Carl Gustav Jung

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Carl Gustav Jung (1935 ca.)

Carl Gustav Jung (1875 – 1961), psichiatra e psicoterapeuta svizzero.

Citazioni di Carl Gustav Jung[modifica]

  • A perdere potere si guadagna in serenità.[1]
  • Abbiamo bisogno di più psicologia. Abbiamo bisogno di capire meglio la natura umana, perché l'unico vero pericolo esistente è l'uomo stesso. È lui il grande pericolo, e purtroppo non ce ne rendiamo conto. Non sappiamo niente dell'uomo, o troppo poco: dovremmo studiare la psiche umana, perché siamo noi l'origine di tutto il male a venire.[2]
  • Allorché visitai l'antica pagoda di Turukalukundram (India meridionale), un Pandit locale mi spiegò che gli antichi templi erano intenzionalmente ricoperti all'esterno da cima a fondo da sculture oscene, per ricordare all'uomo comune la sua sessualità. Lo spirito, disse, è un grande pericolo, perché Yama (il dio dei morti) porta subito via con sé gli imperfecti, se si prendono direttamente la via spirituale. Le raffigurazioni erotiche esistono per ricordare agli uomini il loro Dharma (legge), che impone l'adempimento delle norme comuni dell'esistenza. Soltanto dopo aver compiuto il Dharma, essi possono accedere alla via spirituale. Le oscenità tendono a risvegliare la curiosità erotica dei visitatori del tempio, affinché non dimentichino il loro Dharma: altrimenti non lo realizzerebbero. Solo che è stato abilitato dal suo karma (il destino raggiunto tramite le opere compiute in precedenza) e chi è destinato allo spirito, può trascurare senza rischi questo ammonimento. E, poiché non avrà alcun senso per lui. Ecco perché all'ingresso del tempio vi sono le due seduttrici che invitano all'adempimento del Dharma: perché solo così l'uomo comune può raggiungere un superiore sviluppo spirituale. Poiché il tempio rappresenta il mondo intero, in esso sono riprodotte tutte le attività umane, e poiché la gente pensa più o meno sempre sesso, la maggior parte delle immagini del tempio sono di natura erotica. Per questo anche il lingam (fallo) sta nella cavità sacra dell'adyton (il sancta sanctorum), nel garbha-grha (recipiente del seme). Il Pandit era un seguace del tantra.[3]
  • Cara signora Olga Frobe-Kapteyn, una parte dell'opus consiste nella comprensione, un'altra nel sopportare e una terza nell'agire. La psicologia è necessaria solo nella prima parte, ma nella seconda e nella terza il ruolo principale è svolto dalla morale. La Sua condizione attuale è il risultato di una pressione causata da circostanze inevitabili. Sono conflitti di doveri, che rendono difficilissimo sia il sopportare sia l'agire. Il Suo lavoro di una vita per Eranos è stato inevitabile e giusto. Ciò nonostante, esso è in contrasto con i Suoi doveri di madre, che sono allo stesso modo inevitabili e giusti. L'uno deve esistere, così come l'altro. Non ci può essere una risoluzione, ma solo un paziente sopportare la coesistenza di opposti che originano entrambi, in fondo, dalla Sua stessa natura. Lei stessa è un conflitto che infuria in sé stessa e contro se stessa, per fondere, infine, nel fuoco della sofferenza le sue sostanze impalpabili, il maschile e il femminile, e formare, così, quel qualcosa di solido e inalterabile che rappresenta il traguardo della vita. Ciascuno passa attraverso questa macina, consapevolmente o meno, spontaneamente o forzato. Si è crocifissi tra contrari e consegnati allo strazio fino a quando si forma il "terzo conciliatore". Non dubiti della correttezza dei Suoi due versanti e, nello stesso tempo, lasci che accada ciò che deve accadere. Dia ragione a Sua figlia sul fatto che Lei sia una cattiva madre e difenda il Suo dovere materno nei confronti di Eranos. Non dubiti mai, però, che Eranos sia la cosa giusta e che sia stato in Lei da sempre. Un conflitto apparentemente insopportabile è la dimostrazione tangibile della correttezza della Sua vita. Una vita senza contraddizioni rappresenta solo una vita a metà, oppure una vita nell'Aldilà, la quale, però, è destinata solo agli angeli. Dio, però, ama gli uomini più degli angeli. Con i migliori saluti, Suo devoto C. G. Jung.[4]
  • Chi evita l'errore, elude la vita.[5]
  • Comprendendo l'inconscio ci liberiamo del suo dominio.[6]
  • [Affermava di sentirsi diviso in due] Da una parte il buon padre di famiglia e stimato medico, dall'altra una sorta di sciamano che lottava con i blocchi della coscienza.[7]
  • Dentro di noi abbiamo un'Ombra: un tipo molto cattivo, molto povero, che dobbiamo accettare.[8]
  • Dovremmo innanzitutto esaminare attentamente se tutto ciò che vorremmo cambiare nei bambini non sia qualcosa che andrebbe piuttosto cambiato in noi, per esempio il nostro entusiasmo pedagogico.[9]
  • [Il processo di individuazione] esige il rapporto umano. [...] Questo è il nocciolo, che va sempre tenuto presente, del fenomeno del transfert, perché il rapporto col è al tempo stesso il rapporto con gli altri uomini, e nessuno può avere un rapporto col suo prossimo, se prima non l'ha con se stesso. [10]
  • È come se nel nostro inconscio ci fosse una profonda consapevolezza, basata unicamente su esperienze inconsce, che determinate cose nate in un preciso momento dell'anno sono dotate di qualità specifiche, così che, grazie a quella conoscenza empirica immagazzinata nel nostro inconscio, noi siamo sempre più o meno uniformati al tempo.[11]
  • Gli eventi microfisici includono l'osservatore così come il modello soggiacente a I Ching include le condizioni soggettive, cioè psichiche, nella totalità della situazione presente. La causalità descrive la sequenza temporale degli eventi, la sincronicità (in Cina) riguarda la coincidenza temporale.[12]
  • Il carattere collettivo degli archetipi si manifesta anche in coincidenze conformi al senso, come se l'archetipo (o l'inconscio collettivo) vivesse non solo nell'individuo stesso, ma anche fuori, cioè nel suo ambiente, o come se si trovasse quale inviante e ricevente nello stesso spazio psichico, e rispettivamente nello stesso tempo (in casi di precognizione). Poiché nel mondo psichico non c'è alcun corpo che si muova come nello spazio, non esiste neppure il tempo. Il mondo archetipico è «eterno», cioè al di fuori del tempo, ed è dovunque, poiché nelle condizioni psichiche, cioè archetipiche, non esiste alcuno spazio. Ove s'impone un archetipo, possiamo tener conto dei fenomeni sincronistici, cioè di corrispondenze acausali, di fatti ordinantisi parallelamente al tempo.[13]
  • Il concetto di «ordine» non è identico a quello di «senso». Anche un'entità organica, pur avendo in sé un senso compiuto, non è necessariamente piena di senso nel contesto globale. Se ad esempio il mondo fosse finito nell'Oligocene, per l'uomo non avrebbe avuto alcun senso. Senza la coscienza riflettente dell'uomo il mondo ha un'enorme assenza di senso, poiché l'uomo, nella nostra esperienza, è l'unico essere che può costatare il «senso».[14]
  • Il problema dell'amore è una delle gravi sofferenze dell'umanità e nessuno dovrebbe vergognarsi di pagare il suo tributo.[15]
  • Il processo di individuazione è un fenomeno limite della psiche e richiede condizioni particolarissime per diventare cosciente. Si tratta forse della fase iniziale di uno sviluppo di cui un'umanità futura imboccherà la via, ma che, come deviazione patologica, ha portato intanto l'Europa alla catastrofe. Sembrerà forse superfluo illustrare una volta ancora la differenza — chiarita ormai da tempo — tra il divenire cosciente e la realizzazione del Sé (individuazione). Continuo a vedere però che il processo di individuazione è confuso con il divenire cosciente dell'io, e quindi l'Io viene identificato col Sé, con l'ovvia conseguenza di una irrimediabile confusione. Perché in tal modo l'individuazione diventa semplice egocentrismo e autoerotismo. Invece il Sé racchiude infinitamente di più che un Io soltanto, come dimostra da tempo immemorabile la simbologia: esso è l'altro o gli altri esattamente come l'Io. L'individuazione non esclude, ma include il mondo.[16]
  • Il vino della gioventù non sempre si chiarifica nella maturità; anzi talvolta s'intorbida.[17]
  • In ogni caos vi è un cosmo, in ogni disordine un ordine nascosto.[18]
  • L'"amore", com’è noto, è un concetto estensibile che abbraccia cielo e inferno, bene e male, ciò che è sublime e ciò che è infimo.[19]
  • L'inconscio personale poggia su uno strato più profondo... che io chiamo inconscio collettivo.[20]
  • L'uomo cresce secondo la grandezza del compito.[21]
  • L'uomo ha bisogno delle difficoltà: esse fanno parte della sua salute.[22]
  • La discesa nel passato remoto appartiene, dalla testimonianza di Omero in poi, alla nékya.
    La nékya non è una caduta titanica, priva di scopo e meramente distruttiva, ma una katábasis eis ántron, piena di significato: una discesa nella caverna della consacrazione e della conoscenza occulta. Il viaggio attraverso la storia dell'anima umana ha lo scopo di ricostruire l'uomo nella sua totalità, evocando la memoria del sangue. La discesa alle Madri serve a Faust per trarne fuori l'uomo peccaminosamente intero, Paride ed Elena, l'uomo che, per lo smarrimento nell'unilateralità del presente del proprio tempo, è caduto nell'oblio. Questi ha causato e tornerà a causare in tutte le epoche di sconvolgimento il tremare del mondo superno.[23]
  • La maggior parte degli uomini è eroticamente cieca, poiché commette l'imperdonabile malinteso di scambiare l'Eros con la sessualità. L'uomo crede di possedere la donna quando la possiede sessualmente: ma mai la possiede meno di allora. Infatti per la donna la sola relazione che conti è quella erotica. Per lei, il matrimonio è una relazione con in più la sessualità.[24]
  • La scarpa che sta bene ad una persona sta stretta a un'altra: non c'è una ricetta di vita che vada bene per tutti.[25]
  • [L'alchimista esperiva inconsciamente] la sua proiezione come qualità della materia. Ma ciò di cui viveva l'esperienza era in realtà il suo inconscio [...] Tutto ciò che era inconscio era, se attivato, proiettato sulla materia, veniva cioè incontro all'uomo dall'esterno [...] [A causa del] miscuglio di fisico e psichico [egli ignora del tutto] se le trasformazioni ultime del processo alchimistico vadano ricercate maggiormente in campo materiale o in campo spirituale [...] a quei tempi non si trattava di alternativa; esisteva piuttosto un regno intermedio tra materia e spirito: cioè un regno psichico di corpi sottili aventi la proprietà di manifestarsi in forma sia spirituale sia materiale [...] Naturalmente questo regno intermedio di corpi sottili cessa di colpo di esistere qualora si tenti di indagare la materia in sé e per sé [...] finché noi crediamo di sapere qualcosa di definitivo sulla materia e sull'anima. Ma se viene il momento in cui la fisica sfiora «regioni inesplorate, inesplorabili», e contemporaneamente la psicologia è costretta ad ammettere che esistono altre forme d'esistenza psichica al di fuori delle acquisizioni personali della coscienza, in cui cioè anche la psicologia cozza contro un'oscurità impenetrabile, allora quel regno intermedio ritorna in vita, e il fisico e lo psichico si fondono una volta di più in un'unità indivisibile. Oggi ci siamo molto avvicinati a questa svolta.[26]
  • La tua domanda relativa alla sincronicità e alle idee di riferimento è molto interessante. Spesso ho trovato che le esperienze sincroniche sono state interpretate dagli schizofrenici come deliri. Dal momento che le situazioni archetipiche non sono infrequenti nella schizofrenia, dobbiamo anche supporre che i corrispondenti fenomeni sincronici che si verificano seguono esattamente lo stesso corso come con le cosiddette persone normali. La differenza sta semplicemente e solamente nell'interpretazione. L'interpretazione schizofrenica è morbosamente stretta, perché è in gran parte limitata alle intenzioni di altre persone e al proprio ego-importanza. L'interpretazione normale, per quanto ciò è possibile a tutti, si basa sulla premessa filosofica della simpatia di tutte le cose, o qualcosa del genere. [...] Se le sincronicità si verificano in questi casi è perché una situazione archetipica è presente, ogni volta che gli archetipi sono costellati troviamo manifestazioni dell'unità primordiale. Così l'effetto sincronico non va interpretato come psicotico ma come un fenomeno normale.
Your question concerning synchronicity and ideas of reference is very interesting indeed. I have often found that synchronistic experiences were interpreted by schizophrenics as delusions. Since archetypal situations are not uncommon in schizophrenia, we must also suppose that corresponding synchronistic phenomena will occur which follow exactly the same course as with so-called normal persons. The difference lies simply and solely in the interpretation. The schizophrenic's interpretation is morbidly narrow because it is mostly restricted to the intentions of other people and to his own ego-importance. The normal interpretation, so far as this is possible at all, is based on the philosophic premise of the sympathy of all things, or something of that kind. [...] If synchronicities occur in these cases it is because an archetypal situation is present, for whenever archetypes are constellated we find manifestations of the primordial unity. Thus the synchronistic effect should be understood not as psychotic but a normal phenomenon.[27]
  • Le grandi decisioni della vita umana sono dovute solitamente molto di più agli istinti e ad altri misteriosi fattori inconsci che a una scelta cosciente e a una ben intenzionata ragionevolezza.[28]
  • Le opere di Daisetz Teitaro Suzuki sullo Zen sono da annoverare tra i più alti contributi del secolo allo studio del Buddhismo attuale, così come lo stesso Zen rappresenta il frutto migliore germogliato dall'albero le cui radici sono raccolte nel Canone Pali. Non possiamo essere abbastanza grati all'autore sia perché egli ha reso lo Zen più accessibile alla cultura occidentale sia per il modo con cui egli ha raggiunto lo scopo.[29]
  • Non è affatto vero che io provenga esclusivamente da Freud. La mia impostazione scientifica e la teoria dei complessi precedono il mio incontro con Freud. I maestri che mi hanno influenzato in maggior misura sono Bleuer, Pierre Janet e Théodore Flournoy.[30]
  • Non si può invertire il giro della ruota e tornare a credere per forza ciò «di cui si sa che non è». Ma si può provare a render conto del significato dei simboli.[31]
  • Non v'è nulla più difficile da tollerare che sé stessi.[32]
  • Nulla è più facile del continuare a percorrere vie infantili o di farvi ritorno.[33]
  • Partendo dalle scienze naturali, e del tutto alieno da ogni intento religioso, Freud ha sollevato quel velo che un ottimismo progressista aveva disteso sulla tenebra abissale della natura umana, e da allora la psicoterapia, in questa o quella forma, non ebbe più sosta nello svelare un'estesa regione della tenebra, che ho designato come Ombra dell'uomo. Ma anche questo tentativo della scienza moderna è riuscito ad aprire gli occhi soltanto a pochi. E per questo gli eventi storici del nostro tempo hanno dipinto col fuoco e col sangue un quadro della realtà psichica che non si può più cancellare. [34]
  • Perciò difficilmente questi [l'uomo] può sottrarsi all'idea di essere colui che conosce, anzi persino un creatore che dispone di possibilità illimitate. […] L'uomo moderno, invece, è già tanto ottenebrato, che nulla più illumina il suo mondo, fuor della luce del suo intelletto. […] Per questo alla nostra tanto decantata civiltà accadono le cose più strane, che ormai somigliano più a un tramontare del mondo che non a un normale crepuscolo. […] Lucifero, che potrebbe recare la luce, diventa lo spirito della menzogna, che ai nostri giorni, sostenuto dalla stampa e dalla radio, celebra le orge più inaudite e precipita nella rovina milioni di esseri. [35]
  • Per Unus mundus G. Dorn intende il mondo potenziale del primo giorno della creazione dove nulla esiste ancora in actu, cioè tra i Due e la pluralità, ma solamente nell'Uno. L'unità dell'uomo [...] significa ugualmente per Dorn la possibilità di produrre anche l'unità col mondo, non con la realtà multipla che vediamo, ma con un mondo potenziale che corrisponde al fondamento eterno di tutta l'esistenza empirica, tutto come se stesso e il fondamento e della sorgente originaria della personalità che comprende quest'ultimo nel passato, nel presente e nel futuro.[36]
  • Poiché [l'europeo] non conosce il proprio inconscio, non comprende l'Oriente e vi proietta gli elementi che teme e disprezza dentro di sé.[37]
  • Quando un fatto interiore non viene reso cosciente, si produce fuori, come destino. Ossia, quando il singolo rimane indiviso e non diventa cosciente del suo antagonismo interiore, il mondo deve per forza rappresentare quel conflitto e dividersi in due.[38]
  • Se domina l'amore non c'è volontà di potenza, se domina la potenza non c'è amore. Un elemento è l'ombra dell'altro.[39]
  • Tutta la creazione onirica è sostanzialmente soggettiva, e il sogno è un teatro in cui chi sogna è scena, attore, suggeritore, regista, autore, pubblico e critico insieme.[40]
  • Tutte le idee più potenti della storia si rifanno agli archetipi.[41]
  • Tutto ciò che ci irrita negli altri può portarci a capire noi stessi.[42]
  • Tutto ciò che ho appreso nella vita, mi ha portato passo per passo alla convinzione incrollabile dell'esistenza di Dio. Io credo soltanto in ciò che so per esperienza. Questo mette fuori campo la fede. Dunque io non credo all'esistenza di Dio per fede: io so che Dio esiste.[43]
  • Un essere metafisico in genere non si mette in contatto con noi per telefono.[44]

