Elias Canetti

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Elias Canetti
Medaglia del Premio Nobel
Medaglia del Premio Nobel
Per la letteratura (1981)

Elias Canetti (1905 – 1994), scrittore bulgaro naturalizzato britannico.

Citazioni di Elias Canetti[modifica]

  • Compresi che gli uomini si parlano, sì, l'un l'altro, però non si capiscono; che le loro parole sono colpi che rimbalzano sulle parole altrui; che non vi è illusione più grande della convinzione che il linguaggio sia un mezzo di comunicazione fra gli uomini.[1]
  • [Su Tolstoj] Le sue contraddizioni lo rendono sommamente credibile, è l'unica figura del passato che nei tempi nostri si possa prendere sul serio.[2]
  • Schivare il concreto è uno dei fenomeni più inquietanti della storia dello spirito umano.[3]
  • Sisifo ama il suo masso, perché lo trascina.[4]
  • Sono stato testimone della fama di un Eliot. Qualcuno proverà mai vergogna a sufficienza per avergliela tributata?... un libertino del nulla, un galoppino di Hegel, uno stupratore di Dante... Sarà molto difficile raffigurare Eliot com'era realmente, ovvero nella sua malvagità abissale... La sua opera d'un gretto minimalismo (tante piccole sputacchiere del fallimento artistico), il poeta del moderno impoverimento inglese dei sentimenti, con lui diventato di moda.[5]

Appunti[modifica]

1942[modifica]

  • Le guerre si fanno per amore della guerra. Finché non si ammetterà questo, non si riuscirà mai a combattere veramente contro le guerre.

1955[modifica]

  • Zoppica così bene che coloro che le camminano a fianco sembrano storpi.

1962[modifica]

  • John Aubrey, che nel secolo XVII vide gli uomini come il più abile poeta di oggi. Li descrisse in brevi frasi, non tralasciò niente e non aggiunse niente. Descrisse tutti quelli di cui sapeva qualcosa. Non si arrogò di trovarli buoni o cattivi, c'erano già troppi predicatori. Di alcuni riferisce solo una frase; di Hobbes, suo amico, lascia in venti pagine il più intimo ritratto di filosofo che si trovi nella letteratura mondiale. I suoi quasi illeggibili manoscritti rimangono abbandonati in disordine: quando, dopo secoli, i testi furono finalmente decifrati e pubblicati, risultò essere ancora sempre in anticipo sul suo tempo; gli uomini, quali egli li vide, vivono soltanto oggi.

1967[modifica]

  • Alcuni raggiungono la loro massima cattiveria nel silenzio.

1968[modifica]

  • Malraux, pasciuto di Nietzsche, computa i suoi «pericoli». Tutto è eccitazione, avventura: poi, ministro.

Auto da fé[modifica]

Incipit[modifica]

«Che fai qui, bambino?»[6]

Citazioni[modifica]

