto che la vita ha un significato che ci sfugge. Ho bussato disperatamente come uno che attende una risposta.[18]
- L'idea di una poesia «europea musicale e colorita» era stata in Campana, oltre che istinto, un fatto di cultura; ma certo era stata accompagnata o preceduta, in lui, da una pratica ancora un po' inerte e passiva dei nuovi ismi trovati in aria. Anche il futurismo ufficiale aveva preteso, come già i novatori di fine secolo, di «rompere i vetri», di rinnovare l'aria. Campana s'era però scelto maestri più fini di quelli seguiti dai suoi provvisori iniziatori. Ripudiò d'istinto la parte più meccanica, più elencativa del liberismo di moda; andò, si può affermarlo anche con sicurezza di fatto, verso le sorgenti più certe di quel movimento, da Whitman a Rimbaud. Riportò per conto suo, nell'arte e nella vita, un fatto di stile a un fatto di coscienza e fu consapevole di rappresentare, nel suo tempo e nel suo ambiente, una voce nuova, diversa.[19]
- [Su Ercole Patti] L'ispirazione spesso sembra morderlo come una tarantola, scuoterlo da un sonno atavico e in quei momenti è impossibile scrivere meglio di lui, con più scaltra misura, con gusto più perfetto.[20]
- L'uomo coltiva la propria infelicità per avere il gusto di combatterla a piccole dosi. Essere sempre infelici, ma non troppo, è condizione sine qua non di piccole e intermittenti felicità.[21]
- L'uomo d'oggi ha ereditato un sistema nervoso che non sopporta le attuali condizioni di vita. In attesa che si formi l'uomo di domani, l'uomo d'oggi reagisce alle mutate condizioni non opponendosi agli urti bensì facendo massa, massificandosi.[22]
- L'uomo dell'avvenire dovrà nascere fornito di un cervello e di un sistema nervoso del tutto diversi da quelli di cui disponiamo noi, esseri ancora tradizionali, copernicani, classici.[23]
- [Sul silenzio] La più vera ragione è di chi tace.[24]
- [Titta Ruffo] La sua voce sembrava, ed era, eccezionale per l'ampiezza e la continuità dell'arco sonoro e per l'incredibile estensione, e in questo senso si poterono leggere, su du lui, referti medici che misurarono le sue corde vocali, i "seni" della sua vasta fronte, e tutti i risonatori della sua "maschera".[4]
- Ma bisogna andare in Oriente per capire cos'è la religione. Ho inteso veramente il sentimento religioso solo laggiù: la vera sede delle religioni è l'Oriente. E, dopo tutto, il Cattolicesimo è una religione orientale, che si è diffusa dovunque, ma che forse solo lo spirito di quei paesi può assimilare e accettare totalmente.[25]
- Mi trovavo davanti al barone Lucio Piccolo di Calanovella, scrittore finora inedito, sì, ma anche musicista completo, studioso di filosofia che può leggere Hasserl e Wittgenstein nei testi originali, grecista agguerrito, conoscitore di tutta la poesia europea vecchia e nuova, lettore, per esempio, di Gerard Manley Hopkins e di Yeats, di cui condivide le inclinazioni esoteriche [...] un clerc così dotto e consapevole che [...] ha letto tous les livres nella solitudine delle sue terre di Capo d'Orlando [...] uomo sempre in fuga per certi versi affine a Carlo Emilio Gadda, un uomo che la crisi del nostro tempo ha buttato fuori dal tempo.[26]
- Milano è un enorme conglomerato di eremiti.[27]
- Nei tempi più gloriosi dell'arte, gli artisti [...] si esprimevano imitando i grandi artisti del passato, e imitando trovavano se stessi. Un capolavoro era un'imitazione mal riuscita.[28]
