Tom Regan

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Tom Regan

Tom Regan (1938 – 2017), filosofo statunitense.

Per approfondire, vedi: Diritti animali, obblighi umani.

Citazioni di Tom Regan[modifica]

  • Chiunque scriva sul trattamento degli animali deve riconoscere un enorme debito nei confronti di Singer. Grazie ai suoi lavori, e alle opere pionieristiche di Ruth Harrison, i raccapriccianti dettagli dell'allevamento industriale sono penetrati nella coscienza pubblica.[1]
  • Il problema che abbiamo dinnanzi, tuttavia, non è: «Il diritto, oggi come oggi, conferisce diritti e status giuridico agli animali?», domanda alla quale la risposta è evidentemente «no». Il problema è «Deve il diritto accordarglieli?», domanda alla quale la mia risposta è «sì». Le basi su cui sostengo la mia asserzione sono soprattutto d'ordine morale. Anzi, la mia risposta in breve alla domanda «perché il diritto dovrebbe conferire agli animali diritti giuridici?» è appunto «perché la morale non si può accontentare di nulla di meno».[2]
  • La filosofia è nota per i suoi disaccordi: date a due filosofi le stesse premesse e non ci si meraviglierà di vederli discutere sulla conclusione che da esse dovrebbero seguire; viceversa, date loro la stessa conclusione e ci si aspetterà di non trovarli d'accordo sulle premesse.[3]
  • Per quanto riguarda la facoltà di comprendere, ebbene molti animali capiscono proprio come gli uomini il mondo in cui vivono e che esplorano. Altrimenti non potrebbero sopravvivere. Sotto le differenze si nasconde quindi una somiglianza. Proprio come noi, gli animali non sono semplicemente al mondo, ma sono coscienti del mondo. E proprio come noi, incarnano il mistero e la meraviglia della coscienza. Come noi, sono il fulcro psicologico di un'esistenza che appartiene soltanto a loro.[4]

Gabbie vuote[modifica]

