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Michela Murgia

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Michela Murgia nel 2019

Michela Murgia (1972 — 2023), scrittrice italiana.

Citazioni di Michela Murgia

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Citazioni in ordine temporale.

  • [Su Francesca Barracciu] Troppo indagata per fare il governatore, ma sottosegretario è ok. #questioneumorale.[1][fonte 1]
  • Con dissenso intendo la capacità di contestare chi governa in generale, la disobbedienza civile è una conseguenza e la fa chi si trova a fare delle scelte.[fonte 2]
  • Non ti ho detto che il fascismo non è il contrario del comunismo, ma della democrazia. Dovevo dirtelo prima che il fascismo non è un'ideologia, ma un metodo che può applicarsi a qualunque ideologia, nessuna esclusa, e cambiarne dall'interno la natura.[fonte 3]
  • Non ti ho insegnato che un socialismo che pretende di realizzarsi con metodo fascista è un fascismo.[fonte 3]
  • Perché nelle questioni politiche la forma è sempre sostanza e il come determina anche il cosa. Per questo il fascismo agisce anche nei sistemi che si richiamano a valori di sinistra e anzi è lì che fa i danni più grandi, perché non c'è niente di più difficile del riconoscere che l'avversario è seduto a tavola con te e ti chiama compagno.[fonte 3]
  • Dire che il fascismo è un'opinione politica è come dire che la mafia è un'opinione politica; invece, proprio come la mafia, il fascismo non è di destra né di sinistra: il suo obiettivo è la sostituzione stessa dello stato democratico ed è la ragione per cui ogni stato democratico dovrebbe combatterli entrambi — mafia e fascismo — senza alcun cedimento.[fonte 3]
  • Può esserti utile sapere come riconosco io il fascismo quando lo incontro: ogni volta che in nome della meta non si può discutere la direzione, in nome della direzione non si può discutere la forza e in nome della forza non si può discutere la volontà, lì c'è un fascismo in azione. In democrazia il cosa ottieni non vale mai più del come lo hai ottenuto e il perché di una scelta non deve mai farti dimenticare del per chi la stai compiendo. Se i rapporti si invertono qualunque soggetto collettivo diventa un fascismo, persino il partito di sinistra, il gruppo parrocchiale e il circolo della bocciofila.[fonte 3]
  • [Sul Festival di Sanremo 2020] Un Sanremo maschilista, sessista — è sempre stata una cornice sessista —, ma mai come questo. Anche ipocrita [...] Quel palco è quello della trasmissione più vista in tutto il paese nell'arco dell'anno. È il luogo dove si mette in scena una rappresentazione sociale. E se la tua idea della donna è ancora quella che sia un accessorio di un uomo, e se non fosse chiaro, lo chiarisci pure...[2] Quella roba lì la sentono: quelle che non sono d'accordo si sentono frustrate [...], quelle che non hanno un'idea chiara del ruolo della donna in questa società dicono "per arrivare in un punto visibile devo avere accanto un uomo più visibile di me". [...] Il sessismo in questo paese è una cosa serissima, compromette il giusto diritto alla piena realizzazione di metà della cittadinanza, per cui che tu ne rida o lo minimizzi — manismo, bacismo, fiorismo[3] — è tutto un modo per dire che il sessismo è una cosa da ridere, da burletta, che sono queste femministe che non si depilano a essere fissate con l'idea che le donne non abbiano diritti in questo paese.[fonte 4]