Coscienza, inconscio e individuazione[modifica]

Incipit[modifica]

I rapporti tra la coscienza e l'inconscio da un lato e il processo di individuazione dall'altro costituiscono un problema che insorge per così dire regolarmente nelle ultime fasi di ogni trattamento analitico. Per "analitico" intendo ogni procedimento che si confronti con la presenza dell'inconscio. In un procedimento basato sulla suggestione questa problematica non sussiste. Per ciò che concerne anzitutto l'individuazione, non dovrebbe esser superflua qualche parola di spiegazione.

Citazioni[modifica]

  • Uso il termine "individuazione" per designare quel processo che produce un "individuo" psicologico, vale a dire un'unità separata, indivisibile,l un tutto. Si suppone generalmente che la "coscienza" coincida con la totalità dell'individuo psicologico. Ma la somma di esperienze inesplicabili senza il ricorso all'ipotesi di processi psichici inconsci fa dubitare che l'Io e i suoi contenuti siano realmente identici al "tutto". (p. 17)
  • Non ci vuole molto: amore e odio, gioia e dolore bastano spesso per provocare uno scambio di ruoli tra l'Io e l'inconscio. Ideee anche molto bizzarre possono in tali occasioni impadronirsi di uomini peraltro sani. Gruppi, comunità e anche popoli interi possono essere in questo modo colpiti nella forma di epidemie psichiche. (p. 20)
  • Questa particolarità consente di trarre conclusioni riguardo alla "localizzazione" dell'animus e dell'anima all'interno della struttura psichica: essi evidentemente vivono e funzionano nel più profondi strati dell'inconscio, in particolare in quel profondo strato filogenetico da me denominato inconscio collettivo. Questa localizzazione spiega in gran parte la loro stranezza: Al mondo effimero della nostra coscienza essi comunicano la vita psichica sconosciuta, appartenente a un lontano passato; comunicano lo spirito dei nostri ignoti antenati, il loro modo di pensare e sentire, il loro modo di sperimentare la vita e il mondo, gli uomini e gli dei. L'esistenza di questi strati arcaici costituisce presumibilmente la fonte della credenza nella reincarnazione e nel ricordo di "vite anteriori". (p. 29)
  • Il ritmo di evoluzione della coscienza attraverso la scienza e la tecnologia è stato troppo affrettato e ha lasciato l'inconscio, ormai incapace di tenere il passo, troppo indietro, costringendolo a una posizione difensiva che si esprime in una volontà universale di distruzione. Gli "ismi" politici e sociali del nostro tempo predicano tutti gli ideali possibili ma, sotto questa maschera, il fine che si propongono è di abbassare il livello di civiltà, limitando o addirittura inibendo le possibilità di sviluppo individuale. E attuano almeno parzialmente questo loro proposito creando un caos controllato dal terrore, uno stato primitivo che garantisce appena la sussistenza e supera in orrore i momenti peggiori del "buio" Medioevo. Resta da vedere se, da questa esperienza di degradazione e di schiavitù, si leverà un giorno un appello per una maggiore libertà spirituale. (p. 98)

