Edgar Allan Poe

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Edgar Allan Poe nel 1848

Edgar Allan Poe, nato Edgar Poe (1809 – 1849), scrittore, poeta, critico letterario e saggista statunitense.

Citazioni di Edgar Allan Poe[modifica]

  • [...] allo stesso modo che nell'etica il male è una conseguenza del bene, nella realtà è dalla gioia che nasce il dolore.[1]
  • Dalle mani delle talpe di una volta l'investigazione scientifica è finalmente passata in quelle dei veri, dei soli veri pensatori, degli uomini di ardente immaginazione.[2]
  • Disse il Corvo: "Mai più".[3]
  • Essere sepolti vivi è senza dubbio, il più terribile tra gli orrori estremi che siano mai toccati in sorte ai semplici mortali. Che sia avvenuto spesso, spessissimo, nessun essere pensante vorrà negarlo. I limiti che dividono la Vita dalla Morte sono, nella migliore delle ipotesi, vaghi e confusi. Chi può dire dove finisca l'una e cominci l'altra? (da La sepoltura prematura)
  • [...] è veramente da porre in dubbio che l'intelligenza umana possa creare un enigma di questa specie [testo cifrato] che poi l'ingegno umano con l'applicazione necessaria non riesca a spiegare.[4]
  • [Sul Maelstrom] Improvvisamente questo vortice prese forma chiara e definitiva in un circolo di più d'un miglio di diametro. Sul margine del turbine si levava una larga cintura di schiuma lucente della quale però non un solo fiocco cadeva nella voragine dell'imbuto spaventoso, costituito, fin dove si poteva spingere l'occhio, di una muraglia d'acqua, liscia lucida e nera, che formava con l'orizzonte un angolo di un 45 gradi, e girava vertiginosamente su se stessa con un moto rotatorio, dando ai venti la sua voce spaventosa, metà urlo, metà ruggito, quale neanche l'immane cateratta del Niagara alzò mai, nella sua agonia, al cielo.[5]
  • [...] la comune opinione, a certe condizioni, non va presa alla leggera. Quando sorge per conto proprio, e si manifesta in modo affatto spontaneo, dovremmo considerarla analoga a quella intuizione che è specifica qualità dell'uomo di genio. In novanta casi su cento io accetterei le sue conclusioni. Ma è importante non vi sia traccia alcuna di manipolazione.[6]
  • La viola, i viticci e la violetta.[7]
  • [...] non provo orrore del pericolo che per la sua conseguenza sicura: il terrore.[8]
  • Non vi ho già detto che la pazzia di cui mi ritenete affetto è soltanto un'estrema acutezza dei sensi?[9]
  • Tutto ciò che vediamo o sembriamo non è altro che un sogno in un sogno. (da A Dream within a Dream)

Attribuite[modifica]

  • Signore aiuta la mia povera anima.[10]
Ultime parole dello scrittore, riportate da Joseph W. Walker.

Cinquanta spunti[modifica]

  • A quanto posso capire dell'"amare i nostri nemici", implica l'odiare i nostri amici.
As far as I can understand the "loving our enemies," it implies the hating our friends. (1985)
  • Una causa produce certamente un effetto. Ma, in morale, è altrettanto vero che il ripetersi di effetti tende a produrre una causa! Questo è il principio di quello che tanto vagamente diciamo un'abitudine. (1896, p. 225)
  • I bambini non sono mai troppo teneri per essere fustigati: come le bistecche dure, più li batti più teneri diventano.
Children are never too tender to be whipped: — like tough beefsteaks, the more you beat them the more tender they become. (1985)
  • I giornalisti mi sembrano costituiti come gli Dei del Valhalla, che si facevano in pezzi ogni giorno, e che tutte le mattine si alzavano in perfetta salute. (1896, p. 223)
  • "L'ignoranza è una benedizione" [Nicolas Boileau] — ma, perché la benedizione sia reale, l'ignoranza dev'essere così profonda da non sospettarsi ignorante.
"Ignorance is bliss" — but, that the bliss be real, the ignorance must be so profound as not to suspect itself ignorant. (1985)
  • Quando Luciano descriveva la sua statua «Una superficie di marmo pantelico pieno all'interno di sordidi cenci», doveva avere una vista profetica delle nostre grandi istituzioni finanziarie. (1896, p. 225)

Eureka[modifica]

Incipit[modifica]

Originale[modifica]

It is with humility really unassumed—it is with a sentiment even of awe—that I pen the opening sentence of this work: for of all conceivable subjects I approach the reader with the most solemn—the most comprehensive—the most difficult—the most august.
[Edgar A. Poe, Eureka, Putnam, New York, 1848]

Maria Pastore Mucchi[modifica]

È con umiltà realmente sincera – è con un sentimento anzi di spavento – che io scrivo la sentenza introduttiva di questo lavoro: perché io mi avvicino al lettore col più solenne – col più comprensivo – col più difficile e più augusto fra tutti gli argomenti imaginabili.
[Edgardo Poe, Eureka, traduzione di Maria Pastore Mucchi, Sonzogno, 1904]

Agostino Quadrino[modifica]

È con umiltà veramente sincera, e con un certo sentimento di soggezione, che scrivo le prime parole di quest'opera, perché io avvicino il lettore al piú solenne, al piú esteso, al piú difficile, al piú augusto fra tutti gli argomenti concepibili.
[Edgar Allan Poe, Eureka, traduzione di Agostino Quadrino, Theoria, 1982]

Citazioni[modifica]

  • [...] la luce attraverso la quale noi ora riconosciamo le nebulose deve essere unicamente quella che lasciò la loro superficie un gran numero di anni fa, [...] il fantasma di processi già da lungo tempo completati [...]. (1982)
  • [...] è chiaro non solamente che ciò che è evidente per una mente può essere non evidente per un'altra, ma anche che, ciò che è evidente per una mente ad una data epoca può essere solamente un po' evidente in un'altra epoca per la stessa mente. È chiaro, di più, che ciò che oggi è evidente anche per la maggioranza del genere umano, o per la maggioranza dei migliori intelletti del genere umano, può essere domani per questa maggioranza o più o meno evidente o anche niente affatto evidente. Si è visto, dunque, che il principio assiomatico stesso è suscettibile di variazioni e naturalmente che gli assiomi sono suscettibili di un simile cambiamento. Gli assiomi essendo mutabili, le «verità» che ne nascono sono pure necessariamente mutabili, o, in altre parole, non si può mai fare su di esse un assegnamento positivo come su verità – giacché la Verità e l'Immutabilità non sono che una stessa cosa. (1904, p. 50)
  • Considerando, dunque, il nostro sistema solare semplicemente come un tipo libero e generale di tutti gli altri, noi siamo andati tanto lontano nel nostro soggetto da poter esaminare l'universo sotto l'aspetto di uno spazio sferico sul quale esistono, dispersi ovunque con un'eguaglianza puramente generale, un numero di sistemi simili puramente in generale. (1904, p. 69)
  • Non esiste un essere pensante che, ad un certo punto luminoso della sua vita di pensiero, non si sia sentito perduto fra quel caos di futili tentativi per comprendere o credere che vi esiste qualche cosa più grande della sua propria anima. La più profonda impossibilità di un'anima a sentirsi inferiore di un'altra; l'intensa e opprimente insoddisfazione e ribellione del pensiero; – queste non sono, colle onnipotenti aspirazioni alla perfezione, queste non sono che le lotte spirituali, che coincidono colle lotte materiali verso l'Unità originale – sono, almeno per la mia mente, una specie di prova che sorpassa di molto ciò che l'Uomo chiama la dimostrazione che nessuna anima è inferiore ad un'altra – che non vi è, e non vi può essere, niente di superiore ad un'anima qualunque – che ogni anima è, in parte, il proprio Dio – il proprio Creatore: – in una parola, che Dio – il Dio materiale e spirituale – non esiste ora che nella Materia e nello Spirito diffusi nell'Universo; e che la concentrazione di questa Materia e di questo Spirito diffusi non saranno che la ricostituzione del Dio puramente Spirituale ed Individuale. (1904, p. 100)
  • [Sulla Via Lattea] Questa c'interessa, prima di tutto e molto chiaramente, a cagione della grande superiorità del suo volume apparente, non solo su qualunque altro gruppo nel firmamento, ma su tutti gli altri gruppi presi insieme. In paragone il più largo di questi gruppi non occupa che un punto solo e si vede distintamente soltanto coll'ajuto di un telescopio. La Galassia serpeggia attraverso al Cielo ed è brillantemente visibile ad occhio nudo. Ma essa interessa l'uomo principalmente, per quanto meno immediatamente, in quanto essa è la sua patria, la patria della terra su cui egli esiste, la patria del sole attorno a cui questa terra gira, la patria di quel «sistema» di sfere di cui il sole è il centro e l'astro primario – la Terra uno dei sedici secondarî o pianeti – la Luna uno dei diciassette terziarî o satelliti. La Galassia, lo ripeto, non è che uno dei gruppi che ho già descritti – uno di quei gruppi impropriamente chiamati «nebulose», che si rivelano a noi soltanto qualche volta per mezzo del telescopio – come leggiere macchie nebulose in diverse parti del cielo. Noi non abbiamo nessuna ragione di supporre che la Via Lattea sia in realtà più estesa che la più piccola di queste nebulose. La sua grande superiorità di dimensione non è che una superiorità apparente nata dalla nostra posizione in riguardo ad essa – cioè dalla nostra posizione nel mezzo di essa. (1904, p. 100)

Explicit[modifica]

«Vi fu un'epoca, nella Notte dei Tempi, in cui esistette un Essere immortale — uno solo di un numero assolutamente infinito di simili Esseri che popolano il dominio assolutamente infinito dell’assolutamente infinito spazio. Quest'Essere non ebbe e non ha il potere — più di quello che non hai tu stesso — di estendere di una quantità positiva la gioja della sua Esistenza; ma soltanto quanto è pure in tuo potere di espandere e di concentrare i tuoi piaceri (l'ammontare assoluto della felicità rimanendo però sempre lo stesso), altrettanto apparteneva o appartiene una tale capacità a quest’Essere Divino, che passa la sua Eternità in perpetua variazione di Concentrazione e quasi Infinita Diffusione di Sé. Ciò che tu chiami «L'Universo» non è che l'espansione presente della esistenza. Egli ora sente la sua vita per mezzo di un numero infinito di piaceri imperfetti — di piaceri parziali frammisti a pene che hanno quegli esseri inconcepibilmente numerosi che tu designi come sue creature, ma che non sono realmente che infinite individualizzazioni di Lui stesso. Tutte queste creature — tutte — tanto quelle che tu chiami animate come quelle alle quali tu neghi la vita, per la semplice ragione che tu non la scopri nelle loro operazioni — tutte queste creature hanno in maggiore o minor grado una capacità di godere e di soffrire: — ma la somma generale delle loro sensazioni è precisamente quell'ammontare di Felicità che appartiene di diritto all'Essere Divino quando è concentralo in Sé stesso. Tutte queste creature sono anch'esse Intelligenze più o meno coscienti: coscienti, primariamente, della loro identità; coscienti, secondariamente, e per deboli e indeterminati barlumi, della loro identità coll'Essere Divino di cui parliamo — della loro identità con Dio. Delle due specie di coscienze supponi che la prima s'indebolisca gradatamente e la seconda si rafforzi, nella lunga successione di secoli che deve trascorrere prima che queste miriadi d'intelligenze individuali si confondano — allorché si confonderanno in Una sola anche le brillanti stelle. Pensa che il senso dell'identità individuale verrà gradatamente sommerso nella coscienza generale — che l'Uomo, per esempio, cessando impercettibilmente di sentirsi Uomo, raggiungerà alfine quella formidabile e trionfante epoca in cui egli riconoscerà nella sua esistenza l'esistenza di Jehovah. In pari tempo ricordati che tutto è Vita — Vita — Vita nella Vita — la minore nella maggiore e tutto entro lo Spirito di Dio
[Traduzione di Maria Pastore Mucchi]

Filosofia dell'arredamento[modifica]

Incipit[modifica]

Nella decorazione degli interni, se non nell'architettura esterna delle case, gli inglesi sono insuperabili. Gli italiani non capiscono granché appena si va al di là dei marmi e dei colori. In Francia meliora probant, deteriora sequuntur. Sono troppo una genìa di bighelloni per attenersi a quelle convenienze domestiche per cui manifestano, invece, un gusto raffinato, o almeno le basi di una comprensione corretta. I cinesi, e la maggior parte dei popoli orientali, hanno una fantasia accesa, ma fuori luogo. Gli scozzesi sono arredatori da quattro soldi. Gli olandesi hanno forse un vago sentore del fatto che una tenda non è un cavolo. In Spagna non ci sono che tende: sono un popolo di impiccatori. I russi aboliscono i mobili. Gli ottentotti e i kickapoo sono perfettamente a posto, a modo loro. Soltanto gli americani sono assurdi.
[Edgar Allan Poe, Filosofia dell'arredamento, in Filosofia della composizione e altri saggi, traduzione di Ludovica Koch e Elisabetta Mazzarotto, Guida, Napoli, 1986. ISBN 88-7042-721-8]

Citazioni[modifica]

  • Parliamo dell'armonia di una stanza come parleremmo dell'armonia di un quadro: perché sia il quadro che la stanza possono venire ricondotti agli stessi principi incrollabili che regolano ogni forma d'arte. (1986)
  • Il tappeto è l'anima dell'appartamento [...]. (1986)
  • Ma abbiamo visto appartamenti di proprietà di americani con mezzi modesti che, se non altro per meriti negativi, potrebbero competere con qualsiasi salotto in bronzo dorato dei nostri amici oltreoceano. Perfino in questo momento ci si presenta agli occhi della mente una stanza piccola e senza ostentazione, dall'arredamento impeccabile. Il proprietario se ne sta su un divano addormentato, l'aria è fresca, l'ora si avvicina a mezzanotte. Mentre lui dorme noi tracceremo un abbozzo della sua stanza.
    È una stanza oblunga, lunga circa dieci metri e larga otto: una forma che di solito offre le possibilità migliori per la disposizione dei mobili. Ha soltanto una porta, tutt'altro che grande, su una delle due estremità del parallelogrammo, e soltanto due finestre sull'altra. (1986)

I delitti della Rue Morgue[modifica]

Incipit[modifica]

Carla Apollonio[modifica]

Le facoltà mentali che sono chiamate analitiche sono, di per sé, poco suscettibili di analisi; le valutiamo esattamente solo nei loro risultati; tra l'altro, sappiamo che per coloro che le possiedono sono una fonte di vivissima gioia. Come l'uomo forte si rallegra della sua abilità fisica dilettandosi di quegli esercizi che mettono in azione i muscoli, così un uomo di mente analitica si gloria di quell'attività spirituale che sa districare e trova piacere anche nelle più comuni occupazioni che fanno entrare in azione il suo talento.
[E.A. Poe, I delitti della Rue Morgue, traduzione di Carla Apollonio, in "Racconti. Il resoconto di Arturo Gordon Pym. I racconti del grottesco e dell'arabesco", Orsa Maggiore ed., 1990]

Delfino Cinelli[modifica]

Le facoltà mentali che si sogliono chiamare analitiche sono, di per se stesse, poco suscettibili di analisi. Le conosciamo soltanto negli effetti. Fra l’altro, sappiamo che, per chi le possiede al piú alto grado, sono sorgente del piú vivo godimento. Come l’uomo forte gode della sua potenza fisica e si compiace degli esercizi che mettono in azione i suoi muscoli, cosí l’analista si gloria di quella attività spirituale che serve a «risolvere».
[Edgar Allan Poe, Gli assassinii della Rue Morgue, traduzione di Delfino Cinelli, in "Lo scarabeo d'oro e altri racconti", A. Mondadori, 1984]

Francesco Franconeri[modifica]

Le facoltà mentali che definiamo analitiche non sono di per sé facilmente analizzabili. Possiamo solo apprezzarle dai risultati. Sappiamo inoltre che possedere in modo straordinario queste facoltà significa disporre di una delle più vive fonti di piacere. Così come l'uomo dotato di robustezza si compiace di impegnare i propri muscoli, chi sa esprimersi analiticamente si sublima dell'attività mentale tesa a risolvere.
[E.A. Poe, I delitti della Rue Morgue, traduzione di Francesco Franconeri, Demetra, 1996]

Giorgio Manganelli[modifica]

Le facoltà mentali descritte come analitiche sono a loro volta difficilmente analizzabili. Ne constatiamo l'efficacia, non altro. Sappiamo che per coloro che ne sono dotati, purché in forma estremamente acuta, sono fonte del più alacre godimento. Come l'uomo gagliardo gode della propria prestanza fisica e si diletta di quelle imprese che impegnano i suoi muscoli, allo stesso modo l'analista si compiace di quella attività mentale che risolve.
[E.A. Poe, Gli omicidi della Rue Morgue, traduzione di Giorgio Manganelli, Einaudi, 1983]

Daniela Palladini[modifica]

Le facoltà mentali che si definiscono analitiche non sono in se stesse molto facilmente analizzabili. Le possiamo apprezzare soltanto dai loro risultati. Quello che ne sappiamo è che per chi le possegga al massimo sono una delle più vive fonti di piacere. Come l'uomo forte gode della sua forza fisica e si compiace durante gli esercizi che mettono in azione i muscoli, così l'analitico coglie il suo momento di gloria in questa attività mentale la cui funzione è risolvere.
[E.A. Poe, Racconti del mistero. Le inchieste di Monsieur Dupin, traduzione di Daniela Palladini, Newton, 1991]

Citazioni[modifica]

  • Sono poche le persone che non si sono divertite, in qualche momento della loro vita, a ripercorrere le fasi del loro pensiero risultate in certe conclusioni. È un'occupazione di notevole interesse, spesso, e chi vi si cimenta per la prima volta si stupisce del divario, della distanza apparentemente incolmabile tra punto di partenza e punto di arrivo. (1996)
  • Non vedeva lontano perché si ostinava a voler guardare le cose troppo da vicino. [...] Un esempio di questo genere di errore possiamo riscontrarlo nell'osservazione dei corpi celesti. Quando si dà un'occhiata a una stella, guardandola con la coda dell'occhio, con la parte più esterna della retina (la più sensibile alla luce debole), possiamo vedere la stella distintamente, cogliendone adeguatamente la luminosità che si attenua a mano a mano che volgiamo lo sguardo pienamente su di essa. A questo puntο, infatti, l'occhio è investito da un gran numero di raggi luminosi, mentre alla prima occhiata si ha una più raffinata capacità di percezione. La troppa profondità condiziona il pensiero e ci rende perplessi, mentre una osservazione troppo prolungata, troppo concentrata o troppo diretta può fare svanire dal firmamento persino Venere. (1996)
  • Le più alte facoltà della riflessione sono utilizzate più intensamente e con maggior profitto dal modesto gioco della dama che da tutta l'elaborata futilità degli scacchi. (citato in Tutti i racconti del mistero, dell'incubo e del terrore)
  • Osservare attentamente, vuol dire ricordarsi distintamente [...].[11]

Il gatto nero[modifica]

Incipit[modifica]

Carla Apollonio[modifica]

Riguardo questa stranissima e comunissima storia che mi accingo a scrivere, non aspetto, né pretendo che mi si creda; sarei veramente pazzo, se me lo aspettassi in un caso in cui i miei stessi sensi rifiutano la propria testimonianza; eppure non sono pazzo e sicuramente non sogno, ma domani io morirò e oggi voglio alleggerirmi l'anima.
Il mio scopo immediato è di mostrar a tutti chiaramente, succintamente e senza commenti una serie di semplici avvenimenti domestici, che nelle loro conseguenze mi hanno atterrito, torturato, distrutto.
[E.A. Poe, Il gatto nero, traduzione di Carla Apollonio, in Racconti. Il resoconto di Arturo Gordon Pym. I racconti del grottesco e dell'arabesco, Orsa Maggiore ed., 1990]

Delfino Cinelli[modifica]

Per il racconto stranissimo eppure casalingo che mi metto a stendere per iscritto, non mi aspetto né chiedo di essere creduto. Sarebbe pazzia pretenderlo trattandosi di un caso nel quale i miei sensi rifiutano di prestar fede a loro stessi. Eppure matto non sono; e certissimamente non sogno. Ma domani morirò e oggi vorrei liberarmi l’anima di questo peso. Il mio scopo immediato è di metter davanti al mondo in maniera chiara, succinta, senza commenti, una serie di semplici avvenimenti domestici che nelle loro conseguenze mi hanno terrificato, torturato, annientato.
[Edgar Allan Poe, Il gatto nero, traduzione di Delfino Cinelli, in "Racconti del terrore", Unità/Mondadori, 1992]

Renato Ferrari[modifica]