- Noi siamo con chiunque scelga l'arma della non violenza: si chiami in terra lontana, Andrej Sakharov, o più vicino a noi, Marco Pannella.[6]
- Ormai sono abituato a soffrire, e forse ne ho la necessità.[1]
- Quando il sesso era misterioso aveva un certo fascino che ora non ha più. I nostri antenati amavano donne che portavano sei paia di mutande e destavano passioni che oggi non suscitano più.[5]
- Quando io venni al mondo Genova era una delle più belle e tipiche città italiane. Aveva un centro storico ben conservato e tale da conferirle un posto di privilegio tra le villes d'art del mondo; una circonvallazione più moderna dalla quale il mare dei tetti grigi d'ardesia lasciava allo scoperto incomparabili giardini pensili; e a partire dalla regale via del centro una ragnatela di caruggi che giungeva fino al porto [...]. Ma Genova non saprei dimenticarla. Ne conosco il dialetto, l'ho parlato a casa e fuori [...]. Una città che è una striscia di venti chilometri, da Voltri a Nervi, e a mezza via il grosso nodo centrale. Vista da un aereo sembra un serpente che abbia inghiottito un coniglio senza poterlo digerire.[29]
- [Su Roberto Bazlen] Quando venne a trovarmi mandatomi non so da chi, egli fu per me una finestra spalancata su un mondo nuovo. Mi fece conoscere molte pagine di Kafka.[30]
- Rocco Scotellaro ha potuto lasciarci un centinaio di liriche che rimangono certo tra le più significative del nostro tempo... in lui l'impasto tra la vena che direi internazionale e la vena popolare hanno trovato un'insolita felicità d'accento.[31]
- Sarò anche conservatore; ma che cosa c'è poi da conservare? Quello che non sopporto è il fanatismo.[32]
- Sogno che un giorno nessuno farà più goal in tutto il mondo.[33]
- Sono rispettosissimo di tutte le religioni, ma la religione laica mi pare la piú ridicola delle religioni. Il laicismo ha diritto di esistere, ma non credo si possa presentare come una religione. Religioni ce sono già abbastanza.[32]
- [Sulla parola genovese stundàiu] Un misto di orgoglio, di timidezza, di diffidenza, una pratica quotidiana del mugugno, un certo complesso d'inferiorità bilanciato dal senso di una specifica superiorità nell'ordine dei valori morali.[29]
- [Giovanni Papini] Una figura unica, insostituibile, a cui tutti dobbiamo qualcosa di noi stessi.[34]
- [Quali cose nella vita la spaventano di più?] L'istruzione obbligatoria, il suffragio universale e il voto alle donne (tutte cose, purtroppo, necessarie).
- [Qual è secondo lei il colmo della infelicità umana?] Accorgersi che si può decidere qualcosa, che in qualche misura esiste il "libero arbitrio".
- [Se le fosse concesso un atto di potenza assoluta, come lo esplicherebbe?] Abolirei il cinema.
L'estetica e la critica
[modifica]Confesso il mio estremo imbarazzo: non so a quale titolo sono stato chiamato a parlare di lui, io che da molti anni vivo lontano da quella che Anatole France chiamava la città dei libri, io che da molti anni (e non per colpa mia) non ho nello scaffale un solo libro di Benedetto Croce e svolgo il mio lavoro terra a terra, lontano dalle alte sfere della filosofia e della critica erudita.
Ho conosciuto Benedetto Croce, l'ho incontrato più volte a Firenze prima dell'ultima guerra, quando chiedere di vederlo e di parlargli non era scevro di qualche inconveniente. Credo che sia stato all'albergo Bonciani e più tardi in casa di Luigi Russo. E altre due volte ho visitato Croce, a Napoli, in casa sua, negli ultimi anni della sua vita.