  • Le persone come me, coloro che sostengono i diritti animali, considerano aquile ed elefanti, maiali e focene, alla stessa stregua in cui la maggior parte di noi considera cani e gatti. Non fraintendetemi. Gli Ara[5] non vogliono che i maiali dormano nel loro letto o che gli elefanti viaggino con loro in auto. Gli Ara non vogliono trasformare questi animali in animali d'affezione. Quel che vogliamo è molto più semplice: vogliamo soltanto che la gente smetta di trattarli in modo orribile. (pp. 27-28)
  • Non sarei mai diventato un Ara se prima non fossi stato un difensore dei diritti umani, specialmente di quelle persone (i molto giovani e i molto vecchi, ad esempio) che non possono comprendere o che non hanno la forza di rivendicare i loro diritti. (p. 29)
  • Il futuro per gli animali sarebbe tetro se ci fossero troppo poche persone pronte a trasformare i diritti animali in realtà. (p. 32)
  • Un giorno, mentre mi trovavo nella biblioteca universitaria, presi dagli scaffali un libro intitolato An Autobiography: The Story of My Experiments with Truth. L'autore era qualcuno di cui riconobbi subito il nome e la cui visione del mondo conoscevo almeno parzialmente per via indiretta. In effetti, non avevo mai letto niente di suo. Il suo nome era Mahatma Gandhi.
    Che scelta carica di conseguenze! Quel libro contribuì a cambiare il corso della mia vita. [...]
    Benché scritto per tutti, sembrava che quel libro si rivolgesse proprio a me personalmente. Era come se mi chiedesse come io, Tom Regan, potessi oppormi all'inutile violenza, come quella associata alla guerra in Vietnam, quando le vittime erano umani, e appoggiare lo stesso tipo di violenza (cioè, una violenza inutile) quando le vittime erano animali. (pp. 61-62)
  • Gandhi aveva decisamente ragione su alcune cose. Mangiare animali, mangiare la loro carne, come facevo io, di certo favorisce il loro massacro, la loro morte violenta e assolutamente terribile [...].
    Inoltre, da quanto cominciavo ad apprendere sull'alimentazione, venni a conoscenza del fatto che non era necessario mangiar carne per godere di buona salute. A questo punto tutto era chiaro: il massacro degli animali a scopo alimentare è qualcosa di inutile. (p. 62)
  • Dalla lettura di Gandhi avevo appreso che alcuni indiani consideravano il cibarsi di una mucca come qualcosa di totalmente ripugnante. Capii allora che a me succedeva lo stesso con cani e gatti: non avrei mai potuto mangiarli. Le mucche erano così diverse dai cani e dai gatti da richiedere una considerazione morale differente? E i maiali, anche loro erano diversi da cani e gatti? Forse qualcuno degli animali di cui mi nutrivo era così diverso da cani e da gatti? (p. 63)
  • Quando rivendichiamo i nostri diritti non stiamo chiedendo a qualcuno di essere generoso con noi. Non stiamo dicendo: «Per favore, gentilmente, mi daresti qualcosa che non merito?». Al contrario, quando rivendichiamo i nostri diritti, stiamo chiedendo un trattamento giusto, stiamo chiedendo che ci venga riconosciuto ciò che ci è dovuto. (p. 76)
  • Quando le persone più vulnerabili sono usate come mezzi, coloro che sono in grado di riconoscere le ingiustizie da loro subite hanno il dovere di intervenire, di mettersi dalla parte delle vittime e denunciare apertamente quanto accaduto. Questo dovere è una richiesta di giustizia, non un appello alla generosità. Le vittime hanno diritto alla nostra assistenza; l'aiutarli è qualcosa di dovuto, non qualcosa di «estremamente carino» da offrire da parte nostra. Più gli umani sono incapaci di difendere i propri diritti, maggiore è il nostro dovere di farlo al loro posto. (p. 77)
  • Senza rispetto per i diritti della persona, non c'è rispetto per la persona titolare di questi diritti. (p. 79)
  • Da un punto di vista morale, una ragazzina geniale capace di suonare Chopin con una mano legata dietro la schiena, non ha «più valore» di un bambino con gravi handicap mentali che non saprà mai né cos'è un piano né chi fosse Chopin. Da un punto di vista morale, non possiamo dividere il mondo mettendo gli Einstein «in alto» e gli «inferiori» tipo I Simpson «in basso». I meno dotati non vivono per servire gli interessi dei più dotati. I primi non sono mere cose al confronto dei secondi, non devono essere usati come mezzi per raggiungere i fini di altri. Da un punto di vista morale, ognuno di noi è uguale perché ognuno di noi è ugualmente un qualcuno, non un qualcosa, è soggetto-di-una-vita e non una vita senza soggetto. (p. 90)
