Georges Bernanos

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Georges Bernanos

Georges Bernanos (1888 – 1948), scrittore francese.

Citazioni di Georges Bernanos[modifica]

  • Chi cerca la verità nell'uomo deve farsi padrone del suo dolore. (da La gioia, traduzione di Bice Tibiletti, Istituto di Propaganda Libraria, Milano)
  • [Henry de Montherlant] Forse il più grande tra i nostri scrittori viventi.[1]
  • L'ipocrisia è soltanto un vizio simile agli altri, debolezza e forza, istinto e calcolo. Invece una menzogna così totale che alimenta ciascuno dei nostri atti deve abbracciare strettamente la vita, sposarne il ritmo. (da La gioia)
  • L'orgoglio non ha niente di proprio; altro non è che il nome dato all'anima che divora sè stessa. Quando questa sconcertante perversione dell'amore ha dato il suo frutto, essa porta ormai un altro nome, più ricco di senso, sostanziale: odio. (da L'Impostura)
  • L'umanità ha paura di se stessa [...] Sta sacrificando la sua libertà alla paura che ha di sé medesima. (citato in Lukacs 2006, p. 191)
  • La mediocrità non cerca che certezze solide contro i rischi del divino. (da L'eretica e santa Giovanna)
  • La scienza non libera che un ben piccolo numero di spiriti fatti per lei, predestinati. Gli altri li asservisce.[2]
  • La speranza è un rischio da correre. È addirittura il rischio dei rischi. (da La libertà perché?)[3]
  • Lo scandalo non sta nel non dire la verità, ma di non dirla tutta intera, introducendo per distrazione una menzogna che la lascia intatta all'esterno, ma che le corrode, così come un cancro, il cuore e le viscere. (da Scandale de la vérité)
  • Lo Stato moderno ha soltanto diritti, non riconosce doveri.[4]
  • Nello spirito della rivolta c'è un odio o disprezzo di principio per l'umanità. Temo che il ribelle non sarà mai capace di nutrire per coloro che ama un amore altrettanto grande dell'odio che nutre per coloro che odia. (citato in Lukacs 2006, p. 187)
  • Non vi è nulla di irreparabile oltre la menzogna. (da Nous autres Français)
  • Quella brama collettiva di nazionalismo che perverte la nozione di Patria facendone un idolo: lo Stato del Popolo. (da La grande peur des bien-pensants, 1931; citato in Lukacs 2006, p. 67)
  • Verrà il giorno in cui gli uomini non potranno pronunciare il nome di Gesù senza piangere. (citato in Antonio Socci, Indagine su Gesù, BUR, 2009. ISBN 978-88-17-03252-0)

Pensieri, parole, profezie[modifica]

  • L'ottimista è un imbecille felice, il pessimista un imbecille infelice. (p. 29)
  • La peggiore disgrazia che possa capitare a un uomo è essere soddisfatto di sé.[5] (p. 35)
  • Niente giustifica la tristezza: soltanto il diavolo ha ragioni per essere triste.[6] (p. 117)
  • Non ci conosciamo, il peccato ci fa vivere alla superficie di noi stessi, rientriamo in noi stessi solo per morire, ed è lì che egli ci aspetta.[7] (p. 81)
  • Una volta usciti dall'infanzia, occorre soffrire molto a lungo per rientrarvi, così come proprio in fondo alla notte si ritrova un'altra aurora.[8] (p. 50)

Diario di un curato di campagna[modifica]

Incipit[modifica]

La mia parrocchia è una parrocchia come tutte le altre. Si rassomigliano tutte. Le parrocchie d'oggi, naturalmente. Lo dicevo ieri al curato di Norenfontes: «Il bene e il male debbono equilibrarsi; senonché, il centro di gravità è collocato in basso, molto in basso. O, se lo preferite, si sovrappongono l'uno all'altro senza mescolarsi, come due liquidi di diversa densità». Il curato m'ha riso in faccia. È un buon prete, affabilissimo, molto paterno, che all'arcivescovado passa addirittura per un ingegno forte, un po' pericoloso. I suoi motti di spirito formano la gioia dei presbitèri, ed egli li sottolinea con uno sguardo che vorrebbe essere vivacissimo e che in fondo io trovo così frusto, così stanco da mettermi voglia di piangere.
La mia parrocchia è divorata dalla noia, ecco la parola. Come tante altre parrocchie! La noia le divora sotto i nostri occhi e noi non possiamo farci nulla. Qualche giorno forse saremo vinti dal contagio, scopriremo in noi un simile cancro. Si può vivere molto a lungo con questo in corpo.

