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Giuseppe Mazzini

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Giuseppe Mazzini nel 1860

Giuseppe Mazzini (1805 – 1872), patriota, politico e filosofo italiano.

Citazioni di Giuseppe Mazzini

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  • Affratelliamoci nell'affetto della Patria. In voi segnatamente sta l'elemento del suo avvenire. Ma questo avvenire della Patria e vostro, voi non lo fonderete se non liberandovi da due piaghe che oggi pur troppo, spero per breve tempo, contaminano le classi più agiate e minacciano di sviare il progresso Italiano: il Machiavellismo e il Materialismo. Il primo, travestimento meschino della scienza d'un Grande infelice[1], v'allontana dall'amore e dall'adorazione schietta e lealmente audace della Verità: il secondo vi trascina inevitabilmente, col culto degli interessi, all'egoismo ed all'anarchia.
    Voi dovete adorar Dio per sottrarvi all'arbitrio e alla prepotenza degli uomini.[2]
  • Credo che l'uomo collettivo, l'umanità, ossia l'Associazione, debba essere lavoro vitale d'una nuova fede, che starà al cristianesimo, come il cristianesimo al mosaismo; cioè verrà non a distruggerlo, ma a completarlo. Credo che mentre tutte le religioni hanno detto: «Dio è Dio, e Buddha è il suo profeta — e Cristo è il suo profeta — e Maometto è il suo profeta», la religione futura dirà: «Dio è Dio, e l'umanità è il suo profeta.» Quindi, rivelazione, non immediata, ma continua, progressiva, incarnazione divina nell'umanità: santificazione, ma mortalità di tutte le religioni, fasi tutte, secondo il tempo e lo spazio, della grande, vera, una religione, della quale ogni epoca storica svolge un principio, un articolo. La morale si perfezionerà, dacché invece di sancire che l'uomo può salvarsi, malgrado il mondo, e separandosi dal mondo, dirà che l'uomo non si salva se non attraverso il mondo, trasformando il mondo.[3]
  • Dio e il Popolo.[4]
  • Due gioie concesse Iddio agli uomini liberi sulla terra: il plauso dei buoni, e la bestemmia dei tristi![5]
  • [Su Filippo Buonarroti] Era un uomo profondo, ma assai gretto: conformava la sua vita alle sue credenze; ma era intollerante, e mi tacciava di traditore, se per caso affiliavo un banchiere o un ricco borghese. Era inoltre comunista.[6]
  • Finché, domestica o straniera, voi avete tirannide, come potete aver patria? La patria è la casa dell'uomo, non dello schiavo.[7]
  • Gl'istinti repubblicani di mia madre m'insegnarono a cercare nel mio simile l'uomo, non il ricco o il potente; e l'inconscia semplice virtù paterna m'avvezzò ad ammirare, più che la boriosa atteggiata mezza-sapienza, la tacita inavvertita virtù di sagrificio ch'è spesso in voi. [8]
  • I popoli imparano più da una sconfitta, che non i re dal trionfo.[9]
  • Il mondo non è uno Spettacolo, è una arena di battaglia.[10]
  • In un altro genere d'affetto, ho dato il cuore alla mia povera e buona Giuditta e non ho mai sognato di ritoglierlo: il mio motto così nella vita individuale come nella politica è l'"ora e sempre". Quando ho dato, ho dato: quando ho detto: amo, è per sempre: riamato o solo.[11]
  • L'epoca dei sistemi di transizione è il gradino che la necessità impone alle nazioni, perché salgano dal muto servaggio alla libertà. La libertà è troppo santa cosa, perché l'anima dello schiavo la intenda e il suo core possa farsene santuario, se prima non s'è riconsecrato alla vita morale nelle lunghe prove e nel lungo dolore.[12]
  • L'epoca passata, epoca che è finita con la rivoluzione francese, era destinata ad emancipare l'uomo, l'individuo, conquistandogli i doni della libertà, della eguaglianza, della fraternità. L'epoca nuova è destinata a costituire l'umanità;... è destinata ad organizzare un'Europa di popoli, indipendenti quanto la loro missione interna, associati tra loro a un comune intento.[13]
  • L'equilibrio conducente alla pace, la così detta bilancia dei poteri, è menzogna inefficace, se non è bilancia, equilibrio di giustizia: – che a fondarlo è necessaria una revisione di quelle ingiuste, ineguali, tiranniche convenzioni, alle quali i popoli non intervennero, né diedero conferma mai.[14]
  • La coscienza dell'individuo che sente il proprio Diritto e trova in sé coraggio per tentare di riconquistarlo a ogni patto, vi risponderà sempre d'epoca in epoca: dacché la società è impotente a tutelarsi e tutelarmi contro l'oppressore, i suoi diritti, i diritti dell'Umanità conculcata vivono in me, e me li assumo. O legge o Guerra; e vinca chi può. Dove ogni vincolo è spezzato tra la legge e gli uomini d'uno Stato, ogni Forza è santa che s'adopra, per qualunque via, a riconnettere gli uni coll'altra. Dove è rotto l'equilibrio tra la potenza d'un solo e la potenza di tutti, ogni individuo ha diritto e missione di cancellare, potendo, la cagione del vizio mortale e ristabilir l'equilibrio. Davanti alla sovranità collettiva, il cittadino tratta riverente la propria causa; davanti al Tiranno sorge il Tirannicida.[15]
  • La disperazione e l'ateismo sono una stessa cosa.[16]