  • Battiato [...] è considerato un autore intellettuale, e invece tu ti vai a fare l'analisi dei suoi testi e sono delle minchiate assolute: citazioni su citazioni e nessun significato reale.[fonte 5][fonte 6]
  • [Su Giuseppe Conte.] L'avvocato del popolo, in due giri di governo, ci ha mostrato che siamo una democrazia con gli anticorpi per affrontare l'uomo forte, ma non sappiamo come reagire se al comando ci va l'uomo debole, tantomeno se poi non lo è.[fonte 7]
  • [Su Giorgia Meloni.] “So però per certo che esiste un modo femminista di esercitare la propria forza e uno che femminista non lo è per niente. Ogni volta che incontro una donna potente, quello che mi chiedo è: “che modello di potere sta esercitando?” Se usa la sua libertà per ridurre o lasciare minima quella altrui, questo non è femminista”.[fonte 8]
  • Due entità perseguitano Saviano in questo momento: una è la camorra e l'altra è la presidente del Consiglio [Giorgia Meloni][fonte 9]
  • [Sul suo matrimonio] Lo abbiamo fatto controvoglia: se avessimo avuto un altro modo per garantirci i diritti a vicenda non saremmo mai ricorsi a uno strumento così patriarcale e limitato, che ci costringe a ridurre alla rappresentazione della coppia un'esperienza molto più ricca e forte, dove il numero 2 è il contrario di quello che siamo. Niente auguri, quindi, perché il rito che avremmo voluto ancora non esiste. Ma esisterà e vogliamo contribuire a farlo nascere. Tra qualche giorno nel giardino della casa ancora in trasloco daremo vita alla nostra idea di celebrazione della famiglia queer. (15 luglio 2023)[fonte 10]
  • Il cancro non è una cosa che ho; è una cosa che sono. Me l'ha spiegato bene il medico che mi segue, un genio. Gli organismi monocellulari non hanno neoplasie; ma non scrivono romanzi, non imparano le lingue, non studiano il coreano. Il cancro è un complice della mia complessità, non un nemico da distruggere. Non posso e non voglio fare guerra al mio corpo, a me stessa. Il tumore è uno dei prezzi che puoi pagare per essere speciale. Non lo chiamerei mai il maledetto, o l'alieno.[fonte 11]
  • Il vomito l'ho vissuto, ma legato alla mia ostensione pubblica, all'essere diventata un bersaglio. Era la reazione per l'odio che ho avvertito nei miei confronti. È cominciato quando ho visto per la prima volta il mio nome sui muri, quando mi hanno insultata in coda al supermercato. È finito quando ho capito che non dovevo lasciar entrare quell'odio dentro di me.[fonte 11]
  • Ricordatemi come vi pare. Non ho mai pensato di mostrarmi diversa da come sono per compiacere qualcuno. Anche a quelli che mi odiano credo di essere stata utile, per autodefinirsi. Me ne andrò piena di ricordi. Mi ritengo molto fortunata. Ho incontrato un sacco di persone meravigliose. Non è vero che il mondo è brutto; dipende da quale mondo ti fai.[fonte 11]