  • Quanto avevo appreso sui diritti umani si rivelò immediatamente rilevante per la mia riflessione sui diritti animali. La possibilità che gli animali abbiano diritti dipende dalla risposta alla domanda: «Gli animali sono soggetti-di-una-vita?». Questo è ciò che dobbiamo chiederci circa gli animali in quanto questa è la stessa domanda che dobbiamo porci circa noi stessi. (p. 92)
  • Dobbiamo svuotare le gabbie, non renderle più grandi. (p. 103)
  • Il ruolo dei veterinari nel legittimare le pratiche di routine delle maggiori industrie di sfruttamento animale è una tragedia indicibile, il loro tradimento nei confronti degli animali è semplicemente immenso. Con poche eccezioni [...] gli abusi perpetrati nei confronti degli animali [...] sono perfettamente conformi alle regole approvate dall'American Veterinary Medical Association (Avma). (pp. 132-133)
  • Rebekah Harp, un'insegnante di sostegno di Jacksonville in Florida [...], aveva sempre mangiato carne. Poi, qualche anno fa, le accadde qualcosa di decisivo. Ecco come descrive la sua esperienza: «Mi stavo gustando una bistecca in un bel ristorante e mi misi a guardare la gente che stava cenando con me. Quando richiamo alla mente questo episodio, mi appare sempre come se fosse proiettato al rallentatore, come una scena di un film di Oliver Stone. Il rumore dei coltelli che affondavano nella carne si intensificava progressivamente e i rivoli di sangue e grasso che si raccoglievano nei piatti mi fecero star male. Un'immagine di mucche terrorizzate in attesa della macellazione mi attraversò la mente – e quello fu l'ultimo pezzo di carne che mangiai. Quelle mucche non erano diverse dai miei cani o dai miei gatti, quindi come potevo giustificare il cibarsi di animali?». (p. 137)
  • [...] difficile immaginare cosa possa voler dire mangiare senza mangiar carne. Ecco cosa ci succede: qui c'è la bistecca, qui c'è una patata al forno e qui c'è l'insalata. Tolta la bistecca, cosa ci resta? Una patata al forno con un po' di insalata. Non c'è da stupirsi se inizialmente i temporeggiatori pensano che diventare vegetariani sia come fare un voto combinato di astinenza culinaria e povertà. Poi, col tempo, i temporeggiatori imparano che esiste una cucina tutta da scoprire che non fa uso di animali e che è contemporaneamente nutriente, varia e deliziosa, un menù di possibilità che comprende cibi che provengono da ogni parte del mondo. La vera sorpresa non consiste nel vecchio e solito cibo a cui rinunciamo, ma in quello nuovo e meraviglioso che scopriamo. Qualcosa che tutti noi dobbiamo imparare da soli, poiché nessuno ce lo insegna. (p. 138)
  • Abitando in città, non possedevo una reale conoscenza diretta delle condizioni degli animali d'allevamento e, prima di leggere Gandhi, nessun interesse al riguardo. Dopo che venni sedotto dal pensiero di Gandhi, capii che dovevo rendere visibile l'invisibile; dovevo, per così dire, entrare nelle stalle e vedere cosa vi succedeva. (p. 139)
  • Nelle settimane seguenti visitai altri mattatoi più grandi e osservai centinaia di maiali e migliaia di polli mentre esalavano il loro ultimo respiro in enormi catene di smontaggio e di morte [...]. Le persone che lavoravano in questi posti effettivamente paragonavano quello che facevano a «catene di montaggio che girano al contrario». [...] Non dimenticherò mai queste carneficine, le cui proporzioni non avrei mai immaginato se non le avessi viste con i miei occhi. (p. 140)
  • La maggior parte di questi animali [negli allevamenti industriali], miliardi di animali, soffre ogni singolo minuto della propria esistenza. Sono fisicamente malati, minati da malattie croniche e debilitanti. Sono annientati psicologicamente, oppressi dal sommarsi di disorientamento e depressione. Visti da lontano, possono sembrare gli animali che abbiamo visto nelle figure dei libri della nostra infanzia. Visti dall'interno, nel loro presente, non sono altro che ombre tragiche e patetiche dei loro forti antenati. Tuttavia la pienezza del loro essere si conserva, in attesa di essere liberata [...]. (p. 140)
  • I vitelli sono noti per la loro vitalità. Tutti noi abbiamo visto questi cuccioli pieni di vita scorrazzare in ampi pascoli, mentre i loro teneri muscoli si rafforzano per sostenere il loro peso in costante crescita. Per i vitelli allevati nei box non è così. Le condizioni della loro prigionia fanno sì che i loro muscoli rimangano atrofici, in modo che la loro carne conservi il grado di tenerezza che, secondo il «Journal», «soddisfa le richieste del consumatore». (p. 143)