Citazioni
[modifica]- Al cerchio ristretto dei discepoli e amici di Croce – composto per lo più di uomini che rappresentano la cultura ufficiale (la scuola, le università, le accademie) io non ho mai appartenuto. Ma ho invece respirato l'aria di altri ambienti in cui l'insegnamento di Croce era penetrato per vie forse indirette. (p. 37)
- Andate a dire all'uomo della strada, all'uomo che non è stato all'università, che un uomo può essere un grande artista e, insieme, un uomo immorale e persino un criminale; e l'uomo della strada non avrà difficoltà ad ammettere che dentro un uomo ce ne possono essere due, tre, quattro diversi l'uno dall'altro. (p. 40)
Opere in versi
[modifica]- Amo l'atletica perché è poesia | se la notte sogno, | sogno di essere un maratoneta.[35]
- Come un tiro aggiustato mi sommuove | ogni opera, ogni grido e anche lo spiro | salino che straripa | dai moli e fa l'oscura primavera | di Sottoripa. || Paese di ferrame e alberature | a selva nella polvere del vespro. (da Lo sai: debbo riperderti e non posso; in L'opera in versi, p. 133)
- Dagli albori del secolo si discute | se la poesia sia dentro o fuori. | Dapprima vinse il dentro, poi contrattaccò duramente | il fuori e dopo anni si addivenne a un forfait | che non potrà durare perché il fuori | è armato fino ai denti. (da La poesia (In Italia), in Quaderno di quattro anni)
- E senti allora, se pure ti ripetono che puoi, fermarti a mezza via o in alto mare, che non c'è sosta per noi, ma strada, ancora strada, e che il cammino è sempre da ricominciare.[36]
- Folta la nuvola bianca delle falene impazzite | turbina intorno agli scialbi fanali e sulle spallette, | stende a terra una coltre su cui scricchia | come su zucchero il piede [...] | e l'acqua seguita a rodere | le sponde e più nessuno è incolpevole. (da La primavera hitleriana, in La bufera e altro)
- La fortuna del 3 | non è opera del diavolo. | L'uno è la solitudine | il due la guerra | e il 3 | salva la capra | e i cavoli. (da Il 3, in Poesie disperse; in L'opera in versi, p. 791)
- La vecchia strada in salita è via Càffaro. | In questa strada si stampava il Càffaro, | il giornale più ricco di necrologi economici. | Aperto in rare occasioni c'era un teatro già illustre | e anche qualche negozio di commestibili. (da Càffaro, in Altri versi; in L'opera in versi, p. 677)
- Se frugo addietro fino a corso Dogali | non vedo che il Carubba con l'organino | a manovella | e il cieco che vendeva il bollettino | del lotto. Gesti e strida erano pari. (da Corso Dogali, in Diario del '71; in L'opera in versi, p. 421)
La bufera e altro
[modifica]- Essere sempre tra i primi e sapere, ecco ciò che conta. (da La bufera, "Visita a Fadin")[37]
- L'anguilla, la sirena | dei mari freddi che lascia il Baltico | per giungere ai nostri mari, | ai nostri estuari [...] (da L'anguilla)
- [...] l'anguilla, torcia, frusta, | freccia d’Amore in terra | che solo i nostri botri o i disseccati | ruscelli pirenaici riconducono | a paradisi di fecondazione; | l'anima verde che cerca | vita là dove solo | morde l'arsura e la desolazione [...] (da L'anguilla)
Le occasioni
[modifica]- Penso | che se tu muovi la lancetta al piccolo | orologio che rechi al polso, tutto | arretrerà dentro un disfatto prisma | babelico di forme e di colori... (da Carnevale di Gerti, Einaudi, 1996, p. 43)
- Non so come stremata tu resisti | in questo lago | d'indifferenza ch'è il tuo cuore; forse | ti salva un amuleto che tu tieni | vicino alla matita delle labbra, | al piumino, alla lima: un topo bianco, | d'avorio; e così esisti! (da Dora Markus, Einaudi, 1996, pp. 58-59)
- [Nel parco della Reggia di Caserta] Dove il cigno crudele | si liscia e si contorce, | sul pelo dello stagno, tra il fogliame, | si risveglia una sfera, dieci sfere, | una torcia dal fondo, dieci torce, || – e un sole si bilancia | a stento nella prim'aria, | su domi verdicupi e globi a sghembo | d'araucaria, | che scioglie come liane | braccia di pietra, allaccia | senza tregua chi passa | e ne sfila dal punto più remoto | radici e stame || Le nòcche delle Madri s'inaspriscono, | cercano il vuoto. (Nel parco di Caserta, Einaudi, 1996, pp. 67-68.)