  • La neutralità per la politica italiana significa oscurità politica, nullità in Europa, perpetuo pericolo di invasione.[17]
  • La patria è la fede nella patria. Dio che creandola sorrise sovr'essa, le assegnò per confine le due più sublimi cose ch'ei ponesse in Europa, simboli dell'eterna forza e dell'eterno moto, l'Alpi e il mare. Dalla cerchia immensa dell'Alpi, simile alla colonna di vertebre che costituisce l'unità della forma umana, scende una catena mirabile di continue giogaie che si stende sin dove il mare la bagna e più oltre nella divelta Sicilia. E il mare la ricinge quasi d'abbraccio amoroso ovunque l'Alpi non la ricingono: quel mare che i padri dei padri chiamarono Mare Nostro. E come gemme cadute dal suo diadema stanno disseminate intorno ad essa in quel mare Corsica, Sardegna, Sicilia, ed altre minori isole dove natura di suolo e ossatura di monti e lingua e palpito d'anime parlan d'Italia.[18]
  • [Su Goffredo Mameli] Mentre il cannone francese si avvicinava lentamente alle mura, ei si accostava ai momenti supremi. Avreste detto che dovesse morire con Roma.[19]
  • [Su Carlo Pisacane] Noi dissentivamo su diversi punti: sulle idee religiose, ch'ei non guardava, errore comune al più, se non attraverso le credenze consunte e perciò tiranniche dell'oggi; sul cosidetto socialismo, che riducevasi a una mera questione di parole dacché i sistemi esclusivi, assurdi, immorali delle sétte francesi erano ad uno ad uno da lui respinti e sulla vasta idea sociale fatta oggimai inseparabile in tutte le menti d'Europa dal moto politico io andava forse più in là di lui: sopra una o due cose delle minori spettanti all'ordinamento della futura milizia; e talora sul modo d'intendere l'obbligo che abbiamo tutti di serbar fede al Vero. Ma il differire di tempo in tempo sui modi d'antivedere l'avvenire non ci toglieva d'essere intesi sulle condizioni presenti e sulla scelta dei rimedi.[20]
  • Noi non abbiamo bandiera nostra, non nome politico, non voce tra le nazioni d'Europa: non abbiamo centro comune, né patto comune, né comune mercato. Siamo smembrati in otto Stati, indipendenti l'uno dall'altro, senza alleanza, senza unità d'intento, senza contatto reciproco regolare. Otto linee doganali, senza numerare gli impedimenti che spettano alla trista amministrazione interna d'ogni Stato, dividono i nostri interessi materiali, inceppano il nostro progresso, ci vietano ogni incremento di manifatture, ogni vasta attività commerciale. Proibizioni o enormi diritti colpiscono l'importazione e l'esportazione. Prodotti territoriali o industriali abbondano in una provincia d'Italia e difettano in un'altra senza che si possa per noi ristabilir l'equilibrio, vendere o permutare il superfluo. Otto sistemi diversi di monetazione, di pesi e misure, di legislazione civile, commerciale e penale, d'ordinamento amministrativo, ci fanno come stranieri gli uni agli altri.[21]
  • [Riferendosi a Enrico Misley] Non v'è tanto da pronunciare spia quel signore anzi nol credo tale, ma vi è tanto da pronunciarlo imbroglione ed uomo non di veri e profondamente radicati principi: e basta per tenersene discosti: così ho sempre fatto e farò.[22]
  • Oggi ciò che importa anzitutto è moralizzare l'Italia.[23]
  • Pensiero e Azione.[24]
  • Prima condizione per riuscire in una grande impresa è il definirla, il vederne chiaro l'intento.[25]
  • [A Sara Levi Nathan] Santa, buona, amata amica, le vostre linee mi sono carissime; ma vorrei avere migliori nuove della vostra salute, e vorrei che riprendeste un po' più di potere su voi stessa e non vi tormentaste prematuramente d'ogni piccolo soggetto d'allarme. Non mi diventate voi pure troppo impulsiva.[26]
  • [Sulla dottrina della rivoluzione francese] Un severo esame ci insegna che la dottrina dei diritti individuali non è nella sua essenza che una grande e sacra protesta in favore della libertà umana contro ogni tirannide che la conculchi. Il suo valore è meramente negativo. Forte a distruggere, essa è impotente a fondare. Può romper catene, non comporre vincoli di lavoro concorde e d'amore.[27]
  • Voi avete dato il primo e più potente grido di rigenerazione![28]
  • Volete voi, Operai Italiani, onorare davvero la memoria de' vostri Grandi e dar pace all'anima di Dante Allighieri? Verificate il concetto che lo affaticò nella sua vita terrestre. Fate UNA e potente e libera la vostra contrada. Spegnete fra voi tutte quelle meschinissime divisioni contro le quali Dante predicò tanto, che condannarono lui, l'uomo che più di tutti sentiva ed amava il vostro avvenire, alla sventura e all'esilio, e voi a una impotenza di secoli che ancor dura. Liberate le sepolture de' vostri Grandi, degli uomini che hanno messo una corona di gloria sulla vostra Patria, dall'onta d'essere calpeste dal piede d'un soldato straniero. E quando sarete fatti degni di Dante nell'amore e nell'odio — quando la terra vostra sarà vostra e non d'altri — quando l'anima di Dante potrà guardare in voi senza dolore e lieta di tutto il santo orgoglio Italiano — noi innalzeremo la statua del Poeta sulla maggiore altezza di Roma, e scriveremo sulla base: AL PROFETA DELLA NAZIONE ITALIANA GLI ITALIANI DEGNI DI LUI.[29]