  • I grandi impianti di macellazione sono strutture anonime, ricolme del rumore degli animali che vengono scaricati, dei muggiti dei bovini, delle grida incontrollate dei maiali. Molti degli operai dicono che gli animali sanno perché si trovano lì e che molti di loro lottano strenuamente per non essere spinti nello scivolo da cui non c'è ritorno. Gli animali che resistono di più sono quelli che vengono picchiati più violentemente, con pungolatori elettrici, catene e calci. (p. 153)
  • Sue Coe, che con i suoi quadri e le sue stampe ha fatto più di ogni altro artista nella storia per aiutare gli animali [...]. (p. 159)
  • Probabilmente tutti hanno già sentito che i maiali sono intelligenti quanto i cani (se non di più). Quel che può sorprendere sono i risultati di studi che dimostrano che i maiali possono sviluppare comportamenti che li pongono allo stesso livello cognitivo dei primati non umani. (p. 160)
  • È stato dimostrato che le pecore possiedono una memoria straordinaria. Non solo imparano velocemente a riconoscere i volti (sia di pecore che di umani), ma sono anche in grado di ricordarseli dopo non averli rivisti per più di due anni. La persona che ha ottenuto questi risultati, il dottor Keith Kendrick del Babraham Institute in Gran Bretagna, sostiene che «la loro sofisticata capacità di riconoscimento dei volti implica che le interazioni sociali con i compagni di gregge e con alcuni umani siano molto importanti per le pecore». (p. 160)
  • Poi ci sono i proverbiali «cervelli di gallina», sicuramente gli animali più diffamati ed oltraggiati sulla faccia della terra, e – altrettanto sicuramente – tra gli uccelli più intelligenti e sociali. [...] le galline non solo sono in grado di imparare, ma anche di apprendere reciprocamente l'una dall'altra. Le galline non sono così stupide come vorrebbe la credenza popolare. (p. 161)
  • Fino a non molto tempo fa, il mito delle proteine (bisogna mangiar carne per assumere proteine a sufficienza) era molto popolare, ma ora la situazione è cambiata. Oggi sempre più persone cominciano a capire che le proteine di cui abbiamo bisogno per godere di buona salute possono essere assunte senza dover mangiar carne (ovverosia, con una dieta vegetariana), anzi senza mangiar carne né altri cibi di derivazione animale, compresi latte, formaggi e uova (ovverosia, con una dieta vegana). Persino la Food and Drug Administration (Fda), istituzione tutt'altro che favorevole al vegetarianesimo fino a non molto tempo fa, si è dovuta arrendere all'evidenza. Nei suoi documenti più recenti, la Fda riconosce infatti che il vegetarianesimo e il veganesimo costituiscono delle scelte alimentari consigliabili e salutari. (p. 164)
  • Forse indossare una pelliccia può essere necessario per la salute e la sopravvivenza degli inuit dell'estremo Nord. Ma cosa dire di chi vive a New York? O di chi frequenta i centri commerciali di Chicago e Atlanta? O di chi possiede uno chalet ad Aspen? Né la salute né la sopravvivenza possono giustificare che in tutti questi luoghi si indossino pellicce. L'unica spiegazione possibile è la moda. (p. 165)
  • Le gabbie dei visoni, che ospitano le madri con i loro piccoli, possono contenere fino a otto animali. Se si eccettuano le tracce lasciate dal loro passaggio, i visoni in libertà, che vivono su territori che possono raggiungere i quattro chilometri in lunghezza, vengono avvistati raramente. I visoni sono animali notturni che trascorrono la maggior parte del tempo in acqua: la loro reputazione di ottimi nuotatori è in effetti ben meritata. I visoni rinchiusi in gabbia sono come pesci fuor d'acqua. Per la maggior parte del giorno camminano avanti e indietro ininterrottamente entro i confini delle loro vite mutilate, confini definiti dal loro andirivieni ripetuto all'infinito all'interno di un mondo di reti metalliche.
    [...] Imprigionati in un ambiente artificiale e privati della possibilità di esprimere il loro naturale desiderio di muoversi e nuotare, i visoni d'allevamento (ma vale lo stesso per tutti gli animali da pelliccia posti nelle medesime condizioni) manifestano segni di nevrosi (nel migliore dei casi) e di psicosi (nel peggiore). (pp. 166-167)
  • Sia che derivino da animali selvatici o da animali d'allevamento, le pellicce esigono un pesante tributo di morte, che è tanto maggiore quanto più piccola è la taglia degli animali coinvolti. (p. 171)