- Lontano, ero con te quando tuo padre | entrò nell'ombra e ti lasciò il suo addio. (da Lontano, ero con te, Einaudi, 1996, p. 85)
- La moneta incassata nella lava | brilla anch'essa sul tavolo e trattiene | pochi fogli. La vita che sembrava | vasta è più breve del tuo fazzoletto. (Da ... ma così sia. Un suono di cornetta..., Mottetti, XX, Einaudi 1996, p. 124 e in Meridiani 1995, p. 158)
- Dalla torre | cade un suono di bronzo: la sfilata | prosegue fra tamburi che ribattono | a gloria di contrade., (da Palio, Einaudi, 1996, p. 217.)
- Tu non ricordi la casa dei doganieri | sul rialzo a strapiombo sulla scogliera: | desolata t'attende dalla sera | in cui v'entrò lo sciame dei tuoi pensieri | e vi sostò irrequieto. (da La Casa Dei Doganieri, Einaudi, 1996, p. 144)
- Occorrono troppe vite per farne una. (da L'estate, Einaudi, 1996, p. 174.)
Ossi di seppia
[modifica]- Alte tremano guglie di sambuchi | e sovrastano al poggio | cui domina una statua dell'Estate | fatta camusa da lapidazioni; | e su lei cresce un roggio | di rampicanti ed un ronzio di fuchi. (da Flussi, 1987, p. 109)
- Torna l'avvenimento | del sole e le diffuse | voci, i consueti strepiti non porta. (da Quasi una fantasia)
- Spesso il male di vivere ho incontrato: | era il rivo strozzato che gorgoglia, | era l'incartocciarsi della foglia | riarsa, era il cavallo stramazzato. (da Spesso il male di vivere ho incontrato)
- Ascoltami, i poeti laureati | si muovono soltanto fra le piante | dai nomi poco usati. (da I limoni)
- Riviere, | bastano pochi stocchi d'erbaspada | penduli da un ciglione | sul delirio del mare. (da Riviere)
- Non chiederci la parola che squadri da ogni lato | l'animo nostro informe, e a lettere di fuoco | lo dichiari e risplenda come un croco | perduto in mezzo a un polveroso prato. | Ah l'uomo che se na va sicuro, | agli altri ed a se stesso amico, | e l'ombra sua non cura che la canicola | stampa sopra a uno scalcinato muro! (da Non chiederci la parola, 1925)
- Felicità raggiunta, si cammina | per te sul fil di lama. | Agli occhi sei barlume che vacilla, | al piede, teso ghiaccio che s'incrina; | e dunque non ti tocchi chi più t'ama. (da Felicità raggiunta, 1925)
- Forse un mattino andando in un'aria di vetro, | arida, rivolgendomi, vedrò compirsi il miracolo: | il nulla alle mie spalle, il vuoto dietro | di me, con un terrore di ubriaco. (da Forse un mattino andando, 1925)
- Godi se il vento ch'entra nel pomario | vi rimena l'ondata della vita: | qui dove affonda un morto | viluppo di memorie, | orto non era, ma reliquario. (da In limine)[37]
- Va', per te l'ho pregato, – ora la sete | mi sarà lieve, meno acre la ruggine [...] (da In limine, 1920-1927)
- Ma in attendere è gioia più compita. (da Gloria del disteso mezzogiorno)
- Sotto l'azzurro fitto del cielo qualche uccello di mare se ne va; né sosta mai: perché tutte le immagini portano scritto "più in là".