Accabadora

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Fillus de anima.
È così che li chiamano i bambini generati due volte, dalla povertà di una donna e dalla sterilità di un'altra. Di quel secondo parto era figlia Maria Listru, frutto tardivo dell'anima di Bonaria Urrai.
Quando la vecchia si era fermata sotto la pianta del limone a parlare con sua madre Anna Teresa Listru, Maria aveva sei anni ed era l'errore dopo tre cose giuste. Le sue sorelle erano già signorine e lei giocava da sola per terra a fare una torta di fango impastata di formiche vive, con la cura di una piccola donna. Muovevano le zampe rossastre nell'impasto, morendo lente sotto i decori di fiori di campo e lo zucchero di sabbia. Nel sole violento di luglio il dolce le cresceva in mano, bello come lo sono a volte le cose cattive.

Citazioni

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  • Ma di vedove di mariti vivi il paese era pieno, lo sapevano le donne che sparlavano e lo sapeva anche Bonaria Urrai, per questo quando usciva ogni mattina a prendere il pane nuovo al forno, camminava con la testa alta e non si fermava mai a parlare, tornando a casa dritta come la rima di un'ottava cantata.
  • Quanti anni avesse Tzia Bonaria allora non era facile da capire, ma erano anni fermi da anni, come fosse invecchiata d'un balzo per sua decisione e ora aspettasse pazientemente di esser raggiunta dal tempo in ritardo.

