Papa Leone XIII

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Papa Leone XIII nel 1878

Leone XIII, al secolo Gioacchino Vincenzo Raffaele Luigi Pecci (1810 – 1903), papa della Chiesa cattolica.

Citazioni di Leone XIII[modifica]

  • Allo stesso modo una libertà di pensiero e di espressione che sia totalmente esente da vincoli in assoluto non è un bene di cui la società umana abbia ragione di rallegrarsi: è al contrario fonte e origine di molti mali. La libertà, come virtù che perfeziona l'uomo, deve applicarsi al vero e al bene; la natura del vero e del bene non può mutare ad arbitrio dell'uomo, ma rimane sempre la stessa, e non è meno immutabile dell'intima natura delle cose.[1]
  • Infatti tutti i libri e nella loro integrità, che la chiesa riceve come sacri e canonici, con tutte le loro parti, furono scritti sotto l'ispirazione dello Spirito Santo, ed è perciò tanto impossibile che la divina ispirazione possa contenere alcun errore, che essa, per sua natura, non solo esclude anche il minimo errore, ma lo esclude e rigetta così necessariamente, come necessariamente Dio, somma verità, non può essere nel modo più assoluto autore di alcun errore.[2]
  • [Rita da Cascia] La perla preziosa dell'Umbria.[3]

Arcanum Divinae[modifica]

Incipit[modifica]

L'arcano consiglio della sapienza divina che il Salvatore degli uomini Gesù Cristo doveva effettuare sulla terra, mirava appunto a questo, che per Lui ed in Lui si rinnovasse prodigiosamente il mondo, per vecchiezza intristito e quasi consunto. Il che espresse in una splendida e magnificenza sentenza l'Apostolo Paolo, quando scrisse agli Efesini: «Averci Iddio fatto noto il mistero della sua volontà... di ristorare in Cristo tutte le cose, sì quelle che sono nei cieli, sì quelle che sono in terra». Infatti, allora che Cristo Signore cominciò ad eseguire il mandato che aveagli dato il Padre, subito comunicò a tutte le cose una tal nuova forma e bellezza, dileguandone ogni squallore.

Citazioni[modifica]

  • Rammentiamo cose a tutti note, non dubbie ad alcuno: dopo che Iddio, nel sesto giorno della creazione, formò l'uomo dalla polvere della terra, e gli spirò in faccia l'alito della vita, volle dargli una compagna indivisa, che trasse per prodigio dal lato dello stesso uomo dormente. Nel che il provvedintissimo Iddio questo intese, che quella coppia di coniugi fosse il naturale principio di tutti gli uomini, dal quale cioè dovesse propagarsi l'uman genere, e per generazioni non mai interrotte, ad ogni età conservarsi. (p. 43)
  • Ora quanta cagione di mali contengano in sé stessi i divorzi, appena fa d'uopo ricordarlo. Per essi infatti si rendono mutabili i maritaggi; si sminuisce la mutua benevolenza; si dànno perniciosi eccitamenti all'infedeltà; si arreca pregiudizio al benessere e all'educazione dei figli; si porge occasione allo scioglimento delle società domestiche; si diffondono i semi delle discordie tra le diverse famiglie; è scemata ed abbassata la dignità delle donne, le quali, dopo, aver servito alla libidine degli uomini, corrono il rischio di rimanere derelitte. (p. 56)
  • E poiché per distruggere le famiglie e abbattere la potenza dei regni niente ha maggior forza che la corruzione dei costumi, è opportuno conoscere che contro la prosperità delle famiglie e delle nazioni sono funestissimi i divorzi.
  • [...] È grande la forza degli esempii, maggior quella delle passioni; per tali eccitamenti avverrà certo che la sfrenata voglia dei divorzii, serpeggiando ogni dì più largamente, invada l'animo di moltissimi, a guisa di morbo che si sparge per contagio, o come torrente che, rotti i ripari, trabocca. (p. 56)
  • Dal che si rende palese essere vanità e follia attendere la salvezza pubblica dai divorzi, i quali anzi condurranno a sicura rovina la società.
  • D'un'altra cosa si deve ancora aver cura, che cioè non si desiderano con facilità le nozze con le persone che non appartengono alla Chiesa cattolica: poiché si può appena sperare che gli animi, i quali dissentono intorno alla religione, riescano a star concordi nel resto. Anzi, che si debba rifuggire da siffatti connubii, si comprende massimamente per questo, che essi porgono occasione alla vietata comunanza e partecipazione delle cose sacre, mettono a rischio la religione del codice cattolico, e troppo spesso inducono gli animi ad assuefarsi a tenere in pari stima tutte le religioni, tolta ogni differenza tra il vero ed il falso. (p. 62)
  • Il marito è il principe della famiglia e il capo della moglie; la quale, non pertanto, dato che è carne della carne di lui ed osso delle sue ossa, deve essere soggetta ed obbediente al marito, non a guisa di ancella ma di compagna; cioè in modo tale che la soggezione che ella rende a lui non sia disgiunta dal decoro né dalla dignità.