A parole chiare risposta chiara

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La circolare del ministro Farini, pubblicata nella Gazzella Ufficiale del 13, è diretta a noi, Partito d'azione: avvertimento e minaccia. La nave da guerra che accompagnava il 13, con un battaglione di bersiaglieri, l'Aventin, sul quale era lo stato maggiore dell'ultima spedizione, era commento eloquente alla circolare.
Giova anzi tutto che l'Italia sappia il perché della circolare. Da quando l'insurrezione siciliana ebbe luogo — da quando sopratutto Giuseppe Garibaldi e i suoi forti compagni mossero, rappresentanti di tutte parti d'Italia, a suggellare in Sicilia col sangue il santo patto dell'unità nazionale gli uomini che non servono se non a una sola tattica: fare colle forze del paese l'Italia, sentirono che, mercé il doppio fitto, l'iniziativa del moto trapassava nel popolo d'Italia e si apriva un nuovo periodo di vita pel quale, punto d'appoggio alla leva doveva essere la libertà, fine l'unità della patria. Era chiaro che la libertà non poteva impiantarsi in una provincia del regno di Napoli senza diffondersi all'altre: era chiaro che, per disegno proprio, per la natura degli elementi colà raccolti e per la forza logica delle cose, Garibaldi scenderebbe presto o tardi sul continente italiano: era chiaro ch'ei vincerebbe. Una monarchia nella quale un senso di rovina imminente signoreggia ogni uomo, dal ministro all'ultimo birro, non regge a un urto dato con energia.

Citazioni

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  • La coscienza dell'umanità è suprema su tutti i governi: essi devono esserne interpreti, o non sono legittimi. (p. 39)
  • La coscienza umana ha decretato che il governo di Napoli, il governo del papa, il governo dell'Austria in Italia hanno meritato perire. Chi vibra il colpo è esecutore di quel santo decreto. Chi si frappone, si dichiara proteggitore del male. Un grido s'innalza dal core dell'umanità per dirgli: lasciate passare la giustizia di Dio. (p. 39)
  • Cerchiamo, vogliamo la patria.
    La volete voi pure? Volete davvero, come susurrate all'orecchio dei nostri amici quando volete persuaderli ad essere pazienti, il trionfo di quell'idea?
    Lasciateci fare. (p. 40)
  • Voi sapete che proclamata l'unità monarchica d'Italia, taluni fra noi riprenderanno le vie dell'esilio, gli altri quelle della solitudine. Riparto di gloria? Non la speriamo. Nelle imprese alle quali noi lavoriamo, i nostri nomi si celano studiosamente, da noi medesimi. Lasciateci salvar l'Italia: scriveremo che voi l'avete salvata.
    Lasciateci fare. (p. 41)
  • Lasciateci fare. Che importa a voi, qual rìschio correte se i battelli che salpano per Sicilia piegano a mezza via, verso le terre napoletane o romane? Se l'impresa riesce, voi sapete che, sol che vogliate accettarli, i suoi frutti son vostri; se non riesce, provatevi innocenti perseguitando chi la tentò. Noi non vi chiediamo se non una cosa: perseguitarci dopo non prima.
  • A parole chiare, risposta chiara.
    Non cederemo.
    Noi siamo forti e ostinati. Abbiamo per noi l'istinto della gioventù, del popolo d'Italia. (p. 41)
  • Vogliamo la patria, la patria una e rapidamente. Possiamo cedere su tutto; su questo no. Potete, sapete darcela? (p. 42)
  • Diremo, come un tempo, clandestinamente il vero all'Italia, che finirà per intenderlo. Potete imprigionare taluni fra noi: sorgeranno altri a continuare l'opera nostra. Quando il tempo è maturo pel compimento d'una missione, Dio suscita dalla prigione o dalla sepoltura d'un uomo un altr'uomo più potente di lui. (p. 42)
  • Vogliamo la patria; e le circolari ministeriali non c'impediranno di procacciarcela. Esse possono, urtando di fronte l'irresistibile tendenza italiana e oltraggiando immeritamente i partiti, oggi in virtù dell'intento, concordi, travolgere il paese nell'anarchia: non possono mutare ciò che Dio e il popolo vogliono. (p. 42)

[Giuseppe Mazzini, A parole chiare risposta chiara, citato in Franco Mistrali, Da Palermo a Gaeta: storia popolare della campagna dell'Italia meridionale]