I fondamenti psicologici della credenza negli spiriti (1920)[modifica]

Incipit[modifica]

Se riandiamo con la mente alla storia passata dell'uomo, troviamo, tra molte altre convinzioni religiose, una fede universale nell'esistenza di fantasmi o esseri eterei che sono vicini agli uomini ed esercitano su di essi un'influenza invisibile ma possente. In genere si crede che tali esseri siano spiriti o anime dei trapassati.
[Carl Gustav Jung, I fondamenti psicologici della credenza negli spiriti; in Inconscio, occultismo e magia, traduzione di Celso Balducci, Newton Compton editori, 1985]

Citazioni[modifica]

  • Quindi l'uomo primitivo vive effettivamente in due mondi. La realtà fisica è anche realtà spirituale. Il mondo fisico è innegabile e il mondo degli spiriti ha per lui un'esistenza altrettanto reale, non soltanto perché lo crede, ma per la sua ingenua consapevolezza delle cose spirituali. Qualora il contatto con la civiltà e la sua disastrosa «illuminazione» gli facciano perdere la dipendenza dalla legge spirituale, il primitivo degenera. (p. 232; 1985)
  • I sogni sono una delle origini più importanti della credenza dei primitivi negli spiriti. (p. 233; 1985)
  • Le affezioni psicogene e i disturbi nervosi, soprattutto se a carattere isterico, che non sono rari tra i primitivi, rappresentano un'altra fonte della credenza negli spiriti. (p. 234; 1985)
  • Il fatto che Cristo gli sia apparso oggettivamente, in forma di visione, è spiegato dalla circostanza che il cristianesimo di Saulo era un complesso inconscio che gli apparve proiettato all'esterno, come se non gli appartenesse. Egli non poteva vedersi cristiano e quindi, a causa della sua assoluta resistenza verso Cristo, divenne cieco e poté essere risanato solo da un cristiano. Sappiamo che la cecità psicogena è sempre una volontà inconscia di non vedere, che, nei caso di Saulo, corrisponde alla sua fanatica resistenza contro il cristianesimo. Dalle Epistole apprendiamo che tale resistenza non fu mai superata completamente, ma che di tanto in tanto si manifestava sotto forma di convulsioni erroneamente ritenute epilettiche. Questi attacchi erano un improvviso ritorno dell'antico complesso di Saulo che, dopo la conversione, era rimasto scisso così come, in precedenza, era scisso il complesso di Cristo.
    Per ragioni di onestà intellettuale, non dobbiamo spiegare la conversione di Paolo su base metafisica, perché altrimenti dovremmo dare la medesima spiegazione metafisica a tutti i casi analoghi osservabili tra i nostri malati, il che porterebbe a una conclusione assolutamente assurda e ripugnante sia alla ragione che al sentimento. (p. 238; 1985)
  • Dunque gli spiriti, veduti sotto il profilo psicologico, sono complessi autonomi inconsci che appaiono in forma di proiezioni perché non hanno una diretta associazione con l'ego. (p. 239; 1985)
  • Taluni individui, dotati di un intuito particolarmente vigile, diventano consapevoli dei mutamenti che si stanno verificando e li traducono in idee comunicabili. Queste idee si diffondono rapidamente perché, nel contempo, nell'inconscio degli altri individui sono in atto modificazioni parallele. (p. 246; 1985)
  • Gli spiriti sono complessi dell'inconscio collettivo che si manifestano quando l'individuo perde l'adattamento alla realtà, oppure cercano di sostituire l'atteggiamento inadeguato di tutto un popolo con un nuovo modo di pensare. Quindi sono fantasie patologiche oppure idee nuove ancora sconosciute. (p. 247; 1985)

Il libro rosso. Liber novus (2009)[modifica]

Il libro rosso sulla scrivania di Jung

Incipit[modifica]

Se parlo dello spirito di questo tempo, devo dire: Nessuno e nulla possono giustificare quello che devo annunciarvi. Qualsiasi giustificazione mi è superflua, perché non ho scelta, ma devo farlo. Ho imparato che, oltre allo spirito di questo tempo, è all'opera anche un altro spirito, e cioè quello che governa la profondità di ogni presente. Lo spirito di questo tempo vorrebbe sentire di cose utili e che valgono. Anch'io la pensavo in questo modo e la mia parte umana continua pur sempre a pensarla così. Ma quell'altro spirito mi costringe comunque a parlare, al di là di ogni giustificazione, utilità e senso.

Citazioni[modifica]

  • Gli anni più importanti della mia vita furono quelli in cui inseguivo le mie immagini interiori. A essi va fatto risalire tutto il resto. Tutto cominciò allora, e poco hanno aggiunto i dettagli posteriori. La mia vita intera è consistita nell'elaborazione di quanto era scaturito dall'inconscio, sommergendomi come una corrente enigmatica e minacciando di travolgermi. Una sola esistenza non sarebbe bastata per dare forma a quella materia prima. Tutta la mia opera successiva non è stata altro che classificazione estrinseca, formulazione scientifica e integrazione nella vita. Ma l'inizio numinoso che conteneva ogni altra cosa si diede allora. 1957. [in epigrafe al testo; 2010]
  • Quello che vi do, non è né una dottrina né un insegnamento. E da quale pulpito potrei indottrinarvi? Vi informo della via presa da quest'uomo, della sua via, ma non della vostra. La mia via non è la vostra via, dunque non posso insegnarvi nulla. La via è in voi, ma non in dèi, né in dottrine, né in leggi. In noi è la via, la verità e la vita. (p. 231-a; 2010)
  • Devo accostarmi all'anima mia come uno stanco viandante, che nulla ha cercato al di fuori di lei. Devo imparare che dietro a ogni cosa da ultimo c'è l'anima mia, e se viaggio per il mondo ciò accade in fondo per trovare la mia anima. Perfino le persone più care non sono la meta e il fine della ricerca d'amore, ma simbolo della nostra anima. (p. 233-b; 2010)
  • Se poniamo un Dio fuori di noi, ci strapperà al nostro Sé, perché il Dio è più forte di noi. Allora il nostro Sé si troverà in grave difficoltà. Se invece il Dio si insedia nel Sé, ci sottrarrà alla sfera di ciò che è fuori di noi [...]. Nessuno ha il mio Dio, ma il mio Dio ha tutti quanti, me compreso. (p. 245-b; 2010)
  • Vivere se stessi significa essere un compito per se stessi. Non puoi mai dire che vivere per se stessi sia un piacere. Non sarà una gioia, ma una lunga sofferenza, perché devi farti creatore di te stesso. (p. 250-b; 2010)
  • Se non ti capita nessuna avventura all'esterno, non te ne capitano neppure nel tuo mondo interiore. La parte del Diavolo che hai accolto, ossia la gioia, ti procura l'avventura. (p. 262-a; 2010)
  • Nella seconda notte che seguì alla creazione del mio Dio una visione mi annunciò che avevo raggiunto il mondo infero.
    Mi trovo in un ambiente buio col soffitto a volta, il suolo è lastricato di pietre bagnate. Nel mezzo si erge una colonna da cui penzolano corde e ganci [...]. (p. 288-a; 2010)
  • Vidi il serpente nero salire, strisciando, lungo il legno della croce. Penetrò nel corpo del Crocifisso, per uscir poi, trasformato, dalla sua bocca. Era diventato bianco. (p. 310-a; 2010)
  • Dalla bocca esce la parola, il segno e simbolo. Se è segno, la parola non significa nulla. Se invece è simbolo, significa tutto [...]. (p. 310-a; 2010)
  • Devo liberare da Dio il mio Sé, poiché il Dio che ho conosciuto è più che amore, è anche odio; è più che bellezza, è anche ripugnanza; è più che sapienza, è anche assurdità; più che forza, è anche impotenza; più che onnipresenza, è anche la mia creatura. (p. 339-a; 2010)
  • Ma dopo aver pronunciato queste parole, notai che ΦΙΛΗΜΩΝ sta dietro di me e che proprio lui mi aveva ispirato tali parole. Venne accanto a me, invisibile, e io avvertii la presenza del buono e del bello. E mi parlò con voce sommessa e profonda:
    «Togli, o uomo, più che puoi anche il divino dalla tua anima [...]» (p. 342-b; 2010)
  • Ci sforziamo di raggiungere il buono e il bello, ma al tempo stesso afferriamo anche il malvagio e il brutto, poiché nel pleroma essi formano un tutt'uno col buono e col bello. Se invece restiamo fedeli alla nostra essenza, cioè alla differenziazione, allora ci differenziamo dal buono e dal bello, e perciò anche dal malvagio e dal brutto, e non cadiamo nel pleroma, ossia nel nulla e nel dissolvimento. (p. 348-b; 2010)

Citazioni sul testo[modifica]

  • Il Libro Rosso, o Liber Novus, di Carl Gustav Jung è l'evento editoriale dell'anno [...]. Non è solo un libro splendido, strano, commovente, unico – è scritto in caratteri miniati e corredato di illustrazioni immaginifiche alla William Blake – ma è anche un documento cruciale per la storia delle idee. (Armando Massarenti)
  • Uno stupefacente diaro intimo, testo alchemico di straordinaria bellezza. L'opera, rimasta a lungo segreta, esce ora in Italia. (Antonio Gnoli)

Importanza dell'inconscio in psicopatologia (1914)[modifica]

Incipit[modifica]

  • Se diciamo che una data cosa è «inconscia» non dobbiamo dimenticare che, sotto l'aspetto della funzionalità cerebrale, può essere inconscia per noi in due modi: fisiologicamente e psicologicamente. Tratterò l'argomento esclusivamente sotto questo secondo punto di vista.
    [Carl Gustav Jung, Psicologia e patologia dei cosiddetti fenomeni occulti; in Inconscio, occultismo e magia, traduzione di Celso Balducci, Newton Compton editori, 1985]

Citazioni[modifica]