Per il racconto più fantastico e nello stesso tempo più semplice che mi accingo a scrivere, non m'aspetto né pretendo d'essere creduto. Pazzo sarei davvero se mi aspettassi ciò, in un caso in cui i miei stessi sensi respingono la loro propria testimonianza. Eppure pazzo non sono, e certissimamente non sto sognando. Ma domani morrò, e oggi vorrei alleggerire la mia anima. Il mio scopo immediato è quello di porre innanzi al mondo, in modo piano, succinto e senza commenti, una serie di semplici eventi domestici.
[E.A. Poe, Il gatto nero, traduzione di Renato Ferrari, De Agostini, 1985]

Maria Gallone[modifica]

Per il racconto più straordinario, e al medesimo tempo più comune, che sto per narrare, non aspetto né pretendo di essere creduto. Sarei davvero pazzo a pretendere che si presti fede a un fatto a cui persino i miei sensi respingono la loro stessa testimonianza. Eppure pazzo non sono, e certamente non vaneggio. Ma domani morrò, e oggi voglio scaricare la mia anima.
Mio scopo immediato è di porre innanzi al mondo, in modo piano, succinto, e senza commenti, una serie di casi semplicemente domestici.
[E.A. Poe, Il gatto nero, traduzione di Maria Gallone, in Racconti del terrore, Morano Editore, 1990]

Giorgio Manganelli[modifica]

Alla storia che mi accingo a mettere per iscritto — storia non meno dissennata che affatto domestica — non prevedo né pretendo si presti fede. Sarei pazzo ad attendermi il contrario, in un caso in cui i miei stessi sensi smentiscono la propria testimonianza. E tuttavia, pazzo io non sono — né, certamente, sto sognando. Ma io muoio domani, ed oggi voglio sgravarmi l'anima. Ora mi propongo di porre davanti al mondo, in modo semplice, nudo, senza commenti, una serie di accadimenti domestici.
[E.A. Poe, Il gatto nero, traduzione di Giorgio Manganelli, Einaudi, 1983]

Daniela Palladini[modifica]

Per il più folle e insieme più semplice racconto che mi accingo a scrivere, non mi aspetto né sollecito credito alcuno. Sarei matto ad aspettarmelo in un caso in cui i miei stessi sensi respingono quanto hanno direttamente sperimentato. Matto non sono e certamente non sto sognando, ma domani morirò e oggi voglio liberarmi l'anima. Il mio scopo immediato è quello di esporre al mondo pianamente e succintamente una serie di semplici eventi domestici, senza commentarli.
[E.A. Poe, Il gatto nero, traduzione di Daniela Palladini, Newton, 1989]

Citazioni[modifica]

  • Nell'amore delle bestie, disinteressato sino al sacrifizio, c'è qualche cosa che va direttamente al cuore di colui che ha avuto di frequente l'occasione di mettere a prova la comune amicizia, la labile fedeltà del mero "uomo".[12]
  • Era un animale di notevoli proporzioni e bellezza, tutto nero e dotato di un'intelligenza sbalorditiva. A tale proposito, mia moglie, incline in cuor suo alla superstizione, faceva continue allusioni alla inveterata credenza popolare che considera tutti i gatti neri streghe travestite...[13]

Il genio della perversione[modifica]

Incipit[modifica]

Nel considerare le facoltà e gli impulsi - dei prima mobilia dell'animo umano - i frenologi hanno trascurato di trovare posto per una propensione che, sebbene ovviamente esistente come sentimento primario, primordiale e irrinunciabile, è stata del pari ignorata dai moralisti che li hanno preceduti.
[E.A. Poe, Il genio della perversione, traduzione di Daniela Palladini in Tutti i racconti del mistero, dell'incubo e del terrore, Newton Compton, 2010]

Citazioni[modifica]

  • Non c'è in natura una passione più diabolicamente impaziente di quella di colui che, tremando sull'orlo di un precipizio, medita di gettarvisi. (2010)
  • Oggi sono in catene e sono qui. Domani sarò senza ceppi... ma dove? (2010)

Il racconto di Arthur Gordon Pym[modifica]

Incipit dell'introduzione[modifica]

Tornato negli Stati Uniti alcuni mesi or sono, dopo un'incredibile serie di avventure nei mari del Sud e altrove, di cui viene fornito un resoconto nelle pagine che seguono, feci per caso la conoscenza di alcuni gentiluomini di Richmond, in Virginia, i quali mostrarono grande interesse per tutto ciò che riguardava le regioni da me visitate e insistettero per convincermi, quasi si trattasse di un passo doveroso, a rendere pubblico il mio racconto. Vi erano tuttavia vari motivi per rifiutare, e tra questi alcuni assolutamente privati, che riguardavano me soltanto, e altri che non lo erano affatto. Poiché non avevo quasi mai tenuto un diario durante la mia assenza, a frenarmi contribuiva anche il timore di non riuscire a scrivere, affidandomi semplicemente alla memoria, un resoconto così dettagliato e compatto da possedere l'apparenza di quella verità di cui comunque sarebbe stato l'espressione; escluse, naturalmente, certe esagerazioni naturali e inevitabili, alle quali chiunque indulge quando si tratta di descrivere eventi che hanno il potere di eccitare l'immaginazione.

[Garzanti, traduzione di Roberto Cagliero]

Incipit del romanzo[modifica]

Carla Apollonio[modifica]

Mi chiamo Arturo Gordon Pym: mio padre era un distinto commerciante di articoli navali a Nantucket, dove io nacqui; il mio nonno materno, che era avvocato, aveva una buona clientela ed era fortunato in ogni sua impresa, tanto che aveva speculato con molto successo con i titoli della Edgarton New Bank, come nel passato era chiamata; con questo ed altri mezzi era riuscito a metter da parte un discreto gruzzolo. Era affezionato a me, penso, più che a chiunque altro al mondo, tanto che mi aspettavo, alla sua morte, di ereditare la maggior parte dei suoi beni: a sei anni mi mandò alla scuola del vecchio signor Ricketts, un gentiluomo che aveva un sol braccio e modi eccentrici, che è assai ben conosciuto da quasi tutti quelli che hanno visitato New Bedford; rimasi alla sua scuola fino a sedici anni, quando la lasciai per l'Accademia del signor E. Roland che si trova sulla collina; qui divenni amico del figlio del signor Barnard, un capitano di mare che, di solito, navigava alle dipendenze di Lloyd e Vredenburgh e che è assai noto a New Bedford e, ne sono sicuro, ha molti parenti a Edgarton. Suo figlio, che si chiamava Augusto, aveva circa due anni più di me e aveva già compiuto un viaggio a caccia di balene sulla John Donaldson in compagnia di suo padre e continuava a parlarmi delle sue avventure nell'Oceano Pacifico Meridionale.
[E.A. Poe, Arturo Gordon Pym, traduzione di Carla Apollonio, in "Racconti. Il resoconto di Arturo Gordon Pym. I racconti del grottesco e dell'arabesco", Orsa Maggiore ed., 1990]

Roberto Cagliero[modifica]

Mi chiamo Arthur Gordon Pym. Mio padre era un rispettabile commerciante in articoli marittimi a Nantucket, dove io sono nato. Il mio nonno materno faceva l'avvocato e vantava una buona clientela. Era fortunato in tutto e aveva investito con notevole successo nei titoli di quella che un tempo si chiamava la Edgarton New Bank. Grazie a questo e ad altri mezzi era riuscito a metter da parte una discreta somma di denaro. Credo che fosse affezionato a me più che a chiunque altro al mondo, e alla sua morte speravo di ereditare gran parte dei suoi beni. A sei anni mi spedì alla scuola del vecchio signor Ricketts, un eccentrico gentiluomo che aveva un braccio solo – certamente chiunque sia stato a New Bedford lo conoscerà bene. Frequentai quella scuola fino all'età di sedici anni e poi mi trasferii all'accademia del signor E. Ronald, sulla collina. Lì divenni intimo amico del figlio del signor Barnard, un capitano che d'abitudine solcava i mari alle dipendenze della Lloyd e Vredenburgh – anche il signor Barnard è conosciuto a New Bedford e conta, di questo sono sicuro, molti parenti a Edgarton. Suo figlio, di nome Augustus, aveva quasi due anni più di me. Insieme al padre aveva partecipato a una spedizione sulla baleniera John Donaldson, e mi raccontava sempre delle sue avventure nel Pacifico meridionale.
[E.A. Poe, Arthur Gordon Pym, traduzione di Roberto Cagliero, Garzanti]

Citazioni[modifica]

  • Vi sono alcune situazioni critiche nelle quali l'uomo non può trovarsi senza provare il più profondo interesse alla conservazione della propria esistenza: un interesse che va crescendo di minuto in minuto in ragione della fragilità del filo a cui questa esistenza è sospesa.[14]

Explicit[modifica]

Fu allora che la nostra imbarcazione si precipitò nella morsa della cateratta dove si era spalancato un abisso per riceverci. Ma ecco sorgere sul nostro cammino una figura umana dal volto velato, di proporzioni assai più grandi che ogni altro abitatore della terra. E il colore della sua pelle era il bianco perfetto della neve.[14]

Il sistema del Dottor Catrame e del Professor Piuma[modifica]

Incipit[modifica]

Nell'autunno del 18..., durante un viaggio attraverso le estreme province meridionali della Francia, giunsi a pochi chilometri da una Casa di Cura, o manicomio privato, di cui avevo sentito molto parlare a Parigi da medici miei amici. Poiché non avevo mai visitato un luogo del genere, pensai che l'occasione fosse troppo bella per lasciarmela sfuggire, e così proposi al mio compagno di viaggio (un signore conosciuto casualmente pochi giorni prima), di deviare per un'oretta, o poco più, dalla nostra strada e di visitare l'istituto. Ma egli si rifiutò.
[E.A. Poe, Il sistema del Dottor Catrame e del Professor Piuma, traduzione di Maria Serena Battaglia, De Agostini, 1985]

Citazioni[modifica]

  • Quando un pazzo sembra perfettamente sano, è proprio il momento di mettergli la camicia di forza. (1985)
  • Non credete a nulla di quanto sentite dire e non credete che alla metà di ciò che vedete. (1985)

L'uomo della folla[modifica]

Incipit[modifica]

Carla Apollonio[modifica]

È stato detto bene di un certo libro tedesco che «er lasst sich nicht lesen» — «non si lascia leggere». Vi sono alcuni segreti che non si possono dire; ci sono uomini che di notte muoiono nei loro letti, stringendo le mani di spettri, che li confessano, e guardandoli miserabilmente negli occhi... muoiono con la disperazione nel cuore e la gola serrata per l'orrore di misteri che non sopportano di essere rivelati; di tanto in tanto, ohimé!, la coscienza dell'uomo porta un fardello d'infamia così pesante che può deporlo solo nella tomba: e così l'essenza di tutto il delitto non viene conosciuta.
[E.A. Poe, L'uomo della folla, traduzione di Carla Apollonio, in "Racconti. Il resoconto di Arturo Gordon Pym. I racconti del grottesco e dell'arabesco", Orsa Maggiore ed., 1990]

Baccio Emanuele Maineri[modifica]

Con molto pregievol giudizio è stato detto d'un libro tedesco: — Es laesst sich nicht lesen, non si lascia leggere.
Vi sono segreti che non si debbono dire.
Vi ha degli uomini che muoiono alla notte nei loro letti, storcendo le mani degli spettri cui si confessano, e intensamente covandoseli con occhio di pietà profonda; — degli uomini che muoiono con la disperazione nel cuore e le convulsioni alla gola in causa dell’orrore dei misteri che non vogliono punto essere disvelati. Ohimè, ohimè! non di rado la umana coscienza sopporta tale fardello di sì penoso orrore, che non le riesce alleggerirsene se non sotto le mute zolle della tomba. E così l’essenza del delitto perdura mistero inesplicabile e profondo.
[Edgar Allan Poe, L'Uomo della folla, traduzione di Baccio Emanuele Maineri, in Storie incredibili, Milano, Tipografia Pirola, 1869]

Mariarosa Mancuso[modifica]

Di un certo libro tedesco è stato detto giustamente che er lässt sich nicht lesse: non si lascia leggere. Ci sono segreti che non si lasciano svelare. Gli uomini muoiono di notte nei loro letti, stringendo le mani di confessori simili a spettri, guardandoli negli occhi e implorando pietà; muoiono con la disperazione nel cuore, con la gola attanagliata dalle convulsioni, per l'orrore dei misteri che non si lasciano rivelare. A volte, ahimè, la coscienza degli uomini si carica di un fardello tanto orribile che riusciamo a liberarcene solo nella tomba. Così l'essenza del crimine rimane avvolta nel mistero.
[Edgar Allan Poe, Racconti, a cura di Mariarosa Mancuso, Universale Economica Feltrinelli, Milano, 1998]

Giorgio Manganelli[modifica]

Di un certo libro tedesco, ben si è detto che er läßt sich nicht lesen, non acconsente a lasciarsi leggere. Vi sono segreti che non tollerano di lasciarsi dire. Uomini muoiono sui loro giacigli notturni, torcendo le mani di confessori spettrali e, fissandoli angosciosamente negli occhi, muoiono con la disperazione nel cuore, la gola strozzata, giacché si dànno misteri d'orrore che non tollerano di esser rivelati. Accade che la coscienza d'un uomo prenda su di sé un fardello di infamia tale che non possa deporsi che nella tomba. E dunque la criminosa essenza resta sigillata.
[E.A. Poe, L'uomo della folla, traduzione di Giorgio Manganelli, Einaudi, 1983]

Daniela Palladini[modifica]

È stato giustamente detto di un certo libro tedesco che es lässt sich nicht lesen, che non permette di essere letto. Ci sono dei segreti che non permettono di essere svelati. Uomini muoiono nella notte nei loro letti, stringendo le mani di fantomatici confessori, guardando pietosamente negli occhi, muoiono con la disperazione nel cuore e la gola serrata a causa dell'orrore di misteri che non permettono di essere svelati. Talvolta, ahimé!, la coscienza dell'uomo sopporta un fardello così pesante di orrore che può essere scaricato solo nella tomba. Così l'essenza di tutti i crimini resta sconosciuta.
[E.A. Poe, L'uomo della folla, traduzione di Daniela Palladini in "Tutti i racconti del mistero, dell'incubo e del terrore", Newton Compton, 2010]

Citazioni[modifica]

  • Dopo una malattia durata qualche mese, ero ormai convalescente e, mentre riacquistavo le forze a poco a poco, mi sentivo in uno di quei felici stati d'animo che sono esattamente il contrario dell'ennui: un'estrema curiosità, una mente lucidissima, quando la nube si dissolve (come dice il poeta) e lo spirito eccitato travalica di molto i suoi limiti consueti, proprio come i lucidi e schietti ragionamenti di Leibniz superano l'insensata e superficiale retorica di Gorgia. Il semplice fatto di respirare era motivo di gioia, e perfino ciò che solitamente è fonte di dolore mi procurava piacere. Provavo per tutto quel che avevo intorno una tranquilla e intensa curiosità.[15]

Explicit[modifica]

Mariarosa Mancuso[modifica]

Il più infame cuore del mondo è un libro ancora più volgare dell'Hortolus animae, e forse il fatto che er lässt sich nicht lesse, che non si lasci leggere, è una delle maggiori grazie che Dio ha voluto farci.
[Edgar Allan Poe, Racconti, a cura di Mariarosa Mancuso, Universale Economica Feltrinelli, Milano, 1998]

Giorgio Manganelli[modifica]

Il più tristo cuore che ci sia al mondo è un libro più voluminoso dell'Hortulus Animae, ed è forse grazia non piccola di Dio che er läßt sich nicht lesen.
[E.A. Poe, L'uomo della folla, traduzione di Giorgio Manganelli, Einaudi, 1983]

La filosofia della composizione[modifica]

  • Preferisco iniziare con la considerazione d'un effetto. Tenendo sempre presente l'originalità – poiché inganna se stesso chi s'arrischia a rinunciare a una sorgente d'interesse così ovvia e facilmente attingibile –, io anzitutto mi chiedo: "Fra gli innumerevoli effetti, o impressioni, di cui il cuore, l'intelletto, o (più generalmente l'anima è suscettibile, quale devo scegliere nel caso presente?" Avendone scelto uno che sia soprattutto nuovo e, inoltre, intenso, passo a considerare se può essere meglio raggiunto con gli eventi dell'azione o col tono – se per mezzo di eventi ordinari e di un tono speciale, o, viceversa, con la singolarità degli eventi e, insieme, del tono – cercando poi attorno a me (o piuttosto in me) quelle combinazioni di eventi, o di tono, che più mi saranno d'aiuto nella costruzione dell'effetto. (1971)
  • Niente è più evidente del fatto che ogni intreccio degno del nome deve essere elaborato fino al suo dénouement prima che si tenti la stesura di qualche parte. Solo tenendo sempre presente il dénouement si può dare a un intreccio il suo necessario aspetto di coerenza, o connessione causale, facendo in modo che, in ogni punto, gli avvenimenti e soprattutto il tono seguano lo sviluppo del disegno. (1971)
  • Se un'opera letteraria è troppo lunga per essere letta in una sola seduta, noi dobbiamo rinunciare all'effetto, immensamente importante, che è dato dall'unità d'impressione, perché interferiscono nella lettura le faccende del mondo e, così, ogni cosa in quanto totalità è subito distrutta. (1971)
  • Ciò che chiamiamo una poesia lunga è, in realtà, una semplice sequenza di poesie brevi, cioè, di brevi effetti poetici. Non c'è bisogno di dimostrare che una poesia è tale solo in quanto eccita intensamente l'anima, elevandola; e tutti gli eccitamenti intensi sono, per necessità fisica, brevi. Per questa ragione almeno metà del Paradiso perduto è essenzialmente prosa, una successione di eccitamenti poetici in cui interferiscono, inevitabilmente, altrettante depressioni: poiché il tutto è privo, per la sua estrema lunghezza, di quell'importantissimo elemento artistico che è la totalità, o unità, d'effetto. (1971)
  • [...] la Bellezza è l'unico spazio legittimo della poesia. [...] Quel piacere che è, ad un tempo, il più intenso, il più elevante e il più puro si ha, credo, nella contemplazione del bello. Infatti, quando gli uomini parlano di Bellezza non intendono precisamente una qualità, come si suppone, ma un effetto – in breve, si riferiscono appunto a quella intensa e pura elevazione dell'anima – non dell'intelletto o del cuore, di cui ho detto e che si prova nella contemplazione "del bello". Ora, io dichiaro la Bellezza l'unico spazio della poesia semplicemente perché è un'ovvia regola dell'Arte che gli effetti siano fatti derivare da cause dirette, che gli obiettivi siano raggiunti con i mezzi più adatti, nessuno ancora essendo stato così stolto da negare che la particolare elevazione cui si allude è più prontamente raggiunta nella poesia. Ora, la Verità, o la soddisfazione dell'intelletto, e la Passione, o l'eccitamento del cuore, benché fino a un certo punto raggiungibili nella poesia, sono molto più rapidamente raggiunti nella prosa. La Verità, infatti, richiede una precisione, e la Passione una "familiarità" (i veramente appassionati mi comprenderanno), che sono assolutamente opposte a quella Bellezza ch'io sostengo essere eccitamento, o piacevole elevazione, dell'anima. (1971)
  • La Bellezza di ogni specie, nelle sue più alte manifestazioni, invariabilmente muove alle lacrime l'anima sensibile. La Malinconia è dunque il più proprio di tutti i toni poetici. (1971)
  • [...] mi chiesi: "Fra tutti gli argomenti malinconici, qual è, secondo il concetto universale dell'umanità, il più malinconico?" La Morte, fu l'ovvia risposta. "E quando" mi dissi "è più poetico questo argomento, fra tutti il più malinconico?" Dopo quanto ho già abbastanza ampiamente spiegato, la risposta, anche qui, è ovvia: "Quando è più strettamente congiunto alla Bellezza: dunque la morte di una bella donna è, indiscutibilmente, l'argomento più poetico del mondo [...]". (1971)

Marginalia[modifica]

Incipit[modifica]

Nel procurarmi i libri, mi son sempre premurato di avere un margine spazioso; non per amore della cosa in sé, pur gradita, quanto per la facilità con la quale mi permette di segnare a matita pensieri suggeriti, identità e divergenze di opinione o brevi commenti critici in genere.
[Traduzione di Cristiana Mennella]

Citazioni[modifica]