  • Se una madre fosse solo una madre: ma quale donna si contenta di quello che è il suo vero ufficio?
  • Per lei [Kien pensando a che testo dare a Therese] non si poteva prendere in considerazione che un romanzo. Non che dai romanzi la mente tragga molto nutrimento. Il piacere che forse essi offrono lo si paga a carissimo prezzo: essi finiscono per guastare anche il carattere più solido. Ci s'abitua ad immedesimarsi in chicchessia. Si prende gusto al continuo mutare delle situazioni. Ci si identifica con i personaggi che piacciono di più. Si arriva a capire qualunque atteggiamento. Ci si lascia guidare docilmente verso le mete altrui e si perdono di vista le proprie. I romanzi sono dei cunei che un autore con la penna in mano insinua nella chiusa personalità dei suoi lettori. Quanto più egli saprà calcolare la forza di penetrazione del cuneo e la resistenza che gli verrà opposta, tanto più ampia sarà la spaccatura che rimarrà nella personalità del lettore. I romanzi dovrebbero essere proibiti dalla legge. (1981, p. 47)
  • Non c'è bisogno che vi ricordi [discorso di Kien ai libri della sua biblioteca] in modo particolareggiato la storia antichissima e superba delle vostre sofferenze. Scelgo soltanto un esempio per mostrarvi in maniera persuasiva quanto vicini siano odio e amore. La storia d'un paese che tutti noi in egual misura veneriamo, di un paese in cui voi avete goduto delle più grandi attenzioni e dell'affetto più grande, di un paese in cui vi si è tributato persino quel culto divino che ben meritate, narra un orribile evento, un crimine di proporzioni mitiche, perpetrato contro di voi da un sovrano diabolico per suggerimento di un consigliere ancor più diabolico. Nell'anno 213 avanti Cristo, per ordine dell'imperatore cinese Shi Hoang-ti − un brutale usurpatore che ebbe l'ardire di attribuire a se stesso il titolo di "Primo, Augusto, Divino" − vennero bruciati tutti i libri esistenti in Cina. Quel delinquente brutale e superstizioso era per parte sua troppo ignorante per valutare esattamente il significato dei libri sulla base dei quali veniva combattuto il suo tirannico dominio. Ma il suo primo ministro Li-Si, un uomo che doveva tutto ai propri libri, e dunque uno spregevole rinnegato, seppe indurlo, con un abile memoriale, a prendere questo inaudito provvedimento. Era considerato delitto capitale persino parlare dei classici della poesia e della storia cinese. La tradizione orale doveva venire estirpata a un tempo con quella scritta. Venne esclusa dalla confisca solo una piccola minoranza di libri; quali, potete facilmente immaginare: le opere di medicina, farmacopea, arte divinatoria, agricoltura e arboricoltura − cioè tutta una marmaglia di libri di puro interesse pratico. «Confesso che il puzzo di bruciato dei roghi di quei giorni giunge ancor oggi alle mie narici. A che giovò il fatto che tre anni più tardi a quel barbaro imperatore toccasse il destino che s'era meritato? Morì, è vero, ma ai libri morti prima di lui ciò non arrecò alcun giovamento. Erano bruciati e tali rimasero. Ma non voglio tacere quale fu, poco dopo la morte dell'imperatore, la fine del rinnegato Li-Si. Il successore al trono, che aveva ben capito la sua natura diabolica, lo destituì dalla carica di primo ministro dell'impero che egli aveva rivestito per più di trent'anni. Fu incatenato, gettato in prigione e condannato a ricevere mille bastonate. Non un colpo gli venne risparmiato. Fu costretto a confessare mediante la tortura i suoi delitti. Oltre all'assassinio di centinaia di migliaia di libri aveva infatti sulla coscienza anche altre atrocità. Il suo tentativo di ritrattare più tardi la propria confessione fallì. Venne segato in due sulla piazza del mercato della città di Hien-Yang, lentamente e nel senso della lunghezza, perché in questo modo il supplizio dura più a lungo; l'ultimo pensiero di questa belva assetata di sangue fu per la caccia. Oltre a ciò non si vergognò di scoppiare in lacrime. Tutta la sua stirpe, dai figli a un pronipote di appena sette giorni, sia donne che uomini, venne sterminata: tuttavia, invece di essere condannati al rogo, come sarebbe stato giusto, ottennero la grazia di venir passati a fil di spada. In Cina, il paese in cui la famiglia, il culto degli antenati, il ricordo delle singole persone sono tenuti così in gran conto, nessuna famiglia ha mantenuto viva la memoria del massacratore Li-Si; solo la storia l'ha fatto, proprio quella storia che l'indegna canaglia, più tardi finita come ho detto, aveva voluto distruggere. (1981, pp. 98-99)
  • Nella lista dei libri caduti figurava sotto il numero trentanove un grosso volume antico dal titolo: Armamento e tattica dei lanzichenecchi. Esso era appena rotolato con gran fracasso giù dalla scaletta, che i portinai tubicini s'erano già trasformati in lanzichenecchi. Un immenso entusiasmo s'impadroni di Kien: il portiere era un lanzichenecco, che altro poteva mai essere? La figura tarchiata, la voce tonante, la fedeltà comprata a peso d'oro, la temerarietà che non rretrava davanti a nulla, nemmeno davanti alle donne, la millanteria e il continuo inconcludente sbraitare: un perfetto lanzichenecco. Da quel momento il pugno non gli fece più paura. Gli sedeva davanti un ben noto personaggio storico, e lui sapeva che cosa esso avrebbe fatto e che cosa non avrebbe fatto. Beninteso, la sua stupidità era tale da far rizzare i capelli: si comportava appunto come si addice a un lanzichenecco. Quel poveraccio, nato in ritardo, era venuto al mondo come un lanzichenecco soltanto nel ventesimo secolo e se ne stava rintanato tutto il giorno in quel suo buco oscuro, senza un libro, solo come un cane, esiliato dal secolo che era il suo e sbalestrato in un altro per il quale sarebbe sempre rimasto un estraneo. Collocato nell'innocua lontananza del XVI secolo il portiere si riduceva a niente, facesse pure il gradasso quanto voleva. Per dominare un uomo basta inquadrarlo storicamente. [...] Quando s'accomiatava Kien lo trovava ridicolo. Il costume gli stava a pennello, ma ormai i tempi erano cambiati. Gli rincresceva che non sempre fosse possibile applicare il suo metodo storico. A Therese non c'era verso di trovare un posto adatto in tutta la storia dei popoli civili e incivili da lui conosciuti. (1981, pp. 124-125)

Il cuore segreto dell'orologio[modifica]

  • Chi ha troppe parole non può che essere solo. (p. 15)
  • È già difficile sopportare il proprio autocompiacimento. Ma quello degli altri! (p. 17)
  • Questo è un aforisma, dice, e si affretta a richiudere la bocca di scatto. (p. 18)
  • Sono sempre più convinto che le mentalità sorgono dalle esperienze di massa. Ma gli uomini hanno colpa delle loro esperienze di massa? Non vi incorrono assolutamente indifesi? Come dev'essere fatto un uomo per potersene proteggere?
    Ecco quello che veramente m'interessa in Karl Kraus. Bisogna forse poter formare masse proprie per essere immuni dalle altre? (p. 28)
  • Si può vivere soltanto se, con una certa frequenza, non si fa quello che ci si propone.
    L'arte consiste nel proporsi la cosa giusta da non fare.
    Chi obbedisce a se stesso soffoca non meno di chi obbedisce ad altri. Soltanto l'incoerente non soffoca, colui che si dà ordini ai quali si sottrae.
    Talvolta, in circostanze particolari, è giusto soffocare. (p. 30)
  • I respiri non si lasciano condensare in conclusioni. (p. 31)
  • La memoria si blocca. Ma è ancora lì tutta intera. Anche le cose più dimenticate si ripresentano, ma quando vogliono loro. (p. 35)
  • Mi sono insopportabili gli scrittori che collegano sempre tutto con tutto.
    Amo gli scrittori che si limitano, quelli che scrivono, per così dire, al di sotto della propria intelligenza, che cercano di ripararsi dal loro raziocinio, che se ne defilano, ma senza buttarlo via o perderlo. O quelli per i quali il raziocinio è nuovo, qualcosa che hanno acquistato o scoperto molto tardi. (pp. 39-40)
  • C'è chi si fa illuminare da cose di poco conto, all'improvviso: meraviglioso. C'è chi è incessantemente illuminato da cose «importanti»: tremendo. (p. 40)
  • È illusoria l'idea che con la vecchiaia subentri una maggiore tolleranza. Non si è diventati più magnanimi, soltanto sensibili ad altro. (p. 40)
  • Ognuno vuole amici potenti. Ma loro ne vogliono di più potenti. (p. 73)
  • Nei libri che ricordiamo c'è tutta la sostanza di quelli che abbiamo dimenticato. (p. 76)
  • I libri che recensiva, li leggeva solo in seguito. Così sapeva già quello che ne pensava. (p. 118)
  • Per quanto sgradevoli siano i nemici, non diventeranno mai noiosi come i seguaci. (p. 124)

