Marcello Lippi

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Marcello Lippi nel 2010

Marcello Lippi (1948 – vivente), allenatore ed ex calciatore italiano.

Citazioni di Marcello Lippi[modifica]

  • [Ultime parole famose] A conclusione di una straordinaria esperienza professionale ed umana, vissuta alla guida di un eccezionale gruppo di calciatori e con la collaborazione di uno staff di prima qualità, ritengo esaurito il mio ruolo alla guida della Nazionale italiana.[1]
  • A Torino c'è la cultura della vittoria unita al temperamento riservato del piemontese. A Napoli c'è il contagioso entusiasmo che scorre per le strade della città.[2]
  • Avevo deciso di andare via dalla nazionale già prima di vincere il Mondiale di Germania del 2006. Tornare ad allenarla un'altra volta è stata una delle cavolate più grosse che ho fatto nella mia carriera. Siccome avevo lasciato veramente un gruppo di giocatori straordinari mi sono convinto a ritornare per ripagare la fiducia che quei ragazzi avevano sempre riposto in me. Ma non si deve tornare in una nazionale solamente due anni dopo aver vinto un campionato del mondo.[3]
  • [Su Davide Santon] Avevo detto che era un predestinato, e ora che l'ho visto dal vivo confermo: è esattamente così.[4]
  • [Sul campionato di Serie A 1997-1998] Ci hanno tirato addosso tanta merda che la metà bastava. Ecco perché è lo scudetto più bello. Si può attaccare tutto, il palazzo, le istituzioni, non una squadra come la nostra.[5]
  • Chi mi piacerebbe allenare? Giovinco. È uno geniale, a mio avviso il miglior acquisto.[6]
  • [Su Gianluca Zambrotta] Dopo i Mondiali del 2002 in Giappone e Corea, Gianluca tornò a casa [alla Juventus] con un grosso problema muscolare all'adduttore, al limite dell'intervento chirurgico, si ipotizzava una assenza di parecchi mesi. Comprammo dal Verona Camoranesi, rivelatosi poi un ottimo acquisto. Con la consueta tenacia e determinazione Gianluca guarì molto prima del previsto. E io mi ritrovai con un piacevolissimo problema: due grandi calciatori per un ruolo. Decisi che i grandi calciatori devono giocare sempre, anche a costo di cambiare ruolo. Proposi a Gianluca di provare a giocare difensore esterno a sinistra, dicendogli che a mio parere aveva le caratteristiche perfette per quel ruolo, e che probabilmente per lui si prospettava un brillante futuro in Nazionale, visto l'imminente ritiro di Maldini. Gianluca accettò con entusiasmo e convinzione e si mise a lavorare intensamente sul campo. In poco tempo calciava e crossava quasi meglio di sinistro che di destro: grazie alle sue capacità e al suo carattere è diventato uno dei migliori difensori esterni del mondo, in quel ruolo, sia a sinistra che a destra.[7]
  • [Sulla finale del campionato mondiale di calcio 2006] È stata una gara particolare[:] pronti, via, e loro hanno segnato su un rigore che non ho avuto modo di rivedere, quindi non vi so dire se c'era o meno. Noi siamo stati bravi ad avere una splendida reazione con il gol di Materazzi e la traversa di Toni. Poi nel secondo tempo siamo calati e abbiamo sofferto. È per questo che ho tolto Totti. Lui non è ancora al massimo della condizione e ha pagato i 120 minuti disputati con la Germania, non gli riuscivano le sue giocate. A determinare il calo è stato anche il fatto che gli infortuni ci hanno obbligato a giocare dietro sempre con gli stessi uomini.[8]
  • Giocare nella Juventus si­gnifica non accontentarsi mai. Vinto lo scudetto? Bene, c'è la Champions. Vinta la Champions? Bene, c'è l'Intercontinentale. Vinta l'Intercontinentale? Bene, c'è da rivincere lo scudetto. C'è sempre poco tempo per festeggiare.[9]
  • Alla Juventus gli anni più belli della mia vita professionale, persone fantastiche, risultati fantastici...[10]
  • Ho visto la sua finale in tv da Ginevra tutta, dal primo punto fino al trionfo. D'ora in poi sarà il nostro simbolo. Quattro anni fa dissi che ci saremmo ispirati all'oro olimpico del Setterosa, oggi a entusiasmarci è la Schiavone: lo leggo come simbolo per l'Italia. Grinta, passione, classe e cuore. D'ora in avanti è lei l'immagine del nostro Mondiale! [11]