  • Che cosa può esserci di più consolatorio per l'orgoglio e per la coscienza di un uomo della convinzione che, vendicandosi sui suoi nemici per l'ingiustizia subitane, non fa che rendere loro giustizia? (1986)
  • Come regola generale, nessuno dovrebbe apporre la sua faccia al suo libro. Guardando il contegno dell'autore il lettore è raramente in grado di mantenere il proprio.
As a general rule, no man should put his own face in his own book. In looking at the author's countenance the reader is seldom in condition to keep his own.[16]
  • Credo sia Montaigne a dire: «La gente parla di pensare ma, per parte mia, non inizio mai a pensare finché non mi metto a scrivere». Un sistema migliore per lui sarebbe stato quello di non mettersi mai a scrivere prima di aver smesso di pensare. (2019)
  • Diffamare un grand'uomo è la maniera più rapida per un piccolo uomo di conquistarsi la grandezza. (2019)
  • Dite a un farabutto, tre o quattro volte al giorno, che è un fiore d'onestà, e come minimo farete di lui la quintessenza della sincera «rispettabilità». D'altro canto, accusate con troppa insistenza un uomo onorato di essere un furfante e lo riempirete della sorda ambizione di mostrarvi che non avete affatto torto. (2019)
  • Dopo aver letto tutto quello che è stato scritto, e dopo aver pensato tutto quello che si può pensare sul tema di Dio e sul tema dell'anima, chi vuole difendere a tutti i costi il suo diritto di pensare si troverà ad affrontare questa conclusione: su questi temi, il pensiero più profondo è quello che con maggiore difficoltà si differenzia dal più superficiale sentimento. (1986)
  • Fossi chiamato a definire, molto brevemente, la parola «Arte», la chiamerei «la riproduzione di quel che i Sensi percepiscono in Natura attraverso il velo dell'anima». (2019)
  • Gli uomini di genio sono assai più numerosi di quanto si pensi. Apprezzare, infatti, fino in fondo l'opera di quello che chiamiamo genio significa possedere integralmente il genio stesso che l'ha prodotta. Ma chi l'apprezza può essere poi totalmente incapace di riprodurre l'opera, o di farne di simili, per puro difetto di quanto si potrebbe chiamare l'abilità costruttiva. Fatto, questo, del tutto indipendente da quanto comprendiamo nella definizione stessa di genio. (1986)
  • Guardando il mondo così com'è, negare che, per arrivare al successo materiale, la Malvagità sia strada più sicura della Virtù, parrebbe una follia. Per «lievito dell'iniquità» le Scritture intendono il lievito mediante il quale gli uomini s'innalzano. (2019)
  • Ho una grande fiducia negli stupidi – i miei amici la chiamerebbero sicurezza di sé [...]. (2019)
  • Il naso è l'immaginazione della massa. Dal quale, sempre e comunque, essa si lascia tranquillamente menare. (2019)
  • [...] nelle costruzioni umane, una particolare causa ha un particolare effetto, un particolare scopo determina un particolare oggetto; ma non ravvisiamo alcuna reciprocità. L'effetto non agisce sulla causa, l'oggetto non cambia rapporto con lo scopo. Nelle costruzioni divine, l'oggetto è oggetto o scopo, a seconda di come scegliamo di considerarlo, mentre lo scopo è scopo o oggetto; sicché ci è impossibile stabilire (in astratto, e non materialmente – senza appoggiarci a fatti contingenti) la differenza tra i due. [...] Il piacere che ricaviamo da qualunque esercizio di umana ingegnosità è direttamente proporzionale all'approssimarsi a questa specie di reciprocità fra causa ed effetto. Per costruire una trama, ad esempio, nella letteratura d'invenzione, dovremmo prefiggerci di organizzare gli elementi, o episodi, in modo tale da non poter discernere se uno qualunque di essi dipenda da un altro, o lo sorregga. In questo senso, naturalmente, una perfezione di trama è inarrivabile nella realtà, perché chi costruisce è l'Uomo. Le trame di Dio sono perfette. L'universo è una trama di Dio. (2019)
  • [...] i romanzi alla moda sono proprio il genere di libri che circolano fra le classi non alla moda [...]. (1986)
  • La filosofia riformista moderna che annienta l'individuo a forza di aiutare la massa, e la recente legislazione riformista che proibisce il piacere allo scopo di promuovere la felicità sembrano trucioli caduti dall'antico ceppo della legge feudale francese che, per impedire che si disturbassero le giovani pernici, multava sarchiatori e zappatori. (1986)
  • La coscienza dei nobili natali è una forza morale con un valore che i democratici, benché versati in matematica, non sono mai in grado di calcolare. «Pour savoir ce qu'est Dieu,» dice il barone di Bielfeld «il faut être Dieu même.» (2019)
  • La vita reale dell'uomo è felice, soprattutto perché egli si aspetta sempre che lo sarà a breve. Mentre, nel considerare la vita ipotetica, ci prospettiamo gelide certezze anziché calde aspettative, e tribolazioni che quadruplicano al solo prevederle. (2019)
  • Lo stile veramente conciso è quello che più rapidamente trasmette il senso. (2019)
  • Mi sono a volte divertito a tentare di immaginare quale sarebbe la sorte di un individuo dotato, o meglio segnato da un'intelligenza molto al di sopra di quella della sua generazione. Sarebbe naturalmente consapevole della sua superiorità; e non potrebbe fare a meno, se per tutto il resto è un uomo come noi, di manifestarla, quella consapevolezza. In questo modo si farebbe dei nemici a ogni passo. E dal momento che le sue idee e le sue riflessioni differirebbero molto da quelle di tutta l'umanità, verrebbe evidentemente preso per pazzo. Una situazione orrendamente penosa. Neppure l'inferno sarebbe in grado di escogitare un tormento peggiore: essere accusati di debolezze straordinarie per il solo fatto di essere straordinariamente forti. (1986)
  • Nessuna eccezione, neanche in favore di Dante: l'unica cosa ben detta del Purgatorio è che si può andare più lontano e cascar peggio. (2019)
  • Non è assolutamente una fantasia senza senso il fatto che, in una esistenza futura, quella che riteniamo la nostra esistenza presente sarà ai nostri occhi come un sogno. (2019)
  • Non è davvero coraggioso colui che, quando gli fa comodo, teme di sembrare o di essere un codardo. (2019)
  • Non è una legge che la necessità tende a generare quanto necessario? (2019)
  • Non posso fare a meno di pensare che gli scrittori d'avventura in genere farebbero ogni tanto bene a prendere spunto dai cinesi che, nonostante che costruiscano le case dall'alto in basso, sono tanto ragionevoli da cominciare i libri dalla fine. (1986)
  • Per Gibbon, esprimersi con chiarezza era un merito di gran lunga inferiore all'esprimersi in maniera scorrevole e concisa. (2019)
  • Postulare che, in quanto uomini, diciamo in genere deliberatamente la verità è un errore radicale. Quasi ogni verità viene pronunciata d'impulso, ed è quindi detta, non scritta. Ma quando studiamo materiali storici, ci dimentichiamo di queste considerazioni. Stravediamo per documenti che di solito mentono; e trascuriamo la Cabala che non mente, se la si interpreta a dovere. (1986)
  • Quando la musica ci muove alle lacrime, apparentemente senza ragione, piangiamo non, come suppone il Gravina, per «eccesso di piacere»; ma per eccesso di uno smanioso, stizzoso dolore, dato che noi, semplici mortali, non siamo ancora in condizione di pascerci di quelle estasi superne delle quali la musica ci offre appena un vago e invitante barlume. (2019)
  • Quando un uomo di genio parla del «difficile» intende, semplicemente, «l'impossibile». (2019)
  • Quanti bei libri sono lasciati nel dimenticatoio per colpa dell'inefficacia del loro attacco! (1986)
  • Se non fosse una vergogna, pochi cosiddetti apoftegmi non confesserebbero apertamente di essere epigrammi. Al pari del fioretto nelle scuole di scherma, nessuna loro parte ci è realmente utile se non la punta, che mai arriviamo a toccare del tutto, a motivo d'un piatto bottoncino di sicurezza. (2019)
  • [...] se volete dimenticare qualcosa in un lampo, basterà annotare di ricordarselo. (2019)
  • Solo l'occhio di lince del filosofo sa ancora scorgere, dietro il velo d'indegnità sulla vita dell'uomo, la sua dignità. (2019)
  • Tracciando una distinzione fra un popolo e una massa, scopriremo che un popolo istigato all'azione è una massa; mentre una massa, che cerca di pensare, si stempera in un popolo. (2019)
  • Un argomento forte in favore della religione cristiana è questo: le offese contro la Carità sono pressoché le uniche che le persone in punto di morte arrivino – non a capire – ma a sentire – come un delitto. (2019)

Quattro chiacchiere con una mummia[modifica]

Incipit[modifica]

Nicoletta Rosati Bizzotto[modifica]

Il symposium della sera prima era stato un po' troppo per me. Avevo un tremendo mal di testa e mi sentivo completamente stordito. Così, invece di passar la serata fuori, come mi ero proposto, pensai che la cosa migliore era quella di mangiare un boccone e andarmene subito a letto.
[E.A. Poe, Quattro chiacchiere con una mummia, traduzione di Nicoletta Rosati Bizzotto, in "Storie di mummie", a cura di Gianni Pilo, Newton & Compton, 1998]

Giorgio Manganelli[modifica]

Il simposio della sera precedente aveva messo a dura prova i miei nervi. Avevo un disgraziatissimo mal di capo, cascavo dal sonno, e invece di uscire, e passare la sera come mi ero proposto, mi persuasi che la cosa più saggia fosse mangiare un boccone per cena, e filarmela a letto.
[E.A. Poe, Chiacchierata con la mummia, traduzione di Giorgio Manganelli, in I racconti Edgar Allan Poe, Volume terzo, Einaudi, 1983]

Citazioni[modifica]

  • E allora parlammo della grande bellezza e importanza della Democrazia e ci demmo un gran da fare per comunicare al Conte un giusto sentimento dei vantaggi di cui godevamo vivendo in un luogo dove imperava il suffragio ad libitum, e non c'era re.
    Il Conte ascoltò con palese interesse, e in verità sembrava non poco divertito. Quando avemmo finito, disse che, molto tempo prima, era accaduto qualcosa del genere. Tredici province egizie decisero di colpo di essere libere, proponendo in tal modo un magnifico esempio al resto dell'umanità. Riunirono i loro saggi, e apparecchiarono la costituzione più ingeniosa che fosse possibile concepire. Per qualche tempo se la cavarono non troppo male; soltanto, avevano preso l'abitudine di darsi delle arie in modo da non credersi. Alla fine, tuttavia, quei tredici stati, più altri quindici o venti, finirono in preda del più odioso, del più intollerabile dispotismo di cui mai si sia sentito parlare sulla faccia della Terra.
    Chiesi quale mai fosse il nome del tiranno usurpatore. Per quel che il Conte riusciva a ricordare, il suo nome era Plebaglia. (1983)

Un capitolo sugli spunti[modifica]

  • Ci sono [...] scrittori che mostrano deficienze assolute di capacità costruttive e che quindi, nonostante la più fertile delle invenzioni, naufragano miseramente nella trama. A questa categoria appartiene Dickens. (1986)
  • Nella vita di ognuno capita almeno una volta che lo spirito sembri abbandonare brevemente il corpo e, sollevandosi al di sopra delle faccende mortali quanto basta per uno sguardo d'insieme che abbracci tutto, faccia una valutazione della propria umanità, con la massima accuratezza possibile a quel dato spirito. E qui l'anima si separa dalla propria idiosincrasia, dall'individualità; e riflette sulla sua esistenza non come una sua proprietà esclusiva, ma come parte dell'Ente universale. Le decisioni valide e importanti a cui poi ci atteniamo, ogni rigenerazione sensazionale di un carattere sono effetti di queste crisi esistenziali. È quindi la coscienza di noi stessi a degradarci e a mantenerci nella degradazione. (1986)
  • Pochi pensatori non si sorprenderebbero a scoprire, mentre ripercorrono a ritroso il loro universo mentale, quanto spesso le prime impressioni, quelle intuitive, si siano dimostrate vere. Ad esempio una poesia ci affascina da bambini. Adolescenti, ci troviamo dentro una quantità di errori. Nella prima età adulta la disprezziamo e la condanniamo radicalmente, e soltanto quando la maturità ha accordato i nostri sentimenti, allargato le nostre conoscenze e perfezionato la nostra intelligenza ritorniamo al nostro modo di sentire originario e all'ammirazione primitiva; con l'aggiunta del piacere che dà sempre il sapere come mai ne eravamo allora contenti, e perché l'ammiriamo ancora. (1986)
  • Spesso non si capisce che cosa sia la Trama, e nessuno l'ha mai definita correttamente. Molti la considerano un semplice complesso di fatti. Ma nell'accezione più rigorosa la trama è quello da cui non si può togliere o spostare nessuna delle componenti senza che tutto frani. (1986)
  • Tutti gli uomini di genio hanno i loro detrattori. Ma è solo una non distributio medii dedurne che per la stessa ragione tutti quelli che hanno detrattori siano uomini di genio. (1986)

Incipit di alcune opere[modifica]

Berenice[modifica]

Carla Apollonio[modifica]

La miseria è multiforme; la sventura sulla terra è molteplice. Mentre si incurvano sopra il vasto orizzonte come l'arcobaleno, i suoi colori sono vari e distinti come quelli dell'arco, eppure altrettanto intimamente fusi mentre si incurvano sopra il vasto orizzonte come l'arcobaleno! Com'è successo che da un esempio di bellezza ho potuto trarre un tipo di bruttezza? Come da un simbolo di pace, un'immagine di dolore? Ma come, in filosofia, il male è conseguenza del bene, così, anche nella realtà, dalla gioia nasce l'affanno, sia che la memoria della gioia passata formi l'angoscia del presente, sia che le angosce che esistono prendano origine dalle estasi che avrebbero potuto essere.
[E.A. Poe, Berenice, traduzione di Carla Apollonio, in "Racconti. Il resoconto di Arturo Gordon Pym. I racconti del grottesco e dell'arabesco", Orsa Maggiore ed., 1990]

Isabella Donfrancesco[modifica]

L'infelicità è molteplice. La sfortuna della terra è multiforme. Protendendosi sul vasto orizzonte come l'arcobaleno, ha sfumature di colori altrettanto diversi - e anche altrettanto definiti, eppure intimamente fusi. Si protende sul vasto orizzonte come l'arcobaleno! Come mai dalla bellezza ho tratto una simile bruttura? Dal simbolo della pace un'immagine di dolore? Ma, come nell'etica il male è conseguenza del bene, così, nella realtà, dalla gioia nasce il dolore. Sia che la memoria della passata felicità costituisca il tormento del presente, sia che le angosce che sono abbiano origine nelle estasi che avrebbero potuto essere.
[E.A. Poe, Berenice, traduzione di Isabella Donfrancesco in "Tutti i racconti del mistero, dell'incubo e del terrore", Newton Compton, 2010]

Renato Ferrari[modifica]

La miseria è molteplice. L'infelicità sulla terra è multiforme. Spingendosi di là dall'ampio orizzonte come l'arcobaleno, le sue tinte sono altrettanto varie quanto le tinte di quest'arco, altrettanto distinte e nondimeno altrettanto intimamente fuse. Spingendosi di là dall'ampio orizzonte come l'arcobaleno! Come può essere che dalla bellezza ho tratto un tipo di bruttezza? Da un patto di pace una similitudine del dolore? Ma come nell'etica il male è conseguenza del bene, così, nella realtà, dalla gioia è nato il dolore. O il ricordo della passata beatitudine costruisce l'angoscia di oggi, oppure gli affanni che sono hanno la loro origine nelle estasi che avrebbero potuto essere.
[E.A. Poe, Berenice, traduzione di Renato Ferrari, De Agostini, 1985]

Baccio Emanuele Maineri[modifica]

I nostri mali sono molteplici; — e grande e moltiforme in questa breve vita è la miseria. La quale dominando il vasto nostro orizzonte, a guisa dell'arco baleno, mostra i suoi colori distinti e svariatissimi, che tuttavia sono tra loro intimamente uniti e fusi. — Ho detto: «Dominando il vasto nostro orizzonte a guisa dell'arco baleno?» — E come mai da un esempio di beltà celeste ho io potuto trarre un tipo di schifosa bruttezza? Come dal simbolo di alleanza una similitudine del dolore?
Lo so; in quella guisa che in etica il male è figlio del bene, e così — nella realtà — dalla gioja scaturisce l'affanno, ossia che il ricordo del passato formi l'angoscia del presente, ossia che le agonie che esistono piglino le origini dalle estasi che possono essere esistite.
[Edgar Allan Poe, Berenice, traduzione di Baccio Emanuele Maineri, in Storie incredibili, Milano, Tipografia Pirola, 1869]

Giorgio Manganelli[modifica]

Molteplice è l'infelicità — la sventura terrestre è multiforme. Sovrastando come l'arcobaleno la vastità dell'orizzonte, i suoi colori sono meno vari dei colori dell'iride: altrettanto nitidi, anche, e tuttavia intimamente mescolati. Sovrastando l'orizzonte come l'arcobaleno! Come mai da tanta bellezza ho potuto trarre il tipo del difforme? Dal patto di pace una similitudine di dolore? Ma come, nella morale, il male è conseguenza del bene, così dalla gioia nasce il dolore. O la memoria del tempo felice è l'angoscia di oggi, o le ambasce dell'adesso nascono dalla visione di ciò che sarebbe potuto essere.
[E.A. Poe, Berenice, traduzione di Giorgio Manganelli, Einaudi, 1983]

Bon-Bon[modifica]

Carla Apollonio[modifica]

Che Pierre Bon-Bon fosse un restaurateur di non comuni qualità nessuno, che durante il regno di... frequentasse il piccolo caffè nel cul-de-sac Le Febvre, a Rouen, si prenderà, penso, la libertà di confutare; che Pierre Bon-Bon fosse, in ugual grado, esperto della filosofia di quell'epoca è, a mio parere, ancor più innegabile. I suoi pâtés à la fois erano senza dubbio impeccabili; ma quale penna può rendere giustizia ai suoi saggi sur la Nature, ai suoi pensieri sur l'Ame, alle sue osservazioni sur l'Esprit? Se le sue omelettes, i suoi fricandeaux erano inestimabili, quale littérateur di quel tempo non avrebbe dato per una Idée de Bon-Bon due volte tanto che per le immondizie di tutte le Idées di tutti gli altri savants?
[E.A. Poe, Bon-Bon, traduzione di Carla Apollonio, in "Racconti. Il resoconto di Arturo Gordon Pym. I racconti del grottesco e dell'arabesco", Orsa Maggiore ed., 1990]

Renato Ferrari[modifica]

Credo che nessuno di coloro che, durante il regno di..., avesse frequentato il piccolo café nel cul-de-sac Le Febre a Rouen, si sarebbe preso la libertà di mettere in dubbio che Pierre Bon-Bon fosse un restaurateur di doti non comuni. E reputo ancor più innegabile che Pierre Bon-Bon fosse allo stesso modo esperto della filosofia di quel periodo. I suoi pâtés à la fois erano fuor d'ogni dubbio immacolati; ma quale penna saprebbe render giustizia ai suoi saggi sur l'Esprit? Se le sue omelettes — se i suoi fricandeaux erano inestimabili, quale littérateur di quei giorni non avrebbe dato il doppio per una «Idée de Bon-Bon» di quel che avrebbe dato per tutte le sciocche «Idées» di tutti gli altri savants messi insieme?
[E.A. Poe, Bon-Bon, traduzione di Renato Ferrari, De Agostini, 1985]

Giorgio Manganelli[modifica]

Che Pierre Bon-Bon fosse un restaurateur di non comuni qualità, nessuno di coloro che, durante il regno di..., frequentavano quel suo minuscolo café nel Cul-de-sac Le Febvre a Rouen, si permetterà di metterlo in dubbio. Che Pierre Bon-Bon fosse, in egual misura, esperto della contemporanea filosofia è, credo, anche più specificamente innegabile. I suoi pâtés à la fois erano assolutamente senza macchia; ma qual penna può rendere giustizia ai suoi saggi sur la Nature, i pensamenti sur l'Ame, le annotazioni sur l'Esprit? Se le sue omelettes, se i suoi fricandeaux erano impareggiabili, quale littérateur di quel giorno non avrebbe dato per una Idée de Bon-Bon due volte tanto che per tutto il pattume delle idées di tutti gli altri savants?
[E.A. Poe, Bon-Bon, traduzione di Giorgio Manganelli, Einaudi, 1983]

Celebrità[modifica]

Io sono, o per meglio dire, ero, un grand'uomo; tuttavia non sono né l'autore del Giunio né l'uomo dalla Maschera di Ferro, perché il mio nome, mi pare, è Roberto Jones e sono nato in qualche angolo della città di Fum-Fudge.
[E.A. Poe, Celebrità, traduzione di Carla Apollonio, in "Racconti. Il resoconto di Arturo Gordon Pym. I racconti del grottesco e dell'arabesco", Orsa Maggiore ed., 1990]

Colloquio fra Monos e Una[modifica]

Carla Apollonio[modifica]

Una. Risuscitato?
Monos. Sì, bellissima ed amatissima Una, "risuscitato". Questa era la parola, sul cui mistico significato avevo tanto a lungo meditato, rifiutando tutte le spiegazioni del clero, finché la stessa Morte ha risolto per me questo mistero.
[E.A. Poe, Colloquio fra Monos e Una, traduzione di Carla Apollonio, in "Racconti. Il resoconto di Arturo Gordon Pym. I racconti del grottesco e dell'arabesco", Orsa Maggiore ed., 1990]

Baccio Emanuele Maineri[modifica]