  • Nell'inconscio si trovano tutti quei fatti psichici che non possiedono un'intensità sufficiente a far loro oltrepassare la soglia che separa l'inconscio dalla coscienza. In effetti essi permangono al di sotto della superficie della coscienza assumendo caratteristiche subliminali. (p. 143; 1985)
  • Nell'individuo normale la funzione principale dell'inconscio consiste nel realizzare una compensazione e ristabilire un equilibrio. (p. 146; 1985)
  • Inoltre dobbiamo essere grati a Freud per averci fatto rilevare l'importanza dei sogni. (p. 146; 1985)
  • Tutti coloro che passano dal protestantesimo al cattolicesimo tendono ad essere piuttosto fanatici. Il loro protestantesimo non è stato ripudiato integralmente, ma si è solamente inabissato nell'inconscio ove è costantemente al lavoro come controstimolo al cattolicesimo di nuova acquisizione. Quindi, il neofita sente il dovere di difendere fanaticamente la fede che ha abbracciato. Nel paranoico abbiamo esattamente la stessa condizione: egli si sente costretto a difendersi contro ogni critica esterna perché il suo sistema delirante è fortemente attaccato all'interno. (p. 149; 1985)

Istinto e inconscio (1919)[modifica]

Incipit[modifica]

L'argomento di questo simposio riguarda un problema di somma importanza non solo per la biologia, ma anche per la psicologia e la filosofia. Però, se dobbiamo intraprendere la discussione dei rapporti tra istinto e inconscio, è essenziale cominciare con una chiara definizione dei termini.
[Carl Gustav Jung, Istinto e inconscio; in La psicologia dell'inconscio, traduzioni di Marco Cucchiarelli e Celso Balducci, Newton Compton editori, 1997]

Citazioni[modifica]

  • L'attributo di istintuale spetta solo a quei processi inconsci ed ereditari, che si manifestano uniformemente e regolarmente. Nel contempo essi devono recare i segni di un'indefettibile necessità, cioè possedere una natura riflessa del tipo indicato da Herbert Spencer. Questi processi differiscono dai semplici riflessi senso-motorii solo per la maggiore complessità. (p. 165; 1997)
  • L'istinto è un fenomeno fondamentalmente collettivo, vale a dire universale, la cui manifestazione è regolare, e che non ha niente a che vedere con l'individualità. Gli archetipi hanno questa qualità in comune con l'istinto e sono anch'essi fenomeni collettivi. (p. 167; 1997)
  • Però in Platone si dà un'enorme importanza agli archetipi, quali idee metafisiche, «paradigmi» o modelli, mentre gli oggetti reali sono trattati alla stregua di semplici copie di questi modelli ideali. La filosofia medievale, dai tempi di S. Agostino – dal quale ho preso l'idea di archetipo – fino a Malebranche e a Bacone, segue ancora le orme di Platone. [...] Da Cartesio a Malebranche in poi, il valore metafisico dell'idea o archetipo va gradatamente deteriorandosi. L'idea diventa un «pensiero», una condizione gnoseologica interna, come dice chiaramente Spinoza [...] Infine Kant riduce gli archetipi a un numero limitato di categorie della conoscenza. (p. 169; 1997)
  • Gli archetipi sono modalità tipiche di appercezione, e tutte le volte che osserviamo modalità di appercezione costanti e ricorrenti con regolarità, vuol dire che ci troviamo di fronte a un archetipo, indipendentemente dal fatto che il suo carattere mitologico sia o non sia riconosciuto. (p. 171; 1997)

L'inconscio (1918)[modifica]

Jung nel 1912

Incipit[modifica]

Il termine «inconscio» assume per l'orecchio del profano un senso alquanto metafisico e misterioso. Questa caratteristica, che si collega alla concezione di inconscio nel suo insieme, nasce soprattutto dal fatto che il termine fu introdotto nel linguaggio ordinario per indicare un'entità metafisica.
[Carl Gustav Jung, L'inconscio; in La psicologia dell'inconscio, traduzioni di Marco Cucchiarelli e Celso Balducci, Newton Compton editori, 1997]

Citazioni[modifica]

  • Questo processo, per cui un desiderio inammissibile diventa inconscio, è chiamato rimozione, che deve essere tenuta distinta dalla repressione, quest'ultima presupponendo che il desiderio sia rimasto cosciente. (p. 137; 1997)
  • Tutto questo materiale forma l'inconscio personale. Lo definiamo personale perché consiste interamente di acquisizioni derivanti dalla vita dell'individuo. (p. 141; 1997)
  • L'inconscio, affondato nella struttura del cervello, che svela la sua presenza vivente solo attraverso la mediazione della fantasia creatrice, è l'inconscio sovrapersonale. Esso si anima nell'uomo dotato di facoltà creative, si rivela nella visione dell'artista, nell'ispirazione del pensatore, nell'intima esperienza del mistico. (p. 142; 1997)
  • Noi, non meno di loro [i popoli primitivi], siamo posseduti dai demoni della malattia, la nostra psiche corre lo stesso pericolo di essere colpita da qualche influenza ostile, siamo anche noi usualmente preda degli spiriti malvagi dei trapassati o vittime di un incantesimo lanciatoci da persone malevole. Solo che a tutte queste cose diamo dei nomi differenti ed è questo l'unico vantaggio che abbiamo sull'uomo primitivo. Come si vede, si tratta di ben piccola cosa, ma è quella che crea tutta la differenza. Quando venne trovato il nuovo nome, per l'umanità fu come la liberazione da un incubo. (p. 143; 1997)
  • Il cristianesimo ha scisso il barbaro germanico in una metà superiore e una metà inferiore, rimuovendo la parte oscura e addomesticando la parte superiore per adattarla alla civiltà. [...] Via via che la concezione cristiana del mondo va perdendo di autorità, sentiamo che la «bionda bestia» si agita sempre più minacciosamente nel suo carcere sotterraneo, pronta a balzare all'aperto ad ogni istante con conseguenze devastatrici. (pp. 144-145; 1997)
  • Questa fastidiosa caratteristica del barbaro era evidente anche in Nietzsche, certo per esperienza personale, ed è per questo che egli aveva un alto apprezzamento della mentalità ebraica e predicava la danza e la leggerezza e non di prendere sul serio le cose. Però non ci si accorgeva che non è il barbaro che prende le cose sul serio, ma che sono le cose a diventare serie per lui. Egli era preso dal dèmone. E chi prende le cose più seriamente di Nietzsche stesso? (p. 146; 1997)
  • L'inconscio è, in primo luogo e prima di ogni altra cosa, il mondo del passato, riattivato dalla limitatezza dell'atteggiamento cosciente. (p. 146; 1997)
  • Secondo me, il fatto che questo perturbamento o questa reviviscenza dell'inconscio abbia avuto luogo intorno all'anno 1800, deve essere messo in rapporto con la rivoluzione francese, che non fu tanto una rivoluzione politica quanto una rivoluzione spirituale. È stata una colossale esplosione di tutto il materiale infiammabile che si era accumulato fin dall'età dell'Illuminismo. La deposizione ufficiale del cristianesimo, attuata dalla rivoluzione, deve aver fatto una profondissima impressione sul pagano inconscio che è in noi, perché da allora non ha più requie. Nel più grande tedesco del tempo, Goethe, questo elemento pagano poté vivere e respirare e in Hölderlin poté gridare a gran voce la gloria dell'antica Grecia. Dopo di allora la scristianizzazione della concezione del mondo ha compiuto grandi progressi, nonostante occasionali movimenti reazionari. Insieme con questo processo è venuta l'importazione di divinità straniere. Accanto al feticismo e allo sciamanismo già ricordati, la prima importazione è stata quella del buddismo, diffuso da Schopenhauer. (p. 148; 1997)
  • Sono dell'avviso che l'unione della verità razionale e di quella irrazionale si deve trovare non tanto nell'arte quanto nel «simbolo» in sé. (p. 150; 1997)
  • L'amore cristiano per il prossimo può anche estendersi all'animale, all'animale dentro di noi, e può circondare di amore tutto quello che una visione rigidamente antropomorfìca del mondo ha crudelmente represso. Poiché è stato respinto nell'inconscio, dal quale era stato generato, l'animale in noi non fa che diventare più bestiale ed è certamente questa la ragione per la quale nessuna religione è, più del cristianesimo, bruttata di sangue innocente versato, e per la quale il mondo non ha mai visto guerra più sanguinosa della guerra tra le nazioni cristiane. L'animale represso, quando arriva in superficie, irrompe nella sua forma più selvaggia e il suo processo di autodistruzione conduce al suicidio universale. (p. 154; 1997)
  • Il nostro atteggiamento razionalistico ci porta a credere di poter operare meraviglie con organizzazioni internazionali, legislazioni e altri sistemi ben congegnati. Ma in realtà solo un cambiamento dell'atteggiamento individuale potrà portare con sé un rinnovamento dello spirito delle nazioni. Tutto comincia con l'individuo. (p. 159; 1997)
  • La linea di confine tra conscio e inconscio è in gran parte determinata dalla nostra concezione del mondo. (p. 160; 1997)

L'uomo e i suoi simboli (1964)[modifica]

Incipit[modifica]

Gli antropologi hanno spesso descritto Cl che accade a una società primitiva allorché i suoi valori spirituali si trovano esposti all'influenza della civiltà moderna. Gli uomini perdono il significato della propria vita, la loro organizzazione sociale si disintegra ed essi stessi decadono moralmente. Noi ci troviamo attualmente nella medesima condizione senza però esserci mai resi conto di ciò che abbiamo perduto, poiché i nostri capi spirituali, sfortunatamente, erano più interessati a proteggere le loro istituzioni che a comprendere il mistero offerto dai simboli. Secondo me, la fede non esclude la ragione (che è l'arma più potente dell'uomo), ma disgraziatamente molti credenti sembrano così impauriti dalla scienza (e, incidentalmente, dalla psicologia) da essere completamente ciechi di fronte alle forze psichiche soprannaturali che dominano incessantemente il destino degli uomini. Abbiamo spogliato ogni cosa del suo mistero e del suo carattere soprannaturale; non c'è più nulla di sacro. (2011)

Citazioni[modifica]