  • Intanto, voglio dire che la Juventus non è mai morta, dunque chi la dà per spacciata non la conosce. La Juve in un certo senso è immortale, soprattutto quando la feriscono.[12]
  • L'allenatore è una guida forte, sicura. Non è importante che sia simpatico. Deve dare la sensazione ai giocatori di portarli a raggiungere l'obiettivo.[13]
  • La forza della Juventus è che quando vinci una partita, per quanto importante, per quanto bella, per quanto spettacolare, il giorno dopo viene cancellata e si pensa sempre a quella successiva. All'inizio è frustrante, ma poi capisci che è il segreto del successo.[14]
  • [Dopo la vittoria della Champions League nel 1996] La gioia dello scudetto l'avevo sentita solo mia, perché gli juventini ne avevano già vinti 22 e io neanche uno. Invece questa Coppa la sento comune, di tutti i tifosi che la aspettavano da tempo. Era importante anche l'altra, non fraintendetemi, ma penso che i tifosi godano di più per questa, anche perché è stata generata da una grande partita.[15]
  • La Nazionale e la Juventus sono state due grandi storie d'amore nella mia vita di allenatore.[16]
  • La tessera del tifoso in trasferta non mi piace. È una cosa che ghettizza. Anche se sono il ct della Nazionale, dico sinceramente che, a caldo, questo strumento non mi convince. A sentire l'espressione "scheda del tifoso" mi viene da pensare ai supporter che il sabato sera sono a cena e hanno in mente di andare a vedere la partita il giorno dopo a Milano o a Torino, ma poi non possono farlo perché non hanno la tessera. Diciamo che qualsiasi forma di schedatura non mi piace, tanto meno quella che riguarda i tifosi.[17]
  • [Su Massimiliano Allegri] Mi sono rivisto un po' in lui. È arrivato alla Juve più o meno alla mia età, ha la stessa mia concretezza e la voglia di modernizzare la squadra. Ci sono punti in comune. Si vede l'intelligenza: in punta di piedi in un ambiente dove si praticava un certo calcio, senza stravolgere le certezze. Poi, con idee leggermente diverse, ha dato a poco a poco la sua identità.[18]
  • Nella mia carriera non ho mai vinto niente, voi è da dieci anni che non vincete niente. Sarà l'ora che le cose cambino. Saremo di fronte ad una grande tavola imbandita, dove ogni coppa è un piatto. Nessuno potrà avere più fame di noi.[19]
  • Nessuno deve sentirsi titolare o riserva, tutti devono sentirsi molto importanti. Detesto la pappa fatta, le gerarchie fisse, qui la formazione, la i rincalzi. L'allenatore vivrebbe meglio, ma che vivere sarebbe? Sono per la concorrenza che stimola.[20]
  • Ogni volta che sento l'Inno di Mameli mi dà una sensazione bellissima, particolare. Non è per forza legata alla vittoria del Mondiale, perché la sentivo anche prima. Le parole, secondo me, sono molto belle e io non vedo per quale motivo si debba sostituire con il Và Pensiero. Bossi ritiene che debba essere cambiato? Non dico che sbagli, ma io, ogni volta che ascolto le prime note, avverto un qualcosa dentro e provo una bellissima sensazione.[17]
  • Pirlo è un leader silenzioso: parla coi piedi.[21]
  • Santon è un ragazzo, ma ha grande personalità, facilità di gioco e capacità di inserirsi nei meccanismi.[4]
  • Se fossi il presidente manderei via subito l'allenatore, poi chiamerei i giocatori e li attaccherei tutti al muro e gli darei dei calci in culo a tutti.[22]
  • Se il grande campione pretende di essere la primadonna, a scapito dei suoi compagni, quel collettivo non avrà successo. Il campione deve mettersi a disposizione.[23]
  • Un gruppo dei migliori giocatori non fa necessariamente la migliore squadra.
A group of the best players do not necessarily make for the best team.[24]
  • [Su Gianni Agnelli] Voglio ricordare che gli sarebbe piaciuto festeggiare la terza stella, chissà chi gliela regalerà, comunque la vedrà di sicuro dal cielo.[25]
  • Con Roberto Baggio non ho mai avuto una discussione. Per un motivo semplice: non l'ho mai considerato importante a livello umano.[26]

«Così è nata la Juve capolavoro»

Intervista di Fabio Vergnano, La Stampa, 12 maggio 1998, p. 31.