Doveri dell'uomo

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Io voglio parlarvi dei vostri doveri. Voglio parlarvi, come il core mi detta, delle cose più sante, che noi conosciamo, di Dio, dell'umanità, della Patria, della Famiglia. Ascoltatemi con amore, com'io vi parlerò con amore. La mia parola è parola di convinzione maturata da lunghi anni di dolori e di osservazioni e di studi. I doveri che io vi indicherò, io cerco e cercherò, finché io viva, adempierli quanto le mie forze concedono. Posso errare, ma non di core. Posso ingannarmi, ma non ingannarvi. Uditemi dunque fraternamente: giudicate liberamente tra voi medesimi, se vi pare che io vi dica la verità; abbandonatemi se vi pare che io predichi errore; ma seguitemi e operate a seconda dei miei insegnamenti, se mi trovate apostolo della verità. L'errore è sventura da compiangersi, ma conoscere la verità e non uniformarvi le azioni, è delitto che cielo e terra condannano.

Citazioni

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  • Dio esiste. Noi non dobbiamo né vogliamo provarvelo: tentarlo ci sembrerebbe bestemmia, come negarlo, follia. Dio esiste perché noi esistiamo. Dio vive nella nostra coscienza, nella coscienza dell'Umanità, e nell'Universo che ci circonda. La nostra coscienza lo invoca nei momenti più solenni di dolore e di gioia. L'Umanità ha potuto trasformarne, guastarne, non mai sopprimerne il santo nome. L'Universo lo manifesta coll'ordine, coll'armonia, colla intelligenza dei suoi moti e delle sue leggi. Non vi sono atei fra voi: se ve ne fossero, sarebbero degni non di maledizione, ma di compianto. Colui che può negare Dio davanti ad una notte stellata, davanti alla sepoltura de' suoi più cari, davanti al martirio, è grandemente infelice o grandemente colpevole. Il primo ateo fu senz'alcun dubbio un uomo che avea celato un delitto agli altri uomini e cercava, negando Dio, liberarsi dell'unico testimonio a cui non poteva celarlo e soffocare il rimorso che lo tormentava. (cap. II)
  • La vita d'un'anima è sacra, in ogni suo periodo: nel periodo terreno come negli altri che seguiranno. (cap. II)
  • La famiglia è la Patria del core. (cap. VI)
  • L'Angiolo della Famiglia è la Donna. Madre, sposa, sorella, la donna è la carezza della vita, la soavità dell'affetto diffusa sulle sue fatiche, un riflesso sullo individuo della Provvidenza amorevole che veglia sull'umanità: sono in essa tesori di dolcezza consolatrice che bastano ad ammorzare qualunque dolore. Ed essa è inoltre per ciascun di noi l'iniziatrice dell'avvenire. (cap. VI)
  • La Famiglia è concetto di Dio, non vostro. Potenza umana non può sopprimerla. Come la Patria, più assai che la Patria, la Famiglia è un elemento della vita.
    Ho detto più assai che la Patria. La Patria sacra in oggi, sparirà forse un giorno quando ogni uomo rifletterà nella propria coscienza la legge morale dell'umanità; la Famiglia durerà quanto l'uomo. Essa è la culla dell'umanità. Come ogni elemento della vita umana, essa deve essere aperta al Progresso, migliorare d'epoca in epoca le sue tendenze, le sue aspirazioni; ma nessuno potrà cancellarla. (cap. VI)
  • Amate, rispettate la donna. Non cercate in essa solamente un conforto, ma una forza, una ispirazione, un raddoppiamento delle vostre facoltà intellettuali e morali. Cancellate dalla vostra mente ogni idea di superiorità: non ne avete alcuna. Un lungo pregiudizio ha creato, con una educazione disuguale e una perenne oppressione di leggi, quell'apparente inferiorità intellettuale, dalla quale oggi argomentano per mantenere l'oppressione. (cap. VI)
  • Amate i figli che la Provvidenza vi manda; ma amateli di vero, profondo, severo amore; non dell'amore snervato, irragionevole, cieco, ch'è egoismo per voi, rovina per essi. (cap. VI)
  • Amate i parenti. La Famiglia che procede da voi non vi faccia mai dimenticare la famiglia dalla quale procedete. Pur troppo sovente i nuovi vincoli allentano gli antichi, mentre non dovrebbero essere se non un nuovo anello nella catena d'amore che deve annodare in uno tre generazioni della Famiglia. Circondate d'affetti teneri e rispettosi sino all'ultimo giorno le teste canute della madre, del padre. Infiorate ad essi la via della tomba. Diffondete colla continuità dell'amore sulle loro anime stanche un profumo di fede e d'immortalità. E l'affetto che serbate inviolato ai parenti vi sia pegno di quello che vi serberanno i nati da voi.
    Parenti, sorelle e fratelli, sposa, figli, siano per voi come rami collocati in ordine diverso sulla stessa pianta. Santificate la Famiglia nell'unità dell'amore. Fatene come un Tempio dal quale possiate congiunti sacrificare alla Patria. Io non so se sarete felici; ma che così facendo, anche di mezzo alle possibili avversità, sorgerà per voi un senso di pace serena, un riposo di tranquilla coscienza, che vi darà forza contro ogni prova, e vi terrà schiuso un raggio azzurro di cielo in ogni tempesta. (cap. VI)
  • L'educazione è il pane dell'anima. Come la vita fisica, organica, non può crescere e svolgersi senza alimenti, così la vita morale, intellettuale, ha bisogno per ampliarsi e manifestarsi, delle influenze esterne e d'assimilarsi parte almeno delle idee, degli effetti, delle altrui tendenze. (cap. VII)
  • [Dante Alighieri], un uomo Italiano, il più grande fra gl'Italiani che io mi conosca [...]. Ogni città d'Italia quando l'Italia sarà libera ed una, dovrebbe innalzargli una statua [...]. (cap. VII)
  • Le idee, cacciate una volta che siano nel mondo dell'intelletto, non muoiono più. Altri le raccoglie, anche dimenticandone la sorgente. Gli uomini ammirano la quercia: chi pensa al germe dal quale esciva? (cap. VII)
  • Oggi sappiamo che la legge della Vita è PROGRESSO. (cap. VII)
  • [Lamennais] un uomo che visse e morì santamente e amò il popolo e il suo avvenire d'immenso amore [...]. (cap. IX)
  • La libertà non è che un mezzo; guai a voi e al vostro avvenire se v'avvezzaste mai a guardarla siccome fine! Il vostro individuo ha doveri e diritti propri che non possono essere abbandonati ad alcuno; ma guai a voi ed al vostro avvenire se il rispetto che dovete avere per ciò che costituisce la vostra vita individuale potesse mai degenerare in un fatale egoismo! La vostra libertà non è la negazione d'ogni autorità; è la negazione d'ogni autorità che non rappresenti lo scopo collettivo della Nazione, e che presuma impiantarsi e mantenersi sovr'altra base che su quella del libero spontaneo vostro consenso. (cap. IX)
  • L'istruzione, come la ricchezza, può essere sorgente di bene e di male a seconda delle intenzioni colle quali s'adopra: consacrata al progresso di tutti, è mezzo di incivilimento e di libertà; rivolta all'utile proprio, diventa mezzo di tirannide e di corruttela. (cap. IX)
  • Non bisogna abolire la proprietà perché oggi è di pochi; bisogna aprire la via perché i molti possano acquistarla. (cap. XI)