  • Al livello della vita conscia noi siamo esposti a influenze di ogni specie: le altre persone ci stimolano o ci deprimono, il lavoro d'ufficio o la vita sociale ci distraggono. Tutto ciò ci porta ad assumere atteggiamenti che non si adattano alla nostra personalità, Possiamo essere consapevoli o meno degli effetti subiti dalla nostra coscienza: tuttavia essa ne è disturbata ed è esposta a essi quasi senza alcuna possibilità di difesa. Ciò si verifica specialmente nel caso di persone il cui atteggiamento mentale estroverso è tutto assorbito dagli oggetti esterni, o di coloro che nutrono sentimenti di inferiorità e di dubbio sul conto della propria personalità interiore. (2011, p. 30)
  • La funzione generale dei sogni consiste nel restaurare il nostro normale status psicologico attraverso la produzione di materiale onirico che ristabilisce, con una sottile operazione, il nostro totale equilibrio psichico. (2011, p. 30)
  • Mi apparve subito chiaro, tuttavia, che ad usare la mente erano solo le persone che pensavano, cioè quelle che applicavano le loro facoltà intellettuali nel tentativo di adattarsi alle altre persone e alle circostanze. Coloro che, pur essendo dotati della medesima intelligenza, non ne facevano uso, cercavano e trovavano la loro strada al livello del sentimento (feeling). (p. 61, 2018)
  • Gli antropologi hanno spesso descritto ciò che accade a una società primitiva allorché i suoi valori spirituali si trovano esposti all'influenza della civiltà moderna. Gli uomini perdono il significato della propria vita, la loro organizzazione sociale si disintegra ed essi stessi decadono moralmente. Noi ci troviamo attualmente nella medesima condizione senza però esserci mai resi conto di ciò che abbiamo perduto, poiché i nostri capi spirituali, sfortunatamente, erano più interessati a proteggere le loro istituzioni che a comprendere il mistero offerto dai simboli. Secondo me, la fede non esclude la ragione (che è l'arma più potente dell'uomo), ma disgraziatamente molti credenti sembrano così impauriti dalla scienza (e, incidentalmente, dalla psicologia) da essere completamente ciechi di fronte alle forze psichiche soprannaturali che dominano incessantemente il destino degli uomini. Abbiamo spogliato ogni cosa del suo mistero e del suo carattere soprannaturale; non c'è più nulla di sacro. (2011, p. 76)
  • L'uomo moderno cerca di evitare di prendere coscienza di questa spaccatura della sua personalità istituendo un sistema di compartimenti stagni. Certi aspetti della sua vita esteriore e del suo comportamento sono mantenuti, per così dire, in zone separate e non sono mai messi a confronto fra di loro. (p. 83, 2018)
  • L'uomo moderno non si rende conto di quanto il suo «razionalismo» (che ha distrutto le sue capacità di rispondere ai simboli ed alle idee soprannaturali) lo abbia posto alla mercè del mondo sotterraneo della psiche. Egli si è liberato (o crede di essersi liberato) dalla «superstizione», ma in questo processo egli è venuto perdendo i suoi valori spirituali in misura profondamente pericolosa. La sua tradizione morale e spirituale si è disintegrata, ed ora egli paga lo scotto di questo suo naufragio nel disorientamento e nella dissociazione generali. (pp. 93-94, 2018)

La libido, simboli e trasformazioni (1912)[modifica]

  • Con la sua rimozione della sessualità manifesta, il Cristianesimo è il negativo dell'antico culto sessuale. (p. 207; 2006)
  • Certo si parla sempre dell'uomo pio che, mai scosso nella sua fede in Dio, va per il mondo imperterrito e beato: io però non ho ancora mai visto questo al-Hadir. Egli potrebbe non essere altro che un personaggio creato dal desiderio. La regola è la grande insicurezza dei credenti, che essi cercano di coprire in sé stessi e negli altri con grida fanatiche, e inoltre il dubbio religioso, l'incertezza morale, il dubitare della propria personalità, il senso di colpa e, in primo luogo, la grande paura nei confronti dell'altro lato della realtà, contro la quale anche gli uomini più intelligenti devono lottare con tutte le loro forze. (p. 210; 2006)
  • Il serpente rappresenta la libido che si introverte. Attraverso l'introversione si viene fecondati da Dio, ispirati, ri-procreati e rigenerati. (p. 331; 2006)

La psicologia dei processi inconsci (1917)[modifica]

Incipit[modifica]

Come tutte le scienze, anche la psicologia ha attraversato un periodo scolastico-filosofico che in parte dura ancora, ai nostri giorni. A questo tipo di psicologia filosofica va mosso il rimprovero di decidere ex catedra come debba essere l'anima e quali caratteristiche le debbano spettare nella vita terrena e in quella ultraterrena. Lo spirito dello studio moderno della natura ha in gran parte sgombrato il campo da queste fantasie e le ha sostituite con un metodo empirico esatto. Da ciò è nata l'attuale psicologia sperimentale o «psicofisiologia», come dicono i francesi.
[Carl Gustav Jung, La psicologia dei processi inconsci; in La psicologia dell'inconscio, traduzioni di Marco Cucchiarelli e Celso Balducci, Newton Compton editori, 1997]

Citazioni[modifica]

  • La teoria del trauma è stata perciò accantonata perché antiquata, infatti avendo compreso che la radice delle nevrosi non è il trauma, bensì il conflitto erotico nascosto, il trauma perde la sua importanza patogena. (p. 25; 1997)
  • La psicoanalisi intesa come tecnica terapeutica consta essenzialmente di numerose analisi dei sogni, poiché i sogni portano successivamente a galla, nel corso del trattamento, i contenuti dell'inconscio per esporli alla forza disinfettante della luce del giorno, riscoprendo anche elementi importanti creduti perduti. (p. 31; 1997)
  • Evidentemente Nietzsche parla di questo secondo istinto, cioè della volontà di potenza. Tutto ciò che è istintuale deriva per lui dalla volontà di potenza: un grandissimo errore, un equivoco della biologia, uno sbaglio della sua natura nevrotica decadente, se lo si considera dal punto di vista della psicologia sessuale freudiana. (p. 37; 1997)
  • Arriviamo ora al problema del vedere, o per meglio dire, dei diversi occhiali coi quali si osserva il mondo. Non è ammissibile considerare impropria una vita come quella di Nietzsche, vissuta con rara coerenza fino alle sue fatali conseguenze, seguendo l'istinto di potenza che ne è alla base, [...]. (p. 37; 1997)
  • Il transfert in sé non è altro che una proiezione di contenuti inconsci. (p. 58; 1997)
  • In ogni singola persona ci sono, oltre alle reminiscenze personali, le grandi immagini «originarie», come le ha definite appropriatamente Jakob Burckhardt, cioè le possibilità dell'immaginazione umana ereditate, com'è da sempre, nella struttura del cervello. Il dato di fatto di questa eredità spiega anche il fenomeno veramente incredibile che certi materiali e motivi leggendari si presentino in tutto il mondo in forme uguali. Spiega anche come i nostri malati di mente possano riprodurre esattamente le stesse immagini e gli stessi contesti che noi conosciamo dai testi antichi. (p. 60; 1997)
  • Questo concetto-forza è anche la prima formulazione del concetto di Dio presso i popoli primitivi. L'immagine si è sviluppata in sempre nuove forme nel corso della storia. Nell'Antico Testamento la forza magica splende nel pruno fiammeggiante e al cospetto di Mosè, nei Vangeli proviene dal cielo nella discesa dello Spirito Santo sotto forma di lingue di fuoco. In Eraclito appare sotto forma di energia del mondo, come «fuoco perenne»; in persiano è lo splendore del fuoco dell'haoma, la grazia divina, negli stoici è il calore originario, la forza del destino. Nella leggenda medievale appare come aura, o aureola, e divampa sotto forma d'un'alta fiamma sul tetto della capanna in cui il santo giace in estasi. Nelle loro visioni i santi vedono questa forza come un sole, come pienezza di luce. (p. 63; 1997)
  • Il vecchio Eraclito, che era veramente un grande saggio, ha scoperto la più portentosa di tutte le leggi psicologiche, cioè la funzione regolatrice dei contrari. L'ha definita enantiodromia, il convergere l'uno verso l'altro, con la qual cosa intendeva che tutto sfocia nel suo contrario. (p. 65; 1997)
  • L'irrazionale non deve e non non può essere estirpato. Gli dèi non possono e non devono morire. Guai agli uomini che vogliono disinfettare razionalmente il cielo, Dio stesso è penetrato in loro perché non hanno riconosciuto l'esistenza della sua funzione. (p. 65; 1997)
  • In questo modo è risolto il problema di Scilla e Cariddi, di cui ho parlato in precedenza. Il paziente deve imparare a distinguere nelle sue idee ciò che è Io da ciò che è non-Io, cioè psiche collettiva o inconscio assoluto. Ottiene così il materiale con cui da questo momento in poi si dovrà confrontare per un lungo periodo. (p. 65; 1997)
  • L'inconscio collettivo è il precipitato di tutte le esperienze mondiali di ogni epoca, è quindi un'immagine del mondo che si è venuta formando nel corso di eoni. In questa immagine si sono delineati nel corso del tempo determinati tratti, i cosiddetti dominanti. Questi dominanti rappresentano i dominatori, gli dèi, sono cioè immagini dileggi e principi dominanti, i quali si ripresentano con regolarità media nei fluire delle immagini che il cervello ha assorbito dal fluire dei processi secolari. (p. 80; 1997)
  • Uno dei dominanti che si incontra quasi regolarmente nell'analisi di proiezioni di contenuti collettivi-inconsci è il «demone magico» che esercita un effetto prevalentemente inquietante. [...] L'immagine di questo demone è il gradino più basso e più antico del concetto di dio. (p. 82; 1997)
  • I contenuti dell'inconscio assoluto non sono solo residui di funzioni arcaiche specificamente umane, bensì anche residui di funzioni degli antenati animaleschi dell'uomo, la cui durata è stata infinitamente maggiore dell'epoca relativamente breve che riguarda l'esistenza specificamente umana. Questi residui, se attivi, sono quanto mai adatti non solo a bloccare il progresso dell'evoluzione, ma a portare ad una regressione, finché non è consumata la quantità di energia che l'inconscio assoluto ha attivato. (p. 83; 1997)
  • Le forze eruttate dalla psiche collettiva portano confusione e cecità mentale.
  • Secondo me il primo dovere dello psicologo scientifico sta nel mantenersi aderente ai fatti vitali della psiche, nell'osservare con esattezza questi fatti, aprendosi in tal modo a quelle esperienze più profonde delle quali non ha assolutamente conoscenza.