Ave Mary

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Era l'8 marzo del 2009.
Lo ricordo bene perché c'era un freddo di tale intensità che durante la notte abbiamo dovuto sollevare i tappeti di lana dal pavimento per metterli sul letto in aggiunta alle coperte. Il paese di Austis è alle pendici della Barbagia, abbastanza distante dalle spiagge da obbligarti a fare i conti con una faccia dell'isola molto diversa da quella delle cartoline estive; ma io ci stavo andando per affrontare ben altri pregiudizi. La circostanza era tra le più improbabili: la signora Lucia Chessa, sindaco del paese, mi aveva invitata a intervenire a un convegno provocatoriamente intitolato Donne e Chiesa: un risarcimento possibile?, tema sul quale dovevano esprimersi anche Marinella Perroni e Cristina Simonelli, due dottoresse teologhe rispettivamente specializzate in biblistica e patristica.

Citazioni

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  • Da cristiana dentro la Chiesa avevo patito spesso rappresentazioni limitate e fuorvianti di me come donna, il più delle volte contrabbandate attraverso altrettanto povere interpretazioni della complessa figura di Maria di Nazareth. Ho sofferto quando le ho riconosciute nel magistero dei papi, ma ancora di più quando le ho viste passare sotto traccia nella pastorale comune, nella preghiera popolare, nell'arte visiva e nella musica religiosa, cioè in tutti quei veicoli ad alto impatto emotivo e bassissimo conflitto critico che fondano le nostre convinzioni molto più di quanto possiamo arrivare a stimare, specialmente quando le assimiliamo da bambini.
  • Sono sempre stata convinta che l'educazione cattolica abbia ancora un ruolo fondamentale nel fornire chiavi di lettura al nostro mondo, e anche quando crescendo molti abbandonano le convinzioni di fede o quando non le hanno mai avute, quell'imprinting culturale non viene meno, anzi continua a condizionare il nostro stare insieme da uomini e donne con tanta più efficacia quanto meno viene compreso e criticato. In Italia le persone che ricevono questo tipo di educazione continuano a essere la schiacciante maggioranza, e quelli che non la ricevono comunque la assorbono. Quindi nessuno può considerarne irrilevanti gli effetti o evitare di fare i conti con le sue conseguenze sulla vita di tutti e di tutte.
  • Una parte rilevante del nostro immaginario si gioca sulla rappresentazione della morte, e anche sulla sua mancata rappresentazione. L'assunto che la cultura occidentale moderna neghi l'idea della morte è talmente condiviso che se entrasse in un articolo della Costituzione ben pochi se ne lagnerebbero. [...] A stare attenti ci si rende conto che in realtà la morte è continuamente presente nelle rappresentazioni che fondano l'immaginario pubblico. Ma questa messa in scena riguarda solo un determinato tipo di morte, ed esclude invece tutte le altre. L'unico discorso socialmente consentito intorno alla morte è quello che racconta pubblicamente la fine maschile, che non è affatto negata.
  • Essere identificati come vittime è una condizione che dovrebbe essere transitoria per chiunque, legata a precise circostanze. Non si è vittime per il solo fatto di esistere come femmine invece che come maschi, ma lo si è sempre di qualcosa o di qualcuno. Il tentativo di trasformare le persone in vittime permanenti a prescindere dalle circostanze costringe la vittima al ruolo di vittimizzata, che è un'altra forma di violenza, più sottile e pervasiva, perché impone una condizione di passività che preclude la facoltà di riscattarsi. Il soggetto non può tentare di uscire dalla condizione di vittima, perché intorno ha un intero sistema che gli impedisce di essere qualcosa di diverso.
  • La morte di Maria è stata cancellata e sottratta alla rappresentazione, cristallizzando per tutte le donne un modello divinizzato a cui nessuna può accostarsi con qualche speranza di identificazione. Nell'iconografia dominante, quella che ha fondato il nostro immaginario collettivo, la madre di Cristo ha con la morte un rapporto di sola contemplazione: è la Mater Dolorosa ai piedi della croce, icona del dolore permanente al capezzale della fine di un altro. Questo silenzioso Stabat è la pietra miliare della costruzione dell'idea di Maria come vestale afflitta e funzionale, predestinata a divenire il modello ferreo per la femminilità di quasi venti secoli.
  • Il processo di riappropriazione della propria complessità per le donne deve passare attraverso la costruzione di un sano immaginario del limite. È una questione di sopravvivenza, e non solo in rapporto a se stesse, perché la donna rappresentata da Maria offre anche all'uomo un modello inaccessibile e frustrante con cui rapportarsi. Impossibile da possedere, intangibile al tempo e alla sua consunzione, la donna-santuario resta un mistero davanti al quale o ci si inginocchia o si bestemmia.