Una. — Risuscitato?
Monos. — Sì, bellissima e adoratissima Una, risuscitato! Era questa la parola sul cui mistico senso io aveva da lunghissimo tempo meditato, sempre sdegnoso d'ogni spiegazione che ne dà il pretume, sino a che la morte stessa venne a risolvere per me l'enigma.
[Edgar Allan Poe, Colloquio tra Monos e Una, traduzione di Baccio Emanuele Maineri, in Storie incredibili, Milano, Tipografia Pirola, 1869]

Daniela Palladini[modifica]

Una. Rinato?
Monos. Sì, bellissima, amatissima Una, rinato. È questa la parola sul cui mistico significato ho così a lungo riflettuto, respingendo la spiegazione del clero, finché la morte stessa risolse per me il segreto.
[E.A. Poe, Il colloquio di Monos e Una, traduzione di Daniela Palladini in "Tutti i racconti del mistero, dell'incubo e del terrore", Newton Compton, 2010]

Come si scrive un articolo "alla Blackwood"[modifica]

Presumo che tutti abbiano sentito parlare di me; il mio nome è signora Psiche Zenobia; so che questo è un fatto reale; nessuno, tranne i miei nemici, mi chiama Suky Snobbs; mi hanno assicurato che Suky non è che una volgare corruzione di Psiche, che è puro greco e significa "anima" (cioè me, poiché io sono tutta anima), e talvolta significa "farfalla": quest'ultimo significato indubbiamente allude alla mia apparizione nel mio nuovo vestito di raso cremisi col mantelet arabo color azzurro cielo e le guarnizioni di fibbie verdi e le sette balze a forma di orecchio, color arancione.
[E.A. Poe, Come si scrive un articolo "alla Blackwood", traduzione di Carla Apollonio, in "Racconti. Il resoconto di Arturo Gordon Pym. I racconti del grottesco e dell'arabesco", Orsa Maggiore ed., 1990]

Dialogo di Eiros e Charmion[modifica]

Carla Apollonio[modifica]

Eiros. Perché mi chiami Eiros?
Charmion. Così ti chiamerai sempre d'ora innanzi. Anche tu devi dimenticare il mio nome terrestre e chiamarmi Charmion.
Eiros. Non è dunque un sogno!
Charmion. Per noi non ci sono più sogni.
[E.A. Poe, Dialogo di Eiros e Charmion, traduzione di Carla Apollonio, in "Racconti. Il resoconto di Arturo Gordon Pym. I racconti del grottesco e dell'arabesco", Orsa Maggiore ed., 1990]

Daniela Palladini[modifica]

Eiros. Perché mi chiami Eiros?
Charmion. Ti chiamerai sempre così d'ora in poi. Devi dimenticare anche il mio nome terrestre e chiamarmi Charmion.
Eiros. Questo non è, insomma, un sogno!
Charmion. I sogni non sono più con noi.
[E.A. Poe, Conversazione tra Eiros e Charmion, traduzione di Daniela Palladini in "Tutti i racconti del mistero, dell'incubo e del terrore", Newton Compton, 2010]

Eleonora[modifica]

Franco Della Pergola[modifica]

Discendo da una stirpe nota per il vigore della fantasia e l'ardore della passione. Gli uomini mi hanno definito pazzo, sebbene non risulti ancora chiaro se la pazzia sia, o no, il grado più alto dell'intelletto, e se molto di quanto dà gloria e tutto ciò che rende profondi non nasca da una malattia della mente, da stati di esaltazione dello spirito, a spese dell'intelletto in genere. Coloro che sognano ad occhi aperti conoscono molte cose che sfuggono a quanti sognano solo dormendo.
[E.A. Poe, Eleonora, traduzione di Franco Della Pergola, De Agostini, 1985]

Daniela Palladini[modifica]

Vengo da una razza nota per la forza della fantasia e l'ardore della passione.
Mi hanno chiamato folle; ma non è ancora chiaro se la follia sia o meno il grado più elevato dell'intelletto, se la maggior parte di ciò che è glorioso, se tutto ciò che è profondo non nasca da una malattia della mente, da stati di esaltazione della mente a spese dell'intelletto in generale.
Coloro che sognano di giorno sono consapevoli di molte cose che sfuggono a coloro che sognano solo di notte.
[E.A. Poe, Eleonora, traduzione di Daniela Palladini in "Tutti i racconti del mistero, dell'incubo e del terrore", Newton Compton, 2010]

Gli occhiali[modifica]

Renato Ferrari[modifica]

Molti anni fa, era di moda mettere in ridicolo l'idea dell'«amore a prima vista»; ma coloro che pensano, non meno di coloro che sentono profondamente, ne hanno sempre sostenuto l'esistenza. A dire il vero le moderne scoperte, in quel che può essere definito magnetismo etico o magneto estetica, fanno apparire probabile che i più naturali e perciò i più veri ed i più intensi affetti umani sono quelli che sorgono nel cuore quasi per opera di simpatia elettrica, in una parola che i legami psichici più vivi e durevoli sono quelli scaturiti da uno sguardo.
[E.A. Poe, Gli occhiali, traduzione di Renato Ferrari, De Agostini, 1985]

Fruttero & Lucentini[modifica]

Era di moda, anni fa, farsi beffe dell'amore a prima vista come di una ridicola fantasia. Ma le persone che pensano, e quelle che sentono profondamente, hanno sempre affermato la sua esistenza.
[E.A. Poe, Gli occhiali, citato in Fruttero & Lucentini, Íncipit, Mondadori, 1993]

Giorgio Manganelli[modifica]

Molti anni or sono era di moda farsi beffe dell'«amore a prima vista»; ma coloro che meditano, non meno di coloro che profondamente sentono, ne hanno sempre sostenuto l'esistenza. Le recenti scoperte poi, in quel che può definirsi magnetismo spirituale, o sensibilità magneto-estetica, rendono probabile che il più naturale e, di conseguenza, il più sincero e intenso degli affetti umani sia quello appunto che spunta nel cuore quasi per simpatia elettrica; in breve, è probabile che i più duraturi e splendenti vincoli della psiche siano quelli saldati e ribaditi da uno sguardo.
[E.A. Poe, Gli occhiali, traduzione di Giorgio Manganelli, Einaudi, 1983]

Hans Phaall[modifica]

Secondo le ultime notizie giunte da Rotterdam, sembra che quella città si trovi in una condizione di gran fervore filosofico; in realtà vi sisono verificati dei fenomeni d'un carattere così inaspettato, così completamente nuovo, così chiaramente in contrasto con tutte le opinioni ammesse, che io non dubito affatto che tra non molto tutta l'Europa sarà sottosopra, tutta la fisica sarà in fermento e la ragione e l'astrologia s'accapiglieranno tra loro.
[E.A. Poe, Hans Phaall, traduzione di Carla Apollonio, in "Racconti. Il resoconto di Arturo Gordon Pym. I racconti del grottesco e dell'arabesco", Orsa Maggiore ed., 1990]

Hop-Frog[modifica]

Rodolfo Arbib[modifica]

Non ho conosciuto mai uno che avesse più passione e che fosse più portato alla facezia di quel bravo re. Non viveva che per gli scherzi. Il modo più sicuro per ottenerne i favori era di raccontare una buona storia, nel genere buffo, e raccontarla bene.
Per questo i suoi sette ministri eran tutte persone distinte.... pei loro talenti di buffoni. Eran tutti come il loro reale signore, – vasta corpulenza, adiposità, attitudine inimitabile agli scherzi. Che la gente ingrassi colle buffonate o che nel grasso ci sia qualche cosa che predispone alla buffonata, è una questione che non ho mai potuto decidere; ma è un fatto che un buffone magro si può chiamare rara avis in terris.
[Edgardo Poe, Hop-Frog, traduzione di Rodolfo Arbib, in "Nuovi racconti straordinari", Sonzogno, 1885]

Delfino Cinelli[modifica]

Non ho conosciuto mai nessuno che più del re fosse portato alla beffa. Pareva non vivesse che per scherzare. Il modo più sicuro per ottenere i suoi favori era di narrare una storia buffa e raccontarla bene. Così avvenne che i suoi sette ministri si distinguevano tutti per i loro talenti di buffone, e non erano da meno del re tanto nell’adiposa corpulenza del fisico quanto nell’attitudine impareggiabile agli scherzi. Se la gente ingrassi con le buffonate, e se nel grasso sia qualcosa che predispone alla buffonata, non sono mai riuscito a determinare; sta di fatto però che un buffone magro è "rara avis in terris".
[Edgar Allan Poe, Hop-Frog, traduzione di Delfino Cinelli, in "Racconti del terrore, Unità/Mondadori, 1992]

Renato Ferrari[modifica]

Non conobbi mai nessuno tanto pronto allo scherzo quanto il re. Sembrava vivesse solo per le burle. Raccontargli una storia scherzosa e raccontarla bene, era la via più sicura per conquistarne i favori. Perciò accadde che i suoi sette ministri fossero tutti persone eminenti per i loro talenti di burloni. Erano anche tutti dello stesso stampo del re, essendo alti, corpulenti e adiposi, oltre che inimitabili burloni. Non sono mai stato assolutamente in grado di stabilire se la gente ingrassi in virtù delle celie o se nel grasso stesso vi sia qualcosa che predisponga allo scherzo; ma certo è che un mattacchione magro è una rara avis in terris.
[E.A. Poe, Hop-Frog, traduzione di Renato Ferrari, De Agostini, 1985]

Maria Gallone[modifica]

Non ho mai conosciuto nessuno che fosse tanto amante dello scherzo quanto lo era il re. Sembrava che vivesse unicamente per scherzare. Saper raccontare una storiella scherzosa, e saperla raccontare bene, era il mezzo più sicuro per guadagnarsi i suoi favori. Era per questo che i suoi sette ministri andavano tutti quanti famosi per la loro arte insuperabile nel buffoneggiare. E scimmiottavano il re anche in questo, che oltre a essere buffoni inimitabili, erano grossi, corpulenti, trasudanti grascia. Se la gente ingrassi, scherzando, o se piuttosto nel grasso di per se stesso esista alcunché che predispone allo scherzo, francamente non ho mai saputo precisare con esattezza; ma certo è che un buffone magro è una rara avis in terris.
[E.A. Poe, Hop-Frog, traduzione di Maria Gallone, in "Racconti del terrore", Morano Editore, 1990]

Daniela Palladini[modifica]

Non ho mai conosciuto nessuno amante dello scherzo quanto lo era il re. Sembrava vivere solo per scherzare. Raccontargli una buona storiella spiritosa e raccontargliela bene, era il modo più sicuro per conquistarne il favore. Avvenne perciò che i suoi sette ministri fossero tutti noti per la capacità di scherzare. Somigliavano tutti al re anche nell'essere grassi, corpulenti e untuosi nonché buffoni inimitabili. Se poi la gente si ingrassa perché scherza oppure c'è qualcosa nel grasso che lo predispone allo scherzo, non sono mai riuscito a capirlo, quello che è certo è che un burlone magro è una rara avis in terris.
[E.A. Poe, Hop-Frog, traduzione di Daniela Palladini, in "Tutti i racconti del mistero, dell'incubo e del terrore", Newton Compton, 2010]

Il barile d'Amontillado[modifica]

Rodolfo Arbib[modifica]

Avevo sopportato del mio meglio le mille ingiustizie di Fortunato; ma quando poi arrivò all'insulto, giurai di vendicarmi.
Tuttavia, voi che ben conoscete la natura dell'anima mia, non supporrete, certo, ch'io gli abbia rivolta una sola minaccia. A lungo andare, dovevo esser vendicato; questo era definitivamente, irrevocabilmente fissato; – ma la stessa perfezione della mia risoluzione escludeva qualunque idea di pericolo. Dovevo non solamente punire, ma punire impunemente.
[Edgardo Poe, Il barile d'Amontillado, traduzione di Rodolfo Arbib, in "Nuovi racconti straordinari", Sonzogno, 1885]

Andrew Daventry[modifica]

Mi ero sempre impegnato con ogni forza a sopportare le mille offese di Fortunato; ma quando costui passò all'insulto, la mia stessa natura mi costrinse a giurare vendetta. Ma voi, che così bene mi conoscete, avrete sicuramente capito che non proferii alcuna minaccia; la mia soddisfazione sarebbe giunta col tempo, accompagnata da quell'assoluta certezza che solo un'azione del tutto priva di rischi può procurare.
[E.A. Poe, Il barile d'Amontillado, traduzione di Andrew Daventry, in "Racconti Neri" Edizioni Mirandae, 2015]

Renato Ferrari[modifica]

Avevo sopportato come meglio avevo potuto i mille affronti di Fortunato, ma quando egli osò passare agli insulti giurai vendetta. Voi, che conoscete così bene la natura della mia anima, non penserete, tuttavia, ch'io pronunciassi qualche minaccia. Mi sarei vendicato alla fine; questo era un punto definitivamente stabilito, ma la stessa determinatezza con cui era stato risolto precludeva l'idea del rischio. Non solo io dovevo punire, ma punire rimanendo impunito.
[E.A. Poe, Il barile d'Amontillado, traduzione di Renato Ferrari, De Agostini, 1985]

Maria Gallone[modifica]

Avevo sopportato come meglio avevo potuto le mille offese di Fortunato. Ma quando egli si spinse sino a insultarmi giurai vendetta. Voi però, che ben conoscete la natura del mio animo, non immaginerete certo che io possa avere espresso alcuna minaccia. Mi sarei vendicato col tempo; questo lo avevo ben stabilito, ma la determinazione stessa con la quale avevo deciso di agire precludeva ogni idea di rischio. Non soltanto dovevo punire, ma dovevo farlo senza riportarne danno. Un torto non è riparato, se la punizione ricade sul vendicatore; e rimane ugualmente inespiato se il vendicatore non riesce a farsi riconoscere da colui che gli ha recato offesa.

[Edgar Allan Poe, Il barile di amontillado, in I racconti del mistero, Rizzoli, 2014. ISBN 978-88-58-67545-8]

Daniela Palladini[modifica]

La miriade di offese di Fortunato le avevo sopportate come meglio avevo potuto, ma quando arrivò all'oltraggio giurai di vendicarmi. Voi, che ben conoscete la natura della mia anima, non supporrete che io mi sfogassi in minacce. Finalmente volevo vendicarmi; questo era un punto fermo, ma il modo con cui avrei attuato questo proposito escludeva ogni idea di rischio. Volevo, non soltanto, punire, ma punire rimanendo impunito.
[E.A. Poe, Il barile d'Amontillado, traduzione di Daniela Palladini, Newton, 1989]

Il crollo della Casa Usher[modifica]

Carla Apollonio[modifica]

Durante un'intera giornata d'autunno, fosca, oscura e silenziosa, in cui le nuvole, basse nel cielo, formavano come una cappa di piombo, avevo attraversato da solo, a cavallo, una landa straordinariamente tetra, e alla fine, mentre calavano le ombre della sera, mi trovai in vista della malinconica Casa Usher; non so dire come... ma, alla prima occhiata che diedi alla costruzione, un sentimento d'insopportabile tristezza penetrò nel mio animo.
[E.A. Poe, La caduta della Casa Usher, traduzione di Carla Apollonio, in "Racconti. Il resoconto di Arturo Gordon Pym. I racconti del grottesco e dell'arabesco", Orsa Maggiore ed., 1990]

Rodolfo Arbib[modifica]

Durante tutta una giornata d'autunno, giornata fuligginosa, fosca e muta, in cui le nuvole pesavano, grosse e basse nel cielo, avevo traversato, solo e a cavallo, una vasta distesa di paese singolarmente lugubre, e finalmente, quando s'appressavano le ombre della sera, mi trovai in vista della malinconica casa Usher.
Non saprei dire perchè, – ma è un fatto che al primo colpo d'occhio che gettai su quella costruzione, un sentimento di tristezza insopportabile mi penetrò nell'anima.
[Edgardo Poe, La rovina della Casa Usher, traduzione di Rodolfo Arbib, in "Nuovi racconti straordinari", Sonzogno, 1885]

Renato Ferrari[modifica]

Per tutta una giornata uggiosa, buia e sorda del declinare dell'anno, in cui le nubi pendevano opprimenti e basse nei cieli, avevo attraversato da solo, a cavallo, un tratto di regione singolarmente desolato; e alla fine, come le ombre della sera si avvicinavano, mi trovai in vista della malinconica Casa Usher. Non so come fu, ma, alla prima occhiata che gettai sull'edificio, un senso di insopportabile tristezza pervase il mio animo.
[E.A. Poe, Il crollo della Casa Usher, traduzione di Renato Ferrari, De Agostini, 1985]

Maria Gallone[modifica]

Durante un giorno triste, cupo, senza suono, verso il finire dell'anno, un giorno in cui le nubi pendevano opprimentemente basse nei cieli, io avevo attraversato solo, a cavallo, un tratto di regione singolarmente desolato, finché ero venuto a trovarmi, mentre già si addensavano le ombre della sera, in prossimità della malinconica Casa degli Usher. Non so come fu, ma al primo sguardo ch'io diedi all'edificio, un senso intollerabile di abbattimento invase il mio spirito.
[E.A. Poe, Il crollo della Casa degli Usher, traduzione di Maria Gallone, in "Racconti del terrore", Morano Editore, 1990]

Fruttero & Lucentini[modifica]

Per tutto quel pesante, cupo e silenzioso giorno d'autunno, sotto nuvole basse e opprimenti, avevo traversato da solo, a cavallo, una campagna di singolare tristezza. Finché, già sul fare della sera, giunsi in vista della malinconica Casa Usher.
[citato in Fruttero & Lucentini, Íncipit, Mondadori, 1993]

Baccio Emanuele Maineri[modifica]

Durante un’intiera giornata d’autunno — giornata fuligginosa, mesta, muta, in cui le nubi grevi grevi e basse basse vagavano per lo cielo — solo ed a cavallo io aveva attraversato una distesa di paese, singolarmente lugubre; e, da ultimo, al sopraggiugnere delle ombre serali, io mi trovava in vista della melanconica Casa Usher.
Ignoro donde e come ciò provenisse; ma, alla prima occhiata che diedi all’edifizio, un sentimento d’insopportabile melanconia mi penetrò tutta l’anima.
[Edgar Allan Poe, La caduta della Casa Usher, traduzione di Baccio Emanuele Maineri, in Storie incredibili, Milano, Tipografia Pirola, 1869]

Daniela Palladini[modifica]

In una giornata triste, buia e troppo silenziosa, con un cielo di nuvole basse e pesanti, dopo aver cavalcato da solo per un tratto di campagna particolarmente desolato, verso sera, mentre le ombre si facevano sempre più lunghe, mi trovai di fronte alla malinconica casa Usher.
Non so perché, bastò uno sguardo di sfuggita alla vecchia dimora, per darmi un senso di insopportabile depressione.
[E.A. Poe, La caduta della Casa Usher, traduzione di Daniela Palladini, in "Storie dell'orrore", a cura di Gianni Pilo, Newton & Compton, 1999. ISBN 8882892492]

Elisabetta Svaluto[modifica]

Per tutto il giorno, un giorno monotono, cupo e silenzioso d'autunno, di quelli in cui le nubi gravano basse e opprimenti nel cielo, avevo attraversato da solo, a cavallo, un tratto di campagna straordinariamente lugubre, fino a che, mi ritrovai, mentre calavano le ombre della sera, in vista della malinconica Casa Usher. Non saprei dire perché, ma non appena intravidi l'edificio, un senso di insoffribile tristezza pervase il mio spirito.
[E.A. Poe, La rovina della Casa Usher, traduzione di Elisabetta Svaluto, in "Il colore del male. I capolavori dei maestri dell'horror", a cura di David G. Hartwell, Armenia Editore, 1989. ISBN 8834404068]

Il cuore rivelatore[modifica]

Carla Apollonio e Sergio Frenguelli[modifica]

È la verità! Sono nervoso, sono stato e sono molto, molto, terribilmente nervoso; ma perché volete dire che sono un pazzo? Il male ha affinato i miei sensi, non distrutti, non annientati. Più di chiunque altro avevo avuto acuto il senso dell'udito. Ho ascoltato tutte le voci del cielo e della terra. Molte ne ho intese dall'inferno. Per questo sono pazzo? Uditemi! e osservate con che precisione, con che calma io posso narrarvi tutta la storia.
Non è possibile dirvi come in principio l'idea entrò nel mio cervello; ma una volta concepita, essa mi possedé giorno e notte. Non v'era né scopo né passione. Io amavo il vecchio, non mi aveva mai colpito. Non mi aveva mai insultato. Non desideravo affatto il suo oro.
[Bietti, traduzione di Carla Apollonio e Sergio Frenguelli]

Rodolfo Arbib[modifica]