Diuturnum illud[modifica]

Incipit[modifica]

Quella lunga e niquitosissima guerra mossa alla divina autorità della Chiesa ha condotto al punto a cui essa tendeva, vale a dire al comune pericolo della umana società e specialmente del civile principato, sul quale massimamente poggia la pubblica salvezza. – Il che apparisce avvenuto specialmente in questo nostro tempo. Difatti oggi le popolari cupidigie ricusano più audacemente che mai qualsiasi autorità di comando, e tanto è dovunque la licenza, tanto frequenti le sedizioni e i tumulti, che coloro i quali reggono la cosa pubblica, non solo si veggono spesso negata l'obbedienza, ma non abbastanza tutelata la stessa incolumità personale.

Citazioni[modifica]

  • [...] non può né esistere né concepirsi società, in cui alcuno non temperi le volontà dei singoli in guisa da formare di tutte una cosa sola e rettamente non le diriga al bene comune. [...] Ed è inoltre assai importante che coloro dalla cui autorità la cosa pubblica è amministrata possano obbligare i cittadini ad obbedire, e che il non obbedire sia peccato per questi. [...] In tal modo i diversi generi di potestà hanno tra loro mirabili somiglianze, in quanto qualsivoglia forma di comando e di autorità trae origine dall'unico e stesso autore e signore che è Dio. (p. 69)
  • Importa però notare qui che coloro i quali saranno preposti alla pubblica cosa, in talune circostanze possono venire eletti per volontà e deliberazione della moltitudine, senza che a ciò sia contraria o ripugni la dottrina cattolica. Con tale scelta tuttavia si designa il principe, ma non si conferiscono i diritti del principato: non si dà l'imperio, ma si stabilisce da chi deve essere amministrato. Né qui si fa questione dei modi del pubblico reggimento, poiché non vi è alcuna ragione perché la Chiesa non approvi il principato d'uno o di molti, purché esso sia giusto e rivolto al comune vantaggio. Pertanto, salva la giustizia, non s'impedisce ai popoli di procurarsi quel genere di reggimento che meglio convenga alla loro indole, o alle istituzioni ed ai costumi dei loro maggiori.[4]
  • Coloro i quali pretendono che la società civile sia nata dal libero consenso degli uomini, derivando dallo stesso fonte l'origine della stessa potestà, dicono che ciascun uomo cedette una parte del suo diritto, e volontariamente tutti si diedero in potere di colui nel quale fosse accumulata la somma dei loro diritti. [...] il patto di cui si parla è manifestamente fantastico e fittizio e non vale a dare alla potestà politica tanta forza, dignità e stabilità quanta ne richiedono la tutela della pubblica cosa e i comuni vantaggi dei cittadini. Il principato avrà tutte queste qualità e tutti questi presidi soltanto se si comprenderà che esso deriva dall'augusto e santissimo fonte che è Dio.

Libertas[modifica]

Incipit[modifica]

La libertà, dono di natura nobilissimo, e proprio unicamente degli esseri intelligenti o ragionevoli, conferisce all'uomo questa dignità, di essere «in mano del suo consiglio» ed avere intera padronanza delle sue azioni.