  • La dottrina del peccato originale è fondamentale per capire perché le donne cattoliche abbiano di fatto collaborato all'oppressione di se stesse. La condizione di debito spirituale permanente tiene infatti in piedi una situazione parallela di ricatto stabile, giocata di continuo dal pulpito al confessionale, dal linguaggio del catechismo a quello della liturgia. Se non si capisce il meccanismo non si comprenderà mai la docilità, e persino la complicità, di tutte le donne credenti che nei secoli si sono dovute forzatamente veder rappresentate solo con l'immagine e il ruolo che altri avevano deciso per loro. Una immagine che solo fino a un certo punto è quella di Maria. Anzi, si potrebbe affermare che alla costruzione di una figura di donna docile e funzionale sia stata piegata anche la madre di Cristo, attraverso un processo di progressiva eliminazione dal racconto popolare di tutti gli aspetti della sua figura che non sostenevano questa rappresentazione.
  • L'educazione religiosa alla ritrosia sessuale ha generato nelle donne una condizione di forte ipocrisia tra il dover dire e il voler fare, condannando alla clandestinità il loro desiderio e imponendo agli uomini una visione distorta del complesso mondo erotico femminile, che a lungo è stato ignorato. Il concedersi o negarsi al desiderio maschile finì per essere l'unica forma di potere permessa alle donne, e i tempi e i modi della contrattazione del consenso al rapporto sessuale divennero il solo spazio per esercitarlo.
  • Perché una parola semplice come il no entrasse a far parte del vocabolario delle donne italiane bisognò aspettare gli anni Settanta, quando le donne in piazza, gridando a gran voce lo slogan «io sono mia», affermarono come assoluta ed esclusiva la libertà di disporre di se stesse e del proprio corpo. Era e resta ancora difficile abbattere il condizionamento di decine d'anni di educazione al consenso. Mentre l'uomo per generazioni è stato incoraggiato sin da bambino a essere volitivo e perentorio – e probabilmente più manifestava la propensione al rifiuto, più di lui si diceva che avesse «carattere» – alle bambine si insegnava invece la virtù dell'obbedienza, a essere compiacenti, inculcando in loro l'idea che il no fosse scortesia e il rifiuto superbia e presunzione di sé. In questo modo le donne sono cresciute con l'idea di essere una specie consenziente, ma ha finito per radicarsi anche negli uomini l'errata convinzione che le donne quando dicono no in realtà vogliano dire forse, e quando dicono forse è perché in fondo desiderano dire . Su questo sfondo culturale, i rifiuti delle donne non sono quasi mai considerati una cosa seria.
  • L'obiettivo di costruire un immaginario patriarcale normalizzato viene perseguito sia con apposite narrazioni distorte sia attraverso un silenzio chirurgico sui passaggi della Scrittura che sono contraddittori o non funzionali. Nella Bibbia sono decine le immagini femminili di Dio che sono state deliberatamente ignorate nei processi di costruzione dell'immaginario. Questa mutilazione simbolica ha privato le donne del diritto di riconoscersi «a immagine di Dio» in un Dio che fosse anche a loro immagine. Agli uomini è stata invece sottratta la possibilità di vivere la ricchezza di una spiritualità della reciprocità: essi sono costretti a pensarsi dentro una relazione con Dio in termini esclusivamente virili, in un cortocircuito simbolico talvolta surreale.
  • A lungo mi sono chiesta come fosse possibile che persone intelligenti, il più delle volte colte, spesso autonome economicamente, accettassero di essere oggetto di violenza all'interno della propria relazione. Adesso so che contano l'educazione femminile, frutto di secoli di addestramento alla subordinazione, e anche la parallela formazione maschile, imbevuta di proiezioni dominanti e possessive. Contano i modelli sociali patriarcali, e conta moltissimo la sensibilità popolare educata all'idea che uno schiaffo sia solo una carezza veloce, nella convinzione diffusa che l'amore sia tale anche quando procura occhi pesti, zigomi lividi e sospette cadute dalle scale. Conta perfino che ogni titolo di quotidiano insista nel definire «delitto passionale» l'omicidio di una donna per mano del suo uomo, come se la morte fosse amore portato alle sue estreme conseguenze.
  • La narrazione univoca della donna funzionale – sposa e madre – impone alle donne di muoversi dentro ruoli rigidi e le condanna a essere considerate sovversive e marginali ogni qualvolta provino a immaginarsi in modo alternativo. Per contro, la medesima narrazione impone ai mariti il ruolo dominante e le frustrazioni che ne derivano qualora si tenti una relazione più equa.