Si; è vero! – son nervosissimo, spaventevolmente nervoso – e lo sono stato sempre; ma perchè volete pretendere ch'io sia pazzo? La malattia m'ha aguzzato i sensi, ma non li ha distrutti, non li ha ottusi. Più di tutti gli altri, avevo finissimo il senso dell'udito. Ho sentito tutte le cose del cielo e della terra. Ne ho sentite molte dell'inferno. E dite che son pazzo? State attenti! E osservate con quale precisione, con quale calma vi posso raccontare tutta la storia.
Come l'idea m'entrasse dapprima nel cervello, m'è impossibile dirvelo; ma, una volta concepita, non mi lasciò più, nè giorno, nè notte. D'oggetto non ce n'era. La passione non c'entrava per nulla. L'amavo quel buon vecchio. Non m'aveva fatto mai del male. Non m'aveva mai insultato. Il suo denaro non lo desideravo.
[Edgardo Poe, Il cuore rivelatore, traduzione di Rodolfo Arbib, in "Nuovi racconti straordinari", Sonzogno, 1885]

Renato Ferrari[modifica]

È vero! ero sempre stato nervoso, molto, molto, spaventosamente nervoso, e lo sono ancora; ma perché volete dire ch'io sono pazzo? La malattia aveva soltanto acuito i miei sensi, non distrutti, non ottenebrati. Più acuto di tutti era il senso dell'udito. Udivo tutte le cose in cielo e in terra. Udivo molte cose nell'inferno. E allora, sono matto per questo? Ascoltate! E osservate con quanta lucidità, con quanta calma io posso narrarvi l'intera storia.
È impossibile dire come l'idea mi sia entrata per la prima volta nel cervello; ma, una volta concepita, non mi diede più tregua né giorno né notte. Non avevo alcuno scopo. Non v'era collera in me. Volevo bene al vecchio. Non mi aveva mai fatto alcun torto. Non mi aveva mai ingiuriato. Non desideravo il suo oro.
[E.A. Poe, Il cuore rivelatore, traduzione di Renato Ferrari, De Agostini, 1985]

Maria Gallone[modifica]

È vero! Sono e sono sempre stato nervoso, molto, spaventosamente nervoso; ma perché dite che sono pazzo? La malattia ha acuito i miei sensi, ma non li ha distrutti, non li ha soffocati. Particolarmente affinato era in me il senso dell'udito. Udivo tutte le cose del cielo e della terra. E udivo anche molte cose dell'inferno. Come può essere dunque che io sia pazzo? Ascoltatemi! E osservate con quanta lucidità, con quanta calma io posso narrarvi per filo e per segno tutto ciò che accade.
È impossibile dire come l'idea mi sia entrata per la prima volta nel cervello. Ma non appena l'ebbi concepita mi ossessionò notte e giorno. Scopo non ne avevo. Odio neppure. Volevo bene al vecchio. Non mi aveva mai fatto del male. Non mi aveva mai insultato. Non desideravo il suo oro.
[E.A. Poe, Il cuore rivelatore, traduzione di Maria Gallone, in "Racconti del terrore", Morano Editore, 1990]

Baccio Emanuele Maineri[modifica]

È vero! io sono un uomo nervosissimo, superlativamente nervoso; lo son sempre stato: ma, e perchè pretendereste voi ch'io fossi folle? Le sofferenze han maggiormente acuito i miei sensi, non distrutti, nè spuntati. Ed io aveva, quanto altri mai, il senso dell'udito finissimo. Intesi e divinai tutte cose del cielo e della terra; moltissime divinai ed intesi dell'inferno stesso. E perchè dunque sarò io folle? Attenti; e badate bene con qual senno, con quale calma son io in grado di narrarvi questa storia.
Non è possibile dire in qual maniera l'idea mi entrasse primieramente in capo; ma, una volta concepita, vi si fissò dì e notte; non n’uscì più. Obbietto, non ve n’era, e la passion non ci aveva a che fare. E io l'amava, l'onesto vecchio: non m’aveva mai fatto fil di male, nè insultato mai. Nè pativa invidia alcuna del molto suo oro, — del molto suo oro.
[Edgar Allan Poe, Il Cuor rivelatore, traduzione di Baccio Emanuele Maineri, in Storie incredibili, Milano, Tipografia Pirola, 1869]

Daniela Palladini[modifica]

È proprio vero! - nervoso - molto, spaventosamente nervoso, ero e sono ancora; ma perché dire che sono pazzo? La malattia aveva acuito i miei sensi - non distrutto - non smorzato. Soprattutto era acuto il senso dell'udito. Udivo tutto in cielo e in terra. Udivo molte cose dell'inferno. E allora, come posso essere pazzo? Ascoltate! e osservate quanto lucidamente - quanto tranquillamente possa raccontarvi l'intera storia.
È impossibile dire come l'idea mi sia penetrata per la prima volta nella mente; ma una volta concepita, mi perseguitò giorno e notte. Scopo non c'era. Non c'era passione. Amavo il vecchio. Non mi aveva mai fatto torto. Non mi aveva mai oltraggiato. Non desideravo affatto il suo oro.
[E.A. Poe, Il cuore rivelatore, traduzione di Daniela Palladini in "Tutti i racconti del mistero, dell'incubo e del terrore", Newton Compton, 2010]

Il diario di Julius Rodman[modifica]

Morti mio padre e le mie due sorelle non provai più nessun interesse ad occuparmi della nostra piantagione di Point e la vendetti, in perdita, a mister Junôt. Avevo spesso pensato di fare qualche caccia sul Missouri, per cui decisi di condurre una spedizione lungo quel fiume e procurarmi così delle pellicce che avrei potuto vendere sulla Petite Côte agli agenti della North West Fur Company. Ero sicuro di riuscire in tal modo, con un po' di iniziativa e un po' di coraggio, ad accumulare più denaro che in qualsiasi altro modo.[17]

Il diavolo nella torre[modifica]

Carla Apollonio[modifica]

Tutti vagamente sanno che il più bel posto del mondo è, o, ahimè! era... il borgo olandese di Vondervotteimittiss. Ma, poiché sorge ad una certa distanza dalle vie maestre e si trova, in certo qual modo, in una posizione remota, forse solo pochissimi miei lettori l'avranno visitato. Quindi, per soddisfare la curiosità di coloro che non l'hanno visto, io credo opportuno dirne qualcosa in particolare e ciò è veramente ancor più necessario, in quanto, proprio con la speranza di guadagnare la simpatia del pubblico in favore dei suoi abitanti, io mi propongo qui di raccontare i disastrosi fatti che di recente sono avvenuti entro i suoi confini.
[E.A. Poe, Il diavolo nel campanile, traduzione di Carla Apollonio, in "Racconti. Il resoconto di Arturo Gordon Pym. I racconti del grottesco e dell'arabesco", Orsa Maggiore ed., 1990]

Renato Ferrari[modifica]

Ognuno sa vagamente, che il posto più bello del mondo è — o, ahimè, era — il borgo olandese di Vondervotteomittiss. Tuttavia, siccome si trova a una certa distanza da qualunque strada maestra, essendo in certo qual modo situato fuori mano, vi sono forse pochissimi tra i miei lettori che l'abbiano mai visitato. A beneficio di coloro che non abbiano potuto farlo, giudico opportuno di doverne dare alcuni particolari. E questo è, in verità, tanto più necessario in quanto con la speranza di raccogliere un po' di simpatia del pubblico a favore degli abitanti, mi propongo qui di narrare la storia di calamitosi eventi che sono recentemente accaduti entro i suoi confini.
[E.A. Poe, Il diavolo nella torre, traduzione di Renato Ferrari, De Agostini, 1985]

Giorgio Manganelli[modifica]

Tutti sanno, genericamente, che a questo mondo luogo più bello non v'è — o, ahimè, non v'era — del borgo olandese di Vondervotteimittiss, come a dire Cheorè. Tuttavia, poiché giace a qualche distanza da qualsivoglia strada di gran traffico, in sito alquanto forastico, forse ben pochi dei miei lettori si sono recati a visitarlo. A beneficio di coloro che, per l'appunto, mai vi sono stati, è opportuno che ne dia una qualche descrizione. E ciò è tanto più necessario, in quanto, sperando di cattivarmi la pubblica simpatia in pro' degli abitanti, mi propongo di narrare la storia dei recenti calamitosi accadimenti verificatisi.
[E.A. Poe, Il Diavolo sul campanile, traduzione di Giorgio Manganelli, Einaudi, 1983]

Il duca De l'Omelette[modifica]

Keats soccombette per una critica; chi fu colui che morì per l'Andromaca? Ignobili anime! De l'Omelette perì per un ortolano; l'histoire en est brève. Assistimi, dunque, spirito d'Apicio!
[E.A. Poe, Il duca De l'Omelette, traduzione di Carla Apollonio, in "Racconti. Il resoconto di Arturo Gordon Pym. I racconti del grottesco e dell'arabesco", Orsa Maggiore ed., 1990]

Il mistero di Maria Rogêt[modifica]

Carla Apollonio[modifica]

Vi sono poche persone, anche fra i pensatori più calmi, che non siano qualche volta state prese da una vaga, ma emozionante semicredulità nel soprannaturale, a causa di coincidenze d'un carattere apparentemente così meraviglioso che l'intelletto era incapace di ricevere come semplici coincidenze.
[E.A. Poe, Il mistero di Maria Rogêt, traduzione di Carla Apollonio, in "Racconti. Il resoconto di Arturo Gordon Pym. I racconti del grottesco e dell'arabesco", Orsa Maggiore ed., 1990]

Daniela Palladini[modifica]

Vi sono ben poche persone, anche tra i pensatori più pacati, che non siano state talvolta sospinte a una vaga e inquietante semicredenza nel soprannaturale da coincidenze di carattere apparentemente così prodigioso che l'intelletto si rifiuta di conseiderarle pure coincidenze.
[E.A. Poe, Il mistero di Marie Rogêt, traduzione di Daniela Palladini in "Tutti i racconti del mistero, dell'incubo e del terrore", Newton Compton, 2010]

Il pozzo e il pendolo[modifica]

Rodolfo Arbib[modifica]

Ero sfinito, affranto, stremato da quella lunga agonia, e quando finalmente mi slegarono, e mi fu permesso di sedermi, sentii che i sensi m'abbandonavano. La sentenza, – la terribile sentenza di morte, – fu l'ultima frase distintamente accentuata che venne a cadermi negli orecchi. Dopo di che, il suono delle voci degli inquisitori mi parve come s'annegasse nel frastuono infinito d'un sogno. Quel rumore mi portava nell'anima l'idea d'una rotazione, – forse perchè nella mia imaginazione l'associavo con una ruota da mulino.
[Edgardo Poe, Il pozzo e il pendolo, traduzione di Rodolfo Arbib, in "Nuovi racconti straordinari", Sonzogno, 1885]

Delfino Cinelli[modifica]

Ero affranto, stremato di angoscia mortale per quella lunga agonia; e quando finalmente mi sciolsero e potei sedermi, sentii che perdevo i sensi. La sentenza – la terribile sentenza di morte – fu l’ultimo degli accenti distinti che mi giunse alle orecchie. Dopo, il suono delle voci degli inquisitori parve perdersi in un ronzio indefinito di sogno. Quel suono destava in me l’idea di una rotazione, probabilmente perché nell’immaginazione si associava al ritmo di una macina da mulino.
[Edgar Allan Poe, Il pozzo e il pendolo, traduzione di Delfino Cinelli, in "Racconti del terrore", Unità/Mondadori, 1992]

Renato Ferrari[modifica]

Ero spossato, mortalmente spossato per quella lunga agonia; e quando alla fine mi slegarono e mi permisero di sedere, sentii che i miei sensi mi abbandonavano. La sentenza, la paventata sentenza di morte, era stato l'ultimo distinto accento che m'era giunto alle orecchie. Dopo di che, il suono delle voci inquisitorie sembrò immergersi nel brusio confuso di un sogno. Quel suono portava al mio spirito l'idea di rotazione, forse perché l'associavo nella mia fantasia col frullìo di una ruota di mulino.
[E.A. Poe, Il pozzo e il pendolo, traduzione di Renato Ferrari, De Agostini, 1985]

Maria Gallone[modifica]

Ero stomacato... stomacato a morte da quella lenta agonia, e quando alla fine mi slegarono e mi permisero di sedere, ebbi l'impressione che i sensi mi abbandonassero. La sentenza, la temuta sentenza di morte, era stata l'ultima percezione distinta a raggiungere le mie orecchie. Subito dopo, il suono delle voci degli inquisitori mi pervenne come sommerso in un confuso sognante indefinito brusio. Questo suono vago portava al mio spirito un'idea di circonvoluzione, forse per associazione fantastica con il ronzare di una macina da mulino.
[E.A. Poe, Il pozzo e il pendolo, traduzione di Maria Gallone, in "Racconti del terrore", Morano Editore, 1990]

Daniela Palladini[modifica]

Ero stanco, mortalmente sfinito al termine di quella lunga agonia, e quando mi sciolsero e mi fu permesso di sedere, sentii che i sensi mi stavano abbandonando. La sentenza, la terribile sentenza di morte fu l'ultima distinta frase che le mie orecchie percepirono. Dopo, il suono delle voci degli inquisitori sembrò confondersi, in un mormorio indistinto, come in un sogno. Mi riportava alla mente l'idea di rivoluzione - forse perché nella mia fantasia l'associavo al cigolio di una ruota di mulino.
[E.A. Poe, Il pozzo e il pendolo, traduzione di Daniela Palladini in "Tutti i racconti del mistero, dell'incubo e del terrore", Newton Compton, 2010]

Il ritratto ovale[modifica]

Il castello nel quale il mio domestico aveva osato entrare con la forza, per non permettere che io, nella mia condizione di ferito grave, trascorressi una notte all'aperto, era uno di quegli edifici commisti di malinconia e splendore che così a lungo sono stati una presenza accigliata fra gli Appennini, non meno di fatto che nella fantasia della signora Radcliffe.
[E.A. Poe, Il ritratto ovale, traduzione di Daniela Palladini in "Tutti i racconti del mistero, dell'incubo e del terrore", Newton Compton, 2010]

Il seppellimento prematuro[modifica]

Isabella Donfrancesco[modifica]

Ci sono argomenti estremamente avvincenti, ma che sono troppo orribili per rispondere agli scopi di una vera e propria opera narrativa. Il romantico puro deve evitarli, se non vuole rischiare di offendere o disgustare. Vengono trattati opportunamente soltanto quando sono santificati e sostenuti dal rigore e dalla maestà della verità.
Per esempio, è con la più intensa delle «sofferenze piacevoli» che fremiamo al racconto del Passaggio della Beresina, del Terremoto di Lisbona, della Peste di Londra, del Massacro di San Bartolomeo o del soffocamento dei centoventitré prigionieri nel Black Hole a Calcutta.
[E.A. Poe, La sepoltura prematura, traduzione di Isabella Donfrancesco in "Tutti i racconti del mistero, dell'incubo e del terrore", Newton Compton, 2010]

Renato Ferrari[modifica]

Vi sono certi temi eccezionalmente interessanti ma che nel complesso sono troppo orribili da servire agli scopi di una novellistica convenzionale. Da questi il semplice narratore deve rifuggire, se non vuole offendere o disgustare. Essi vengono trattati appropriatamente solo quando sono santificati e sorretti dalla severità e dalla maestà del vero. Noi vibriamo, per esempio, della più intensa e «piacevole pena», alle descrizioni del Passaggio della Beresina, del Terremoto di Lisbona, della Peste di Londra, del Massacro di San Bartolomeo, oppure della morte per soffocamento dei centoventitré prigionieri nel Black Hole di Calcutta.
[E.A. Poe, Il seppellimento prematuro, traduzione di Renato Ferrari, De Agostini, 1985]

Giorgio Manganelli[modifica]

Si dànno argomenti di fascino estremo, ma di tanto orrore da ripugnare affatto alla tradizione narrativa di invenzione. Codesti temi lo scrittore fantastico dovrà evitare, se non vuole disgustare o riuscire repellente. È lecito toccarli solo quando la solennità o la maestà del Vero li consacri e li confermi. La narrazione del Passaggio della Baresina, la descrizione del Terremoto di Lisbona, o la Peste di Londra, o la Notte di San Bartolomeo, o a Calcutta, nel Black Hole, la morte per asfissia dei centoventitré prigionieri, tutto ciò offre un brivido quanto mai intenso di «dilettosa pena». Ma, in codesti resoconti, è il fatto, è la realtà, la storia appunto che ci commuove. Fossero fantastiche invenzioni, ce ne ritrarremmo con orrore.
[E.A. Poe, La sepoltura prematura, traduzione di Giorgio Manganelli, Einaudi, 1983]

L'appuntamento mortale[modifica]

Carla Apollonio[modifica]

Misterioso uomo dal triste destino! sviato dalla vivezza della sua stessa fantasia e caduto nelle fiamme della sua stessa giovinezza! Ancora ti rivedo nella mia immaginazione! una volta ancora la tua figura è sorta dinanzi a me!... No... non quale sei... nella fredda valle dell'ombra... ma quale dovresti essere... mentre sperperi la tua vita in splendida riflessione in quella città di indistinte visioni, nella tua Venezia, marittimo Elisio, caro alle stelle dove le ampie finestre dei palazzi palladiani guardano con profondo e amaro significato entro i segreti delle sue acque silenziose.
[E.A. Poe, L'appuntamento, traduzione di Carla Apollonio, in "Racconti. Il resoconto di Arturo Gordon Pym. I racconti del grottesco e dell'arabesco", Orsa Maggiore ed., 1990]

Renato Ferrari[modifica]

Uomo misterioso e nato sotto cattiva stella! Abbagliato dallo splendore della tua stessa immaginazione e caduto nelle fiamme della tua stessa giovinezza! Io ti rivedo nella mia fantasia! Ancora una volta la tua forma si è levata dinanzi a me! Oh, non come sei, nella fredda valle e nell'ombra, ma come dovresti essere, intento a sperperare una vita di magnifica meditazione in quella città di vaghe visioni, nella tua Venezia, ch'è un Elisio del mare caro alle stelle, e i cui palazzi palladiani dalle loro ampie finestre guardano giù con profondo e amaro significato ai segreti delle sue acque silenti.
[E.A. Poe, L'appuntamento mortale, traduzione di Renato Ferrari, De Agostini, 1985]

Daniela Palladini[modifica]

Uomo misterioso e sfortunato! - Disorientato dallo splendore della tua stessa immaginazione, fosti vittima delle fiamme della tua gioventù! Con la mente ti rivedo ancora. La tua figura si è di nuovo presentata a me! - non - oh! non come tu sei ora - in quella vallata di tenebre - ma come dovresti essere - mentre sperperi una vita di magnifiche meditazioni in quella città di pallide visioni, l'amata Venezia - Elisio del mare, amato dalle stelle, - con le ampie finestre dei suoi palazzi palladiani che soggiogano con uno sguardo amaro e profondo, i segreti delle sue acque silenziose.
[E.A. Poe, L'appuntamento, traduzione di Daniela Palladini in "Tutti i racconti del mistero, dell'incubo e del terrore", Newton Compton, 2010]

L'isola della fata[modifica]

«La musique» dice Marmontel in quei Contes Moraux[18] che in tutte le traduzioni insistiamo a chiamare Racconti morali con una specie di irrisione verso lo spirito che li anima,... «la musique est le seul de talents qui jouit de soi même; tous les autres veulent des témoins»[19].
[E.A. Poe, L'isola della fata, traduzione di Daniela Palladini in "Tutti i racconti del mistero, dell'incubo e del terrore", Newton Compton, 2010]

L'uomo finito[modifica]

Proprio in questo momento non riesco a ricordare dove o quando feci la conoscenza con quell'individuo dall'aspetto veramente raffinato che era il Generale di Brigata onorario John A.B.C. Smith; qualcuno mi presentò a lui, ne sono sicuro... a qualche pubblica riunione, sicuramente tenutasi per qualche scopo senza dubbio assai importante... ma chi fu ora non riesco assolutamente a ricordare.
[E.A. Poe, L'uomo finito, traduzione di Carla Apollonio, in "Racconti. Il resoconto di Arturo Gordon Pym. I racconti del grottesco e dell'arabesco", Orsa Maggiore ed., 1990]

La beffa del pallone[modifica]

Fruttero & Lucentini[modifica]

«Straordinaria notizia per Espresso, via Norfolk! — L'Atlantico traversato in Tre Giorni dalla Macchina Volante di Mr. Monck Mason! — Il Pallone Dirigibile Victoria arriva all'Isola Sullivan, presso Charleston, dopo 72 ore di Volo da Continente a Continente! — Tutti i particolari sul Viaggio!»
[E.A. Poe, La beffa del pallone, 1846, citato in Fruttero & Lucentini, Íncipit, Mondadori, 1993]

Giorgio Manganelli[modifica]

Notizia Straordinaria per Espresso, via Norfolk! L'Atlantico Attraversato in Tre giorni! Splendido Trionfo della Macchina Volante di Monck Mason! — L'Arrivo all'Isola di Sullivan, presso Charleston, S.C., di Mason, Robert Holland, Henson, Harrison Ainsworth e altri quattro, sul Pallone Pilotabile Victoria, dopo un viaggio di settantacinque ore da Continente a Continente! Tutti i Particolari sul Viaggio!
[E.A. Poe, La beffa del pallone, traduzione di Giorgio Manganelli, Einaudi, 1983]