Explicit[modifica]

Il lettore si deve abituare all'idea che il nostro tipo di psicologia ha un aspetto del tutto pratico e un aspetto del tutto teorico. Non è soltanto un metodo di trattamento pratico o educativo, bensì anche una scienza teorica che ha attivi rapporti con le altre scienze a lei vicine.
[Carl Gustav Jung, La psicologia dei processi inconsci; in La psicologia dell'inconscio, traduzioni di Marco Cucchiarelli e Celso Balducci, Newton Compton editori, 1997]

La sincronicità come principio di nessi acausali (1952)[modifica]

  • Sia la concezione primitiva sia la concezione antica e medioevale della natura presuppongono l'esistenza, accanto alla causalità, di un simile principio. Fino a Leibniz la causalità non è né unica né predominante. Nel corso del diciottesimo secolo essa è poi diventata il principio esclusivo delle scienze naturali. Con l'ascesa delle scienze naturali nel diciannovesimo secolo la corrispondentia è tuttavia scomparsa dal quadro. (p. 96)
  • Il fenomeno della sincronicità è quindi la risultante di due fattori:
  1. un'immagine inconscia si presenta direttamente (letteralmente) o indirettamente (simboleggiata o accennata) alla coscienza come sogno, idea improvvisa o presentimento;
  2. un dato di fatto obiettivo coincide con questo contenuto.[45]
  • Io sono incline a supporre che la sincronicità nel senso più stretto non è che un caso particolare del generale coordinamento acausale, e precisamente quello dell'omogeneità di processi psichici e fisici nel quale l'osservatore si trova nella situazione favorevole per conoscere il tertium comparationis. Ma, nell'atto di percepire il fondamento archetipico, egli cade anche nella tentazione di ricondurre l'assimilazione di processi psichici e fisici reciprocamente indipendenti a un effetto (causale) dell'archetipo e quindi di trascurarne la pura contingenza. Tale pericolo è evitabile se si considera la sincronicità come un caso particolare del coordinamento generale. Così facendo si evita pure un aumento inammissibile dei principi esplicativi: l'archetipo è la forma del coordinamento psichico a priori, forma riconoscibile per via d'introspezione. Se a questo si associa un processo sincronistico esterno, esso segue lo stesso disegno fondamentale, ossia è ordinato allo stesso modo. Se esistono (eventi privi di causal dobbiamo definirli « atti creativi» nel senso di una creatio continua, di un coordinamento che in parte si ripete da sempre, in parte sporadicamente, e che non può venire dedotto da nessun antecedente costatabile.[46]

La struttura dell'inconscio (1916)[modifica]

Incipit[modifica]

Dal tempo in cui le nostre opinioni si sono differenziate da quelle della scuola viennese a proposito del principio informatore della psicoanalisi – cioè se si tratta di sessualità o semplicemente di energia – i nostri concetti hanno subìto una considerevole evoluzione. Dopo che si poté eliminare il pregiudizio su questo principio, ammettendone uno puramente astratto, di cui non avevamo stabilito a priori la natura, i nostri interessi si focalizzarono sul concetto di inconscio.
[Carl Gustav Jung, La struttura dell'inconscio; in La psicologia dell'inconscio, traduzioni di Marco Cucchiarelli e Celso Balducci, Newton Compton editori, 1997]

Citazioni[modifica]

  • Chiunque avanzi sul cammino dall'autorealizzazione deve inevitabilmente riportare alla coscienza i contenuti del suo inconscio personale, allargando in tal modo in grande misura il campo della sua personalità. (p. 109; 1997)
  • Come l'individuo non è assolutamente un essere unico e separato dagli altri, ma è anche un essere sociale, così la psiche umana non è un fenomeno chiuso in sé e meramente individuale, ma è anche un fenomeno collettivo. (p. 110; 1997)
  • Il primitivo si identifica ancora, in maggiore o minor misura, con la psiche collettiva e per tal ragione è equamente partecipe delle virtù e dei vizi di tutti senza alcuna attribuzione personale e senza contraddizione interiore. La contraddizione insorge soltanto quando si inizia lo sviluppo della mente personale e quando la ragione scopre l'inconciliabilità dei contrari. Conseguenza di questa scoperta è il conflitto della rimozione. Noi vogliamo essere buoni e quindi vogliamo sopprimere il male e con questo finisce il paradiso della psiche collettiva. (p. 112; 1997)
  • La rimozione della psiche collettiva è stata assolutamente necessaria per lo sviluppo della personalità, dato che psicologia collettiva e psicologia personale entro certi limiti si negano reciprocamente. La storia ci insegna che tutte le volte che un atteggiamento psicologico assume valore collettivo, cominciano a pullulare gli scismi. Il fenomeno assume la massima evidenza nella storia delle religioni. Un atteggiamento collettivo, anche se necessario, rappresenta sempre una minaccia per l'individuo. (p. 112; 1997)
  • Per esempio, non vi è dubbio che i simbolismi arcaici, che ricorrono di frequente nelle fantasie e nei sogni, sono elementi collettivi. Tutti gli istinti fondamentali e le modalità elementari del pensiero sono collettive. Tutte le cose che gli uomini concordano nel considerare come universali sono collettive, come pure è collettivo tutto ciò che è capito, osservato, detto e fatto da tutti. Uno studio più approfondito ci lascerà sempre stupiti nel constatare quanta parte della cosiddetta psicologia individuale è in realtà collettiva. Una così grande parte, infatti, che le caratteristiche individuali ne rimangono totalmente oscurate. (p. 114; 1997)
  • Quando analizziamo la persona le strappiamo la maschera e scopriamo che quello che sembrava individuale, alla base è collettivo. (p. 116; 1997)
  • Chiunque si identifichi con la psiche collettiva o, in termini mitologici, si lasci divorare dal mostro, e si annichilisca in esso, arriva al tesoro vigilato dal drago, ma vi arriva contro la sua volontà e con tutto danno per se stesso. (p. 121; 1997)
  • Nessuno cede alla suggestione a meno che non desideri, nel profondo del suo cuore, conformarsi ad essa. (p. 127; 1997)
  • Quindi né il medico né il paziente devono cullarsi nella speranza che l'analisi da sola basti ad eliminare la nevrosi. Sarebbe un inganno e un'illusione. In fin dei conti è sempre il fattore morale che opera la scelta tra malattia e salute. (p. 128; 1997)
  • La Persona è il modo in cui il soggetto è visto dal mondo. L'Anima [...] come viene vista dall'inconscio collettivo.
  • La società è organizzata non tanto dalla legge quanto dalla tendenza all'imitazione.

Psicologia e patologia dei cosiddetti fenomeni occulti (1902)[modifica]

Incipit[modifica]

Nel vasto ambito delle menomazioni psicopatiche, dal quale la scienza ha isolato i quadri clinici dell'epilessia, dell'isteria e della nevrastenia, si trovano osservazioni sparse su taluni rari stati di coscienza sul cui significato gli autori non sono ancora d'accordo. Queste osservazioni compaiono sporadicamente nella letteratura sulla narcolessia, sulla letargia, l'automatisme ambulatoire, l'amnesia periodica, gli stati sognanti patologici, la menzogna patologica, ecc.
[Carl Gustav Jung, Psicologia e patologia dei cosiddetti fenomeni occulti; in Inconscio, occultismo e magia, traduzione di Celso Balducci, Newton Compton editori, 1985]

Citazioni[modifica]

  • Dunque, al tempo in cui la conobbi, S.W. conduceva una vita straordinariamente contraddittoria, una vera e propria «doppia» vita, con due personalità coesistenti, ovvero alternanti, ciascuna delle quali lottava per il sopravvento. Ora fornirò alcuni tra i particolari più interessanti delle sedute in ordine cronologico. (p. 66; 1985)
  • Nei suoi viaggi non vedeva i luoghi attraverso cui passava in fretta. Aveva la sensazione di fluttuare e gli spiriti la avvertivano quando era arrivata a destinazione. Allora, di solito, vedeva soltanto il volto e la parte superiore della persona cui voleva presentarsi o che voleva visitare. (p. 77; 1985)
  • La domanda «Chi è che agisce? Chi è che parla?» assume il ruolo di una suggestione intesa alla sintesi di una personalità inconscia che non tarderà a manifestarsi. Inoltre nella mente del soggetto comparirà un nome, dotato in genere di un'intensa carica emotiva, e così lo sdoppiamento della personalità sarà completo. I resoconti, che qui seguono, presi dalla letteratura, dimostrano che questa sintesi è quanto mai casuale e fortuita. (p. 97; 1985)
  • Anche in altri visionari si è osservato questo meccanismo di formazione delle allucinazioni: Giovanna d'Arco vide innanzi tutto una nube luminosa dalla quale, poco dopo, uscirono San Michele, Santa Caterina e Santa Margherita. Swedenborg vide, per un'ora di seguito, solo sfere luminose e fuochi risplendenti. (p. 107; 1985)
  • Uno studente, che vedeva di frequente delle apparizioni, disse: «Quando vengono le apparizioni, inizialmente vedo solo delle masse luminose e, nel contempo, sento nelle orecchie un cupo rombo, ma, poco dopo, queste immagini informi si trasformano in figure ben distinguibili». (p. 107; 1985)
  • Come già abbiamo ricordato, non i sonnambuli soltanto ma anche moltissimi individui normali riescono a indovinare, dai movimenti di tremore, serie di pensieri alquanto lunghe, purché non troppo complicate. Questi esperimenti sono, in un certo senso, il prototipo di quei casi più rari, ma infinitamente più stupefacenti, di intuizione, che talora si osservano in sonnambuli. Zschokke ha dimostrato, mediante autoanalisi, che questi fenomeni non si osservano soltanto nei sonnambuli, ma anche in soggetti non affetti da sonnambulismo. (p. 137; 1985)

Ricordi, sogni, riflessioni[modifica]

  • Alla resa dei conti il fattore decisivo è sempre la coscienza, che è capace di intendere le manifestazioni dell'inconscio e di prendere posizione di fronte a esse.
  • La mia vita è la storia di un'autorealizzazione dell'inconscio.
  • La nostra psiche è costituita in armonia con la struttura dell'universo, e ciò che accade nel macrocosmo accade egualmente negli infinitesimi e più soggettivi recessi dell'anima.
  • La vita umana è un esperimento di esito incerto.
  • [Sul viaggio a Tunisi compiuto nel 1920] Mentre ero ancora preso da questa profonda impressione di una durata infinita e di un'esistenza statica, degna dell'età dell'oro, d'un tratto ricordai il mio orologio, e pensai al tempo accelerato dell'europeo. Era questa, senza dubbio, la nuvola buia e inquietante che pendeva minacciosa sul capo a questi inconsapevoli. Improvvisamente mi apparvero come selvaggina che non vede il cacciatore, ma che con indistinta angoscia ne sente l'odore: in questo caso il cacciatore era il dio del tempo che inesorabilmente avrebbe frantumato in pezzetti – giorni, ore, minuti, secondi – quella loro durata memore ancora dell'eternità.
  • Per quanto ci è dato conoscere, l'unico significato dell'esistenza umana è di accendere una luce nelle tenebre del puro essere.
  • Quanto più domina la ragione critica, tanto più la vita si impoverisce; ma quanto più dell'inconscio e del mito siamo capaci di portare alla coscienza, tanto più rendiamo completa la nostra vita. La ragione, se sopravvalutata, ha questo in comune con l'assolutismo politico: sotto il suo dominio la vita individuale si impoverisce.
  • Se riusciamo a capire e a sentire che già in questa vita abbiamo un legame con l'infinito, i nostri desideri e i nostri atteggiamenti mutano. In ultima analisi, contiamo qualcosa solo grazie a ciò che di essenziale possediamo e se non lo possediamo la vita è sprecata.
  • Sfortunatamente oggi si dà ben poco sfogo al lato mitico dell'uomo: esso non può più creare miti. Così molto gli sfugge: poiché è importante e salutare parlare anche di cose incomprensibili. È come raccontare una bella storia di spettri stando accanto al camino e fumando la pipa.
  • Un uomo che non è passato attraverso l'inferno delle passioni non le ha mai superate.