Il frutto del fuoco[modifica]

Incipit[modifica]

I cambiamenti di scena dei miei primi anni li accettai senza opporre resistenza.[6]

Citazioni[modifica]

  • La vita è lotta, lotta senza quartiere, ed è un bene che sia così. L'umanità, altrimenti, non potrebbe progredire. Una razza di deboli si sarebbe estinta da un pezzo, senza lasciare traccia.
  • Quel che conta è solo credere nella propria causa. E magari l'avversario crede nella causa opposta!

La lingua salvata[modifica]

Incipit[modifica]

Il mio più lontano ricordo è intinto di rosso. In braccio a una ragazza esco da una porta, davanti a me il pavimento è rosso e sulla sinistra scende una scala pure rossa. Di fronte a noi, sul nostro stesso piano, si apre una porta e ne esce un uomo sorridente che mi si fa incontro con aria gentile. Mi viene molto vicino, si ferma e mi dice: «Mostrami la lingua!». Io tiro fuori la lingua, lui affonda una mano in tasca, ne estrae un coltellino a serramanico, lo apre e con la lama mi sfiora la lingua. Dice: «Adesso gli tagliamo la lingua». Io non oso ritirarla, l'uomo si fa sempre più vicino, ora toccherà la lingua con la lama. All'ultimo momento ritira la lama e dice: «Oggi no, domani». Richiude il coltellino con un colpo secco e se lo ficca in tasca.

Citazioni[modifica]

  • Ho passato la parte migliore della mia esistenza a mettere a nudo le debolezze dell'uomo, quale ci appare nelle civiltà storiche. Ho analizzato il potere e l'ho scomposto nei suoi elementi con la stessa spietata lucidità con cui mia madre analizzava i processi della famiglia. Ben poco del male che si può dire dell'uomo e dell'umanità io non l'ho detto. E tuttavia l'orgoglio che provo per essa è ancora così grande che solo una cosa io odio veramente: il suo nemico, la morte. (p. 14)
  • Wedekind veniva talvolta a Zurigo, dove presentava allo Schauspielhaus il suo Spirito della terra. Era un autore violentemente discusso, si formarono addirittura due fazioni, una pro e una contro di lui. Quelli che erano contrari erano più numerosi, quelli favorevoli più interessanti. (p. 234)
  • Di Wedekind mi feci un'immagine quanto mai inadeguata e siccome non volevo precipitare le cose ed ero un ragazzo pazientissimo, purché ad ammonirmi fosse la persona giusta, non mi sentivo ancora attratto da lui. (p. 234-235)
  • Io credo infatti che faccia parte del sapere il volersi rendere manifesto e non contentarsi di un'esistenza nascosta. Il sapere muto mi pare pericoloso, perché, ammutolendo sempre più, finisce per diventare un sapere segreto che poi deve vendicarsi della propria segretezza. (p. 278)

Explicit[modifica]

Si occupò del trasferimento in Germania, un Paese, come diceva, segnato a fuoco dalla guerra. Si era fatta l'idea che mi sarei trovato a una scuola più dura, fra uomini che erano stati in guerra e conoscevano il peggio.
Io cercai di oppormi con ogni mezzo al trasferimento, ma lei non volle sentir ragioni e mi portò via. Il paradiso zurighese era finito, finiti gli unici anni di perfetta felicità. Forse se lei non mi avesse strappato da lì avrei continuato a essere felice. Ma è anche vero che venni a conoscenza di altre cose, diverse da quelle che sapevo in paradiso. È vero che io, come il primo uomo, nacqui veramente alla vita con la cacciata dal paradiso.

La provincia dell'uomo[modifica]

1942[modifica]

  • Chi ha avuto successo non ode che gli applausi. Per il resto è sordo.
  • Gli uomini non hanno più misura, per nulla, da quando la vita umana non è più la misura.
  • Ha gli occhi spietati di chi è amato sopra ogni cosa.
  • I giorni vengono distinti fra loro, ma la notte ha un unico nome.
  • Il comportamento esteriore degli uomini è così equivoco che basta mostrarsi come si è per vivere completamente occultati e sconosciuti.
  • L'uomo ha raccolto tutta la saggezza dei suoi predecessori, e guardate quanto è stupido!
  • Non credere a nessuno che dice sempre la verità.
  • Ogni imbecille, basta che ne abbia voglia, può perturbare la mente più complicata.

1943[modifica]

  • Gli uomini possono salvarsi solo fra loro. Per questo, Dio si traveste da uomo.
  • Il potere dà alla testa anche a chi non lo possiede, ma in questo caso la sbornia svanisce più in fretta.
  • La frase più mostruosa di tutte: qualcuno è morto «al momento giusto».
  • Per gli storici le guerre sono in certo modo sacre: salutari o inevitabili tempeste, irrompono dalla sfera del soprannaturale nel corso troppo chiaro e spiegato del mondo.
  • Per quanti varrà ancora la pena di vivere, appena non si morirà più.