  • Forse il denaro ha il potere di trasformarci tutti in narcisisti. (p. 171)
  • Si racconta che i missionari cristiani dovettero affrontare difficoltà enormi quando ricorsero alla metafora dell'«agnello di Dio» nel tentativo di convertire gli eschimesi. Non avendo mai visto un agnello, questa metafora era per loro priva di significato. Allora i missionari sostituirono l'agnello con il kotik, termine che in eschimese significa «cucciolo di foca». Difficile immaginare una scelta migliore. Come osserva Wilfred Grenfell, «questo animale, dalla natura gentile e indifesa e dagli occhi innocenti e commoventi, che riposa con il suo mantello perfettamente candido in una culla di ghiaccio, è probabilmente il miglior sostituto che la natura possa offrire». (p. 178)
  • Se in Cina cani e gatti vengono mangiati, non dovrebbe sorprendere che se ne usi anche la pelliccia. Gli occidentali fanno sostanzialmente la stessa cosa quando utilizzano i bovini per ottenere carne e cuoio. (p. 179)
  • L'unico posto dove devono stare pellicce e pelli è sugli animali a cui appartengono. (p. 188)
  • Che gli interessi degli animali nei circhi siano sistematicamente violati è implicito nell'esistenza stessa di questa attività. Gli animali selvatici non appartengono al circo, ma ad ambienti in cui sono liberi di esprimere la loro natura, sia individuale che (come ad esempio nel caso degli elefanti) come membri di un gruppo sociale variabile, cosa che nessun circo può assicurare. Limitazioni di spazio, perdita della struttura sociale e comportamenti anomali sono le dimensioni della violazione degli animali nei circhi. (pp. 190-191)
  • Gli animali selvatici non possono essere addestrati senza che l'integrità della loro indole più profonda non venga distrutta. Se l'addestramento funziona, una parte della natura originaria dell'animale viene persa. (p. 195)
  • I delfini nuotano fino a 65 chilometri al giorno e possono immergersi fino a profondità superiori ai 400 metri. Nel loro ambiente naturale, possono vivere in gruppi sociali estesi e si orientano grazie alla loro capacità di ecolocalizzazione in un ambiente in continua trasformazione e potenzialmente pericoloso. Una volta in cattività, questi stessi animali vengono rinchiusi in vasche di cemento [...] o in piccole gabbie marine. In questo mondo desolato, non ci sono gruppi, né eventi significativi. Non vengono affrontate sfide naturali. Non si trova niente di interessante perché non c'è niente di interessante. (p. 205)
  • Partecipare a uno sport nel suo significato più autentico richiede la volontaria partecipazione da parte di tutti i concorrenti. Ecco perché il baseball, il calcio e il golf sono sport, mentre non lo era il massacro dei cristiani nel Colosseo.
    La caccia sportiva non è come il baseball, il calcio e il golf; è come i «giochi» dell'antica Roma. (p. 211)
  • Chi non è perseverante, non otterrà mai alcun cambiamento. (p. 238)
  • Chi conosce la crudeltà nascosta dei rodei sa che quanto trasmesso alla televisione non è quello che accade veramente. In televisione non si vedono pungolatori elettrici né torcimenti della coda. Non si discute di cinghie strette ai fianchi e a che cosa servano. Questo è prevedibile, considerati gli sponsor commerciali e la necessità di presentare il rodeo come uno «spettacolo per tutta la famiglia». Ciò comporta la censura di morte e ferite. (p. 226)
  • Non può venire alcun bene dal male che facciamo. La vivisezione è quella sorta di male che non dovremmo mai commettere. (p. 257)
  • Ogni giorno, la maggior parte della violenza esercitata nel cosiddetto mondo «civilizzato» è rappresentata da quanto gli umani fanno agli animali. Che questa violenza sia legalizzata è solo un'aggravante. (p. 274)
  • Dovremmo vivere semplicemente, in modo che altri possano semplicemente vivere. (p. 269)
  • Se i nostri antenati e le nostre antenate avessero accettato lo status quo, se avessero girato le spalle a chi chiedeva maggiore uguaglianza, molti afroamericani sarebbero ancora ridotti in schiavitù e le donne non avrebbero ancora il diritto di voto. [...] pratiche sociali consolidate non solo possono essere cambiate, ma sono cambiate. Certo, mai senza combattere. (p. 278)
  • Non nutro alcun dubbio che le opere di Sue (lo stesso vale per gli scritti di Jeffrey Masson) rappresentino delle pietre miliari. Tra un centinaio d'anni, ammettendo che la nostra specie sia riuscita a sopravvivere, i lavori di Sue Coe saranno esposti in tutti i più importanti musei del mondo. (p. 289)