Tipi psicologici (1921)[modifica]

Incipit[modifica]

Nel corso della mia pratica professionale di medico di malattie nervose mi ha da tempo colpito il fatto che, accanto alle molte diversità individuali della psicologia umana, esistono anche differenze di tipi: più specialmente mi hanno colpito due tipi, che ho denominato introverso ed estroverso. Se prendiamo a considerare la vita umana nel suo svolgimento, vediamo che vi sono uomini il cui destino è determinato in prevalenza dagli oggetti dei loro interessi e altri il cui destino è invece determinato piuttosto dalla loro propria interiorità, o soggettività. Poiché noi tutti ci avviciniamo un po' più a questo o a quel modo d'essere, siamo naturalmente inclini a intendere sempre ogni cosa nel senso che è peculiare al nostro tipo.
[Carl Gustav Jung, Tipi psicologici, traduzione di Cesare L. Musatti e Luigi Aurigemma, Bollati Boringhieri, 2011]

Citazioni[modifica]

  • L'ipotesi che esista una sola psicologia o un solo principio psicologico fondamentale costituisce un'intollerabile tirannia derivante dal pregiudizio pseudoscientifico dell'uomo normale. Si parla sempre dell'uomo e della sua "psicologia", che viene ridotta costantemente a un "null'altro che". [...] L'umanità deve rassegnarsi all'esistenza di questi due tipi, ed evitare assolutamente di concepire l'un tipo come un fraintendimento dell'altro e di voler sul serio ridurre un tipo all'altro come se ogni diversità di natura fosse da valutarsi solo in funzione della natura di uno dei due tipi (p. 47-48, 2011)
  • La psiche crea giorno per giorno la realtà. A questa attività non so dare altro nome che quello di fantasia. La fantasia è a un tempo sentimento e pensiero, intuizione e sensazione. (p. 58, 2011)
  • La psicologia freudiana è caratterizzata dal concetto centrale della rimozione di tendenze e desideri incompatibili. L'uomo vi appare con un fascio di desideri che sono solo in parte adattabili all'oggetto. Le sue difficoltà nevrotiche consistono nel fatto che le influenze ambientali, l'educazione e le condizioni obiettive gli impediscono parzialmente di vivere liberamente le sue pulsioni. [...] Per contro, la psicologia di Adler è caratterizzata dal concetto centrale della superiorità dell'Io. L'uomo appare in primo luogo come un Io centrale che non deve in alcun caso sottostare all'oggetto. [...] Il primo modo di vedere dovrebbe perciò essere essenzialmente estroverso, il secondo invece introverso. [...] Sia il punto di vista di Freud che quello di Adler sono unilaterali e caratteristici di un tipo solo. (p. 68-70, 2011)
  • Il punto di vista moralistico del nostro tempo vuole naturalmente sapere sempre se la tal cosa sia dannosa o utile, se sia giusta o ingiusta. Una vera psicologia non può darsi pensiero di ciò; le basta sapere come sono le cose in sé e per sé. (p. 137, 2011)
  • Solo un idealista e ottimista incorreggibile potrebbe immaginare la "totalità" della natura umana come "bella" senz'altro. Essa è piuttosto, se si vuol essere giusti, semplicemente una realtà di fatto che ha i suoi lati chiari e i suoi lati oscuri. La somma di tutti i colori è un grigio: chiaro su fondo scuro e scuro su fondo chiaro. (p. 139, 2011)
  • Per relatività di Dio io intendo una concezione secondo la quale Dio non esiste come "assoluto" e cioè staccato dal soggetto umano e al di là di tutte le condizioni umane, ma in base alla quale egli in un certo senso dipende dal soggetto umano. [...] Per la nostra psicologia analitica, l'immagine di Dio è l'espressione simbolica di uno stato psichico o di una funzione caratterizzata dal fatto che essa si sovrappone assolutamente alla volontà cosciente del soggetto e può quindi imporre o rendere possibili atti e realizzazioni che la coscienza con i suoi sforzi non sarebbe in grado di attuare. Dio [...] è una funzione dell'inconscio, cioè la manifestazione di una quantità di libido divenuta autonoma, la quale ha attivato l'immagine di Dio. (p. 236, 2011)
  • Anche considerando di sfuggita la filosofia delle Upaniṣad, si ha l'impressione che il raggiungimento del sentiero non sia un compito dei più facili. Il tono di superiorità di noi occidentali di fronte alle concezioni indiane è frutto della nostra natura barbarica, ancora assai lontana dall'aver un'idea della loro straordinaria profondità e della loro sorprendente esattezza psicologica. Noi siamo ancora così immaturi che abbiamo bisogno di leggi dall'esterno e di chi ci tenga a freno con la ferula (ossia di un padre) per poter sapere che cosa è bene e per poter agire rettamente. Ed è perché siamo ancora così barbari che crediamo che la fiducia nelle leggi della natura umana e della via umana sia una specie di naturalismo pericoloso e immorale. Perché? Perché nel barbaro sotto la scorza sottile dell'uomo civile spunta subito la bestia, e di questa il barbaro ha giustamente paura. Ma non si domina la bestia limitandosi a chiuderla in una gabbia. Non vi è moralità senza libertà. Se un barbaro lascia libera la bestia che è in lui, questo non è libertà ma esattamente l'opposto. Per poter essere liberi è necessario che prima la barbarie sia domata. Ciò accade in linea di massima se il fondamento e la forza determinante della moralità sono avvertiti e sentiti dall'individuo come elementi costitutivi della sua stessa natura e non come limitazioni esteriori. (2021)
  • Distinguo quindi fra l'Io e il , in quanto l'Io è solo il soggetto della mia coscienza, mentre il Sé è il soggetto della mia psiche totale, quindi anche di quella inconscia. [...] Nelle fantasie inconsce il Sé appare spesso come una personalità di grado superiore o ideale: così Faust in Goethe e Zarathustra in Nietzsche. (2021)
  • Il fanatismo altro non è se non un dubbio ipercompensato. (2021)

Citazioni su Carl Gustav Jung[modifica]

  • Jung era sicuramente un ermetista. (Gabriele La Porta)
  • La nostra concezione, che è stata sin dall'inizio dualista, lo è più che mai oggi, che abbiamo sostituito all'opposizione tra pulsioni dell'io e pulsioni sessuali quella tra pulsioni di vita e pulsioni di morte. La teoria della libido di Jung è, al contrario, monista; il fatto che egli abbia chiamato libido l'unico moto pulsionale che ammette, è destinato a creare confusione, ma non può toccarci in alcun modo. (Sigmund Freud)
  • [Leggendo per la prima volta un'opera di Carl Gustav Jung] Mi trovo sull'orlo di un mondo talmente nuovo, terribile e meraviglioso che ho quasi paura a guardarci dentro. (Jack London)

Marie-Louise von Franz[modifica]

  • Di qui l'affermazione dei filosofi cinesi che chiunque sia in pieno e costante contatto col Tao non ha più bisogno di consultare I Ching; anche Jung alla fine della vita smise di interrogarli, poiché, come mi raccontò un giorno, conosceva in anticipo le risposte.
  • È dunque possibile dimostrare empiricamente che l'intero ambito psichico, che Jung definisce inconscio collettivo, lo strato più sotterraneo dell'inconscio osservabile psichicamente, possiede una struttura di campo, i cui punti «carichi d'energia» corrispondono agli archetipi. I decorsi energetici in questo campo seguono un processo lineare irreversibile, e quindi determinano il tempo.
  • Jung è giunto alla convinzione che l'archetipo sarebbe per noi qualcosa d'impenetrabile, l'ultima abissale struttura del nostro essere, che possederemo forse in eterno all'interno di questo modello, tuttavia, possono avvenire creazioni nel senso di una creatio continua.
  • Jung scoprì che è possibile una certa predicibilità non degli eventi sincronistici, ma del «coordinamento acausale», attraverso metodi divinatori numerici. Ciò dimostrerebbe un legame tra il numero naturale e il coordinamento acausale. Sembra risultarne pertanto un «gioco degli archetipi» legato al tempo. Con un oracolo numerico, quale ad esempio I Ching, guardiamo a un orologio cosmico e vediamo come appare il coordinamento acausale in quel momento. Perciò Jung definì il numero naturale come l'archetipo d'un ordine divenuto cosciente. Il coordinamento acausale nell'inconscio psichico, in sé, sfugge alla nostra conoscenza, ma quando ne diventiamo consci trova la sua più primitiva e arcaica espressione nel numero.
  • Il numero è, secondo Jung, la forma più primitiva degli archetipi, quell'ordinatore delle nostre riflessioni coscienti in cui si legano quantità e senso.