1944[modifica]

  • Chi va dall'interprete di sogni butta via il maggior bene che possiede e merita la schiavitù in cui, in tal modo, immancabilmente cadrà.
  • Il progresso ha i suoi svantaggi; di tanto in tanto esplode.
  • La lingua del mio spirito continuerà a essere il tedesco, e precisamente perché sono ebreo. Ciò che resta di quella terra devastata in ogni possibile modo voglio custodirlo in me, in quanto ebreo. Anche il suo destino è il mio; io però porto ancora in me un'eredità universalmente umana. Voglio restituire alla loro lingua ciò che le devo. Voglio in tal modo contribuire a far sì che si sia grati a loro per qualche cosa.
  • Se tu sapessi di più del futuro, il passato sarebbe ancora più pesante.

1945[modifica]

  • Delle donne non vince quella che corre dietro, né quella che scappa, vince invece quella che aspetta.
  • Il superamento del nazionalismo non sta nell'internazionalismo, come molti hanno creduto finora, poiché noi parliamo delle lingue. Sta nel plurinazionalismo.
  • La cosa più dura: tornar sempre a scoprire ciò che già si sa.
  • Nell'amore le rassicurazioni valgono come annuncio del loro opposto.
  • Nell'eternità tutto è inizio, mattino profumato.
  • Tutto il sapere ha qualcosa di puritano; dà alle parole una morale.

1946[modifica]

  • Ciò che tu hai scoperto con orrore, risulta poi essere la semplice verità.
  • Com'è facile dire: trovare se stesso! Quanto ci si spaventa, quando davvero accade!
  • I veri scrittori incontrano i loro personaggi solo dopo che li hanno creati.
  • L'elemento pericoloso dei divieti: che ci si fida di essi e non si riflette su quando sarebbero da cambiare.
  • La letteratura come professione è distruttiva: si deve avere più paura delle parole.

1947[modifica]

  • Nelle lingue straniere ci si crede migliori; per questo si imparano rapidamente, e si imparano innanzitutto le parolacce.
  • Quando un uomo ha prodotto moltissime parole perde la nozione di quanto esse significhino per gli altri. Solo allora comincia la vera cattiveria del parolaio.
  • Un dio che occulta la sua creazione. «E vide che non era buona».

1948[modifica]

  • Dio fu un errore. Ma è difficile stabilire se fu commesso troppo presto o troppo tardi.
  • E se quelli che rimangono fossero sempre i peggiori? – darwinismo capovolto.
  • Principio dell'arte: ritrovare più di quanto è andato perduto.

1952[modifica]

  • La fotografia ha distrutto l'effigie.
  • La maggior parte delle religioni rendono gli uomini non migliori, bensì più cauti. Quanto vale questo?
  • O frasi, frasi, quando vi intreccerete di nuovo per non lasciarvi mai più?

1954[modifica]

  • La superstizione che si possa recuperare in un sol giorno quanto ci è sfuggito in cento, in mille. La si potrebbe anche chiamare culto del lampo e del tuono.
  • Le religioni si trasmettono il contagio. Appena ci si addentra in una, subito sentiamo che se ne risveglia un'altra in noi.
  • Vile, veramente vile è solo chi ha paura dei suoi ricordi.

1955[modifica]

  • I cani hanno una sorta di invadente disponibilità dell'anima che allevia le persone che cominciano a risecchirsi.
  • La magia, da quando è stata incorporata nella tecnica, è diventata così fastidiosa che non si sopporta più nemmeno di leggere di essa nella cabbala.
    La magia è riuscita, e ha perso la sua qualità magica. Di tutto il resto, nulla è riuscito, e perciò tutto il resto è più interessante e importante della magia.
  • Zoppica così bene che coloro che le camminano a fianco sembrano storpi.

1956[modifica]

  • Musica, la misura di capienza dell'uomo.
  • Ogni anno dovrebbe essere più lungo del precedente di un giorno: un nuovo giorno in cui non è mai accaduto nulla, un giorno in cui nessuno è morto.
  • Ogni parola pronunciata è falsa. Ogni parola scritta è falsa. Ogni parola è falsa. Ma cosa c'è senza la parola?

1957[modifica]

  • Dinanzi alle sue creature, Plutarco [nelle Vite] non ha mai un atteggiamento acritico. [...] È longanime come può esserlo solo un drammaturgo che opera sempre con molti personaggi dai caratteri diversi e in particolare con le loro diversità. Per questo ha esercitato due generi di influenza. Alcuni hanno ricavato i loro modelli da lui, come da un libro di oracoli, e hanno modellato la propria vita in conformità. Altri hanno assunto dentro di sé i suoi quasi cinquanta personaggi e sono, così, divenuti o rimasti drammaturghi.
  • Ha nella pancia un poeta, riuscisse almeno ad averlo sulla punta della lingua!
  • Il sole è una sorta di ispirazione, per questo non si deve averlo sempre.

1958[modifica]

  • Ho sempre dubitato poco; quanto mi resta ancora vigoroso e giovane il dubbio.
  • La megalomania dell'interprete: nella sua interpretazione si sente più ricco dell'opera.
  • Spesso ho l'impressione che tutto quello che imparo e leggo sia inventato. Ma quanto io stesso scopro è come se in verità ci fosse da sempre.

1959[modifica]

  • Non andar sempre fino in fondo. C'è tanto in mezzo!
  • Ognuno dovrebbe vedersi mentre mangia.
  • Sono stufo di vedere che ognuno accusa sempre gli altri solo dei propri difetti!