Citazioni su Gabbie vuote[modifica]

  • È, a parer mio, la migliore introduzione al problema dei diritti animali che sia mai stata scritta. (Jeffrey Moussaieff Masson)
  • Il libro di Tom Regan è una bruciante accusa circa il modo in cui trattiamo gli animali in un mondo che abbiamo costruito a nostro completo vantaggio e ci fornisce una disamina definitiva sul fatto che gli animali sono o dovrebbero essere titolari di diritti nello stesso modo in cui lo sono gli umani. (John Maxwell Coetzee)
  • Le principali industrie di sfruttamento animale e i governi di tutto il mondo sostengono di trattare gli animali "umanamente". Gabbie vuote sfata questo mito. Le persone compassionevoli si indigneranno nel leggere la crudeltà insensata che infliggiamo ai nostri compagni animali. (Jeremy Rifkin)
  • Sono molto rari i libri destinati a cambiare il nostro modo di pensare. Questo libro di Tom Regan è uno di quelli. Gabbie vuote è convincente perché argomenta in modo logico e razionale e perché scritto in uno stile semplice ed elegante allo stesso tempo. (Jane Goodall)

I diritti animali[modifica]

  • Come le credenze, i desideri, le intenzioni e simili, anche l'autocoscienza non è proprietà esclusiva dell'homo sapiens. (p. 116)
  • La posizione che fa dei mammiferi non umani degli individui dotati, al pari di noi, di credenze e desideri è ragionevole per diversi motivi. La suffragano il senso comune e il linguaggio ordinario, nonché la teoria dell'evoluzione [...]. (p. 121)
  • Percezione, memoria, desiderio, credenza, autocoscienza, intenzione, senso del futuro, rientrano nei più importanti attributi della vita mentale dei mammiferi non umani normali con almeno un anno di vita. Aggiungiamo a questa lista le categorie, tutt'altro che prive di importanza, dell'emozione (per esempio, paura e odio) e della sensibilità (intesa come capacità di sperimentare piacere e dolore) e incominceremo a farci un'immagine adeguata della vita mentale di questi animali. (p. 124)
  • Le aziende agricole moderne (e in particolare gli allevamenti industriali) [...] allevano gli animali in condizioni innaturali. Spesso, come nel caso dei suini, vengono stipati in angusti recinti o, come nel caso dei bovini da riproduzione, tenuti in assoluto isolamento. Poiché i soli ambienti noti a questi animali sono quelli artificiali in cui vivono, a volte si è detto che essi non conoscono altri modi di vivere e quindi non possono soffrire per il fatto di dover rinunciare a un ambiente alternativo di cui non sanno nulla. [...] Supponiamo pure, quindi, che gli animali allevati intensivamente non sappiano quello che perdono; ciò non dimostra che le condizioni in cui vivono non li danneggino. Al contrario [...] la non conoscenza di altri modi di vivere fa parte del danno arrecato loro dall'allevamento di tipo industriale. (pp. 145-146)
  • Gli umani sono, come si dice, animali sociali, ma non sono gli unici animali sociali. Quanto più conosciamo gli animali, domestici e non, tanto più ci colpiscono i bisogni e le disposizioni sociali che caratterizzano la loro vita. (p. 146)
  • Perfino creature di modesta levatura biologica come i polli presentano una visibile struttura sociale e hanno comportamenti da cui traspaiono bisogni sociali e relativi desideri. (p. 147)
  • Le mucche da latte, sottoposte all'acuta sofferenza di doversene stare in piedi su pavimenti di cemento o su grate metalliche, oltre al danno evidente costituito dai dolori dovuti alla posizione cui sono costrette, subiscono anche i danni da deprivazione derivanti dalla loro ridottissima attività. (p. 148)