Note autobiografiche

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Una domenica dell'aprile 1821, io passeggiava, giovanetto, con mia madre e un vecchio amico della famiglia, Andrea Gambini, in Genova, nella Strada Nuova. L'insurrezione Piemontese era in quei giorni stata soffocata dal tradimento, dalla fiacchezza dei Capi e dall'Austria.

Citazioni

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  • Cielo e Mare – due simboli dell'infinito e, coll'Alpi, le più sublimi cose che la natura ci mostri [...].
  • Ci affratellammo della saldissima tra le amicizie, che è quella santificata dall'unità d'un intento buono [...].
  • [...] l'ospitalità è la rugiada versata da Dio sui buoni, perch'essi la riversino sulle fronti solcate dalla persecuzione.
  • Ah! come poco indovinano gli uomini le condizioni dell'anima altrui, se non la illuminano – ed è raro – coi getti d'un amore profondo!
  • La Vita è Missione; e quindi il Dovere è la sua legge suprema.

Incipit di alcune opere

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A Carlo Alberto di Savoja

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SIRE!

S'io vi credessi re volgare, d'anima inetta o tirannica, non v'indirizzerei la parola dell'uomo libero. I re di tal tempra non lasciano al cittadino che la scelta fra l'armi e il silenzio. Ma voi, SIRE, non siete tale. La natura, creandovi al trono v'ha creato pure a' grandi concetti ed a' forti pensieri; e l'Italia sa che voi avete di regio più che la porpora. I re volgari infamano il trono su cui si assidono, e voi, SIRE, per rapirlo all'infamia, per distruggere la nube di maledizioni, di che lo aggravano i secoli, per circondarlo d'amore, non avete forse bisogno che d'udire la verità: però, io ardisco dirvela, perché voi solo estimo degno d'udirla, e perché nessuno tra quanti vi stanno attorno può dirvela intera. La verità non è linguaggio di cortigiano: non suona che sul labbro di chi né spera, né teme dalla potenza.

D'alcune cause che impedirono finora lo sviluppo della libertà in Italia

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Trattando delle cagioni, che tornavano in nulla i tentativi di libertà nell'Italia – de' vizi che contrastarono al concetto rigeneratore di farsi via tra gli ostacoli, noi siamo ad un bivio tremendo.
O noi parliamo parole alte, libere, franche – parliamo coll'occhio all'Italia, la mano sul core, e la mente al futuro – parliamo, come detta la carità della patria, senza por mente ad uomini, o pregiudizi, snudando l'anima agli oppressori, ai vili, agli inetti, flagellando le colpe e gli orrori ovunque si manifestino – e un grido si leva dagli uomini del passato contro a' giovani che s'innoltrano nella carriera, ignoti alle genti, senza prestigio di fama, senza potenza di clientela, soli con Dio e la coscienza d'una missione: voi violate l'eredità de' padri, perdete la sapienza degli avi: voi usurpate un mandato, che il popolo non v'affida esclusivamente: voi cacciate l'ambizione di novatore frammezzo a' vostri fratelli!