Citazioni[modifica]

  • Il ventre d'un miserabile ha più bisogno d'illusione che di pane. (cap. II, pp. 70-71)
  • Dio ci scampi anche dai santi! (cap. II, p. 74)
  • A che serve parlare del passato? M'importa solo l'avvenire, e non mi sento ancora capace di guardarlo in faccia. (cap. II, p. 97)
  • Non esistono verità medie! (cap. II, p. 99)
  • Il desiderio della preghiera è già una preghiera. (cap. II, p. 106)
  • Il peccato contro la speranza - il più mortale di tutti - è forse il meglio accolto, il più accarezzato. (cap. II, p. 112)
  • L'inferno, [...] è di non amare più. (cap. II, p. 158)
  • Non fosse per la vigilante pietà di Dio, mi sembra che al primo prender coscienza di se stesso l'uomo ricadrebbe in polvere. (cap. II, p. 188)
  • Lo sguardo della Vergine è il solo sguardo veramente infantile, il solo vero sguardo di bambino che si sia mai levato sulla nostra vergogna e sulla nostra disgrazia. (cap. II, p. 200)
  • È il timore incessante della paura, la paura della paura che modella il viso dell'uomo coraggioso. (cap. II, p. 225)
  • Dubitare di sé non è umiltà, credo persino che spesso sia la forma più esaltata, quasi delirante, dell'orgoglio, una sorta di ferocia gelosa che fa rivoltare un disgraziato contro se stesso, per divorarsi. Il segreto dell'inferno dev'essere in ciò. (cap. II, p. 231)
  • Il gusto del suicidio è un dono. (cap. III, p. 248)
  • Odiarsi è più facile di quanto si creda. La grazia consiste nel dimenticarsi. (cap. III, p. 272)

I grandi cimiteri sotto la luna[modifica]

  • Quel poco che ho fatto in questo mondo m'è sempre apparso in principio inutile, inutile sino al ridicolo, inutile sino al disgusto. Il demone del mio cuore si chiama "a che pro?".
  • No, io non sono uno scrittore. La sola vista di un foglio di carta bianca mi disanima.
  • Scrivo nei caffè, col rischio di passare per un ubriacone, e difatti lo sarei forse diventato se le potenti repubbliche non colpissero col dazio, crudelmente, gli alcool consolatori.
  • Quelli che io chiamo a raccolta non sono certo numerosi. Non cambieranno nulla alle faccende del mondo, ma è per loro, è per loro che sono nato.
  • Sono quasi soltanto le classi medie a fornire l'esemplare tipo dell'imbecille.
  • Solidamente radicata al proprio terreno natale come un banco di mitili allo scoglio, la colonia degli imbecilli può essere ritenuta innocua e perfino capace di fornire allo stato e all'industria un prezioso materiale. L'imbecille è innanzitutto abitudinario e vive di partito preso.
  • Quel che voi chiamate semplicità è proprio il suo contrario. Voi siete facili, non semplici.
  • È chiaro che la moltiplicazione dei partiti a tutta prima lusinga la vanità degli imbecilli. Dona loro l'illusione di scegliere.
  • In virtù dei mezzi meccanici vi è consentito di spostare i vostri imbecilli non solo di città in città, da provincia a provincia, ma da nazione a nazione, da continente, perfino, a continente.
  • Il mito del progresso ha reso buoni servigi alle democrazie.
  • Machiavelli scriveva rivolgendosi solo a un certo numero di iniziati. I dottrinari del realismo politico parlano al pubblico.
  • La stampa italiana si dà oggi [1938] molto da fare per giustificare agli occhi di questi ultimi la distruzione di massa, per mezzo dei gas, del materiale abissino.
  • I nostri antenati hanno fatto essi pure fortuna, come questo signore coi negri, però non si sentivano obbligati a elaborare perciò una filosofia.
  • Gli uomini del medio evo non erano abbastanza virtuosi per disdegnare il danaro, disprezzavano però gli uomini che lo possedevano.
  • Esiste una borghesia di sinistra e una borghesia di destra. Non c'è invece un popolo di sinistra e un popolo di destra, c'è un popolo solo.
  • La democrazia è un'invenzione di intellettuali.
  • Le elezioni favoriscono i chiacchieroni.
  • Il popolo ha perduto il suo proprio carattere, la sua originalità razziale e culturale ed è diventato un immenso serbatoio di stupidi intrighi, cui si aggiunge un minuscolo semenzaio di futuri borghesi.
  • Quando il popolo penserà esattamente come voi, la questione sociale sarà vicinissima a esser risolta, e al minimo prezzo.
  • Se la pace sociale costa tanto cara, è perché probabilmente il sistema non vale nulla. Andatevene!
  • Mi sforzo di parlare sempre senza ironia. So bene che l'ironia non ha mai toccato il cuore di nessuno.
  • Grazie al progresso tecnologico e alla settimana di sei ore, i cittadini cambierebbero autocrate ogni sabato sera.
  • Il regime dei sospetti è anche il regime della delazione.
  • È meglio mille volte crepare che vivere nel mondo che state per costruire. È già diventato impossibile sentir parlare di guerra di diritto senza che si mettano a ridere perfino i dispeptici.
  • Appiccherebbero il fuoco all'umanità per un colpo in Borsa, senza curarsi un istante di sapere come spegnerlo.
  • L'ira degli imbecilli mi ha sempre riempito di tristezza [...].[9]

Il signor Ouine[modifica]