La cassa oblunga[modifica]

Isabella Donfrancesco[modifica]

Alcuni anni fa, prenotai un passaggio da Charleston, nella Carolina meridionale, a New York sul bel postale Independence, comandato dal capitano Hardy. Avremmo dovuto salpare il 15 del mese (giugno), tempo permettendo; e il 14 salii a bordo per sistemare alcune cose nella mia cabina.
[E.A. Poe, La cassa oblunga, traduzione di Isabella Donfrancesco in "Tutti i racconti del mistero, dell'incubo e del terrore", Newton Compton, 2010]

Renato Ferrari[modifica]

Alcuni anni fa, fissai un posto da Charleston, nella Carolina del Sud, per la città di New York, sulla bella nave postale Independence, al comando del capitano Hard. Dovevamo partire il quindici del mese (giugno), tempo permettendo: e, il quattordici, salii a bordo per sistemare alcune cose nella mia cabina.
[E.A. Poe, La cassa oblunga, traduzione di Renato Ferrari, De Agostini, 1985]

Giorgio Manganelli[modifica]

Alcuni anni or sono, prenotai un posto sul bel postale Indipendence, capitano Hardy, da Charleston, South Carolina, alla città di New York. Dovevamo salpare il quattordici del mese — giugno — tempo permettendo; e il quattordici mi recai a bordo per sistemare la mia cabina.
[E.A. Poe, la cassa oblunga, traduzione di Giorgio Manganelli, Einaudi, 1983]

La lettera trafugata[modifica]

Carla Apollonio[modifica]

Una sera tempestosa dell'autunno del 18..., poco dopo l'imbrunire, a Parigi, me ne stavo a godere la duplice voluttà della meditazione e di una pipa di schiuma, in compagnia del mio amico C. Augusto Dupin, nella sua piccola biblioteca o studiolo, au troisième del N. 33 Rue Dunôt, Faubourg St. Germain: per circa un'ora eravamo rimasti assorti in un profondo silenzio e a chi ci avesse per caso osservati ciascuno di noi sarebbe parso completamente ed esclusivamente assorto nelle arricciate volute di fumo ch rendevano opprimente l'aria della stanza.
[E.A. Poe, La lettera rubata, traduzione di Carla Apollonio, in "Racconti. Il resoconto di Arturo Gordon Pym. I racconti del grottesco e dell'arabesco", Orsa Maggiore ed., 1990]

Rodolfo Arbib[modifica]

Mi trovavo a Parigi nel 18... Dopo una serata scura e tempestosa d'autunno, stavo godendo, in compagnia del mio amico Dupin, la duplice voluttà della meditazione e d'una buona pipa di schiuma, nella sua piccola biblioteca o gabinetto di studio, nel sobborgo Saint-Germain, in via Dunot, n. 33 terzo piano. Era più d'un'ora che stavamo là, conservando un profondo silenzio. Chi ci avesse visto ci avrebbe creduti profondamente unicamente occupati delle larghe volute di fumo che impregnavano l'atmosfera della camera.
[Edgardo Poe, La lettera rubata, traduzione di Rodolfo Arbib, in "Nuovi racconti straordinari", Sonzogno, 1885]

Giorgio Manganelli[modifica]

A Parigi, una sera ventosa del 18... — da poco era scesa l'oscurità — gustavo la duplice delizia della meditazione e di una pipa di schiuma in compagnia dell'amico C. Auguste Dupin, tra i libri del suo studiolo, au troisième, n. 33, Rue Dunôt, Faubourg St-Germain. Per un'ora almeno eravamo rimasti in silenzio perfetto; intenti, agli occhi di un frettoloso osservatore, ad una rigorosa e esclusiva disamina dei tortuosi riccioli di fumo che invadevano l'atmosfera della stanza.
[E.A. Poe, La lettera trafugata, traduzione di Giorgio Manganelli, Einaudi, 1983]

Daniela Palladini[modifica]

A Parigi, poco dopo l'imbrunire di una sera nera e tempestosa dell'autunno 1811, mi concedevo la duplice voluttà della meditazione e di una pipa di schiuma, in compagnia del mio amico C. Auguste Dupin, nella sua piccola biblioteca o studiolo au troisième, n. 53, Rue Dunot, Faubourg St-Germain. Per oltre un'ora eravamo rimasti in silenzio; a un osservatore esterno ognuno di noi due poteva sembrare, profondamente ed esclusivamente, preso dalle lente spirali di fumo che appesantivano l'atmosfera della stanza.
[E.A. Poe, La lettera rubata, traduzione di Daniela Palladini in "Tutti i racconti del mistero, dell'incubo e del terrore", Newton Compton, 2010]

La maschera della Morte Rossa[modifica]

Renato Ferrari[modifica]

La «Morte Rossa» aveva a lungo infierito sul paese. Mai pestilenza era stata più fatale e più orribile. Il sangue era il suo avatara e il suo sigillo: il rossore e l'orrore del sangue. Erano acuti dolori e improvvisi capogiri, e poi un abbondante sudore sanguigno fino alla dissoluzione. Le macchie scarlatte sul corpo e specialmente sul volto della persona colpita erano il bando di peste che escludeva la vittima da ogni aiuto e da ogni pietà da parte dei suoi simili. E l'attacco, il progredire e la fine del male erano gli episodi di mezz'ora in tutto.
[E.A. Poe, La maschera della Morte Rossa, traduzione di Renato Ferrari, De Agostini, 1985]

Maria Gallone[modifica]

Da tempo la «Morte Rossa» devastava il paese. Mai epidemia era stata più fatale, o più spaventosa. Il sangue era la sua manifestazione e il suo suggello, il rossore e l'orrore del sangue. Essa appariva con dolori acuti, uno stordimento improvviso, poi un sanguinare diffuso dai pori, infine sopravveniva la dissoluzione. Le macchie scarlatte sul corpo e soprattutto sul volto delle vittime rappresentavano il marchio della pestilenza che precludeva ai colpiti ogni aiuto e ogni comprensione da parte dei propri simili. E l'attacco, il progredire e la conclusione del male si risolvevano nello spazio di mezz'ora.
[E.A. Poe, La maschera della Morte Rossa, traduzione di Maria Gallone, in "Racconti del terrore", Morano Editore, 1990]

Baccio Emanuele Maineri[modifica]

Per lunga e lunga stagione la Morte Rossa aveva spopolato la contrada. A memoria d'uomo non s'era mai veduto una peste così orribile, così fatale! A guisa del Vampiro, sua cura e delizia, il sangue, — la rossezza e il lividore del sangue. Negl'infelici côltine si manifestava dapprima con dolori acuti, con improvvise vertigini; e dappoi un sudare e trasudar copioso, donde lo sfinire è il dissolversi infine di tutto l'essere. E chiazze porporine su la pelle, soprattutto sul volto delle vittime, facean si che queste fossero schifate e fuggite da tutti, nè soccorso o alcun segno di simpatia le consolasse. — Invasione, progresso ed effetti del male erano una cosa stessa, l’affare d’un momento.
[Edgar Allan Poe, La Maschera della Morte rossa, traduzione di Baccio Emanuele Maineri, in Storie incredibili, Milano, Tipografia Pirola, 1869]

Daniela Palladini[modifica]

Da lungo tempo la Morte Rossa devastava il paese. Nessuna pestilenza era mai stata così fatale, così spaventosa. Il sangue era la sua manifestazione e il suo sigillo: il rosso e l'orrore del sangue. Provocava dolori acuti, improvvise vertigini, poi un abbondante sanguinare dai pori, e infine la dissoluzione. Le macchie scarlatte sul corpo e soprattutto sul volto delle vittime erano il marchio della pestilenza che le escludeva da ogni aiuto e simpatia dei loro simili. L'intero processo della malattia: l'attacco, l'avanzamento e la conclusione duravano non più di mezz'ora.
[E.A. Poe, La mascherata della Morte Rossa, traduzione di Daniela Palladini in "Tutti i racconti del mistero, dell'incubo e del terrore", Newton Compton, 2010]

La sfinge[modifica]

Durante la spaventosa epidemia di colera che infierì su New York, avevo accettato l'invito di un parente a passare un paio di settimane di isolamento in un suo cottage sulle rive dell'Hudson. Disponevamo di tutto quanto normalmente più servire per le vacanze estive; eravamo attrezzati per le passeggiate e le escursioni nei boschi, per le gite in barca per la pesca, i bagni, la musica e la lettura, avremmo potuto passare abbastanza piacevolmente il tempo se non fosse stato per le spaventose notizie che ci arrivavano tutti i giorni dalla popolosa città.
[E.A. Poe, La sfinge, traduzione di Daniela Palladini in "Tutti i racconti del mistero, dell'incubo e del terrore", Newton Compton, 2010]

La verità sul caso del signor Valdemar[modifica]

Delfino Cinelli[modifica]

Non presumo certo di essere meravigliato che il caso straordinario del signor Valdemar abbia suscitato discussioni. Sarebbe un miracolo se, date le circostanze, questo non fosse avvenuto.
Il desiderio di tutte le parti interessate a tener la cosa segreta, almeno per ora o in attesa di aver altre occasioni d’investigare, e i nostri sforzi per riuscirvi, hanno dato luogo a dicerie monche ed esagerate che, diffondendosi tra il pubblico, sono state causa di molte spiacevoli falsità e, naturalmente, di molto discredito.
[Edgar Allan Poe, La verità sul caso di Mister Valdemar, traduzione di Delfino Cinelli, in "Racconti del terrore", Unità/Mondadori, 1992]

Renato Ferrari[modifica]

Naturalmente non pretenderò di giudicare eccezionale il fatto che lo straordinario caso del signor Valdemar abbia suscitato tante discussioni. Sarebbe un miracolo se ciò non fosse avvenuto, date le circostanze. Per il desiderio delle parti interessate di tenere la vicenda nascosta al pubblico, almeno per il momento e fino a quando avessimo avuto altre occasioni di ricerca, proprio per effetto dei nostri sforzi effettuati in questo senso, si fece strada fra la gente una storia alterata o esagerata dei fatti, che diede origine a molte e spiacevoli opinioni sbagliate e, logicamente, a molto scetticismo.
[E.A. Poe, La verità sul caso del signor Valdemar, traduzione di Renato Ferrari, De Agostini, 1985]

Giorgio Manganelli[modifica]

Naturalmente, non pretenderò che mi stupiscano i dibattiti che ha suscitato il caso straordinario del signor Valdemar. Date le circostanze, sarebbe stato un miracolo se le cose fossero andate altrimenti. Tuttavia, il desiderio di tutti gli interessati di tenere il pubblico all'oscuro degli avvenimenti, almeno per il momento, o finché non ci fosse stato modo di procedere ad ulteriori indagini; questi nostri tentativi, dico, contribuirono a diffondere tra il pubblico un resoconto infondato e stravagante, che fu all'origine di interpretazioni inesatte e sgradevoli e, naturalmente, di molta incredulità.
[E.A. Poe, Testimonianza sul caso del signor Valdemar, traduzione di Giorgio Manganelli, Einaudi, 1983]

Daniela Palladini[modifica]

Non posso naturalmente considerare sorprendente il fatto che la straordinaria vicenda del signor Valdemar abbia sollevato grandi discussioni; date le circostanze sarebbe stato un miracolo se non lo avesse fatto.
Tutte le parti interessate desideravano non rendere la questione di pubblica ragione, almeno fino a che non avessimo potuto fare altri accertamenti, e così le notizie che tuttavia filtrarono furono travisate ed esagerate divenendo fonti di spiacevoli erronee interpretazioni e, in definitiva, di discredito.
[E.A. Poe, La verità sulla vicenda del signor Valdemar, traduzione di Daniela Palladini in "Tutti i racconti del mistero, dell'incubo e del terrore", Newton Compton, 2010]

Ligeia[modifica]

Delfino Cinelli[modifica]

Sul mio onore, non mi riesce di ricordarmi come quando e persino dove feci la conoscenza di lady Ligeia. Da allora sono passati molti anni, e il molto soffrire mi ha indebolito la memoria. O, forse, non posso più rievocare ora quei momenti perché, in verità, l’indole della mia amata, il suo raro sapere, il tipo singolare eppur calmo della sua bellezza, e la vibrante, penetrante eloquenza del suo parlare profondo e musicale, si fecero strada nel mio cuore in modo così costante e furtivo ch’io non vi badai e non ne ebbi conoscenza.
[Edgar Allan Poe, Ligeia, traduzione di Delfino Cinelli, in "Racconti del terrore", Unità/Mondadori, 1992]

Franco Della Pergola[modifica]

Io non posso, per l'anima mia, ricordare come, quando e persino dove avessi precisamente conosciuto per la prima volta Lady Ligeia. Sono trascorsi tanti anni da allora e la mia memoria è indebolita dalle molte sofferenze. O, forse, non posso ora richiamare alla mente questi fatti perché, in realtà, il carattere della mia amata, il suo raro sapere, il suo genere di bellezza singolare e, tuttavia, placido, l'eloquenza palpitante ed affascinante del suo linguaggio armonioso e sommesso avevano trovato la via del mio cuore con una progressione così costante e furtiva, da rimanere inosservati e sconosciuti.
[E.A. Poe, Ligeia, traduzione di Franco Della Pergola, De Agostini, 1985]

Daniela Palladini[modifica]

Non posso, per l'anima mia, ricordare come, quando e perfino dove, precisamente, io feci la conoscenza di Lady Ligeia. Ora gli anni sono passati e la mia memoria è indebolita dalle molte sofferenze o, al contrario, non sono forse in grado di riportare ora alla memoria questi puntii perché, in verità, la personalità della mia adorata, la sua rara cultura, il suo singolare ma sereno tipo di bellezza, la vivace ed affascinante eloquenza del suo lento musicale modo di parlare, si fecero strada nel mio cuore così furtivamente e insieme decisamente che quasi non me ne sono reso conto.
[E.A. Poe, Ligeia, traduzione di Daniela Palladini in "Tutti i racconti del mistero, dell'incubo e del terrore", Newton Compton, 2010]

Lo scarabeo d'oro[modifica]

Carla Apollonio[modifica]

Molti anni fa, mi legai in stretta amicizia con un certo signor Guglielmo Legrand, che discendeva da un'antica famiglia ugonotta ed un tempo era stato molto ricco, ma una serie di sventure l'avevano ridotto in miseria. Per evitare l'umiliazione che era derivata dalla sua disgrazia, aveva lasciato Nuova Orleans, la città dei suoi avi, e si era stabilito nell'isola di Sullivan, presso Charleston, nella Carolina del Sud.
[E.A. Poe, Lo scarabeo d'oro, traduzione di Carla Apollonio, in "Racconti. Il resoconto di Arturo Gordon Pym. I racconti del grottesco e dell'arabesco", Orsa Maggiore ed., 1990]

Delfino Cinelli[modifica]

Molti anni or sono mi legai di stretta amicizia con un tale William Legrand. Egli apparteneva a un’antica famiglia ugonotta e una volta era stato ricco; ma una serie di disgrazie l’aveva ridotto in miseria. Per sfuggirne la mortificazione, decise di abbandonare New Orleans, città dei suoi avi, e si trasferí nell’isola di Sullivan, presso Charleston, nella Carolina meridionale.
[Edgar Allan Poe, Lo scarabeo d'oro, traduzione di Delfino Cinelli, in "Lo scarabeo d'oro e altri racconti", A. Mondadori, 1984]

Giorgio Manganelli[modifica]

Molti anni or sono, mi legai d'amicizia con un tal William Legrand. Era di antica prosapia ugonotta; un tempo era stato ricco; ma una sequela di sventure l'aveva ridotto all'indigenza. Per sfuggire all'umiliazione di codesta decadenza, lasciata New Orleans, città dei suoi progenitori, aveva preso dimora sull'Isola di Sullivan, non lontano da Charleston, Carolina del Sud.
[E.A. Poe, Lo scarabeo d'oro, traduzione di Giorgio Manganelli, Einaudi, 1983]

Daniela Palladini[modifica]

Molti anni fa, divenni intimo di un tal signor William Legrand. Nato da un'antica famiglia ugonotta, un tempo era stato ricco, ma un seguito di disavventure lo aveva ridotto in miseria e, per sfuggire alla mortificazione della sua sfortuna, aveva lasciato New Orleans, città dei suoi avi, e si era stabilito nell'isola di Sullivan, vicino Charleston, nella South Carolina.
[E.A. Poe, Lo scarabeo d'oro, traduzione di Daniela Palladini in "Tutti i racconti del mistero, dell'incubo e del terrore", Newton Compton, 2010]

Manoscritto trovato in una bottiglia[modifica]

Rodolfo Arbib[modifica]

Non ho gran che da dire del mio paese e della mia famiglia. I cattivi trattamenti e l'accumularsi degli anni m'hanno fatto estraneo all'uno e all'altra.
Grazie al mio patrimonio potei avere un'educazione poco comune e la contemplatività del mio spirito mi permise di classificare metodicamente tutto quel materiale d'istruzione diligentemente ammucchiato con uno studio precoce.
[Edgardo Poe, Manoscritto trovato in una bottiglia, traduzione di Rodolfo Arbib, in "Nuovi racconti straordinari", Sonzogno, 1885]

Carla Apollonio[modifica]

Non ho molto da dire del mio paese e della mia famiglia; i maltrattamenti e il passare degli anni mi hanno reso estraneo all'uno e all'altra. Con la ricchezza ereditata riuscii a procurarmi un'istruzione non comune e il mio spirito contemplativo mi permise di dare un ordine metodico a tutte le nozioni che avevo accumulate diligentemente durante gli anni giovanili.
[E.A. Poe, Manoscritto trovato in una bottiglia, traduzione di Carla Apollonio, in "Racconti. Il resoconto di Arturo Gordon Pym. I racconti del grottesco e dell'arabesco", Orsa Maggiore ed., 1990]

Delfino Cinelli[modifica]

Non ho molto da dire del mio paese e della mia famiglia. I cattivi trattamenti, e il passar degli anni, mi hanno cacciato da quello e reso estraneo all’altra.
Il mio patrimonio ereditario mi permise di procacciarmi un’educazione non comune, e il mio spirito contemplativo di classificare con metodo il materiale che lo studio precoce aveva diligentemente raccolto.
[Edgar Allan Poe, Manoscritto trovato in una bottiglia, traduzione di Delfino Cinelli, in "Racconti del terrore", Unità/Mondadori, 1992]

Daniela Palladini[modifica]

Del mio paese e della mia famiglia ho poco da dire. Una vita disordinata e gli anni mi hanno allontanato dall'uno ed estraniato dall'altra. La ricchezza ereditata mi ha consentito un'educazione fuori dal comune e un'indole contemplativa mi ha messo in grado di dare ordine alle conoscenze che i primi studi diligentemente avevano accumulato.
[E.A. Poe, Il manoscritto trovato in una bottiglia, traduzione di Daniela Palladini in "Tutti i racconti del mistero, dell'incubo e del terrore", Newton Compton, 2010]

Metzengerstein[modifica]

Carla Apollonio[modifica]

L'orrore e la fatalità si sono sempre riscontrate in ogni luogo e in ogni tempo; perché dunque assegnare una data alla storia che devo raccontare? Vi basti dire che nel periodo di cui parlo esisteva, nell'interno dell'Ungheria, una credenza radicata, anche se nascosta, nella dottrina della metempsicosi. Non vi dirò il mio parere sulla verità o sulla falsità di tale dottrina, ma solo che molta parte del nostro scetticismo, come dice La Bruyère di tutte le nostre infelicità, «vient de ne pouvoir être seuls», ma vi erano alcuni punti della superstizione ungherese che quasi rasentavano l'assurdo, presentando anche notevoli differenze con le dottrine orientali.
[E.A. Poe, Metzengerstein, traduzione di Carla Apollonio, in "Racconti. Il resoconto di Arturo Gordon Pym. I racconti del grottesco e dell'arabesco", Orsa Maggiore ed., 1990]

Franco Della Pergola[modifica]

L'orrore e la fatalità hanno teso agguati in tutti i tempi. Perché dunque dare una data alla storia che devo raccontare? Basti dire che, al tempo di cui parlo, esisteva, all'interno dell'Ungheria, una credenza, radicata sebbene segreta, nelle dottrine della metempsicosi. Delle dottrine stesse, cioè della loro falsità o della loro probabilità, io non dico nulla. Affermo, tuttavia, che gran parte della nostra incredulità (come dice la Bruyère di tutte le nostre infelicità) «vient de ne pouvoir être seuls».
[E.A. Poe, Metzengerstein, traduzione di Franco Della Pergola, De Agostini, 1985]

Daniela Palladini[modifica]