D'una letteratura europea

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Le parole de' sommi, quanto più riescono oscure, più covano il germe d'una profonda ed utile verità. Il genio passa rapido attraverso le razze viventi, e s'interna ne' misteri dell'universo; ma ad esso un solo sguardo discopre alte cose: le leggi, che regolano la vita delle nazioni, si rivelano all'uomo entro cui vive questo istinto sublime: il passato e il presente s'interpretano l'un l'altro nella sua mente, ed egli ne trae sovente il futuro, perché il genio è profeta.

Della Giovine Italia

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Les jeunes gens de vingt à trente–
cinq
ans ont grandi dans la révolution...
Eux seuls sont notre espérance
.[30]
VICTOR COUSIN

Le parole di Cousin, poste in fronte all'articolo, racchiudevano, parmi, un alto senso politico, e compendiavano in certo modo la scienza del moto sociale nel secolo XIX. Egli le proferiva parlando allo Zschokke, e Zschokke, canuto, ma d'anima giovine e repubblicana, le raccoglieva con amore, e le registrava in fronte a un suo libro, intravvedendovi una profezia di vittoria e di civiltà.

I fratelli Bandiera

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Io scrivo queste pagine per obbedire all'ultimo voto dei fratelli Bandiera, e perché gli Italiani sappiano quali uomini fossero quei che morirono per la libertà della patria, il 25 luglio 1844, in Cosenza. E le scrivo ora, mentre io avrei per più ragioni desiderato adempiere all'obbligo mio alcuni anni più tardi, perché le gazzette austriache e le polizie italiane hanno diffuso e diffonderanno intorno a quei nomi asserzioni riecheggiate dai molti vili e dai moltissimi stolti, che tendono a calunniare, non dirò i vivi — che importa a noi di siffatte accuse? — ma la fama di martiri che gl'Italiani non dovrebbero nominare, se non prostrati, adorando.

Istruzione generale per gli affratellati nella Giovane Italia

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La Federazione della Giovine Italia data l'era sua dall'anno 1831. Essa ha per iscopo:
1°. La repubblica, una, indivisibile, in tutto il territorio italiano, indipendente, uno e libero.
2°. La distruzione di tutta l'alta gerarchia del clero e l'introduzione di un semplice sistema parrocchiale.
3°. L'abolizione di ogni aristocrazia e di ogni privilegio, che non dipenda dalla legge eterna della capacità e delle azioni.
4°. Una promozione illimitata dell'istruzione pubblica.
5°. La più esplicita dichiarazione di diritti dell'uomo e del cittadino. Qualunque forma di governo monarchico, costituzionale od altro, qualunque moderato sistema di religione, che la necessità delle cose ne imponesse accettare, sarebbero sempre accettati e considerati come governi e sistemi di transizione e la Federazione perciò proseguirebbe i suoi lavori.