  • L'infanzia è il sale della terra.
    Perda il proprio sapore, e il mondo sarà in poco tempo solo putrefazione e cancrena. (1492)[10]
  • Chi di noi ha mantenuto sempre la purezza di cuore? Chi può credersi senza macchia?
    Ma la grazia di Dio fa dell'uomo più indurito un piccolo bambino. (1520)[11]
  • Diffido della pietà. Esalta in me sentimenti piuttosto vili, un prurito di tutte le piaghe dell'anima.[3]

La Francia contro la civiltà degli automi[modifica]

  • L'intellettuale è così spesso un imbecille, che dovremmo sempre considerarlo tale, finché non ci abbia provato il contrario. (116)[12]
  • La grande disgrazia, l'unica disgrazia di questa società moderna, la sua maledizione, è che essa si organizza visibilmente per fare a meno della speranza come dell'amore; immagina di supplirvi con la tecnica, aspetta che i propri economisti e i propri legislatori le forniscano la doppia formula di una giustizia senza amore, di una sicurezza senza speranza. (261)[13]
  • Un mondo dominato dalla Forza è abominevole, ma il mondo dominato dal Numero è ignobile.[14]
  • Una civiltà non crolla come un edificio, si direbbe molto più esattamente che si vuota a poco a poco della sua sostanza finché non ne resta più che la scorza.[14]

Le Chemin de la Croix-des-âmes[modifica]

  • Vi è soltanto un mezzo sicuro per conoscere, ed è amare. (41)[15]
  • Le più grandi canagliate della storia non sono state commesse dalle più grandi canaglie della storia, ma dai vigliacchi e dagli impotenti. (125)[16]
  • Non si può insieme essere e apparire, bisogna scegliere. (165)[15]

Incipit di Un delitto[modifica]

«Chi sei? Sei tu, Femia?»
Era poco probabile che la campanara venisse così tardi alla canonica. Dalla finestra lo sguardo ansioso della vecchia governante non poteva giungere oltre la prima svolta del viale; al di là il minuscolo giardino si perdeva nelle tenebre.
«Oh, sei tu Femia?» ripeté senza convinzione e, questa volta, con un tremito nella voce.
Non aveva più il coraggio di chiudere la finestra, eppure il sordo turbinìo del vento in fondo alla valle andava aumentando di minuto in minuto come ogni sera e non si sarebbe placato che con le prime nebbie dell'alba. Ma più che la notte ella temeva l'odore indefinibile di quella casa solitaria piena dei ricordi di un morto. Per un momento le sue mani rimasero avvinghiate allo stipite della finestra. Per staccarle dovette fare uno sforzo e mentre le sue dita indugiavano ancora sulla maniglia, le sfuggì un grido di terrore.

Note[modifica]

  1. Citato in Félicien Marceau, Equilibrio dello spirito in un classico moderno, La Fiera Letteraria, anno VI, n. 45, 25 novembre 1951, p. 3.
  2. Da La Grande Paura dei benpensanti; citato in Franca Rosti, Tra virgolette. Dizionario di citazioni, Zanichelli, Bologna, 1995, p. 391. ISBN 88-08-09982-2
  3. a b Citato in Elena Spagnol, Citazioni, Garzanti, 2003.
  4. Da A che serve questa libertà?, in Lo spirito europeo e il mondo delle macchine, traduzione di Gennaro Auletta, Rusconi, Milano, 1972, p. 242.
  5. Da Correspondence, II, 713.
  6. Da Correspondence, II, 263.
  7. Da Dernier agenda, 1948, in Albert Béguin, Bernanos par lui-même, p. 147.
  8. Da Carmélites, 1586.
  9. Citato in Ferruccio Parazzoli, Inventare il mondo: teoria e pratica del racconto, Garzanti, Milano, 2009, p. 82. ISBN 9788811681533
  10. Da Pensieri, parole, profezie, p. 49.
  11. Da Pensieri, parole, profezie, p. 50.
  12. Da Pensieri, parole, profezie, p. 39.
  13. Da Pensieri, parole, profezie, p. 102.
  14. a b Citato in Elena Spagnol, Enciclopedia delle citazioni, Garzanti, Milano, 2009. ISBN 9788811504894
  15. a b Da Pensieri, parole, profezie, p. 140.
  16. Citato in Maria Antonietta La Barbera, Invito alla lettura di Georges Bernanos, Mursia, Milano, 1993, p. 157. ISBN 88-425-1527-2

Bibliografia[modifica]

  • Georges Bernanos, Diario di un curato di campagna (Journal d'un curé de campagne), traduzione di Adriano Grande, Oscar Mondadori, 1965.
  • Georges Bernanos, I grandi cimiteri sotto la luna, traduzione di Giacinto Spagnoletti, Il saggiatore, Milano, 1967.
  • Georges Bernanos, Pensieri, parole, profezie, a cura di Maria Antonietta La Barbera, Edizioni Paoline, Milano, 1996. ISBN 88-315-1186-6
  • Georges Bernanos, Un delitto (Un crime), traduzione di Enrico Piceni, Mondadori – De Agostini, 1989.
  • John Lukacs, Democrazia e populismo, traduzione di Giovanni Ferrara degli Uberti, Longanesi, 2006.

Filmografia[modifica]

Altri progetti[modifica]