1960[modifica]

  • Io posso essere amico solo di spiriti che conoscono la morte. Certo, mi rendono felice se gli riesce di tacere della morte: perché io non posso.
  • Per natura ogni fama è inganno. Talvolta si scopre però che dietro, nascosta, qualcosa c'è. Che sorpresa!
  • Una vita che non dia luogo a commedie e personaggi è inconcepibile. Perfino un idiota ha la sua civetteria, e anche un santo che non va fra la gente, dalla gente viene cercato.

1961[modifica]

  • Gli uomini più tremendi: quelli che sanno tutto e ci credono.

Tutto quello che ha vissuto è stato invano: il karma dello sperperatore.

  • Uno che ha vissuto centinaia di anni potrebbe, con tutte le sue vicissitudini, sapere ancora chi è? Lo saprebbe di nuovo?

1963[modifica]

  • Gli dèi che ci tormentano ancora di là dai vetri delle bacheche.
  • Molti impulsi deplorevoli: non prenderli troppo sul serio, cambiano; i buoni, invece, rimangono uguali.
  • Si vuole diventare migliori, si dice; ci si vuole solo rendere le cose più facili.

1965[modifica]

  • Ci sarebbe da domandarsi che cosa sa fare uno che non è pronto ad arrischiare senz'altro tutto quello che sa fare in vista di qualcosa di meglio.
  • L'integrità della persona consiste nel fatto che possa dirsi in ogni istante quello che pensa.
  • Nulla è così difficile da scusare come le invadenze. È una violazione di ciò che è più sacro e, al tempo stesso, più esposto: la vicinanza.

1966[modifica]

  • Attaccare le persone di successo? Superfluo. Hanno il successo in corpo come putredine.
  • Odiare una persona tanto a lungo, finché non la si ama.
  • Può un uomo che non impara più nulla provare ancora responsabilità?

1967[modifica]

  • Alcuni raggiungono la loro massima cattiveria nel silenzio.
  • La noia mortale che emana da quelli che hanno ragione e lo sanno. Chi è veramente intelligente nasconde di aver ragione.
  • La parola «poeta» non mi piace più, sono restio ad usarla.
  • Lei lo sposò per averlo sempre con sé. Lui la sposò per dimenticarla.
  • Non dice nulla, ma come sa spiegarlo!

1969[modifica]

  • Il coraggio degli astronauti lunari è grande: ma non è più grande di quello di un boscimano, che da solo va a caccia nel Kalahari o insieme con alcuni compagni tiene lontano i leoni dalla sua preda. Di nuovo c'è solo questo aspetto raccapricciante: tutto è telecomandato, niente è spontaneo.
  • La cosa spaventosa nei sentimenti di colpa: che neanche essi sono giusti.
  • Nel giornale si trova tutto. Basta leggerlo con sufficiente odio.

La rapidità dello spirito[modifica]

  • Perché vuoi sempre spiegare? Perché vuoi sempre scoprire che cosa c'è dietro? E più dietro ancora, sempre e solo dietro? Come sarebbe una vita limitata alla superficie? Serena? E sarebbe da disprezzare solo per questo? Forse c'è molto di più alla superficie – forse è tutto falso ciò che non è superficie, forse tu vivi ormai tra immagini illusorie, continuamente cangianti, non belle come gli dèi, ma svuotate come quelle dei filosofi. Forse sarebbe meglio: tu allineeresti parole (giacché hanno da essere parole), ma ora sei sempre alla ricerca di un senso, come se ciò che tu scopri potesse dare al mondo un senso che il mondo non ha.
  • Devi leggere anche i tuoi contemporanei. Non ci si può nutrire solo di radici.
  • Si impara solamente da coloro che sono in tutto diversi da noi. Si trova la quiete accanto a chi ci è affine.
  • Mi ritrovo davanti allo stesso dubbio che ho sempre avuto davanti. So che la morte è male. Non so con che cosa si dovrebbe sostituirla.
  • L'attesa come segreto, così che nessuno al mondo ne sa qualcosa, tranne colui che è atteso e colui che attende – un sentimento che per intensità è superiore a qualunque altro. Quando poi c'è di mezzo l'amore e magari una grande distanza, un volo dall'uno all'altro continente, l'incontro finale è senz'altro la felicità più grande che esseri umani possano immaginare e sperimentare, poiché l'altra, quella che sarebbe ancora più grande, il ritorno di un morto, è loro negata.
  • È necessario lasciar riposare di tanto in tanto le proprie scoperte e conclusioni, metterle da parte, non usarle, quasi dimenticarle. Proprio ciò che vi è di coatto in alcune di esse comporta la necessità di farvi entrare un po' d'aria, di allentarne la tensione, di riempirle del respiro di anni. Possono diventare qualcosa che somigli alla natura soltanto se hanno sacrificato la loro forza cogente.
  • La vera tenerezza per gli esseri umani ti sopraffà quando non ti stanno più intorno.
  • Come può essere che il tono della Bibbia ti colpisca al cuore, se il suo Dio ti respinge a tal punto ed essa tratta soltanto di lui? Senza Dio, infatti, la Bibbia non ti colpirebbe al cuore. Quello che ti colpisce dev'essere dunque un cordoglio per Dio, per l'ostinato, appassionato, instan-cabile tentativo di creare un Creatore e di tenerlo in vita, lui che porta tutta la responsabilità della nostra miseria. Perché è insopportabile pensare che questo caos insensato non trovi in qualcuno la sua composizione, il suo ordine, la sua conciliazione. La composizione, l'ordine, la conciliazione: l'impresa della Bibbia.
  • Mi vergogno per gli uomini che soggiacciono a Dio. Spesso sono brave persone, uomini buoni. Per riuscire a essere buoni hanno bisogno di un potere che alla bontà dia un nome e una cornice. Per combattere la loro cattiveria innata, con la quale tutti dobbiamo fare i conti, hanno bisogno di obbedienza e di esercizi decretati. Avrebbero ragione se ormai non si fosse visto che questa obbedienza ha il carattere di ogni obbedienza; e poiché loro non conoscono questo carattere agiscono alla cieca e si educano, con un enorme sforzo su se stessi, fino a diventare strumenti.
  • Ciò che è interessante nelle filosofie è la loro assurdità. Presentano varie possibilità del mondo. Non occorre sceglierne una e accettarla, ma devono esserci. È un povero gioco quello che si accontenta di smascherarle tutte come assurde. Proprio l'assurdo è la cosa più importante: anzi, si potrebbe dire, quello che hanno di più vivo e vitale.
  • Non cambiamo affatto e cambiamo immensamente: l'una cosa è vera come l'altra, insieme all'altra, e il fatto è sconcertante.
  • Nulla può diventare vera conoscenza se non ci ha tormentato implacabilmente. Tutte le altre acquisizioni hanno carattere matematico o tecnico. Le loro conseguenze ci colgono di sorpresa, perché non ci hanno fatto soffrire.
  • Voglio sapere molte cose, e dunque ho rispetto per la scienza. Ma non ne sarò mai schiavo, così come in altri tempi non sarei stato schiavo della teologia.
  • Abbandonarsi ai propri pensieri per un'ora, ogni giorno, senza scopo: basta questo per rimanere qualcosa che somigli a un uomo.
  • Uno scrittore che non ha una ferita sempre aperta, per me non è uno scrittore. Magari preferisce tenerla nascosta, perché è orgoglioso, perché non vuole farsi compatire; ma deve averla.
  • Leggendo i grandi autori di aforismi si ha l'impressione che si conoscano tutti bene fra loro.