Orrore e fatalità hanno traversato il mondo in ogni tempo. Allora perché dare una data alla storia che devo narrare? Sarà sufficiente dire che, nel periodo di cui parlo, esisteva, all'interno dell'Ungheria, una fede convinta, anche se tenuta segreta, nelle dottrine della metempsicosi. Delle dottrine in sé – cioè, di quanto possano essere false o attendibili – non dico nulla. Affermo, comunque, che molta della nostra incredulità (come dice La Bruyère, di tutta la nostra infelicità) «vient de ne pouvoir être seuls»[20].
[E.A. Poe, Metzengerstein, traduzione di Daniela Palladini, in "Storie di fantasmi", a cura di Gianni Pilo e Sebastiano Fusco, Newton & Compton, 1995]

Morella[modifica]

Carla Apollonio[modifica]

Provavo per la mia amica Morella un affetto profondo, ma singolarissimo. La conobbi per caso, molti anni fa, e, fin dal nostro primo incontro, la mia anima arse di ardori mai conosciuti prima; ma tali ardori non erano quelli di Eros e al mio spirito fu un amaro tormento il graduale convincermi che non avrei mai potuto, in alcuna maniera, definirne l'insolito carattere o regolarne la vaga intensità. Tuttavia ci trovammo adatti uno per l'altra e il destino ci unì davanti all'altare, benché io non le parlassi mai d'amore né all'amore mai pensassi. Ma ella fuggiva la società e, occupandosi solo di me, mi rese felice. Fantasticare è una felicità e una felicità anche sognare.
[E.A. Poe, Morella, traduzione di Carla Apollonio, in "Racconti. Il resoconto di Arturo Gordon Pym. I racconti del grottesco e dell'arabesco", Orsa Maggiore ed., 1990]

Delfino Cinelli[modifica]

Per la mia amica Morella, provavo un’affezione profonda, ma singolarissima. Capitato per caso, molti anni or sono, a contatto di lei, l’anima mia, dal primo momento, arse di ardori che non aveva mai conosciuto; ma non erano quelli di Eros, e amara e tormentosa riusciva al mio spirito la crescente convinzione di non potere in alcun modo definire il loro insolito significato o regolare la loro vaga intensità. Tuttavia c’incontrammo; il destino ci unì davanti all’altare; e io non le parlai mai di passione, né ebbi pensieri d’amore. Lei però sfuggiva la società; e, attaccandosi soltanto a me, mi rendeva felice. È felicità lo stupore, felicità sognare.
[Edgar Allan Poe, Morella, traduzione di Delfino Cinelli, in "Racconti del terrore", Unità/Mondadori, 1992]

Franco Della Pergola[modifica]

Consideravo la mia amica Morella con un sentimento di affetto profondo ma, nello stesso tempo, fra i più singolari. La conobbi, per caso, molti anni fa e la mia anima, fin dal primo incontro si era accesa di una fiamma che non avevo mai conosciuto prima di allora; eppure, il fuoco non era quello di Eros, ed il mio spirito era amareggiato e tormentato dalla crescente convinzione che non avrei mai potuto definire il suo significato insolito, né regolare la sua vaga intensità- Ci incontrammo, tuttavia, ed il destino ci unì l'una all'altro sull'altare; e non parlai mai di passione né pensai all'amore. Lei era, però, schiva della compagnia degli altri e, legandosi esclusivamente a me, mi rese felice. Meravigliarsi è una felicità; sognare è anche una felicità.
[E.A. Poe, Morella, traduzione di Franco Della Pergola, De Agostini, 1985]

Isabella Donfrancesco[modifica]

Provavo per la mia amica Morella un affetto profondo eppure singolarissimo. Entrato per caso, molti anni orsono, tra le sue conoscenze, la mia anima, fin dal primo incontro, si accese di un fuoco che mai aveva conosciuto prima; ma non il fuoco di Eros, e amara e tormentosa per il mio spirito fu la graduale convinzione che non ne avrei potuto definire l'insolito significato o controllarne la vaga intensità. Eppure ci incontrammo; e il fato ci unì sull'altare; e io non parlai mai di passione, né pensai all'amore. Ella, tuttavia, rifuggì dagli estranei e, attaccandosi solo a me, mi rese felice. È una felicità che stupisce; è una felicità sognare.
[E.A. Poe, Morella, traduzione di Isabella Donfrancesco in "Tutti i racconti del mistero, dell'incubo e del terrore", Newton Compton, 2010]

Baccio Emanuele Maineri[modifica]

Ciò che provava relativamente alla mia amica Morella, era un profondo, ma singolarissimo affetto. Avendo io fatto la sua conoscenza a caso, or son molt'anni, l'anima mia al nostro primo incontro divampò d'un fuoco sin allora per lei ignoto: ma non eran quelle le fiamme di Ero1, e fu davvero un amaro affanno per lo spirito mio la convinzione crescente ch'io non n'avrei mai potuto definire l'insolito carattere, nè regolare l'errante intensità di quelle. Nondimeno andammo intesi, e il destino ci ebbe unito a piè dell'altare. Nè io mai le discorsi di passione, nè pensai all'amore mai. E nondimeno essa fuggiva la società e, unendosi a me unicamente, resemi felice. — Vivo stupore d'animo tramutasi in gioja; e il fantasiare non è egli una felicità, il fantasiare?
[Edgar Allan Poe, Morella, traduzione di Baccio Emanuele Maineri, in Storie incredibili, Milano, Tipografia Pirola, 1869]

Ombra[modifica]

Carla Apollonio[modifica]

Voi che mi state leggendo siete ancora tra i vivi, ma io che scrivo sarò da molto e molto tempo partito per la regione delle ombre, perché strani fatti accadranno, segreti saranno rivelati e molti secoli passeranno prima che queste mie pagine siano lette dagli uomini; e quando le avranno viste, alcuni non vi presteranno fede, altri dubiteranno e solo pochi troveranno di che meditare su queste parole che sto tracciando con uno stilo di ferro.
[E.A. Poe, Ombra, traduzione di Carla Apollonio, in "Racconti. Il resoconto di Arturo Gordon Pym. I racconti del grottesco e dell'arabesco", Orsa Maggiore ed., 1990]

Rodolfo Arbib[modifica]

Voi che mi leggete siete ancora tra i viventi; ma io che scrivo, da molto, da molto tempo sarò partito per la regione delle ombre. Poichè, in verità, succederanno di ben strane cose, molti segreti saran rivelati, molti secoli passeranno prima che queste parole sian vedute dagli uomini. E quando le avranno vedute, gli uni non le crederanno, gli altri dubiteranno e ben pochi troveranno materia di meditazione nei caratteri che su queste tavolette vo tracciando con uno stilo di ferro.
[Edgardo Poe, Ombra, traduzione di Rodolfo Arbib, in "Nuovi racconti straordinari", Sonzogno, 1885]

Renato Ferrari[modifica]

Voi che leggete siete ancora tra i viventi; ma io che scrivo sarò già da un pezzo nella regione delle ombre. Perché in verità strane cose accadranno, arcane cose saranno rivelate, e molti secoli trascorreranno prima che queste memorie siano viste dagli uomini. E, quando le avranno viste, alcuni non vi crederanno, altri ne dubiteranno, ma vi sarà pur qualcuno che troverà di che meditare sui caratteri ch'io incido qui con uno stilo di ferro.
[E.A. Poe, Ombra, traduzione di Renato Ferrari, De Agostini, 1985]

Baccio Emanuele Maineri[modifica]

O voi che mi leggete, voi siete ancora tra i viventi; ma, io che scrivo, sarò da molto tempo partito per la regione delle ombre. Avvegnachè, credetemi, avverranno di molto strane cose, e di molto strane cose saranno disvelate, e molti e molti secoli passati prima che le presenti note sien vedute dagli uomini. E, allora ch'eglino le avranno vedute, gli uni non le crederanno, gli altri le porranno in dubbio, e pochissimi di loro troveranno materia nei caratteri da me impressi su tavolette con istile di ferro.
[Edgar Allan Poe, Ombra, traduzione di Baccio Emanuele Maineri, in Storie incredibili, Milano, Tipografia Pirola, 1869]

Daniela Palladini[modifica]

Voi che leggete siete ancora tra i vivi, ma io che scrivo sarò andato da lungo tempo nel regno delle ombre. Poiché succederanno invero strane cose, fatti segreti saranno svelati, e molti secoli saranno trascorsi, prima che queste memorie siano conosciute dall'umanità. E quando le vedranno ci sarà chi non le crederà, chi ne dubiterà e solo pochi troveranno molta materia da meditare nelle parole qui scolpite con uno stilo d'acciaio.
[E.A. Poe, L'ombra. Una parabola, traduzione di Daniela Palladini in "Tutti i racconti del mistero, dell'incubo e del terrore", Newton Compton, 2010]

Perché il Francesino porta il braccio al collo[modifica]

Il fatto è che sui miei biglietti da visita (che son tutti di cartoncino rosa satinato) ogni gentiluomo autentico, che si voglia cavare lo sfizio di farlo, può rimirare a suo piacimento questa interessante dicitura: Sir Pathrick O' Grandison, baronello, 39 Southampton Row, Russel Square, parrocchia di o' Bloomsbury.
[E.A. Poe, Perché il Francesino porta il braccio al collo, traduzione di Carla Apollonio, in "Racconti. Il resoconto di Arturo Gordon Pym. I racconti del grottesco e dell'arabesco", Orsa Maggiore ed., 1990]

Perdita di fiato[modifica]

Carla Apollonio[modifica]

Anche la sfortuna più avversa deve arrendersi alla fine di fronte all'irriducibile coraggio della filosofia, come la più ostinata fortezza dinanzi al continuo assedio del nemico.
Salmanassar, come si legge nella Sacra Scrittura, assediò per tre anni la città di Samaria ed infine essa cadde. Sadanapalo, come racconta Diodoro, resistette in Ninive per ben sette anni, ma senza frutto. Troia cedette alla fine di dieci anni e Azoto, secondo quanto afferma Aristeo sul suo onore di gentiluomo, alla fine aperse le porte a Psammetico, dopo averle tenute sbarrate per un quinto di secolo...
[E.A. Poe, Perdita di fiato, traduzione di Carla Apollonio, in "Racconti. Il resoconto di Arturo Gordon Pym. I racconti del grottesco e dell'arabesco", Orsa Maggiore ed., 1990]

Isabella Donfrancesco[modifica]

Anche la sorte più ostinatamente avversa deve, alla fine, cedere di fronte all'irriducibile coraggio della filosofia, come la più inespugnabile fortezza davanti alla vigilanza ininterrotta del nemico. Salmanassar, come si legge nelle sacre scritture, strinse per tre anni d'assedio Samaria, che infine cadde. Sardanapalo (vedi Diodoro), resistette per ben sette anni a Ninive, ma invano. Troia cadde allo spirare del secondo lustro; e Azoto, secondo quanto afferma Aristeo sul suo onore di gentiluomo, aprì infine le porte a Psammetico, dopo avergliele precluse per un quinto di secolo.
[E.A. Poe, Perdita di fiato, traduzione di Isabella Donfrancesco in "Tutti i racconti del mistero, dell'incubo e del terrore", Newton Compton, 2010]

Renato Ferrari[modifica]

La più evidente mala sorte deve alla fine arrendersi all'instancabile coraggio della filosofia, come la più ostinata città si arrende all'incessante e vigile assedio di un nemico. Salmanasar, come troviamo nelle sacre scritture, stette tre anni davanti a Samaria; eppure essa cadde. Sardanapalo — si veda Diodoro — resistette sette anni a Ninive; ma invano. Troia finì sullo spirare del secondo lustro; e Azoth, come dichiara Aristeo sul proprio onore di gentiluomo, aprì alfine le sue porte a Psammetico dopo avergliele tenute chiuse per la quinta parte di un secolo...
[E.A. Poe, Perdita di fiato, traduzione di Renato Ferrari, De Agostini, 1985]

Quattro bestie in una – L'uomo cameleopardo[modifica]

Antioco Epifane è generalmente considerato come il Gog del profeta Ezechiele, ma questo onore è piuttosto da attribuire a Cambise, figlio di Ciro e in realtà il carattere del monarca siriaco non ha alcun bisogno di abbellimenti supplementari: il suo avvento al trono o piuttosto la sua usurpazione, avvenuta centosettantun anni prima della nascita di Cristo, il suo tentativo di saccheggiare il tempio di Diana ad Efeso, il suo implacabile odio per gli Ebrei, la sua violazione del Santo dei Santi e la sua morte miserabile a Tava, dopo un tumultuoso regno di undici anni, sono circostanze di natura rilevante e perciò notate di solito dagli storici del suo tempo più delle imprese empie, ignobili, crudeli, sciocche e bizzarre che costituiscono l'insieme della sua vita privata e della sua reputazione.
[E.A. Poe, Quattro bestie in una - L'uomo cameleopardo, traduzione di Carla Apollonio, in "Racconti. Il resoconto di Arturo Gordon Pym. I racconti del grottesco e dell'arabesco", Orsa Maggiore ed., 1990]

Re Peste[modifica]

Carla Apollonio[modifica]

Verso le dodici di una notte del mese di ottobre, durante il cavalleresco regno di Edoardo III, due marinai appartenenti all'equipaggio della Free and Easy, una goletta mercantile che faceva servizio tra Sluys e il Tamigi e che allora si trovava all'ancora in quel fiume, furono molto stupiti di trovarsi seduti nella sala di una birreria situata nella parrocchia di Sant'Andrea a Londra, una taverna che aveva come insegna il ritratto dell'Allegro Lupo di Mare.
[E.A. Poe, Il re Peste, traduzione di Carla Apollonio, in "Racconti. Il resoconto di Arturo Gordon Pym. I racconti del grottesco e dell'arabesco", Orsa Maggiore ed., 1990]

Isabella Donfrancesco[modifica]

Verso la mezzanotte di un giorno di ottobre, durante il cavalleresco regno di Edoardo III, due marinai provenienti dall'equipaggio della Free and Easy, una goletta mercantile che faceva la spola tra Sluys e il Tamigi, e allora all'ancora in quel fiume, furono molto stupiti di trovarsi seduti nella sala comune di una birreria della parrocchia di Sant'Andrea a Londra, una birreria che aveva per insegna il ritratto di un «Allegro Marinaio».
[E.A. Poe, Re Peste. Racconto contenente un'allegoria, traduzione di Isabella Donfrancesco in "Tutti i racconti del mistero, dell'incubo e del terrore", Newton Compton, 2010]

Renato Ferrari[modifica]

Verso la mezzanotte, in una notte del mese di ottobre, durante il cavalleresco regno del terzo Edoardo, due marinai appartenenti alla ciurma del Free and Easy, una goletta mercantile che faceva la spola tra Sluys e il Tamigi, e che allora si trovava all'àncora in quel fiume, furono assai stupiti di trovarsi seduti nella mescita di una birreria della parrocchia di Sant'Andrea, a Londra, birreria che portava per insegna il ritratto di un «Allegro Marinaio».
[E.A. Poe, Re Peste, traduzione di Renato Ferrari, De Agostini, 1985]

Rivelazione mesmerica[modifica]

Carla Apollonio[modifica]

Sebbene le tenebre del dubbio avvolgano ancora la teoria positiva del mesmerismo, i suoi effetti stupefacenti sono quasi universalmente riconosciuti. Coloro che ne dubitano sono i soliti scettici di professione, una genia vana e poco onorevole.
[E.A. Poe, Rivelazione mesmerica, traduzione di Carla Apollonio, in "Racconti. Il resoconto di Arturo Gordon Pym. I racconti del grottesco e dell'arabesco", Orsa Maggiore ed., 1990]

Renato Ferrari[modifica]

Quale che sia il dubbio che possa ancora avviluppare la ragione fondamentale del mesmerismo, i suoi fatti inquietanti sono ora quasi universalmente ammessi.
Coloro che dubitano di questi fatti inquietanti, sono i meri dubitatori di professione, una classe inutile e screditata.
[E.A. Poe, Rivelazione magnetica, traduzione di Renato Ferrari, De Agostini, 1985]

Daniela Palladini[modifica]

Quali che possano essere i dubbi che si nutrono sulla base razionale del mesmerismo, i suoi fatti sorprendenti sono ora quasi universalmente ammessi. D'altra parte quelli che dubitano di questi ultimi sono dubitatori di professione, una congrega di inutili e screditati individui.
[E.A. Poe, Rivelazione mesmerica, traduzione di Daniela Palladini in "Tutti i racconti del mistero, dell'incubo e del terrore", Newton Compton, 2010]

Sei tu il colpevole[modifica]

Farò adesso la parte di Edipo, nell'enigma di Rattleborough[21]. Vi rivelerò - come solo io posso fare - il segreto meccanismo che generò il miracolo di Rattleborough, il solo, il vero, l'indiscusso e indiscutibile miracolo che pose fine certa all'incredulità tra i cittadini di Rattleborough e convertì all'ortodossia delle vecchie bigotte tutte quelle menti liberali che fino ad allora si erano abbandonate allo scetticismo.
[E.A. Poe, Sei tu il colpevole, traduzione di Isabella Donfrancesco in "Tutti i racconti del mistero, dell'incubo e del terrore", Newton Compton, 2010]

Silenzio[modifica]

Carla Apollonio[modifica]

— Ascoltami, — disse il diavolo, posandomi la mano sulla testa — la regione di cui io parlo è una triste regione della Libia, sulle sponde del fiume Zaire, dove non c'è né riposo, né silenzio.
[E.A. Poe, Silenzio, traduzione di Carla Apollonio, in "Racconti. Il resoconto di Arturo Gordon Pym. I racconti del grottesco e dell'arabesco", Orsa Maggiore ed., 1990]

Baccio Emanuele Maineri[modifica]

— Ascoltami, disse il Demonio, posandomi la sua mano sulla testa. — La contrada di cui ti parlo è una ben triste contrada nella Libia, sulle rive del fiume Zaira. E là non regnano nè riposo, nè silenzio.
[Edgar Allan Poe, Silenzio, traduzione di Baccio Emanuele Maineri, in Storie incredibili, Milano, Tipografia Pirola, 1869]

Daniela Palladini[modifica]

«Ascoltami», disse il Demone, ponendomi una mano sulla testa, «la regione di cui io parlo è una tetra zona della Libia, sulle rive del fiume Zaire. Lì non c'è quiete né silenzio».
[E.A. Poe, Il silenzio. Una favola, traduzione di Daniela Palladini in "Tutti i racconti del mistero, dell'incubo e del terrore", Newton Compton, 2010]

Un caso imbarazzante[modifica]

Era un quieto e tranquillo pomeriggio, quando io me ne andavo passeggiando per l'ampia città di Edina: terribili erano la confusione e il fracasso nelle vie: gli uomini parlavano, le donne strillavano, i bambini gridavano, i maiali grugnivano, i carri facevano un gran fracasso, i tori urlavano rabbiosamente, le mucche muggivano, i cavalli nitrivano, i gatti miagolavano, i cani ballavano. Ballavano? Era possibile? Ballavano!
[E.A. Poe, Un caso imbarazzante, traduzione di Carla Apollonio, in "Racconti. Il resoconto di Arturo Gordon Pym. I racconti del grottesco e dell'arabesco", Orsa Maggiore ed., 1990]

Una burla[modifica]

Il barone Ritzner von Jung apparteneva ad una nobile famiglia ungherese, ogni membro della quale, almeno fin dove la memoria umana risulta sicura, era più o meno degno di nota per una caratteristica o per l'altra... ma la maggior parte per quel genere di grotesquerie di concezione, di cui Tieeck, un rampollo della famiglia, ha dato esempi chiari, se non chiarissimi.
[E.A. Poe, Una burla, traduzione di Carla Apollonio, in "Racconti. Il resoconto di Arturo Gordon Pym. I racconti del grottesco e dell'arabesco", Orsa Maggiore ed., 1990]

Una discesa nel Maelström[modifica]

Carla Apollonio[modifica]

Avevamo ora raggiunto la sommità della cima più elevata; per alcuni minuti il vecchio sembrò troppo spossato per parlare.
— Non molto tempo fa — disse alla fine — avrei potuto guidarvi su per questa via tanto bene quanto il più giovane dei miei figli, ma, circa tre anni fa, mi è capitata un'avventura, non mai toccata prima ad un essere mortale, o almeno quale nessuno, sopravvissuto, poté raccontare... e le sei ore di mortale terrore che allora sopportai mi hanno spezzato il corpo e l'anima.
[E.A. Poe, Una discesa nel Maelstroem, traduzione di Carla Apollonio, in "Racconti. Il resoconto di Arturo Gordon Pym. I racconti del grottesco e dell'arabesco", Orsa Maggiore ed., 1990]

Delfino Cinelli[modifica]

Avevamo raggiunto il sommo della rupe più elevata. E per qualche momento il vecchio parve troppo esausto per parlare.
«Non è passato tanto tempo» disse alla fine «da quando io avrei potuto guidarvi su questa strada come il più giovane dei miei figlioli; ma circa tre anni or sono, mi capitò una avventura quale non è mai toccata a essere umano o almeno a essere che le sia sopravvissuto per raccontarla; e le sei ore di terrore mortale che ho passate allora, mi hanno rovinato anima e corpo.
[Edgar Allan Poe, Una discesa nel Maelstrom, traduzione di Delfino Cinelli, in "Racconti del terrore", Unità/Mondadori, 1992]