  • [«Il successo l'ha cambiata?»] Credo di no. Sono permaloso dalla nascita.
  • [Sul campionato di Serie A 1997-1998, «perché tanta acredine contro di voi?»] Mi sono posto anch'io questa domanda. È tutto l'anno che ci insultano, che ci dicono che sappiamo soltanto rubare. E non sanno che i giocatori reagiscono mettendoci ancora più rabbia quando in campo vengono accolti al coro di "ladri". Me l'hanno gridato anche qui a Viareggio una volta che passeggiavo in bici con mia moglie Simonetta. C'è una reazione brutale forse perché siamo dalla parte della ragione. Non faccio nomi, ma qualcuno [il presidente della Roma, Sensi, ndr] ha cominciato a parlare male della Juve cinque mesi fa. È possibile che da parte nostra ci sia stata qualche parola arrogante, ma nella hit parade delle frasi sbagliate noi non siamo certo al primo posto.
  • [Sul campionato di Serie A 1997-1998, «qualcuno ha detto che la partita con l'Inter andava rigiocata...»] Ma non scherziamo. [«...e che lo scudetto andava assegnato con uno spareggio»] Sì, se avessimo perso anche noi sette partite, non due. [«Ma le sviste arbitrali ci sono state»] Certo, e anche evidenti. Però anche gli altri ne hanno avute a favore e le posso elencare tutte. Il fatto che siano venute all'inizio o a metà campionato conta poco. La verità è che lo scudetto è andato alla squadra più regolare, anche se non la più forte sotto l'aspetto tecnico.
  • [«Dicono che lei sia un maestro nell'aggiustare la formazione nel corso della partita»] Se cambio è perché ho sbagliato prima.
  • [«Il calcio va verso grandi riforme. Lei da che parte sta?»] «Vorrei un sorteggio arbitrale pilotato non integrale e sono d'accordo anche sui sensori nelle porte. No alla moviola in campo e al doppio arbitro.

«La gioia più bella»

Citato in Maurizio Nicita, La Gazzetta dello Sport, 10 luglio 2006.

  • Grazie di cuore a questi ragazzi davvero fantastici. Gliel'ho già detto nello spogliatoio. Hanno un carattere, un cuore, una grinta che non hanno paragoni e sono stati ripagati dei loro sforzi, dei sacrifici, della convinzione di poter sollevare al cielo questa Coppa.
  • Avevo detto che l'avrebbe vinta [la coppa del mondo] chi aveva più fame e il nostro gruppo ha dimostrato di averne più di tutti.
  • [Dopo la vittoria ai mondiali di Germania 2006] Da sportivo è la più grande soddisfazione che potessi avere. Ho avuto la fortuna e l'onore di vincere tanti scudetti, una Champions League, di essere anche campione del mondo di club, ma questa Coppa è una cosa unica, irripetibile.

«Marchisio decisivo ma occhio a Ventura»

Intervista di Filippo Cornacchia, Tuttosport, 1º dicembre 2012, p. 4.

  • La buca sul dischetto[27] è uno di quegli episodi che non si dimenticheranno mai. È stato furbo e scaltro: subito ci rimasi male, ma col passare degli anni capisci che il derby è bello anche per queste cose.
  • Zidane giocava su una nuvola, una nuvola dove nessuno poteva salire.
  • Quello che soffriva maggiormente [il derby di Torino] era l'Avvocato. Mi diceva sempre che era la partita che non avrebbe mai voluto giocare. Come sosteneva lui: se vinci hai fatto il tuo dovere, ma se perdi ti rompono le scatole fino alla sfida successiva.
  • [«Da ragazzino quale era il suo juventino preferito per queste partite?»] Stravedevo per la cattiveria e la scaltrezza di Sivori: non si faceva mai picchiare da nessuno. Anzi, al massimo succedeva il contrario.
  • [Sebastian Giovinco] È la genialità impersonificata e la genialità sta benissimo in qualsiasi grande squadra.