Note[modifica]

  1. Da una lettera alla signora C., 30 novembre 1958; citato in Gian Piero Quaglino, Augusto Romano, A spasso con Jung, Raffaello Cortina Editore, 2021.
  2. Da Jung parla, p. 535.
  3. Da Aion: ricerche sul simbolismo del Sé, p. 207.
  4. Da una lettera di Jung a Olga Fröbe-Kapteyn inviata pochi giorni prima dell'inizio dei Colloqui di Eranos, in Carl Gustav Jung a Eranos: 1933-1952, a cura di Gian Piero Quaglino, Augusto Romano, Riccardo Bernardini, Antigone, Torino, 2007, p. 90. ISBN 978-88-95283-13-5; citato in Giancarlo Germanà, I Colloqui di Eranos, nuovogiornalenazionale.com, 19 marzo 2022.
  5. Da Jung parla, p. 142.
  6. Citato in AA.VV., Il libro della psicologia, traduzione di Giuliana Lupi, Gribaudo, 2018, p. 107. ISBN 9788858015018
  7. Citato in Il venerdì di Repubblica, 23 ottobre 2009.
  8. Da Psicoanalisi e psicologia analitica, a cura di di Maria Anna Massimello, traduzione di Silvia Stefani e Paolo Santarcangeli, Bollati Boringhieri, 2015. ISBN 978-88-339-7350-0
  9. Da Il divenire della personalità, ne Lo sviluppo della personalità.
  10. Da Psicologia della traslazione, in OP, XVI, p. 2411; citato in Adriana Mazzarella, Alla ricerca di Beatrice. Dante e Jung, Edizioni Edra, Milano, 2017, p. 521. ISBN 978-88-214-4070-0
  11. Citato in Luciana Marinangeli, Risonanze celesti, Marsilio, 2007, p. 187.
  12. Citato in von Franz, Psiche e materia, p. 81.
  13. Dalla lettera a Smythies, il 29 febbraio 1952; citato in von Franz, Psiche e materia, p. 95.
  14. Dalla lettera a Smythies, il 29 febbraio 1952; citato in von Franz, Psiche e materia, p. 197.
  15. Da Psicologia analitica ed educazione, ne Lo sviluppo della personalità.
  16. Da Considerazioni sull'essenza della psiche, in OP, VIII, pp. 242-243; citato in Adriana Mazzarella, Alla ricerca di Beatrice.Dante e Jung, Edizioni Edra, 2017, p. 345. ISBN 978-88-214-4070-0
  17. Da Gli stadi della vita, ne La dinamica dell'inconscio.
  18. Da Gli archetipi dell'inconscio collettivo, in Gli archetipi e l'inconscio collettivo.
  19. Da Psicologia dell'inconscio.
  20. Citato in AA.VV., Il libro della psicologia, traduzione di Giuliana Lupi, Gribaudo, 2018, p. 105. ISBN 9788858015018
  21. Da Gli archetipi e l'inconscio collettivo.
  22. Da La funzione trascendente, ne La dinamica dell'inconscio.
  23. Da Picasso, in Realtà dell'anima, traduzione di Paolo Santarcangeli, Bollati Boringhieri, Torino, 2015, pp. 149-150. ISBN 978-88-339-2652-0
  24. Da La donna in Europa, in Civiltà in transizione. Il periodo fra le due guerre.
  25. Da L'uomo moderno alla ricerca dell'anima.
  26. Da Psicologia e alchimia (1935); citato in von Franz, Psiche e materia, p. 124.
  27. (EN) Dalla lettera a L. Kling, 14 gennaio 1958; in Letters of C. G. Jung, Volume 2 (1951-1961), a cura di Gerhard Adler e Jaffé Aniela, Routledge, 2015, p. 409. ISBN 1317529367
  28. Da Pratica della psicoterapia, a cura di Lisa Baruffi, Bollati Boringhieri, Torino, 2015. ISBN 978-88-339-7351-7
  29. Dall'introduzione a D.T. Suzuki, Introduzione al Buddhismo Zen, Roma, Ubaldini, 1970, p. 15.
  30. Da Archivio Jung, Zurigo; citato in Libro rosso. Liber Novus, p. 197-a.
  31. Citato in Piergiorgio Odifreddi, Il Vangelo secondo la Scienza. Le religioni alla prova del nove, Einaudi, 2008.
  32. Da L'Io e l'inconscio, traduzione di Arrigo Vita, in Due testi di piscologia analitica, Boringhieri, Torino, 1987, p. 222.
  33. Da Introduzione a Toni Wolff, "Studi sulla psicologia di C. G. Jung", in Civiltà in transizione. Dopo la catastrofe.
  34. Da Lo spirito Mercurio, in OP, XIII, p. 2701; citato in Adriana Mazzarella, Alla ricerca di Beatrice. Dante e Jung, Edizioni Edra, 2017, p. 523. ISBN 978-88-214-4070-0
  35. Da Lo spirito Mercurio, in OP, XIII, p. 2761; citato in Adriana Mazzarella, Alla ricerca di Beatrice. Dante e Jung, Edizioni Edra, 2017, p. 523. ISBN 978-88-214-4070-0
  36. Da Mysterium coniunctionis. Ricerche sulla separazione e composizione degli opposti psichici nell'alchimia (1955-56), II, VI, 9; in La Synchronicité, l'âme et la science, Poiesis, 1995, p. 69. ISBN 978-2-226-07609-0
  37. Da Prefazione a R. J. Van Helsdingen, "Immagini dall'inconscio", ne La vita simbolica.
  38. Da Aion: ricerche sul simbolismo del Sé, p. 67.
  39. Da Psicologia dell'inconscio.
  40. Da Considerazioni generali sulla psicologia del sogno, ne La dinamica dell’inconscio.
  41. Citato in AA.VV., Il libro della psicologia, traduzione di Giuliana Lupi, Gribaudo, 2018, p. 106. ISBN 9788858015018
  42. Citato in Selezione dal Reader's Digest, marzo 1985.
  43. Da Jung parla, p. 319.
  44. Da Jung e la fede religiosa, ne La vita simbolica.
  45. Da La sincronicità come principio di nessi acausali, traduzione di S. Daniele, in Opere, vol. VIII, p. 477, Torino, Boringhieri, 1983.
  46. Citato in von Franz, Psiche e materia, p. 175.

Bibliografia[modifica]

  • Carl Gustav Jung, Il libro rosso. Liber novus, a cura di Sonu Shamdasani (Das Rote Buch: Liber novus, Stiftung der Werke von C.G. Jung, Zürich, 2009), traduzioni di Giovanni Sorge, Maria Anna Massimello, Giulio Schiavoni; consulenza linguistica di Liselotte Mangels Giannachi, Bollati Boringhieri, 2010.
  • Carl Gustav Jung, Aion: ricerche sul simbolismo del sé, traduzione di Lisa Baruffi, Boringheri, 1982.
  • Carl Gustav Jung, Civiltà in transizione. Il periodo fra le due guerre, a cura di Maria Anna Massimello, traduzione di Flavio Cuniberto, Paolo Santarcangeli, Arrigo Vita, Giovanni Bollea, Maria Anna Massimello, Elena Schanzer, Lisa Baruffi, Bollati Boringhieri, 2014.
  • Carl Gustav Jung, Civiltà in transizione. Dopo la catastrofe, a cura di Maria Anna Massimello, traduzione di Maria Anna Massimello, Paolo Santarcangeli, Silvano Daniele ed Elena Schanzer, Bollati Boringhieri, 2014.
  • Carl Gustav Jung, Gli archetipi e l'inconscio collettivo, a cura di Lisa Baruffi, traduzione di Elena Schanzer, Antonio Vitolo, Lisa Baruffi, Angelo Brelich, Olga Bovero Caporali, Neni Dalmasso, Silvano Daniele, Bollati Boringhieri, Torino, 2014. ISBN 978-88-339-7342-5
  • Carl Gustav Jung, Jung parla. Interviste e incontri, a cura di William McGuire e ‎R. F. C. Hull, traduzione di Adriana Bottini, Adelphi, Milano, 1999. ISBN 88-459-1443-7
  • Carl Gustav Jung, Inconscio, occultismo e magia, traduzione di Celso Balducci, Newton Compton editori, 1985.
  • Carl Gustav Jung, L'uomo e i suoi simboli, traduzione di Roberto Tettucci, TEA, 2011. ISBN 978-88-502-0552-3
  • Carl Gustav Jung, L'uomo e i suoi simboli, traduzione di Roberto Tettucci, Raffaello Cortina Editore, 2018. ISBN 978-88-7078-023-9
  • Carl Gustav Jung, La dinamica dell'inconscio, a cura di Luigi Aurigemma, Bollati Boringhieri, Torino, 2015. ISBN 9788833973418
  • Carl Gustav Jung, La libido, simboli e trasformazioni, traduzione di Girolamo Mancuso, Newton, 2006.
  • Carl Gustav Jung, La psicologia dell'inconscio, traduzioni di Marco Cucchiarelli e Celso Balducci, Newton Compton editori, 1997.
  • Carl Gustav Jung, La sincronicità come principio di nessi acausali, traduzione di S. Daniele, Torino, Boringhieri, 1980.
  • Carl Gustav Jung, La vita simbolica, a cura di Maria Anna Massimello, traduzione di Rossana Leporati, Maria Anna Massimello ed Enrica Matta, Bollati Boringhieri, 2015.
  • Carl Gustav Jung, Lo sviluppo della personalità, a cura di Maria Anna Massimello, traduzione di Rossana Leporati e Roberto Bazlen, Bollati Boringhieri, Torino, 2015. ISBN 978-88-339-7352-4
  • Carl Gustav Jung, Psicologia dell'inconscio, traduzione di Silvano Daniele, Bollati Boringhieri, Torino, 2021. ISBN 978-88-339-3797-7
  • Carl Gustav Jung, Ricordi, sogni, riflessioni, a cura di Aniela Jaffé, traduzione di Guido Russo, Rizzoli, Milano, 2021. ISBN 9788831805032
  • Carl Gustav Jung, Tipi psicologici, traduzione di Cesare L. Musatti e Luigi Aurigemma, Bollati Boringhieri, 2011.
  • Carl Gustav Jung, Tipi psicologici, traduzione di Cesare L. Musatti e Luigi Aurigemma, Bollati Boringhieri, 2021. ISBN 978-88-339-3805-9
  • Marie-Louise von Franz, Psiche e materia, Boringheri, 2014. ISBN 978-88-339-0712-3
  • Carl Gustav Jung, Coscienza, inconscio e individuazione, Boringheri, 2019. ISBN 978-88-339-2483-0

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