Citazioni[modifica]

  • L'uomo, per necessità di natura trovasi in una vera e perpetua dipendenza da Dio così nell'essere, come nell'operare, e però non può concepirsi umana libertà, se non dipendente da Dio, e dalla sua divina volontà. Negare a Dio tale sovranità o non volersi assoggettare, non è libertà, ma abuso di libertà e rribellione; e in siffatta disposizione d'animo consiste appunto il vizio capitale del liberalismo. (p. 126)

Sapientiae Christianae[modifica]

  • L’occasione Ci porta ad ammonire specialmente i padri di famiglia affinché sappiano governare la loro casa con questi precetti ed educare bene i figli. La famiglia è il germe della società civile, e le sorti della società si formano in gran parte fra le pareti domestiche. Pertanto, coloro che vogliono strappare la società dal cristianesimo, partono dalle radici e si affrettano a corrompere la famiglia. Da questa decisione e da questo crimine non li trattiene il pensiero di non poterlo fare senza recare una gravissima ingiuria ai genitori: infatti i genitori hanno dalla natura il diritto di educare coloro che hanno procreato, con il conseguente dovere che la loro educazione corrisponda alla grazia di avere avuto dei figli in dono da Dio. È dunque necessario che i genitori, reagendo, si sforzino di respingere in questo campo ogni intromissione ingiuriosa e rivendichino il diritto di educare come conviene i figli nel costume cristiano, specialmente tenendoli lontani da quelle scuole nelle quali corrono il pericolo di assorbire il veleno dell’empietà. Quando si tratta di formare rettamente la gioventù, nessun’opera e fatica sono tanto rilevanti che non se ne possano compiere delle maggiori. In questo sono veramente degni di ogni ammirazione quei cattolici di varie nazioni, che per l’educazione dei loro figli hanno organizzato scuole con grandi spese e maggiore costanza. Bisogna che questi salutari esempi siano imitati dovunque i tempi lo esigono: ma si convinca ognuno che prima di tutto nell’anima dei fanciulli molto può l’educazione domestica. Se l’adolescenza avrà trovato in casa una retta regola di vita, come una palestra di cristiane virtù, la salvezza della società sarà in gran parte assicurata.

Rerum Novarum[modifica]

Incipit[modifica]

L'ardente brama di novità che da gran tempo ha incominciato ad agitare i popoli, doveva naturalmente dall'ordine politico passare nell'ordine congenere dell'economia sociale. E difatti i portentosi progressi delle arti e i nuovi metodi dell'industria; le mutate relazioni tra padroni e operai; l'essersi in poche mani accumulata la ricchezza e largamente estesa la povertà; il sentimento delle proprie forze divenuto nelle classi lavoratrici più vivo, e l'unione tra loro più intima; questo insieme di cose e i peggiorati costumi han fatto scoppiare il conflitto.

Citazioni[modifica]

  • Questione difficile e pericolosa. Difficile, perché ardua cosa è il segnare nelle relazioni tra proprietari e proletari, tra capitale e lavoro i precisi confini. Pericolosa, perché uomini turbolenti ed astuti s'argomentano ovunque di falsare i giudizi e volgere la questione stessa a sommovimento dei popoli. (p. 156)
  • [...] il necessario al mantenimento e al perfezionamento dell'umana vita la terra ce lo somministra a questa condizione, che l'uomo la coltivi e le sia largo di provvide cure. (p. 159)
  • La più grande varietà esiste nella natura degli uomini; non tutti posseggono lo stesso ingegno, la stessa solerzia; non la sanità, non le forze in pari grado: e da queste inevitabili conseguenze nasce di necessità la differenza delle condizioni sociali. (p. 163)
  • La concordia fa la bellezza e l'ordine delle cose, mentre un perpetuo conflitto non può dare che confusione e barbarie. (p. 163)
  • Che tu abbia in copia ricchezze e altri beni terreni, o che ne sii privo, ciò all'eterna felicità non importa nulla: ma il buono o il cattivo uso di quei beni, questo è quello che sommamente importa. (p. 165)
  • Le cose del tempo non è possibile intenderle e valutarle a dovere, se l'animo non si erge ad un'altra vita, ossia all'eterna: senza la quale la vera nozione del bene morale necessariamente dileguasi, anzi l'intera creazione diventa un mistero inspiegabile. (p. 165)
  • Naturale diritto dell'uomo è [...] la privata proprietà dei beni; e l'esercitare questo diritto è, specialmente nella vita socievole, non soltanto lecito, ma assolutamente necessario. (p. 166)
  • È solenne principio che per riformare una società in decadenza, è necessario riportarla ai principii che le hanno dato l'essere. La perfezione di ogni società è riposta nel tendere ed arrivare al suo scopo: talché il principio generatore dei moti e delle azioni sociali sia quel medesimo che generò l'associazione. Quindi deviare dallo scopo primitivo, è corruzione: tornare ad esso, è salute. E questo è vero, come di tutto il consorzio civile, così della classe lavoratrice, che ne è la parte più numerosa. (p. 169)
  • I diritti vanno debitamente protetti in chiunque ne abbia, e il pubblico potere deve assicurare a ciascuno il suo, con impedirne o punirne le violazioni. (p. 174)
  • È dunque grande e pernicioso errore volere che lo Stato possa intervenire a suo talento nel santuario della famiglia. (citato in Ginsborg 1989, p. 234)
  • Patire e sopportare è [...] il retaggio dell'uomo.
  • Non è giusto né umano esigere dall'uomo tanto lavoro da farne inebetire la mente per troppa fatica e da fiaccarne il corpo. [...] Il determinare la quantità del riposo dipende dalla qualità del lavoro, dalle circostanze di tempo e di luogo, dalla stessa complessione e sanità degli operai. [...] Infine, un lavoro proporzionato all'uomo alto e robusto, non è ragionevole che s'imponga a una donna o a un fanciullo. Anzi, quanto ai fanciulli, si badi a non ammetterli nelle officine prima che l'età ne abbia sufficientemente sviluppate le forze fisiche, intellettuali e morali. Le forze, che nella puerizia sbocciano simili all'erba in fiore, un movimento precoce le sciupa, e allora si rende impossibile la stessa educazione dei fanciulli. Così, certe specie di lavoro non si addicono alle donne, fatte da natura per i lavori domestici, i quali grandemente proteggono l'onestà del sesso debole, e hanno naturale corrispondenza con l'educazione dei figli e il benessere della casa. (33)