La tortura delle mosche[modifica]

  • Chi ha imparato abbastanza, non ha imparato niente.
  • Chi vuole pensare deve rinunciare a darsi da fare.
  • Come tutto suona convincente, purché se ne sappia poco!
  • Così a lungo ci fissiamo su noi stessi che alla fine non conosciamo più i punti cardinali.
  • Dare un nome alle cose è la grande e seria consolazione concessa agli umani.
  • Degli uomini che amiamo sappiamo tante cose, eppure non le teniamo per vere.
  • Dio non ha visto giusto riguardo alla confusione babelica delle lingue. Tutti parlano adesso la stessa tecnica.
  • È facile essere ragionevoli se non si ama nessuno, neppure se stessi.
  • Fortunato colui i cui dubbi si sbronzano.
  • Forzàti a cambiare nome ogni cinque anni. Il destino degli uomini illustri. I loro imbrogli.
  • Gli sarebbe piaciuto venire al mondo in tutte le epoche, di continuo, e ogni volta, preferibilmente, per sempre.
  • Gli unici esseri umani che trovo noiosi sono i parenti.
  • Gli uomini fuggono da chi dice sempre le stesse cose. Ma se uno le dice con sufficiente arroganza, da costui si lasciano dominare.
  • Gradi della disperazione: non ricordarsi di nulla, ricordare qualcosa, ricordare tutto.
  • I matrimoni di interesse sarebbero i più felici. In tal caso rinuncio alla felicità.
  • Il più fortunato: lui conosce tutti e nessuno lo conosce.
  • Il poeta vive di esagerazioni e si fa conoscere attraverso fraintendimenti.
  • Impara a memoria intere città prima di vederle. Ama i nomi delle strade che ancora non conosce. Essi appaiono nei suoi sogni, i nomi sono sempre più vivi dei luoghi che designano.
  • L'arte sta nel leggere sufficientemente poco.
  • L'importanza di un'anima si misura dal numero di anni che può permettersi di perdere.
  • La gioia diabolica dei morti, perché di loro non sappiamo niente.
  • La grandezza dell'amore sta soprattutto nel fatto che in esso tutti i diritti sono sospesi.
  • La morte non tace su nulla.
  • La più perfetta e terrorizzante opera d'arte dell'umanità è la sua ripartizione del tempo.
  • Lascialo rumoreggiare, applaude se stesso.
  • Le persone intelligenti, liete di lamentarsi.
  • Le sue disperazioni mi suonano troppo puntuali.
  • Lei litiga perché poi piange meglio. Lui litiga perché poi si sente un toro.
  • Magnifico fare il pazzo, se si è intelligenti.
  • Mai ci odiamo con tanta intensità come quando sentiamo di aver mostrato invano il meglio di noi stessi, e poi, solamente poi, vogliamo veramente morire.
  • Ne dice tante di parole, le dimentica, gli altri non le dimenticano.
  • Nessun sogno è mai stato così insensato come la sua spiegazione.
  • Non spiegare a nessuno, neanche a se stessi, fino a che punto si è derelitti.
  • Non vuole più vivere, tranne che il passato.
  • Ogni storiografia che non sia piena zeppa di nomi ti annoia. La storia è infatti sempre la stessa, di nuovo non ci sono che i nomi. Ma attraverso i nomi anche la storia si rinnova di continuo. Sono essi, i nomi, che in un modo enigmatico cambiano la storia, e addirittura saremmo tentati di domandarci se per caso la storia non si svolga esclusivamente all'interno dei nomi.
  • Ogni volta che non ha niente da dire nomina Dio.
  • Quando gli uomini sono molto felici non tollerano la musica che non conoscono.
  • Quando si diventa vecchi si commentano i grandi libri. Gli stessi che da giovani abbiamo provato a sviscerare. Non essendoci riusciti, ci abbiamo riprovato. Li abbiamo lasciati stare. Li abbiamo dimenticati. E ora sono qui di nuovo. Ce li siamo meritati con anni e anni di oblio. Ne contempliamo la magnificenza. Parliamo con loro. Adesso, pensiamo, dovremmo poter ricominciare a vivere per comprendere uno solo di questi libri.
  • Quello è intelligente come un giornale. Sa tutto. Ciò che sa cambia ogni giorno.
  • Se avesse usato bene il suo tempo, non sarebbe diventato nessuno.
  • Se solo avesse letto di più, non saprebbe veramente nulla. Comunque, quel poco di sapere che trae fiducia dalle sue lacune è ingannevole e pericoloso.
  • Si gioca tutti gli amici nel momento in cui si denuda della pretesa di averne.
  • Si sente così solo che va elemosinando il permesso di dare consigli.