- Tu chiedi se così tutto vanisce | in questa poca nebbia di memorie; | se nell'ora che torpe o nel sospiro | del frangente si compie ogni destino. | Vorrei dirti di no, che ti s'appressa | l'ora che passerai di la dal tempo; | forse solo chi vuole s'infinita, | e questo tu potrai, chissà, non io. (da Casa sul mare)
- Voi, mie parole, tradite invano il morso | secreto, il vento nel cuore soffia. | La più vera ragione è di chi tace. (da So l'ora)
- Upupa, ilare uccello calunniato | dai poeti, che roti la tua cresta | sopra l'aereo stollo del pollaio | e come un finto gallo giri al vento; | nunzio primaverile, upupa, come | per te il tempo s'arresta, | non muore più il Febbraio, | come tutto di fuori si protende | al muover del tuo capo, | aligero folletto, e tu lo ignori. (da Upupa, ilare uccello calunniato)
Citazioni su Ossi di seppia
[modifica]- Paesaggi marini, natura esausta, colori tratteggiati e accennati, lampi di luce improvvisi, volti di donna che evocano memorie indefinite ma struggenti, muri che chiudono la vista, una sensazione di totale spaesamento che improvvisamente per un attimo si ricompone in un barlume di lucidità che sembra far capire tutto: ecco alcune delle infinite suggestioni che travolgono il lettore di Ossi di Seppia, capolavoro assoluto della nostra poesia (chi la pensa diversamente dovrà vedersela con mia moglie) e opera prima di Eugenio Montale. (Marco Malvaldi)
Satura
[modifica]- E ora che ne sarà | del mio viaggio? | Troppo accuratamente l'ho studiato | senza saperne nulla. Un imprevisto | è la sola speranza. Ma mi dicono | che è una stoltezza dirselo. (da Prima del viaggio[38])
- Il genio purtroppo non parla | per bocca sua. | Il genio lascia qualche traccia di zampetta | come la lepre sulla neve. (da Il genio)
- Le rime sono più noiose delle | dame di San Vincenzo: battono alla porta | e insistono. Respingerle è impossibile | e purché stiano fuori si sopportano. (da Le rime[39])
- Prima del viaggio si scrutano gli orari, | le coincidenze, le soste, le pernottazioni | e le prenotazioni (di camere con bagno | o doccia, a un letto o due o addirittura un flat). (da Prima del viaggio[38])
Xenia II
[modifica]- Ho sceso, dandoti il braccio almeno un milione di scale | e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino. (da Ho sceso, 1967)
- Il mio dura tuttora, né più mi occorrono | le coincidenze, le prenotazioni, | le trappole, gli scorni di chi crede | che la realtà sia quella che si vede. (da Ho sceso, 1967)
Citazioni su Eugenio Montale
[modifica]- Andammo dunque [con Eugenio Montale] al Ponte del Gatto, sulla sponda opposta del Po dove sorgeva la vecchia Fiat Lingotto. [...] Capitò che la chioma lussureggiante di una fila di sambuchi si riversasse sulla strada da un muro sbrecciato. Il fiore di sambuco è da sempre una delle mie passioni con il mughetto e il lillà: a guardarlo con attenzione vi si può scorgere lo stellato notturno, con piccolissimi bocci a raggiera, un incanto. E forse per questo, fra le poesie di Montale che da sempre sapevo a memoria, privilegiavo un endecasillabo di straordinario accento: "Alte tremano guglie di sambuchi"[40]. Montale si accorge della bellezza di quella visione e si ferma di botto: "Che bel fiore, che cos'è?". Io do un urlo di belva ferita: "Come sarebbe a dire che cos'è? Eugenio, stai scherzando? Quelli sono sambuchi!" Lui mi guarda stupito per la mia reazione e dice: "E con questo?" Non potevo crederci: ne aveva fatto una splendida immagine in poesia eppure non era in grado di riconoscere un sambuco in natura." (Maria Luisa Spaziani)