(ES) «En Italia ya nadie habla de 'catenaccio'»

Intervista di Juan Castro, marca.com, 14 febbraio 2014.

  • Vincere è sempre importante ed è raramente frutto del caso. Puoi essere fortunato una volta, due, ma le vittorie sono sempre il frutto di un lavoro, di un gruppo formato al quale si contribuisce come allenatore.
Ganar siempre es importante y casi nunca es producto de la casualidad. Puedes tener suerte un día, dos, pero ganar es siempre producto de un trabajo, de un grupo formado, al que uno contribuye como técnico.
  • Il catenaccio non esiste più, nessuno ne parla in Italia. Parlarne è essere in male fede o non essere informati. Le ricordo che ho giocato la semifinale di Coppa del Mondo contro la Germania con quattro attaccanti: Totti, Iaquinta, Del Piero e Gilardino. Le mie squadre giocano all'attacco, con aggressività... e ora in Cina, Evergrande fa lo stesso. Quindi, smettiamo di parlare ancora di catenaccio.
El catenaccio ya no existe, nadie habla de eso en Italia. Hablar de eso es o tener mala fe o no estar informado. Le recuerdo que yo he jugado la semifinal del Mundial contra Alemania con cuatro delanteros: Totti, Iaquinta, Del Piero y Gilardino. Mis equipos juegan al ataque, con desdoblamientos, agresivos... y ahora en China, el Evergrande actúa igual. Por tanto, dejemos de hablar ya del catenaccio.
  • Io amo il calcio spagnolo. Le dico, ad esempio, che il Real Madrid voleva ingaggiarmi due volte, ma non potevo andarci perché ero alla Juventus e quando sei in quel club non pensi a nient'altro.
Amo el fútbol español. Le digo, por ejemplo, que el Real Madrid me quiso fichar dos veces. No pude ir porque estaba en la Juve, y cuando uno está en ese equipo no piensa en otro.

Citazioni su Marcello Lippi[modifica]

  • Il più bel prodotto di Viareggio, dopo Stefania Sandrelli. (Gianni Agnelli)
  • Lippi è quello che si avvicina di più al mio modo di vedere il calcio: poche teorie e molti fatti. (Giovanni Trapattoni)
  • [Gaffe] Lippi è un allenatore eccezionale che non esce mai dal macinato. (Franco Scoglio)
  • [Nel 1999] Lippi è stato il mio messia, il mio modello sotto tutti i punti di vista. (Gianluca Vialli)
  • Lippi praticava un calcio "sconosciuto" avendo messo a punto una corazzata terrificante anche a livello fisico. Eravamo cortissimi a pressavamo al limite dell'area avversaria. Mangiavamo erba e avversari. [«Un rivoluzionario?»] Il rivoluzionario fu Sacchi, Lippi alzò l'asticella sotto tutti i punti di vista. Il suo calcio era di un'intensità unica. (Christian Vieri)
  • Marcello Lippi ha l'assoluta certezza di essere venuto al mondo come esempio. Ma di che? (Franco Rossi)
  • Marcello Lippi è un uomo straordinario. Basta guardarlo negli occhi per dirsi che si sta avendo a che fare con qualcuno che è padrone di se stesso e del suo ambito professionale. Quegli occhi sono a volte ardenti per serietà, a volte scintillanti, a volte ti analizzano con circospezione e sempre sono vivi di intelligenza. Nessuno potrebbe fare l'errore di prenderlo alla leggera. (Alex Ferguson)
  • Nel 2006 Lippi è stato onesto: mi ha chiamato per dirmi che non avrei fatto parte della spedizione in Germania. Nel 2010 invece mi sa che è stato qualche giocatore a parlare male di me a Lippi. (Antonio Cassano)
  • Ricordo Lippi. In panca era sereno, si agitava poco: e ti credo, in campo aveva due allenatori, Didier e me... (Antonio Conte)

Note[modifica]