Noi siamo tempesta

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«Te lo avevo detto che era un'idea pessima, Jimmy. Dovevi ascoltarmi!»
«Veramente non mi ricordo che ti sembrasse così brutta, dato che mi hai pregato di metterci i soldi».
«È così che si fa impresa, ma questa cosa dell'enciclopedia libera e gratis non mi ha mai convinto. Infatti vedi, non se la fila nessuno!»
«Dai, Larry, proprio nessuno no...»
«Ventiquattro definizioni in tre anni, Jimmy! Fanno più movimento i ragazzini del mio palazzo quando si scambiano le figurine. È un fallimento, prendiamone atto».
«Figurati se ho problemi ad ammettere un fallimento, è dai fallimenti che mi sono venute le idee migliori. Ma stavolta ti sbagli: continuo a credere che l'idea iniziale fosse buona. Prendi la neutralità delle voci, per esempio. Non ce l'ha nessuna enciclopedia, perché tutte le definizioni sono fatte da un solo esperto. Invece le nostre sono frutto di sette passaggi, sono affidabili!»

Citazioni

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  • Le librerie e gli schermi grandi e piccoli della nostra infanzia sono pieni di storie, ma queste storie, a guardarle da vicino, si somigliano un pochino tutte. La stragrande maggioranza racconta la vicenda di un eroe solitario con un destino glorioso, spesso abbandonato da chi doveva accudirlo (come Pollicino e Mosè), cresciuto alla periferia di qualcos'altro (come Harry Potter o Luke Skywalker) e chiamato ad affrontare mille prove per affermarsi (come Ulisse e Ercole). (p. 6)
  • Il messaggio sottinteso è che siano l'x factor, l'eccellenza individuale, il talento raro di singole persone a fare la differenza davanti alle sfide del mondo. È davvero così? Alcune volte sì, ma la statistica insegna che la storia si fa esattamente in modo inverso: nella stragrande maggioranza dei casi non sono i geni solitari a cambiarla, ma il lavoro di squadra e la condivisione dei percorsi. Che cosa implica insegnare ai bambini e ai ragazzi che il mondo va letto solo dentro la cornice dell'eroismo solitario? (p. 6)
  • E se a cambiare fossero le storie che ci insegnano da bambini? Se anziché farli addormentare sognandosi soli contro il mondo e l'uno contro l'altro dessimo loro avventure dove diventare potenti insieme? (p. 6)
  • Credo che i geni siano sempre un po' soli davanti alla musica (e forse anche davanti alla vita). In fondo deve essere terribile capire così bene le cose da rendersi conto che nessun altro le capisce oltre te. Io per fortuna non sono un genio, perché non mi piace essere sola. Non ho l'ambizione di fare musica da sola, mi basta essere musica tutti insieme. (p. 38)
  • L'handicap, nella testa delle persone che non lo hanno, è sempre qualcosa che ti manca. Non hai l'udito, non hai la vista, non hai il pieno movimento, non hai la parola: un lungo elenco di cose in meno rispetto al 'normale'. Sono pochissime le persone in grado di capire che la differenza non è un vuoto di possibilità ma un pieno di alternative. (p. 40)
  • Deve essere difficile essere un genio, costretto a pensare che tutto dipenda dalla tua intuizione, immaginarti sempre come se fossi unico al mondo, dover misurare le sfide solo sulle tue capacità, vederti sempre come straordinario e sentire ogni fallimento come se fosse il disastro di una vita intera. (p. 52)
  • Si chiamano 'legami familiari', che non sono sempre una cosa bella. Siamo tutti legati, ma legati non vuol dire solo collegati. Vuol dire anche prigionieri gli uni degli altri, come se non fosse possibile liberarsi mai fino in fondo da tutte le nostre relazioni. (p. 58)
  • Forse è a questo che serve l'arte, a far vedere i fili nascosti tra le cose e tra le persone. Non è così strano se a molti l'arte non piace: gli fa vedere quanto siano prigionieri, burattini, mosche intrappolate nella tela degli altri. (p. 58)
  • Il significato dell'Arte Relazionale non è quindi nella forma o nella materia, ma nel processo che genera tra le persone, durante il quale perde di importanza l'opera finale e assume centralità l'incontro, la scoperta dell'altro, il legame che ne deriva. (p. 61)
  • Gli uomini spesso scambiano l'ambizione con la speranza. L'ambizione è il desiderio che le cose che fai si realizzino così come le vuoi; la speranza è la certezza che fare quelle cose abbia un senso comunque, indipendentemente da come finiranno, perché ci sono cose che vanno fatte solo perché è giusto e necessario. (p. 63)
  • Nel mare non esistono pesci piccoli, solo pesci disorganizzati e soli. Da soli si muore di più e prima. Da soli non si vincono battaglie. Da soli si ha sempre paura, ma a Sparta nessuno è mai stato lasciato da solo davanti al pericolo. (p. 66)
  • I romani in venti secoli hanno assistito a ogni salita in gloria e al precipitare di ogni potere e non si stupiscono più di nulla. Tutti quei re non ne hanno fatto una città di sudditi, ma di scettici. (p. 70)
  • Sette sono i colli su cui Roma è costruita, un continuo perdifiato di salite e discese dove sono gli spazi stessi a chiederti di cambiare prospettiva e guardare il mondo ora dall'alto, ora dal basso. Tutto è relativo qui, dipende da dove lo osservi. (p. 70)
  • Due cose al mondo possono farti sentire a casa ovunque: mangiare il cibo della tua infanzia e cantare e suonare le tue canzoni. (p. 73)
  • Se la vita ti porta via qualcosa e ti rende fragile, non è la forza dell'altro che ti serve, ma sapere che la tua debolezza è accolta e capita, che nessuno la teme o la sfugge. (p. 94)
  • Essere malati in un certo senso vuol dire essere speciali, ma solo se c'è qualcuno che quella specialità decide di amarla così com'è. Altrimenti essere speciale è solo un modo gentile per dire che sei solo. (p. 94)
  • Una nave non è solo una nave: è un'idea che galleggia e dice che in questo mare, in questo mondo, non siamo soli. (p. 105)
  • Essere amici è questo: diventare il battito che spinge l'altro più lontano di quanto potrebbe mai arrivare da solo. (p. 123)