  • Il contributo degli utilitaristi classici alla causa del benessere animale costituisce un grande titolo di merito ed è motivo di riconoscenza da parte di tutti coloro che operano per migliorare il trattamento degli animali. (p. 279)
  • Non c'è uno scritto sul problema del trattamento degli animali che non abbia debiti enormi nei confronti di Singer. La crescente consapevolezza da parte del grande pubblico dei raccapriccianti dettagli dell'allevamento degli animali su scala industriale va collegata in larga misura alla grande e meritata fortuna delle sue opere, specialmente di Animal Liberation. (p. 302)
  • Tutte le teorie etiche plausibili riconoscono, almeno di primo acchito, sia il dovere di non commettere ingiustizie personalmente, sia il dovere di soccorrere le vittime delle ingiustizie compiute da altri. La giustizia, cioè, impone non solo il dovere di non danneggiare, ma anche quello di soccorrere e di assistere coloro che subiscono ingiustizie. (p. 339)
  • Trattare gli animali con rispetto non è un atto di bontà, ma di giustizia. (p. 377)
  • Trattare gli animali d'allevamento come risorse rinnovabili significa venir meno al rispetto dovuto loro come individui dotati di valore inerente e trattarli ingiustamente. (p. 463)
  • [...] nessun vegetariano verrebbe meno alla propria scelta solo perché molti altri continuano a sostenere l'industria degli animali [...]. Poiché questa industria comporta la sistematica violazione dei diritti degli animali, per le ragioni addotte è moralmente sbagliato acquistarne i prodotti. È per questo che, secondo la teoria dei diritti, il vegetarianismo è moralmente obbligatorio; ed è per questo che non dobbiamo ritenerci soddisfatti di alcun risultato che non sia la fine completa dell'allevamento – non necessariamente intensivo – a scopo commerciale degli animali così come lo conosciamo. (pp. 469-470)
  • L'appello alla tradizione – per esempio a sostegno della caccia alla volpe in Inghilterra – non serve alla causa della caccia più di quanto non serva l'appello a qualsiasi altro abuso divenuto abituale a danno degli animali o degli umani stessi. (p. 474)
  • Se ci sono alternative non animali [alla sperimentazione animale], occorre adottarle; se non ci sono, occorre cercarle. È questa la sfida morale che la teoria dei diritti lancia ai ricercatori. Sono i ricercatori che obiettano che «ciò è impossibile» ancor prima di esperire i tentativi scientifici del caso – non coloro che li invitano a farlo – a dar prova di scarsa fiducia nella scienza e di insufficiente impegno scientifico, ossia di antiscientificità della peggior specie. (p. 519)
  • Essi [i veterinari] sono quanto la società ha di più vicino a un potenziale modello ideale di cura moralmente illuminata degli animali. È quindi motivo di profonda tristezza rendersi conto che un numero sempre maggiore di questi professionisti prestano la loro opera in quelle stesse industrie che violano sistematicamente i diritti degli animali, ossia negli allevamenti agricoli e nei laboratori. Secondo la teoria dei diritti, i veterinari hanno l'obbligo di liberare se stessi e la propria professione dai vincoli economici che li legano a queste industrie, e di destinare le loro vaste conoscenze e le loro abilità di professionisti della medicina e di terapeuti a progetti rispettosi dei diritti dei loro pazienti. (p. 522)