Le voci di Marrakech[modifica]

Incipit[modifica]

Tre volte venni a contatto con i cammelli e ogni volta finì in modo tragico.

Citazioni[modifica]

  • Quando si viaggia si prende tutto come viene, lo sdegno rimane a casa. Si osserva, si ascolta, ci si entusiasma per le cose più atroci solo perché sono nuove. I buoni viaggiatori sono gente senza cuore.
  • Tento di raccontare qualcosa, ma subito ammutolisco e mi accorgo di non avere detto ancora niente. Una sostanza meravigliosamente lucente che non riesce a fluire rimane dentro di me e si fa beffe delle parole.

Massa e potere[modifica]

Incipit[modifica]

Nulla l'uomo teme di più che essere toccato dall'ignoto. (p. 17)

Citazioni[modifica]

  • L'uomo ha sempre ascoltato i passi altrui e certo vi prestava più attenzione che ai propri. (p. 37)
  • Il vero boia è la massa. [...] La condanna capitale che, inflitta in nome del diritto, suona astratta e irreale, diventa vera quando è eseguita dinnanzi alla moltitudine. (p. 60)
  • Si è fuggiti insieme, si ritorna uno per uno. (p. 64)
  • Prima di osare contro i lupi le pecore si volgono verso le lepri. (p. 70)
  • La festa è la meta. [...] Si vive nella prospettiva del momento di festa e lo si determina coscientemente. (p. 74)
  • La morte è una battaglia sempre perduta. (p. 80)
  • Il fuoco attrae l'uomo che vi si identifica. (p. 93)
  • L'uomo, fin dalle sue origini, volle essere in maggior numero. (p. 130)
  • Un parlamento è solo un parlamento fin tanto che esclude i morti. (p. 225)
  • Chi mangia da solo, dovrà morire da solo, chi muore insieme con gli altri, deve anche spartire con loro la preda. (pp. 227-228)
  • I denti sono il più evidente strumento di potere che gli uomini portano in sé. (p. 248)
  • Nulla è appartenuto ad un uomo più di ciò che si è trasformato in escremento. [...] L'uomo è veramente solo soltanto con i suoi escrementi. (pp. 252-253)
  • Ciò che può permettere di uccidere è temuto, ciò che non serve direttamente ad uccidere è solo utile. (p. 263)
  • L'uomo sazio si imbatte senza alcuna emozione negli affamati. (p. 267)
  • Solo nella massa l'uomo può essere liberato dal timore d'essere toccato. […] Questo capovolgimento del timore d'essere toccati è peculiare della massa.
  • Solo tutti insieme gli uomini possono liberarsi dalle loro distanze. È precisamente ciò che avviene nella massa.
  • Chi assisteva a una predica credeva in buona fede d'essere interessato alla predica […] Tutte le cerimonie e tutte le regole di tali istituzioni tendono in fondo a catturare la massa: meglio una chiesa sicura, piena di fedeli, che l'intero mondo infido.
  • Le religioni storiche mondiali portano nel sangue un presentimento delle insidie della massa. […] Ciò che esse desiderano è, al contrario, un gregge duttile. È consueto considerare i fedeli come pecore e lodarli per la loro ubbidienza.
  • Masse statiche di tipo molto più passivo si formano nei teatri. […] Dalla sola forza dell'applauso possiamo dedurre quanto una massa si sia costituita; l'applauso è la sola misura di ciò, ed è valutato così dagli stessi attori. […] Stare comunitariamente dinanzi a Dio è un esercizio diffuso in alcune religioni.
  • La speranza dell'aldilà colora sempre la vita del fedele, così che si ha ragione di parlare di una massa lenta, cui appartengono tutti insieme i seguaci di una fede.
  • Una massa invisibile, esistente da sempre, ma riconosciuta come tale solo dall'avvento del microscopio, è quella dello sperma. Duecento milioni di spermatozoi partono insieme. Sono uguali fra loro e si trovano insieme nella massima concentrazione. Hanno tutti una meta, e, tranne uno, periscono tutti strada facendo.
  • La prima e più saliente contrapposizione è tra uomini e donne; la seconda, fra i vivi e i morti; la terza, fra amici e nemici.
  • Lo scoppio di una guerra è innanzitutto lo scoppio di due masse. […] L'entusiasmo con cui gli uomini accolgono una dichiarazione di tal fatta ha la sua radice nella vigliaccheria del singolo di fronte alla morte. […] Il peggio che possa capitare agli uomini in guerra – e cioè morire insieme – risparmia loro la morte individuale che essi temono più di tutto.
  • La muta è un gruppo di uomini eccitati, il cui desiderio più intenso è essere di più.
  • L'uomo che ha per totem la zanzara vuole che la sua gente divenga numerosa come le zanzare.
  • Anche prescindendo dal potente che sa concentrare tanto nelle sue mani, il rapporto di ogni uomo con i suoi escrementi rientra nella sfera del potere. […] Ci si libera dei propri in locali particolari, che servono solo a ciò; l'istante più privato è quello della deiezione; l'uomo è veramente solo soltanto con i suoi escrementi.
  • Tutto ciò che viene mangiato è oggetto di potere.
  • Il primo e decisivo contrassegno del potente è il suo diritto di vita e di morte. I potenti della terra sono però svantaggiati al confronto di Dio. […] Come ogni altra cosa, il potere porta in sé la propria fine.
  • L'esistenza di molte popolazioni è interamente colmata da riti che si riferiscono ai morti. […] L'invidia dei morti è ciò che i vivi temono di più. […] Ogni morto è dunque colui cui altri sopravvivono.
  • La distinzione fra potere e forza è anche evidente in una sfera del tutto diversa: quella della devozione religiosa, nelle sue molteplici sfumature. Ogni fedele sta costantemente in balìa della forza del dio e ne è a suo modo soddisfatto. [...] Le religioni di questo tipo accentuano il concetto di predestinazione divina [...] l'Islam e il Calvinismo sono specialmente noti per questa tendenza. I loro fedeli anelano alla forza divina.
  • La cosa più veloce fu però sempre una sola: il fulmine. Il timore superstizioso del fulmine, dal quale non c'è difesa, è ampiamente diffuso.
  • Buona parte dell'autorità di cui godono le dittature deriva dal fatto che si accorda loro la forza concentrata del segreto, ripartita su molti e rarefatta nelle democrazie. Si osserva con scherno che le democrazie sono parolaie.
  • Se le gazzelle avessero una fede e se il leone fosse il loro dio, potrebbero spontaneamente concedergli una di loro per placare la sua avidità. È proprio quello che accade fra gli uomini: dalla loro angoscia di massa trae origine il sacrificio religioso, che per un certo periodo di tempo frena il corso e la fame del potere pericoloso.
  • Le metamorfosi che legano gli uomini agli animali che essi mangiano sono forti come catene.
  • La struttura primordiale del potere, il suo cuore e il suo nucleo, si è spinta all'assurdo e giace in frantumi. Il potere è più grande ma anche più fuggevole che mai. Tutti sopravviveranno o nessuno.
  • La morte come desiderio si trova davvero ovunque, e non è necessario scavare molto nell'uomo per trarla alla luce.