Au milieu des sollicitudes[modifica]

  • Se si scende dai concetti astratti e si entra nel contesto della realtà, occorre ben guardarsi dal rinnegare i princìpi appena definiti: questi restano inoppugnabili. Solo incarnandosi nella realtà assumono un aspetto contingente, in forza delle circostanze che li rendono operativi. In altre parole, se ogni forma politica è buona in se stessa e può essere applicata per governare i popoli, nella realtà il potere politico non si presenta nella stessa forma presso tutti i popoli, ma ciascuno ne possiede una specifica. Questa forma è originata dall’insieme delle circostanze storiche o nazionali, ma sempre umane, che, in una nazione, danno vita alle sue leggi tradizionali e anche fondamentali. Sono queste leggi che determinano una certa specifica forma di governo e un particolare modo di trasmettere i supremi poteri.[5]

Inimica Vis[modifica]

Incipit[modifica]

Custodi di quella fede a cui le nazioni cristiane debitrici del loro morale e civile riscatto, Noi mancheremmo ad uno dei Nostri supremi doveri, se non levassimo spesso e ben alto la voce contro l'empia guerra, onde si tenta, diletti figli, rapirvi sì prezioso tesoro. Di questa guerra, ammaestrati ormai da lunga e dolorosa esperienza, voi ben conoscete le terribili prove, e nel vostro cuore di cattolici e d'italiani altamente la deplorate. E veramente si può essere italiani di nome e di affetto, e non risentirsi delle offese che si fanno tuttodì a quelle divine credenze, che sono la più bella delle nostre glorie, che dettero all'Italia il primato sulle altre nazioni ed a Roma lo scettro spirituale del mondo: che sulle rovine del paganesimo e delle barbarie fecero sorgere il mirabile edifizio della cristiana civiltà?

Citazioni[modifica]

  • La religione dei nostri padri è stata fatta segno a persecuzioni di ogni sorta, col satanico intento di sostituire al cristianesimo il naturalismo, al culto della fede il culto della ragione, la morale così detta indipendente alla morale cattolica, al progresso spirito quello della materia. (p. 190)

Humanum Genus[modifica]

Incipit[modifica]