Citazioni su I diritti animali[modifica]

  • Il libro di Tom Regan è un appassionante, rigoroso e accurato tentativo filosofico di formulare una teoria normativa comprensiva che getti la luce più perspicua sulle ragioni che militano a favore di trattamenti, pratiche e istituzioni modellate dal (e coerenti con il) principio dell'eguale rispetto dovuto, per strette ragioni di giustizia, ai nostri compagni di viaggio sulla terra, gli animali non umani. (Salvatore Veca)
  • Nella letteratura ormai molto estesa e altrettanto variegata sui diritti animali il libro di Tom Regan [...] occupa un posto particolare e saliente. The Case for Animal Rights è uno dei pochi tentativi di dare carattere sistematico e di formulare una più ampia teoria filosofica di sfondo entro cui assumono il loro senso determinato argomenti a favore di ragioni morali. Queste ultime sostengono, informano e dettano quali debbano essere i trattamenti, le azioni, le istituzioni, le pratiche sociali giuste che coinvolgono e toccano i rapporti fra noi, animali umani, e i nostri compagni di viaggio nell'avventura o nell'odissea dell'evoluzione, gli animali non umani. (Salvatore Veca)

Citazioni su Tom Regan[modifica]

  • Credo che uomini e donne riflessive, disposte a esaminare le questioni di vita proprie e quelle dei nostri compagni di viaggio sulla terra, debbano in ogni caso essere grate a filosofi come Tom Regan per l'impegno, la probità scientifica e la passione profuse per qualcosa che ha a che fare con quanto possiamo ancora chiamare, nelle nostre forme di vita in comune da vivere, un «progresso» possibile in etica. (Salvatore Veca)
  • Nessuno meglio di Tom Regan ha discusso la nozione di «diritti animali» e il suo significato. Da decenni universalmente riconosciuto come il più grande filosofo portavoce del movimento per i diritti animali, il suo punto di vista è sempre stato radicale, nel senso originario della parola: cioè quello di andare alle radici. Ciò gli permette di condannare, su basi squisitamente morali, qualsiasi sperimentazione animale, indipendentemente dal possibile beneficio che questa possa arrecare agli umani; posizione che condivido completamente e che per la prima volta ho sentito espressa in maniera convincente proprio da Tom Regan. (Jeffrey Moussaieff Masson)
  • Regan è tuttora un attivista di base, oltre che un teorico del movimento: ha un approccio pragmatico e una forte spinta all'azione. (Lorenzo Guadagnucci)

Note[modifica]

  1. Da Utilitarismo, vegetarianesimo e diritti animali, p. 231.
  2. Da L'esigenza di una riforma, in Silvana Castignone (a cura di), I diritti degli animali. Prospettive bioetiche e giuridiche, il Mulino, Bologna, 1985, p. 234. ISBN 88-15-00669-9
  3. Da Utilitarismo, vegetarianesimo e diritti animali, p. 227.
  4. Da The Burden of Complicity, prefazione a Sue Coe, Dead Meat; citato in Matthieu Ricard, Sei un animale!, traduzione di Sergio Orrao, Sperling & Kupfer, Milano, 2016, p. 107. ISBN 978-88-200-6028-2
  5. Acronimo di Animal Rights Advocates (difensori dei diritti animali).

Bibliografia[modifica]

  • Tom Regan, Gabbie vuote. La sfida dei diritti animali, traduzione di Massimo Filippi e Alessandra Galbiati, Edizioni Sonda, Casale Monferrato, 2005. ISBN 88-7106-425-9
  • Tom Regan, I diritti animali, traduzione di Rodolfo Rini, Garzanti, Milano, 1990. ISBN 88-11-59875-3
  • Tom Regan, Utilitarismo, vegetarianesimo e diritti animali, in Aa. Vv., Etica e animali, traduzione di Brunella Casalini, Liguori Editore, Napoli, 1998. ISBN 88-207-2686-6

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