- Con Montale ero molto reverenziale. Non ero di quelli che si vantavano di dare del tu a Montale. Lui mi dava del tu, ma io gli ho sempre dato del lei. Poi gli feci anche delle interviste e lui mi regalò un quadretto, dicendomi che era l'unico quadretto rotondo che avesse fatto. Non è che sia un granché, ma è pur sempre un Montale. (Giovanni Giudici)
- Di Montale, malgrado abbia vinto il premio Nobel, penso che non sia andato aldilà di una poesia fondata sui presupposti di un pessimismo di maniera voglio dire di un pessimismo prefabbricato e non sostenuto da una reale esperienza esistenziale, né da una visione leopardianamente profonda del mondo. Si è parlato di aridità, di processo nullificante, di un mondo che approda al niente: parole che fanno colpo su quella media e piccola borghesia come crede serio chi verseggia in modo tetro e con una cadenza che ha generato, in Italia, tanti poetini montaliani. (Marino Piazzolla)
- Gradevole, ironico. Pacato fustigatore di chi non amava. Cioè quasi tutto il resto dell'umanità. (Enzo Bettiza)
- L'ansia, la fragilità nervosa, la timidezza, la concisione nel parlare e nello scrivere, una visione prevalentemente tendente al peggio di ogni vicenda, un certo senso dell'umorismo. (Bianca Montale)
- Montale, | ciottolo roso, | dal greto che più non risuona, | ha tolto una canna | bruciata dal sole, | e intesse liscosa canzone. (Giorgio Caproni)
- La poesia di Montale è la poesia del non-essere contrapposto all'essere, del dolore che trova con estrema difficoltà altri aspetti del mondo con cui entrare in rapporto dialettico, della disperazione a cui nessuna fede può dare conforto. L'uomo montaliano tende a difendersi dal male di vivere ricercando con una sorta d'alta "superstizione", in ogni oggetto, il simbolo d'una invocata salvezza e sempre ricadendo nella solitudine. (Dizionario universale della letteratura contemporanea)
- Montale scrive con un verso senz'aria, fitto di parole disseccate, che sfocia talvolta in una larga battuta desolata; cerca il senso della sua vita in paesaggi grami e disarmonici; e con la sua poesia rende l'immagine di un volto chiuso in un'impassibilità duramente volontaria. (Attilio Momigliano)
Note
[modifica]- ↑ a b c Citato in Montale: Giacomino, l'amico rinnegato, Corriere della Sera, 24 maggio 1996.
- ↑ Da un'intervista del 1966; in Opere complete. Il secondo mestiere: arte, musica, società, a cura di Giorgio Zampa, A. Mondadori, Milano, 1996, p. 1663.
- ↑ Da Non chiederci la parola
- ↑ a b Prime alla Scala, p. 49, Leonardo, Milano, 1995
- ↑ a b Citato in Enzo Biagi, Mille camere, Mondadori, 1984.
- ↑ a b c Da un articolo sul Corriere della Sera; citato in Selezione dal Reader's Digest, ottobre 1974.
- ↑ a b Citato in Marco Revelli, Anniversari. Inseguendo l’ombra di Gobetti, Repubblica.it, 18 giugno 2021
- ↑ L'ufficio, in genovese.
- ↑ Da Genova nei ricordi di un esule, in Opere complete, A. Mondadori, 1996, voll. 2-3
- ↑ Da Il successo, in Farfalla di Dinard
- ↑ Da Saluto, Persona, IX, n. 10-11, ottobre-novembre 1968, p. 31.
- ↑ Citato in Armando Massarenti, Noi, analfabeti seduti su un tesoro, ilsole24ore.com, 11 marzo 2012.
- ↑ Citato in Corriere della Sera, 19 dicembre 1999.
- ↑ Citato in Corrado Stajano, Lucio Piccolo, l'ultimo poeta barone, Corriere della Sera, 22 agosto 1998, p. 29.