Il genere umano, dopo che "per l'invidia di Lucifero" si ribellò sventuratamente a Dio creatore e largitore de' doni soprannaturali, si divise come in due campi diversi e nemici tra loro; l'uno dei quali combatte senza posa per il trionfo della verità e del bene, l'altro per il trionfo del male e dell'errore. Il primo è il regno di Dio sulla terra, cioè la vera Chiesa di Gesù Cristo; e chi vuole appartenervi con sincero affetto e come conviene a salute, deve servire con tutta la mente e con tutto il cuore a Dio e all'Unigenito Figlio di Lui. Il secondo è il regno di Satana, e sudditi ne sono quanti, seguendo i funesti esempi del loro capo e dei comuni progenitori, ricusano di obbedire all'eterna e divina legge, e molte cose imprendono senza curarsi di Dio, molte contro Dio. Questi due regni, simili a due città che con leggi opposte vanno ad opposti fini, con grande acume di mente vide e descrisse Agostino, e risali al principio generatore di entrambi con queste brevi e profonde parole: "Due città nacquero da due amori; la terrena dall'amore di sé fino al disprezzo di Dio, la celeste dall'amore di Dio fino al disprezzo di sé (De Civit. Dei, lib. XIV, c. 17)

Citazioni[modifica]

  • Se consideriamo che tutti gli uomini sono della stessa razza e della stessa natura e che devono tutti giungere allo stesso fine ultimo, e se esaminiamo i doveri e i diritti che derivano da questa origine e destino comuni, non si può dubitare che essi siano uguali.
  • Siccome non tutti hanno le stesse risorse dell'intelligenza, e siccome divergono fra loro sia per le facoltà dello spirito che per le energie fisiche; siccome infine esistono fra loro mille diversità di costumi, di gusti, di caratteri, niente ripugna tanto alla ragione quanto il pretendere di ridurre tutti alla stessa misura e introdurre nelle istituzioni della vita civile un'uguaglianza rigorosa e matematica.
  • L'errore capitale, nella presente questione [la questione sociale], sta nel credere che le due classi siano nemiche nate l'una dell'altra, come se la natura avesse armato i ricchi ed i poveri per combattersi a vicenda in un ostinato duello.
  • Come nel corpo umano le diverse membra s'integrano fra loro e determinano quelle relazioni armoniose che giustamente viene chiamata simmetria, allo stesso modo la natura esige che nella società le classi s'integrino fra loro realizzando, con la loro collaborazione mutua, un giusto equilibrio.
  • Il capitale non esiste senza il lavoro, né il lavoro senza il capitale.
  • La loro armonia [di lavoro e capitale] produce la bellezza e l'ordine; al contrario, da un conflitto perenne possono derivarne solo confusione e lotte selvagge.
  • Da fatti giuridicamente accertati, da formali processi, da statuti, riti, giornali massonici pubblicati per le stampe, oltre alle non rare deposizioni dei complici stessi, essendosi venuto a chiaramente conoscere lo scopo e la natura della setta massonica, quest'Apostolica Sede alzò la voce, e denunziò al mondo, la setta dei Massoni, sorta contro ogni diritto umano e divino, essere non men funesta al Cristianesimo che allo Stato.

Graves De Communi[modifica]

Incipit[modifica]

Pe gravi dispute sopra l'economia sociale, che da qualche tempo perturbarono non in una sola nazione la concorsia dagli animi, crescono ogni giorno e s'accalorano tanto da impensierire giustamente e preoccupare anche gli uomini più prudenti. Furono falsi principi filosofici e morali, pur troppo largamente diffusi, che, originarono siffatte contese. Indi le invenzioni moderne dell'industria, la rapidità delle comunicazioni e una infinità di macchine volte a diminuire l'opera manuale e crescere il lucro, inasprirono la questione. Da ultimo per le mire colpevoli di uomini turbolenti, rineruditosi il conflitto tra i ricchi e i proletarii, le cose furono condotte a tal punto che gli Stati, già turbati da frequenti sconvolgimenti, minacciano di essere travolti in grandi sciagure.

Citazioni[modifica]

  • Non può sorgere alcun dubbio intorno agli intenti della democrazia sociale e intorno a quelli della democrazia cristiana. Infatti la prima, da molti è portata a tanta malvagità da non tener in alcun conto l'ordine soprannaturale, cercando esclusivamente i beni corporali e terreni, e collocando tutta la felicità umana in tale acquisto e in tal godimento. Vuoi quindi che il governo venga in mano della plebe affinché, livellando quant'è possibile, le classi, le torni facile il passo all'eguaglianza economica; tende perciò a sopprimere ogni diritto di proprietà, e a mettere tutto in comune, i patrimonii dei privati e perfino gli strumenti per guadagnarsi la vita. Al contrario la democrazia cristiana, per ciò stesso che si dice cristiana, deve avere necessariamente per sua base i principii della fede, e provvedere ai vantaggi dei ceti inferiori, ma sempre in modo di curarne il perfezionamento morale, in ordine ai beni eterni per cui son fatti. (p. 200-201)
  • Noi non abbiamo mai esortato i cattolici a fondar società ed altrettali istituzioni per un miglior avvenire della plebe senza raccomandare ad un tempo di fondare sotto gli auspici della religione e avvalorarle del suo costante aiuto. (p. 204)