Citazioni su Elias Canetti[modifica]

  • È come un personaggio che è famoso senza che si sappia esattamente perché. (Iris Murdoch)

Note[modifica]

  1. Da Karl Kraus, scuola di resistenza, in La coscienza delle parole, traduzioni di Renata Colorni e Furio Jesi, Adelphi, 1984.
  2. Da Potere e sopravvivenza, a cura di Furio Jesi, Adelphi, Milano, 1974, p. 138.
  3. Da Potere e sopravvivenza, ne La coscienza delle parole.
  4. Da Aforismi per Marie-Louise, traduzione di Ada Vigliani, Adelphi, 2005.
  5. Da Party sotto le bombe. Gli anni inglesi, a cura di Kristian Wachinger, traduzione di Ada Vigliani, Adelphi, 2005, p. 14. ISBN 9788845920189
  6. a b Citato in Giacomo Papi, Federica Presutto, Riccardo Renzi, Antonio Stella, Incipit, Skira, 2018. ISBN 9788857238937

Bibliografia[modifica]

  • Elias Canetti, Appunti 1942-1993, traduzioni di Renata Colorni, Gilberto Forti, Furio Jesi e Ada Vigliani, Adelphi, Milano, 2021. ISBN 978-88-459-3625-8
  • Elias Canetti, Auto da fé, traduzione di Luciano e Bianca Zagari, Garzanti, 1967 e, su licenza di Aldo Garzanti editore, Adelphi, 1981.
  • Elias Canetti, Il cuore segreto dell'orologio, traduzione di Gilberto Forti, Adelphi, Milano, 2008. ISBN 9788845902642
  • Elias Canetti, Il frutto del fuoco. Storia di una vita (1921-1931), traduzione di Andrea Casalegno, Renata Colorni, Adelphi, Milano, 2018. ISBN 9788845979699
  • Elias Canetti, La coscienza delle parole, traduzione di Renata Colorni e Furio Jesi, Adelphi, Milano, 2018. ISBN 9788845979705
  • Elias Canetti, La lingua salvata, traduzione di Amina Pandolfi, Renata Colorni, La Biblioteca di Repubblica, Milano, 2002.
  • Elias Canetti, La lingua salvata, traduzione di Amina Pandolfi, Renata Colorni, Adelphi, Milano, 1980, ISBN 88-459-0816-X
  • Elias Canetti, La provincia dell'uomo, traduzione di Furio Jesi, Adelphi, Milano, 2018. ISBN 9788845979712
  • Elias Canetti, La rapidità dello spirito. Appunti da Hampstead, 1954-1971, traduzione di Gilberto Forti, Adelphi, 1996.
  • Elias Canetti, La tortura delle mosche, traduzione di Renata Colorni, Adelphi, Milano, 2018. ISBN 9788845979668
  • Elias Canetti, Le voci di Marrakech, traduzione di Bruno Nacci, Adelphi, 1983.
  • Elias Canetti, Massa e potere, traduzione di Furio Jesi, Adelphi, 1981.
  • Elias Canetti, Party sotto le bombe. Gli anni inglesi, traduzione di A. Vigliani, Adelphi, 2005.

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