Maria Gallone[modifica]

Eravamo giunti ormai alla sommità del picco più elevato. Per alcuni minuti il vecchio parve troppo esausto per poter proferire parola
— Ancora poco tempo fa, — disse infine, — avrei saputo condurti per questa strada con la stessa agilità del più giovane dei miei figli; ma circa tre anni or sono mi accadde un fatto mai capitato prima ad alcun essere umano, o per lo meno as uomo alcuno che sia sopravvissuto per narrarlo, e le sei ore di mortale angoscia che soffersi allora mi hanno spezzato nel corpo e nell'anima. [E.A. Poe, Una discesa nel Maelström, traduzione di Maria Gallone, in "Il pozzo e il pendolo", Bur, 1993]

Baccio Emanuele Maineri[modifica]

Noi avevamo raggiunto l’altissimo picco della più alta montagna.
Ivi il mio vecchio compagno soprastette alquanto, così per ripigliare fiato e rinfrancare gli spiriti a parlare. Alla fine disse: —
Non è ancor molto tempo ch’io vi avrei guidato costassù con altrettanta agevolezza quanta ne avrebbe dimostro il più giovane de’ miei figli. Ma, or fan tre anni, incolsi in una sì strana avventura quale non è certo toccato mai a verun mortale, tale almeno che nessun uomo giammai sopravvisse a raccontarla; — tale, dico, che le sei ore di morte da me in quella passate mi hanno rotto il corpo e l’anima.
[Edgar Allan Poe, Una discesa nel Maelstrom, traduzione di Baccio Emanuele Maineri, in Storie incredibili, Milano, Tipografia Pirola, 1869]

Daniela Palladini[modifica]

Avevamo raggiunto la sommità della rupe più alta. Per qualche minuto il vecchio sembrò stanco per parlare.
«Non molto tempo fa», disse alla fine, «avrei potuto guidarla su questa strada come il più giovane dei miei figli, ma tre anni fa, mi accadde un fatto mai accaduto prima a un essere mortale - almeno tale che nessun uomo è sopravvissuto per raccontarlo - e le sei ore di terrore mortale che ho passato mi hanno spezzato il corpo e l'anima».
[E.A. Poe, Una discesa nel Maelström, traduzione di Daniela Palladini in "Tutti i racconti del mistero, dell'incubo e del terrore", Newton Compton, 2010]

Una storia di Gerusalemme[modifica]

— Affrettiamoci a raggiungere le mura, — disse Abel-Phittim a Buzi-Ben-Levi e a Simeone il fariseo il deimo giorno del mese di Thammuz dell'anno 3491 della Creazione del mondo — affrettiamoci a raggiungere i bastioni presso la porta di Beniamino, nella città di David, che dominano l'accampamento di coloro che non sono circoncisi, perché è già l'ultima ora del quarto turno di guardia, ed è già l'aurora: gli idolatri, per adempiere alla promessa di Pompeo, dovrebbero stare ad attenderci con gli agnelli per il sacrificio.
[E.A. Poe, Una storia di Gerusalemme, traduzione di Carla Apollonio, in "Racconti. Il resoconto di Arturo Gordon Pym. I racconti del grottesco e dell'arabesco", Orsa Maggiore ed., 1990]

Un racconto delle Ragged Mountains[22][modifica]

Verso la fine dell'anno 1827, quando risiedevo a Charlottesville, in Virginia, feci casualmente la conoscenza del signor Augusto Bedloe. Questo giovane signore era sotto ogni riguardo una persona notevole e suscitava in me profondo interesse e curiosità.
[E.A. Poe, Un racconto delle Ragged Mountains, traduzione di Daniela Palladini in "Tutti i racconti del mistero, dell'incubo e del terrore", Newton Compton, 2010]

William Wilson[modifica]

Carla Apollonio[modifica]

Lasciate, per il momento, che io mi chiami Guglielmo Wilson, perché la bianca pagina che mi sta ora dinanzi non venga sporcata dal mio vero nome, il quale è già stato troppo oggetto di disprezzo... di orrore... di odio per la mia razza. I venti, indignati, non hanno forse già sparso fin nelle più remote parti del mondo la sua infamia senza conforto? Tu, il più abbandonato fra tutti i proscritti... non sei forse morto per sempre al mondo, ai suoi onori, ai suoi fiori, alle sue dorate aspirazioni?
[E.A. Poe, Guglielmo Wilson, traduzione di Carla Apollonio, in "Racconti. Il resoconto di Arturo Gordon Pym. I racconti del grottesco e dell'arabesco", Orsa Maggiore ed., 1990]

Renato Ferrari[modifica]

Permettete che, per ora, io chiami me stesso William Wilson. La bella pagina che in questo momento mi sta dinanzi non deve essere insudiciata dal mio vero nome. Questo è stato già fin troppo oggetto di sprezzo, di orrore, di vituperio per la mia stirpe. I venti indignati non hanno forse fatto conoscere la sua imparagonabile infamia alle più remote regioni del globo? O, reietto fra tutti i reietti più dissoluti! non sei forse morto per sempre per la terra?
[E.A. Poe, William Wilson, traduzione di Renato Ferrari, De Agostini, 1985]

Maria Gallone[modifica]

Lasciate che mi chiami per il momento William Wilson. La pagina candida che ho dinnanzi non deve essere insozzata dal mio vero nome, già da troppo tempo oggetto di disprezzo, di orrore, di ripulsione per tutta la razza umana. I venti sdegnati non ne hanno forse sparso sino alle più remote regioni della terra l'infamia senza paragoni? Oh, parla! Fra tutti i paria il più negletto, non sei tu morto per sempre alla vita, ai suoi onori, ai suoi fiori, alle sue radiose aspirazioni?
[E.A. Poe, William Wilson, traduzione di Maria Gallone, in "Racconti del terrore", Morano Editore, 1990]

Baccio Emanuele Maineri[modifica]

Desidero che, pel momento, mi sia concesso di chiamarmi Guglielmo Wilson.
La vergine pagina, che mi sta aperta dinanzi, non dev'essere lordata dal mio vero nome. Pur troppo, questo nome è stato quasi sempre un oggetto di sprezzo e d'orrore, — un truce abbominio per la mia famiglia. E che? — Non è egli dunque vero che anche gli stessi venti, sdegnatine, ne portarono sino alle più lontane regioni la sua infamia incomparabile? Me misero! — dei proscritti il più proscritto di tutti! — Non sei tu dunque eternamente morto a questo basso mondo? Non si è forse eternamente interposto un fitto velo, una nube lugubre ed illimitata tra le tue già sì belle speranze ed il cielo?
[Edgar Allan Poe, Guglielmo Wilson, traduzione di Baccio Emanuele Maineri, in Storie incredibili, Milano, Tipografia Pirola, 1869]

Daniela Palladini[modifica]

Permettete che per il momento mi chiami William Wilson. La pagina bianca che mi si apre davanti non deve essere insudiciata dal mio vero nome. Questo è stato già fin troppo oggetto di disprezzo, disonore e odio per la mia razza. Non hanno forse i venti indignati sparso fino alle estreme regioni del globo la sua incomparabile infamia? Oh, reietto tra tutti i reietti, il più abbandonato! Non sei tu forse già morto per sempre? morto agli onori, alle bellezze, alle dorate aspirazioni?
[E.A. Poe, William Wilson, traduzione di Daniela Palladini in "Tutti i racconti del mistero, dell'incubo e del terrore", Newton Compton, 2010]

Citazioni su Edgar Allan Poe[modifica]

  • – Che sta leggendo?
    – Non sto leggendo, sto solo "rifamiliarizzando" con Edgar Allan Poe.
    – Non lo conosco.
    – No, be', era un uomo invaso dall'ansia. È morto in un modo incredibilmente spaventoso, in preda al delirium tremens. Si verifica quando un lungo abuso di alcol è seguito da un'improvvisa astinenza. Il corpo va in shock da ipersensibilità, si hanno le allucinazioni più orribili come ratti, serpenti, scarafaggi che escono dal pavimento e vermi che strisciano sulle pareti. L'intero sistema nervoso è in massima allerta e si provano costantemente panico e paranoia e poi il sistema circolatorio cede, ma panico e orrore rimangono fino al momento della morte. (Nymphomaniac)
  • De Maistre ed Edgar Poe mi hanno insegnato a ragionare. (Charles Baudelaire)
  • Dov'era il racconto poliziesco prima che Poe vi soffiasse il respiro della vita? (Arthur Conan Doyle)
  • Edgar Allan Poe può giustamente essere chiamato il padre della "fantascienza". Fu lui che a dare veramente inizio al romance, a intessere brillantemente nella e attorno alla storia un filo scientifico. (Hugo Gernsback)
  • Nel 1841 Poe aveva cominciato a leggere un romanzo di Dickens, che conteneva tra l'altro la narrazione di un crimine misterioso: alle prime pagine, aveva subito capito l'enigma; riflettendo sul metodo da lui seguito, aveva scoperto contemporaneamente le regole dell'inchiesta poliziesca e quelle della narrazione poliziesca. (Oreste del Buono)
  • Quel che soprattutto attira l'attenzione di Poe sono le situazioni in cui la mente trova a combattere contro se stessa. (Mariarosa Mancuso)
  • Si è affermato un'infinità di volte che quest'autore è solo accidentalmente americano, e che lo stesso sarebbe potuto "accadere" a Londra come a Upsala. Io non posso essere d'accordo. Non solo è americano, ma è addirittura yankee, il terrificante e umoristico Poe: sia nella continua precisione e nel realismo dei suoi svariati giochi con le tenebre, le scritture segrete e il verso poetico, sia nelle ventate di enorme ciarlataneria che ricordano Barnum. (Jorge Luis Borges)
  • Si potrebbe affermare senza tema di smentita che l'aggettivo che s'incontra più di frequente nei racconti di Poe sia wild. Wild, selvaggio, bizzarro, strano, fantastico, grottesco, pazzo; in quanti e quali diversi significati non viene da lui adoperata questa parola, quanti e quali sfumature dello straordinario non riesce a farla contenere. A voler stabilire una regola che dagli attributi che adoperano più spesso gli scrittori si possa dedurre il loro carattere, nel caso di Poe si rasenterebbe da vicino il vero. (Delfino Cinelli)
  • Troppo si è detto delle caratteristiche esteriori delle opere di Poe; è notorio che, oltre a essere il padre e maestro della numerosa e prospera prosapia dei Conan Doyle e degli Arsenio Lupin, – benché come giusto, non ne abbia mietuto in vita né gli allori, né i favolosi guadagni che sono andati ai tanti nipoti – è a lui che si debbono il racconto analitico, il racconto misterioso, il racconto fantastico, il racconto scientifico. (Delfino Cinelli)
  • Tre quinti genio e due quinti cialtrone. (James Russel Lowell)[23]
  • [Il Dr. Watson a Sherlock Holmes]
    «Lei mi ricorda il Dupin di Edgar Allan Poe. Non avevo idea che simili persone esistessero nella vita reale.»
    Sherlock Holmes si alzò e accese la pipa.
    «Senza dubbio, crede di farmi un complimento paragonandomi a Dupin» osservò. «Ora, secondo la mia opinione, Dupin era un mediocre. Quel suo trucco di intervenire nei pensieri del suo amico, dopo un quarto d'ora di silenzio, è pretenzioso e superficiale. Senza dubbio, Dupin aveva una certa capacità analitica, ma non era quel fenomeno che Poe sembrava considerarlo.» (Arthur Conan Doyle)[24]

Walt Whitman[modifica]

  • Quasi privi di ogni traccia di principi morali, o del mondo concreto e dei suoi eroismi, o dei più semplici affetti del cuore, i versi di Poe testimoniano una intensa disposizione per la bellezza tecnica e astratta, con un'arte della rima portata all'eccesso, una incorreggibile propensione ai temi notturni, e un sottofondo demoniaco dietro ogni pagina – e, a una valutazione finale, rientrano con ogni probabilità tra le luci elettriche della letteratura d'immaginazione, fulgide, abbaglianti, ma senza calore. V'è nella vita e nelle reminiscenze del poeta, un indescrivibile magnetismo, come nelle sue poesie.
  • Poe fu molto cordiale, di una cordialità sommessa, aveva un bell'aspetto, era vestito bene, ecc. Mi è rimasto un ricordo nitido e piacevole della sua espressione e del suo parlare, sia nella forma che nella sostanza; molto gentile e umano, ma come spento, un po' sfinito forse.
  • Verso la fine, tra le altre tante cose, avevo anche dato una scorsa alle poesie di Edgar Poe, che non mi piacevano, per quanto riconoscessi sempre che, al di là del campo limitato dei loro ritmi (che costituiscono una specie di perpetuo carillon musicale, che va dal si bemolle al sol) erano delle espressioni melodiose e forse insorpassate di certe alcune fasi della morbosità umana.

Note[modifica]

  1. Da Berenice, traduzione di Elio Vittorini; in 2018.
  2. Da Mellonta tauta, traduzione di Elio Vittorini; in 2018.
  3. Da Il Corvo, ne Il Corvo e altre poesie, p. 69.
  4. Da Lo scarabeo d'oro, traduzione di Delfino Cinelli, in Edgar Allan Poe, Lo scarabeo d'oro e altri racconti, Mondadori, Milano, 1984.
  5. Da Una discesa nel Maelstrom, traduzione di Delfino Cinelli, in Edgar Allan Poe, Racconti del terrore, Unità/Mondadori, Milano, 1992.
  6. Da Il mistero di Marie Rogêt, in I racconti, traduzione di Giorgio Manganelli, Einaudi, 2014. ISBN 9788858412220
  7. Da La città nel mare, ne Il Corvo e altre poesie, p. 47.
  8. Da La rovina della casa degli Usher, traduzione di Elio Vittorini; in 2018.
  9. Da Il cuore rivelatore, traduzione di Elio Vittorini; in 2018.
  10. Citato in Patrizio Pacioni e Lorella De Bon, Delitti & Diletti, Melino Nerella Edizioni, 2010, p.199, ISBN 889631108X.
  11. Da Gli assassinii della Rue Morgue, in Edgar Allan Poe, Lo scarabeo d'oro e altri racconti, cit.
  12. Da Il gatto nero, traduzione di Delfino Cinelli, in Edgar Allan Poe, Racconti del terrore, L'Unità-Mondadori, Milano, 1992.
  13. Citato in Rachael Hale, 101 cataclismi: Per amore dei gatti, Contrasto, 2004, p. 5. ISBN 88-89032-33-2
  14. a b Da Le avventure di Gordon Pym, traduzione di Elio Vittorini; in 2018.
  15. Edgar Allan Poe, L'uomo della folla, in Racconti, traduzione e cura di Mariarosa Mancuso, Feltrinelli, 2014. ISBN 8858818776
  16. Edgar Allan Poe, The Works of Edgar Allan Poe, 4 voll., Widdleton, New York, 1849, vol. III, p. 517.
  17. Traduzione di Elio Vittorini; in 2018.
  18. Moraux è qui derivato da moeurs ed è inteso nel senso di «costume» o, più precisamente di «comportamento» (N.d.A.).
  19. «La musica è il solo talento che diletti se stesso; tutti gli altri hanno bisogno di testimoni» (N.d.T.).
  20. Mercier sostiene con serietà le dottrine della metempsicosi in Van deux mille quatre cents quarante, e J. D'Israeli afferma che «non esiste un sistema più semplice e poco ripugnante all'intelletto». Il colonnello Ethan Allen, «il ragazzo della Montagna Verde», sembra fosse un serio sostenitore della metempsicosi (N.d.A.).
  21. Rattleborough, Borgo Chiacchierone. Tutti i nomi di persone e luoghi hanno qui una funzione caricaturale (N.d.T.)
  22. Montagne frastagliate (N.d.T.).
  23. Citata da Sergio Perosa nell'introduzione ai Racconti del Grottesco, I edizione Oscar Classici Mondadori
  24. Riferimento al personaggio letterario Auguste Dupin presente in I delitti della Rue Morgue, La lettera rubata e Il mistero di Marie Roget.

Bibliografia[modifica]

  • Federico Garrone, Ernesto Ragazzoni, Edgar Allan Pöe [sic], Roux Frassati, Torino, 1896.
  • Edgar Allan Poe, Chiacchierata con la mummia, traduzione di Giorgio Manganelli, in I racconti Edgar Allan Poe, Einaudi, 1983, vol. III.
  • Edgardo Poe, Eureka, traduzione di Maria Pastore Mucchi, Sonzogno, 1904.
  • Edgar Allan Poe, Eureka, traduzione di Agostino Quadrino, Theoria, 1982.
  • Edgar Allan Poe, Fifty suggestions, in The Collected Writings of Edgar Allan Poe, a cura di Burton R. Pollin, The Gordian Press, 1985, vol. II.
  • Edgar Allan Poe, Filosofia della composizione, traduzione di Elio Chinol, in Edgar Allan Poe, Opere scelte, a cura di Giorgio Manganelli, Mondadori, Milano, 1971.
  • Edgar Allan Poe, Filosofia della composizione e altri saggi, traduzione di Ludovica Koch e Elisabetta Mazzarotto, Guida, Napoli, 1986. ISBN 88-7042-721-8.
  • Edgar Allan Poe, Gli assassinii della Rue Morgue, traduzione di Delfino Cinelli, in "Lo scarabeo d'oro e altri racconti", A. Mondadori, 1984.
  • Edgar Allan Poe, Hop-Frog, traduzione di Delfino Cinelli, in "Racconti del terrore, Unità/Mondadori, 1992.
  • Edgar Allan Poe, Il Corvo e altre poesie, traduzione di Raul Montanari, Feltrinelli, Milano, 2009. ISBN 9788807822070
  • Edgar Allan Poe, Il gatto nero, traduzione di Delfino Cinelli, in "Racconti del terrore", Unità/Mondadori, 1992.
  • Edgar Allan Poe, Il pozzo e il pendolo, traduzione di Delfino Cinelli, in "Racconti del terrore", Unità/Mondadori, 1992.
  • Edgar Allan Poe, La verità sul caso di Mister Valdemar, traduzione di Delfino Cinelli, in "Racconti del terrore", Unità/Mondadori, 1992.
  • Edgar Allan Poe, Ligeia, traduzione di Delfino Cinelli, in "Racconti del terrore", Unità/Mondadori, 1992.
  • Edgar Allan Poe, Lo scarabeo d'oro, traduzione di Delfino Cinelli, in "Lo scarabeo d'oro e altri racconti", A. Mondadori, 1984
  • Edgar Allan Poe, Manoscritto trovato in una bottiglia, traduzione di Delfino Cinelli, in "Racconti del terrore", Unità/Mondadori, 1992.
  • Edgar Allan Poe, Marginalia, traduzione di Cristiana Mennella, Adelphi, Milano, 2019. ISBN 978-88-459-8192-0.
  • Edgar Allan Poe, Morella, traduzione di Delfino Cinelli, in "Racconti del terrore", Unità/Mondadori, 1992.
  • Edgardo Poe, Nuovi racconti straordinari, traduzione di Rodolfo Arbib, Sonzogno, 1885.
  • Edgar Allan Poe, Obscura. Tutti i racconti, a cura di Giuseppe Lippi, Mondadori, 2018. ISBN 8852086706.
  • Edgar Allan Poe, Quattro chiacchiere con una mummia, traduzione di Nicoletta Rosati Bizzotto, in Storie di mummie, a cura di Gianni Pilo, Newton & Compton, 1998.
  • Edgar Allan Poe, Racconti, traduzioni di Maria Serena Battaglia, Franco Della Pergola, Renato Ferrari, De Agostini, 1985.
  • Edgar Allan Poe, Racconti, traduzione di Giorgio Manganelli, Einaudi, 1983.
  • Edgar Allan Poe, Racconti. Il resoconto di Arturo Gordon Pym. I racconti del grottesco e dell'arabesco, traduzione di Carla Apolloni, Orsa Maggiore ed., 1990.
  • Edgar Allan Poe, Racconti Straordinari – Genesi di un poema – Racconti grotteschi e seri, traduzioni di Franco Della Pergola, Anna Maria Battaglia e Renato Ferrari, Edizioni per Il Club del Libro, Milano, 1958.
  • Edgar Allan Poe, Racconti del mistero. Le inchieste di Monsieur Dupin, traduzione di Daniela Palladini, Newton, 1991. ISBN 8879831194
  • Edgar Allan Poe, Racconti del terrore, traduzione di Maria Gallone, Morano Editore, 1990.
  • Edgar Allan Poe, Tutti i racconti del mistero, dell'incubo e del terrore, traduzioni di Daniela Palladini e Isabella Donfrancesco, Newton Compton, 2010. ISBN 978-88-541-2560-5
  • Edgar Allan Poe, Una discesa nel Maelstrom, traduzione di Delfino Cinelli, in "Racconti del terrore", Unità/Mondadori, 1992.

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