Incipit di alcune opere[modifica]

Quod Apostolici Muneris[modifica]

Già dall'inizio del Nostro Pontificato, secondo che richiedeva la natura dell'Apostolico Ministero, con Lettere Encicliche a voi scritte, Venerabili Fratelli, segnalammo la micidial pestilenza che serpeggia per le intime viscere della società e le riduce all'estremo pericolo di rovina: indicammo insieme i rimedi efficacissimi per richiamarla a salute e per salvarla dai gravissimi pericoli che la sovrastano. Sennonché nel giro di poco tempo i mali che allora deplorammo crebbero talmente da sentirci ora costretti a rivolgervi di nuovo la parola, come se alle nostre orecchie risuonasse la voce del Profeta: «Grida, non darti posa; alza la tua voce come una tromba».

Sapientiae Cristianae[modifica]

Ritornare ai principi schiettamente cristiani, conformando in tutto ad essi la vita, i costumi e le istituzioni de' popoli, è cosa di cui ogni giorno apparisce più chiaro il bisogno.

Inscrutabili Dei Consilio[modifica]

Non appena per arcano consiglio di Dio fummo, sebbene immeritevoli, innalzati al sommo dell'Apostolica dignità, sentimento vivissimo il desiderio e quasi il bisogno di rivolgerci a Voi, non solo per farvi palesi i sensi dell'intimo Nostro affetto, ma anche per soddisfare all'ufficio divinamente affidatoci di avvalorar Voi, che siete chiamati a parte della nostra sollecitudine, a sostenere insieme con Noi l'odierna lotta per la Chiesa di Dio e la salute delle anime.

Citazioni su Leone XIII[modifica]