Viaggio in Sardegna

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  • Ci sono buchi in Sardegna che sono case di fate, morti che sono colpa di donne vampiro, fumi sacri che curano i cattivi sogni e acque segrete dove la luna specchiandosi rivela il futuro e i suoi inganni. Ci sono statue di antichi guerrieri alti come nessun sardo è stato mai, truci culti di santi che i papi si sono scordati di canonizzare, porte di pietra che si aprono su mondi ormai scomparsi, e mari di grano lontani dal mare, costellati di menhir contro i quali le promesse spose si strusciano nel segreto della notte, vegliate da madri e nonne. C'è una Sardegna come questa, o davanti ai camini si racconta che ci sia, che poi è la stessa cosa, perché in una terra dove il silenzio è ancora il dialetto più parlato, le parole sono luoghi più dei luoghi stessi, e generano mondi.
  • Non è così la Sardegna, dove ogni spazio apparentemente conquistato nasconde un oltre che non si fa mai cogliere immediatamente, conservando la misteriosa verginità delle cose solo sfiorate.

Citazioni su Michela Murgia

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Citazioni in ordine temporale.

  • Michela Murgia ha fatto della sua vita una militanza e quindi è – inevitabilmente, e direi persino con una certa voluttà – entrata in collisione con chi avesse idee diverse dalle sue. L'ha fatto da che ha avuto una voce pubblica, l'ha fatto come scelta identitaria. Se ogni tanto ricordava Skunk Anansie non era perché, per il cancro, si era rasata a zero: era per quel titolo di canzone del quale sembrava aver fatto un manifesto di vita. "Yes it's fucking political".
  • Nell'ampio campo intellettuale di coloro le cui idee non mi convincono, Michela Murgia era evidentemente l'unica in grado di argomentare un pensiero. E quindi, inevitabilmente, circondata di emule goffe, di ancelle volenterose, di allieve che ripetono a memoria la poesia di Natale ma cui manca il guizzo.
  • Nell'anno e mezzo trascorso tra quel ricovero d'urgenza e la sua morte [...] Michela Murgia tutto ha fatto tranne che lasciarsi morire. È stata un'agonia piena di vita, come se avesse voluto rendere più denso il tempo che le restava, per compensare quello di cui si era distrattamente privata [...]. È andata alle sfilate e alle fiere letterarie, ha instagrammato la chemioterapia e le canzoni coreane, ha scritto quattro libri [...] e non so quanti podcast, dato interviste, fatto servizi fotografici vestita in haute couture. Non si è mai dimenticata di vivere, e io la osservavo senza capire. Come fa ad avere così voglia di esserci, con tutta quella sofferenza? Come fa a cercare così disperatamente di dare un'immagine di forza, quando sa che la fine è nota? Non sono mai passati più di tre giorni senza che parlassi di lei, di una scrittrice che non leggevo e non mi stava simpatica e di cui non m'ero mai interessata prima che s'ammalasse, e di quello che mi sembrava svelasse di me, di noi, di quell'inaccettabile ingiustizia che è la morte. Michela è contenta di questo anno e mezzo, mi giuravano le persone che le volevano bene, ha fatto tante cose, e io non riuscivo a venirne a capo: io che chiedo la morfina se ho un giradito, e lei che aspetta di chiudere l'ultimo libro prima di farsi sedare, lei che ha ancora voglia di baccagliare [...] mentre è in chemioterapia. Com'è possibile, chiedevo a chiunque fosse disposto ad ascoltarmi, che abbia questa voglia, questa forza, questa energia sovrumana, mentre sta morendo. Una volta una sua amica mi ha risposto «ma stiamo tutti morendo», e ho pensato che brutta fatica dovesse essere, essere l'ape regina in mezzo a gente che si esprime per frasi fatte e banalità trite.
  • Non ci vuole uno studioso specializzato in fenomenologia della popolarità per spiegare che, per quanto si possa slabbrare il senso di quel fessissimo aggettivo che è «scomodo», Murgia proprio non lo era. A meno che uno non sia così ottuso da pensare che «scomodo» sia l'intellettuale che gliele canta ai politici [...]. Qualunque persona con neuroni in numero superiore a due sa [...] che il posizionamento che definisce un intellettuale [...] è quello rispetto al pubblico che di quell'intellettuale comprerà i libri e il resto. Al suo pubblico, Murgia diceva esattamente quel che il suo pubblico voleva sentirsi dire.