Citazioni su Giuseppe Mazzini

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  • All'idea d'Europa il Mazzini fu fedele per oltre quarant'anni nella sua attività politica con una coerenza ammirevole, e non soltanto ne parlò e scrisse con tono messianico, ma anche fece molti tentativi per realizzarla; per lui quell'idea non aveva soltanto un significato politico, ma umano, universale, filosofico perché si ricollegava all'idea di umanità, anzi si identificava con essa nella concreta realtà storica. (Paolo Brezzi)
  • Carlo Bini [...] parlava di Mazzini come d'un buon figliuolo che scambiava la realtà colle larve dorate della sua fantasia, e la sola cosa che non gli perdonasse era la pretensione di voler dirigere il movimento italiano stando fuori d'Italia, perché diceva: non può governare la nave chi non c'è dentro. (Giuseppe Montanelli)
  • E un popol morto dietro a lui si mise. | Esule antico, al ciel mite e severo | leva ora il volto che giammai non rise, | — tu sol — pensando — o idëal, sei vero. (Giosuè Carducci)
  • Ebbi a lottare con il più grande dei soldati, Napoleone. Giunsi a mettere d'accordo tra loro imperatori, re e papi. Nessuno mi dette maggiori fastidi di un brigante italiano: magro, pallido, cencioso, ma eloquente come la tempesta, ardente come un apostolo, astuto come un ladro, disinvolto come un commediante, infaticabile come un innamorato, il quale ha nome: Giuseppe Mazzini. (Klemens von Metternich)
  • [Commentando una lettera di Mazzini ai suoi adepti] Ecco che cosa voleano i redentori dell'Italia! Simili ordini avrebbero spaventato un Attila, un Maometto. Tant'è: se parlate co' patrioti vi diranno, che il retrogrado, l'oscurantista, il birbante son'io, perché clericale; e che Mazzini era un progressista, un umanitario co' fiocchi, e forse vi assicureranno pure che fosse un santo che facea miracoli. Quelli scritti di Mazzini, che fanno raccapricciar di spavento l'umanità, gli sciocchi governanti di que' tempi, invece di pubblicarli a' quattro venti della terra, per far rinsavire i balordi, credettero gran sapienza occultarli con ogni cura! (Giuseppe Buttà)
  • Fu più la lettura delle opere di Mazzini che la sua fama di uomo politico, che mi spinse ad avvicinarlo, per vedere s'ei, personalmente, rispondeva al concetto ideale che me n'era formato. Se rimasi soddisfatto non fa d'uopo il dirlo. Trovai in lui amenità, ingegno, bontà paterna, e, ciò che non avrei mai creduto, essendomi fatto di lui un'idea su quella che ravvisava in molti de' suoi intolleranti seguaci, trovai in lui la tolleranza per le idee altrui, che è certamente il più alto segno della intelligenza umana. (Virgilio Estival)
  • Garibaldi avria potuto essere il Byron, e Mazzini il Victor Hugo dell'Italia, se in luogo di conquistar Roma, avesser dovuto glorificarla. Non abbiamo poeti, abbiamo soldati, non scriviamo romanzi, facciamo la storia. Manzoni tace, ma parla il cannone, Pepoli non scrive più commedie, manipola trattati; Visconti Venosta non commenta più Prudhon nel Crepuscolo, ma persuade alla Camera. (Giuseppe Guerzoni)
  • Giuseppe Mazzini? Tutta l'anima per l'ideale santo della indipendenza e della libertà della sua grande patria, e l'opera febbrilmente attiva della vita intera per essa, e malgrado gli ostacoli più minacciosi e le disillusioni più amare e i sagrifici più sanguinosi, e senza mai né temere, né disperare e vederlo infine quasi raggiunto, è questa la sua gloria. (Roberto Ardigò)
  • Il famoso rivoluzionario Giuseppe Mazzini, più conosciuto in Russia come patriota italiano, cospiratore e agitatore che come metafisico deista e fondatore della nuova chiesa in Italia, sì, proprio Mazzini ritenne utile e necessario nel 1871, il giorno dopo la disfatta della comune di Parigi, quando i feroci esecutori di Versailles fucilavano a migliaia i disarmati comunardi, affiancare l'anatema della chiesa cattolica e le persecuzioni poliziesche dello Stato con il suo proprio anatema sedicentemente patriottico e rivoluzionario ma nella sostanza assolutamente borghese e teologico insieme. (Michail Bakunin, Stato e Anarchia)
  • Il fattore che portò a termine l'unità tedesca fu la forza materiale delle armi. Quello che suscitò l'unità italiana fu la forza spirituale, la verità recondita che costituisce l'ultima natura delle cose e determina le loro affinità e repulsioni. Tuttavia, perché questa verità recondita operi rapidamente, è necessario colmarla di ardore, trarla alla luce della consapevolezza, trasformarla in idee motrici, come si fa con il minerale nel forno. E fu questa la vigorosa e ardente impresa di Mazzini, così come il fuoco, attraverso il crogiolo, penetra i metalli e li muove a infrangere la loro abituale rigidezza, isolamento e tenacia e a fondersi e legarsi gli uni con gli altri, in un abbraccio indissolubile e perfetta omogeneità. (Ramón Pérez de Ayala)
  • Il suo repubblicanesimo nacque anche dalla persuasione che l'Italia potesse unificarsi solo abbattendo le sue dinastie. Ma se una di queste dinastie si fosse mostrata disposta a mettere le sue forze militari e il suo credito internazionale a disposizione dell'Italia, per conquistarle l'unità, allora, Mazzini era pronto a transigere con la Monarchia. E alla Monarchia più di una volta, dal 1830 in poi, Mazzini tese la mano, si offrì di aiutarla «a corpo perduto», se essa, cioè i Savoia, avesse consentito di cambiare la meschina corona piemontese con la corona d'Italia. L'avvenire poi avrebbe pensato esso a realizzare la Repubblica. (Gioacchino Volpe)
  • In qualche provincia tuttavia questi scritti erano talvolta messi da lato; davasi di piglio invece alle opere di Mazzini, le quali se, a dir vero, ridestavano principî nazionali, e miravano alla unità ed indipendenza, insinuavano dall'altro un sentimentalismo, un misticismo, un non so che di religioso, che faceva andare le menti fra le nubi, e tra le incertezze delle religioni, di cui Mazzini afferma la necessità pel governo degli uomini, e non sa formularne alcuna. (Felice Orsini)