  • Il Conclave di Leone XIII sarà dei più memorabili che ricordi la storia della Chiesa: memorabile per condizioni e circostanze storiche del tutto nuove, per la libertà che godette, e anche per i criterii, che suggeriscono la scelta del nuovo pontefice. I padri non furono turbati da interessi politici, o da gare personali e mondane; né l'inframmettenza degli Stati cattolici, aventi il diritto di veto, li distolse dallo scegliere il Papa, che essi credevano più atto al governo della Chiesa. Nessuno di quegli Stati esercitò il suo diritto direttamente, né indirettamente mercé istruzioni ai propri cardinali e diplomatici. Liberissima elezione, quale non vi fu mai, forse, e piena smentita del tradizionale motto "esce cardinale dal Conclave chi vi entra Papa". (Raffaele de Cesare)
  • Il giudizio odierno non collimerebbe con quello di quei contemporanei che pensavano confluissero nel papa umanista le due tradizioni, della diplomazia pontificia, e della vecchia diplomazia italiana del Rinascimento e della Controriforma, entrambe in alta fama. In realtà sembra che il pontefice avesse molte incertezze, fosse di quei diplomatici che tracciano i grandi piani ma non curano i dettagli né troppo si preoccupano della esecuzione, stabiliscono e valorizzano posizioni ideali, ma non dispiace poi loro di lasciarle in eredità ai successori, senza averne per proprio conto tratto corollari pratici. (Arturo Carlo Jemolo)
  • Il pontificato di Leone XIII ha certamente avuto dei caratteri di novità, [...], ma contiene pure molti elementi di continuità (insiste ancora, ad esempio, sul culto al Sacro Cuore di Gesù e sulle devozioni mariane), soprattutto per l'accentuazione delle tendenze ultramontane e dell'accentramento romano sulla base di una esasperata esaltazione della funzione e della personalità del papa, supremo garante della verità e dell'unità della Chiesa, in contrapposizione alle forze del male principalmente rappresentate dalla massoneria. (Fausto Fonzi)
  • Lume nel cielo. (Malachia di Armagh)
Lumen in coelo.[6]
  • Poco conciliante fu solo con l'Italia nata con la rivoluzione unitaria. Con tutte le Potenze, anche non cattoliche, Leone XIII si mostrò sollecito di ristabilire contatti, aderenze, possibilità di collaborazione: con l'Italia no. Di essa fu quasi sempre critico acerbo. (Gioacchino Volpe)
  • Senza dubbio meno geniale di quanto lo abbiano giudicato molti suoi contemporanei e apologisti, Leone XIII era indiscutibilmente un uomo superiore. Possedeva un'intelligenza lucida e perspicace, nutrita di mezzo secolo di letture e di riflessioni sullo spettacolo delle vicissitudini della Chiesa e del mondo, sorretta da una memoria notevole. Preoccupato di poter disporre delle più ampie informazioni, sapeva porre le domande giuste e amava confrontare le sue idee con quelle dei suoi interlocutori per poterle affinare. Pur soppesando accuratamente il pro e il contro, sapeva infervorarsi per i grandi progetti e disegnarne con entusiasmo le linee generali prima ancora di valutarne le difficoltà. Anche quando con l'avanzare dell'età divenne più sensibile alle lusinghe, sapeva a occhio e croce giudicare con perspicacia le qualità e i difetti dei suoi collaboratori e utilizzarli a ragion veduta. (Roger Aubert)
  • Si direbbe che, con gli anni, con la scomparsa di Umberto[7] e l'avvento di Vittorio Emanuele III, quello assai vòlto a religione e questo piuttosto indifferente, riaffiorasse in Leone, nell'uomo che pure esisteva sotto il manto papale, un fondo come di rancore, per la ferita sempre aperta di Porta Pia; che in lui tornasse a riprender forza l'idea di certe rivendicazioni, se risponde al vero quel che pochi mesi prima di morire egli avrebbe detto ad un alto personaggio della Chiesa su la necessità del potere temporale. (Gioacchino Volpe)
  • Va ricordato che la più autorevole storiografia ha riconosciuto nella mentalità e nel comportamento di Leone XIII anche dei caratteri propri dell'antico regime; si è osservato come la sua cultura fosse, per alcuni aspetti, antiquata, cioè settecentesca più che ottocentesca, di derivazione francese più che tedesca; che in sostanza fosse classica, teologica e giuridica più che storica e filosofica. Tutto ciò potrebbe senza dubbio spiegare alcune delle difficoltà che Leone incontrò, durante il tentativo di attuazione del proprio grandioso progetto, nella cultura e nella società del suo tempo. (Fausto Fonzi)
  • Vincenzo Gioacchino Pecci, già come arcivescovo di Perugia, aveva preso chiaramente posizione contro lo sfruttamento degli operai. La sua enciclica [la Rerum novarum] divenne un evento che eccitò l'opinione pubblica. Essa si prestava a interpretazioni liberali e conservatrici come pure a letture etiche e social-etiche. Da una parte Leone XIII difese la proprietà privata e si dichiarò contro l'utopia dell'uguaglianza. Dall'altra, attribuì alla proprietà una funzione sociale, partendo dai diritti borghesi e politici dei lavoratori e dalla loro pretesa per una giusta ricompensa. (Winfried Becker)

Note[modifica]

  1. Da Immortale dei.
  2. Da Providentissimus deus.
  3. Citato in Antonio Maria Sicari, Il grande libro dei ritratti di santi, Jaca Book, Milano, 2006, p. 139. ISBN 88-16-30324-7
  4. Dalla Lettera Enciclica Diuturnum Illud sulle origini del potere civile, 29 giugno 1881.
  5. Citato dalla Lettera Enciclica Au milieu des sollicitudes, 16 febbraio 1892.
  6. Per approfondimenti vedi la voce Profezia di Malachia su Wikipedia.
  7. Umberto I di Savoia, padre di Vittorio Emanuele III.

Bibliografia[modifica]

  • Igino Giordani (a cura di), Le encicliche sociali dei papi, da Pio IX a Pio XII, Editrice Studium, Roma, 1948.
  • Paul Ginsborg, Storia d'Italia dal dopoguerra a oggi, traduzione di Marcello Flores e Sandro Perini, Einaudi, 1989. ISBN 8806160548

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Opere[modifica]