Citazioni in ordine temporale.

  • Una delle cose più difficili da bambini è coniugare i verbi, dividere il passato dal presente e dal futuro. Così è difficile adesso parlare di Michela Murgia al passato. Quindi ne parlerò al futuro.
  • Michela Murgia dirà che questo posto è troppo piccolo, ci hanno sottovalutato e sabotato ancora una volta, sussurrerà torva, parlando di sé stessa al noi. E del noi, noi tutti, come sé stessa, come se la società sia un problema suo. Spoiler. Avrà ragione Michela Murgia anche domani, la società è un problema di ciascuno di noi. E in questo consiste il gesto politico di Michela Murgia.
  • In italiano abbiamo la parola tempo, gli inglesi, oltre a time hanno tense e weather. Allora siccome Michela Murgia se ne andrà prima del tempo, perché non c’è tempo, e perché come sappiamo tutti, essendo stati bambini, è difficile coniugare i verbi, tense, allora oggi per Michela Murgia usiamo il tempo atmosferico: così domani pioverà Michela Murgia o splenderà Michela Murgia o Michela Murgia sarà ventosa o nebbiosa o afosa o fresca e ventilata. C’è tanto weather per Michela Murgia e per tutti noi. Vabbé Miche’ tutte e tutti e tuttu, facciamo che una volta l’ho detto.

Note

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  1. Il riferimento è all'incoerenza — a parere della Murgia — del Partito Democratico sulla cosiddetta questione morale: il PD, infatti, non avrebbe accettato la candidatura di Barracciu alle elezioni del febbraio 2014 per il rinnovo della presidenza della Regione Sardegna perché indagata, ma poi Matteo Renzi l'ha nominata sottosegretario nel suo Governo.
  2. Il riferimento è alla modella Francesca Sofia Novello, tra le co-conduttrici dell'edizione, inclusa nel cast per via del suo legame sentimentale con il più noto Valentino Rossi.
  3. Il riferimento è gli "-ismi", ovvero le gag ricorrenti in cui si è esibito l'ospite fisso dell'edizione, Fiorello, nel corso delle serate.

Fonti

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  1. Da un post sul profilo ufficiale Twitter.com, 28 febbraio 2014.
  2. Da Michela Murgia: “Volete capire se questo governo è fascista? Guardate come tratta il dissenso”, linkiesta.it, 16 novembre 2018.
  3. a b c d e Da un post sul profilo ufficiale Facebook.com, 2 settembre 2017.
  4. Dall'intervista di Daria Bignardi a L'assedio, Nove, 12 febbraio 2020; citato in Ivan Buratti, L'Assedio, Michela Murgia contro Sanremo 2020: "Ipocrita, sessismo passato come una cosa da ridere", tvblog.it, 12 febbraio 2020.
  5. Da video disponibile su Youtube.com (min. 7:30), 1º aprile 2020.
  6. Citato in Ray Banhoff, «I testi di Battiato? Minchiate assolute». Che cosa non coglie Michela Murgia?, rollingStone.it, 5 aprile 2020.
  7. Citato in Michela Murgia debutta come Antitaliana, repubblica.it, 28 gennaio 2021.
  8. Citato in Murgia contro Meloni non basta essere donne per essere femministe, tag24.it, 20 agosto 2022.
  9. Dalla trasmissione Di Martedì, La7; citato in Murgia: “Meloni perseguita Saviano”, adnkronos.com, 7 dicembre 2022.
  10. Citato in Michela Murgia si è sposata anche se è contraria all'attuale istituzione del matrimonio, ilpost.it, 15 luglio 2023
  11. a b c Aldo Cazzullo, L'ultima intervista di Michela Murgia al Corriere: «Ho un tumore al quarto stadio, spero di morire quando Meloni non sarà più premier», Corriere della Sera, 6 maggio 2023.

Bibliografia

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Altri progetti

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