  1. Citato in Nazionale, è ufficiale: Lippi lascia. "Esperienza straordinaria, ma è finita", repubblica.it, 12 luglio 2006.
  2. Citato in Franco Ordine, "Higuain & C. come il Barça. Ma io dico ancora Juve", ilgiornale.it, 10 febbraio 2016.
  3. Da un'intervista a TV2000; citato in Lippi: "Tornare ad allenare la nazionale italiana è stata una delle cavolate più grosse della mia carriera"., goal.com, 14 novembre 2015.
  4. a b Citato in Lippi elogia Santon: "È un predestinato", inter.it, 5 giugno 2009.
  5. Dall'intervista al termine di Juventus-Bologna 3-2 del 10 maggio 1998; citato in Maurizio Crosetti, Inzaghi firma lo scudetto dei veleni, la Repubblica, 11 maggio 1998.
  6. Da un'intervista a Tuttosport; citato in Lippi a Tuttosport: "Conte? Processo mediatico. Giovinco geniale: l'acquisto migliore", tuttojuve.com, 15 agosto 2012.
  7. Da Una vita da terzino.
  8. Citato in Velario Gualerzi, Lippi felice, dedica vittoria alla famiglia – "Primo pensiero a Buffon e Cannavaro", repubblica.it, 10 luglio 2006.
  9. Citato in Storiche citazioni di juventini veriTuttosport, edizione impresa, 2 dicembre 2009.
  10. Da Agnelli 100, juventus.com, 24 luglio 2023.
  11. Citato in Italia, Lippi: "Noi come la Schiavone", ilsole24ore.com, 9 giugno 2010.
  12. Citato in Maurizio Crosetti, Marcello Lippi: "Piano con i processi, discutere Allegri è da manicomio"", la Repubblica, 10 marzo 2019.
  13. Citato in Lorenzo Marucci, Lippi: "L'allenatore deve entrare nella testa dei giocatori. E se hai quelli forti vinci", tuttomercatoweb.com, 16 luglio 2020.
  14. Citato in Guido Vaciago, Juve stuzzicata nell'orgoglio. "Ci danno per eliminati...", tuttosport.com, 17 marzo 2014.
  15. Citato in "Questa squadra ha vinto tutto", Corriere della Sera, 23 maggio 1996.
  16. Citato in goal.com, 2 giugno 2008.
  17. a b Dall'intervista a Klaus Davi per il programma web KlausCondicio, YouTube; citato in Lippi boccia la tessera del tifoso Non mi piace, sa di schedatura, repubblica.it, 26 agosto 2009.
  18. Dall'intervista di Fabio Licari a La Gazzetta dello Sport; citato in Lippi: "Mi rivedo in Allegri. E magari la Juve in Champions fa come la mia Italia", gazzetta.it, 25 marzo 2015.
  19. Al suo arrivo alla Juventus, 1994; citato in sportversilia.it [collegamento interrotto].
  20. Dall'intervista di Roberto Beccantini, Lippi: «Una Juve feroce con o senza Vieri», La Stampa, 11 luglio 2001, p. 33.
  21. Citato in Pirlo l'uomo nuovo: "Ho imparato guardando Baggio", la Repubblica, 29 marzo 2005.
  22. Dopo Reggina-Inter 2-1; citato in raisport.rai.it, 2 ottobre 2000.
  23. Citato in Lippi: "Lunga vita alla mia Juve operaia", Corriere della Sera, 24 maggio 1996.
  24. (EN) Citato in Marcello Lippi: 'Best players don't always make up the best team', independent.co.uk, 15 marzo 2008.
  25. Citato in Juventus e Ferrari in lutto, i grandi amori restano orfani, repubblica.it, 24 gennaio 2003.
  26. Citato in "Ipse Dixit", Calcio 2000, n. 49 (gennaio 2002), p. 194, 17 novembre 2001.
  27. Il 14 ottobre 2001, negli ultimi minuti di Juventus-Torino 3-3, Riccardo Maspero andò a scavare una piccola fossa in corrispondenza del dischetto del rigore, approfittando della confusione generata dalle proteste granata: lo juventino Marcelo Salas non si accorse del gesto di Maspero e calciò alto il rigore che avrebbe dato il provvisorio 4-3 ai bianconeri.

Bibliografia[modifica]

  • Gianluca Zambrotta, Paolo Fontanesi, Una vita da terzino, prefazione di Marcello Lippi, Kowalski, Milano, 2014. ISBN 978-88-7496-849-7

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