- ↑ Da Genova nei ricordi di un esule, in Genua urbs maritima, Italsider, Genova, 1968
- ↑ Citato in Paolo Granzotto, Montanelli, Ti ricordi Indro?, Società Europea di Edizioni S.p.A., Milano, p. 122. ISBN 9 778118 178454
- ↑ Da È ancora possibile la poesia?, discorso tenuto all'Accademia di Svezia, ricevendo il premio Nobel, 12 dicembre 1975, in Sulla poesia, a cura di Giorgio Zampa, Mondadori, 1997
- ↑ Citato in Loretta Marcon, Giobbe e Leopardi: La notte oscura dell'anima, Guida Editore, Napoli, 2005, p. 15. ISBN 88-7188-970-3
- ↑ Da L'italia che scrive, 1942; citato in Antologia critica a Dino Campana, Canti orfici e altri scritti, Oscar Mondadori, 1972
- ↑ Citato in Ercole Patti, Diario siciliano, Valentino Bompiani, Milano, 1971
- ↑ Da Il volo dello sparviero, in Farfalla di Dinard, Mondadori
- ↑ Da Il nostro tempo
- ↑ Da Mutazioni, in Auto da fé
- ↑ Citato in Umberto Eco, Elogio del silenzio, l'Espresso, 4 febbraio 2015.
- ↑ Dall'intervista di Giancarlo Vigorelli Cinque domande a Montale, L'Europa letteraria, anno V, n. 26, Roma, febbraio 1964, p. 20
- ↑ Da Go Southwest, Old Man, Fiorenzo Fantaccini, cap. W.B. Yeats e la cultura italiana, p. 124.
- ↑ Da Epoca; citato in Selezione dal Reader's Digest, marzo 1973
- ↑ Da L'arte di vivere a Parigi, in Fuori di casa
- ↑ a b Da Genova nei ricordi di un esule, edizioni Italsider; citato in Camillo Arcuri (a cura di), Genova, cara Genova, Edizioni Gallery, Genova, 1988, pp. 21-22
- ↑ Citato in Giulio Silvano, Calasso e Bazlen, il cuore dei libri, Il Foglio Quotidiano, 2 agosto 2021.
- ↑ Da Rocco Scotellaro, Franco Vitelli; È fatto giorno, Mondadori, 1982
- ↑ a b Citato in Le reazioni di Montale (conversazioni). Profilo di un autore: Eugenio Montale, a cura di Annalisa Cima e Cesare Segre, Bur, Milano, 1977.
- ↑ Da Il bulldog di legno, Editori Riuniti, 1985.
- ↑ Da un commento citato nell'abstract di Gloria Manghetti, Per Giovanni Papini: Nel 50° anniversario della morte dello scrittore (1956-2006), Societa editrice fiorentina, Firenze, 2008.
- ↑ Citato in Giuseppe Pederiali, Il sogno del maratoneta, Garzanti 2008.
- ↑ Da Poesie disperse
- ↑ a b Citato in Dizionario delle citazioni, a cura di Italo Sordi, BUR, 1992. ISBN 88-17-14603-X
- ↑ a b Citato in ilpost.it, 12 settembre 2021.
- ↑ In L'opera in versi, p. 326.
- ↑ Dalla poesia Flussi, 7° verso; in Eugenio Montale, Ossi di seppia 1920-1927 Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 1987, p. 109.
Bibliografia
[modifica]- Autori vari, Poesia italiana del novecento, a cura di Edoardo Sanguineti (vol. II), Giulio Einaudi Editore, Torino, 1993, ISBN 88-06-13240-7
- Eugenio Montale, L'estetica e la critica, in Vittorio de Caprariis, Eugenio Montale, Leo Valiani, Benedetto Croce, Edizioni Comunità, Milano, 1963.
- Eugenio Montale, L'opera in versi, Einaudi, Torino, 1980. ISBN 88-06-05090-7
- Eugenio Montale, Le occasioni, a cura di Dante Isella, Giulio Einaudi Editore, Torino, 1996, pp. 67-68. ISBN 88-06-12614-8
- Eugenio Montale, Ossi di seppia 1920-1927, Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 1987
- Eugenio Montale, Ossi di seppia, Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 1991. ISBN 88-04-34359-1
- Eugenio Montale, Tutte le poesie, a cura di Giorgio Zampa, I Meridiani, Arnoldo Mondadori Editore, 1995. ISBN 88-04-24072-5
Voci correlate
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Opere
[modifica]- Ossi di seppia (1925)
- Satura