  • Ingegno fervido e potente, nudrito di molteplici e seri studî, ardente spiritualista, suffuso di una nube di misticismo – che si palesa anche nel suo stile, caldo, robusto, entusiasta, talora un po' retorico, qua e là un po' turgido, un po' asmatico –, Giuseppe Mazzini ebbe un unico intendimento, una sola idealità, all'attuazione della quale consacrò tutto sé stesso dal 1831 in poi: porre a fondamento dell'ordinamento sociale due concetti, espressi, nella sua famosa formula: Dio e Popolo; concetti che egli armonizzava sopra un cardine morale, il dovere, dal quale soltanto scaturisce il diritto. Quindi, per l'Italia, l'unità nazionale da conseguirsi con la democrazia e per la democrazia, con due mezzi: pensiero ed azione, val quanto dire con la educazione dei giovani per prepararli alla lotta delle armi e al sacrificio di sé stessi. (Raffaello Giovagnoli)
  • L'ultimo anno di vita fu per Giuseppe Mazzini cosparso di triboli e di delusioni. I giovani, dopo la sua polemica contro la Comune, gli volgono le spalle. I suoi attacchi al materialismo, al socialismo e all'internazionalismo, negatori di Dio, della Proprietà e della Patria, anziché screditare, finiscono per accreditare le nuove idee presso gli elementi più vivaci e irrequieti di parte repubblicana. Il vecchio maestro assiste addolorato e corrucciato a questa «invasione d'ignoranti selvaggi», per giunta guidati da un russo, anzi da un «cosacco» (che è Bakunin) e ispirati da un tedesco «uomo d'ingegno acuto ma dissolvente» (che è Marx). (Pier Carlo Masini)
  • La concezione religiosa mazziniana, come quella dei seguaci di Saint-Simon e quella cristianizzante di Rousseau, s'ispira a quell'ottimismo che era stato il lievito della democrazia rivoluzionaria. Basterà, infatti, per convincersene, pensare che secondo Mazzini il criterio della verità religiosa consiste nel consentimento generale degli uomini e che per lui la volontà popolare indica i fini di Dio ed è sempre vera, buona, infallibile. (Antonio Anzilotti)
  • La retorica della Terza Roma, era la fantasia perversa di uno che si chiamava Mazzini, che ha teorizzato la Terza Roma, non più la Roma imperiale, non più la Roma cristiana, ma la Terza Roma che doveva portare la luce a tutto il mondo, che era la luce massonica, senza pensare, poverino, che quelli che l'avevano fatta erano semplicemente dei pagliaccetti mossi da altri masssoni. (Angela Pellicciari)
  • Mazzini era vegetariano certo, sempre pallido, però suonava la chitarra. (Roberto Gervaso)
  • Mazzini, il grande sacrificato; l'ostia vivente d'Italia, mantiene fedelmente il voto compito trent'anni or sono quando l'imangine d'un Italia una, virtuosa, libera, apparendo come una celeste fidanzata in mezzo alle artistiche ispirazioni ed alle poetiche larve della sua giovinezza, le disse: «Tu rinuncierai per me ogni cosa diletta più caramente, mangerai il pane dell'esilio, berrai la cicuta della calunnia, e fin anco le divine consolazioni delle-Grazie e delle Muse tu ricuserai, perocché il mio amore non tolleri rivali e solamente colui che molto offre e combatte sia degno d'avermi.» (Giuseppe Guerzoni)
  • Non ignoro che a molti parrà singolare stranezza questo parlare di Mazzini immediatamente dopo Socrate e Cristo, i due primi più solenni e più rifermati maestri di civiltà; ma penso che quelli che verranno dopo di noi, considerata tutta a parte a parte la dottrina e la vita dell'uomo, dopo Socrate e Cristo nella storia lo allogheranno terzo non di valore, ma di tempo. (Giovanni Bovio)
  • Oggi l'Italia e l'Europa intera venerano quest'uomo. In Italia è considerato come uno degli uomini più grandi. Era un uomo devoto e religioso, né egoista né orgoglioso. La povertà era per lui un ornamento. Considerava le sofferenze altrui come le sue. Ci sono davvero pochi esempi nel mondo in cui un uomo, da solo, ha portato tanto sollievo morale al suo paese, grazie alla sua forza di pensiero e alla sua estrema devozione, durante tutta la sua vita. Tale fu Mazzini, l'unico. (Mahatma Gandhi)
  • Preparazione della salma di Mazzini (dal racconto di Gorini). Gorini è chiamato a Pisa da un telegramma di Bertani. Trova una folla di Mazziniani, mezzi matti, ciascuno dei quali dà ordini e disordini, gridando «si faccia questo, si faccia quest'altro, non si badi a spesa» e inviando poi, beninteso, i conti a pagare ai tre 3 o 4 ricchi di loro. Lemmi ci spese di più di 6000 lire – e nota che i patrioti operai gli fecero pagare 800 lire una cassa di piombo che ne valeva 200. – Si domandò a Gorini in che modo avrebbe imbalsamato Mazzini. Rispose avere due modi: uno spedito ma che conservava per pochissimo tempo il cadavere; l'altro lunghissimo, ma che lo serbava indefinitavamente. Si passò ai voti. Dei mazziniani, i Nathan volevano che si seppellisse Mazzini senz'altro. Ma prevalse Bertani. Gorini si pose dunque al lavoro. IL corpo giaceva in istato di avanzatissima putrefazione. Era verde – era una vescica zeppa di marcia. Bertani assisteva all'esperimento. Dopo una notte di tentativi, Gorini avea già perduta ogni speranza di conservarlo. Arrischiò un altro mezzo – e il verde scomparve e la marcia si coagulò. Allora si pose in cassa Mazzini per portarlo a Genova. In viaggio la cassa si ruppe e ne uscì del liquido. A Genova Gorini riprese il lavoro. In due anni, ne spera un mediocre successo –. (Carlo Dossi)
  • Quando Giuseppe Mazzini, nella sua solitudine, nel suo esilio, si macerava nell'ideale dell'unità ed era nella disperazione per come affrontare il potere, lui, un uomo così nobile, così religioso, così idealista, concepiva e disegnava e progettava gli assassini politici. Questa è la verità della storia. (Bettino Craxi)
  • Quando si farà qualche passo nella via della libertà e dell'uguaglianza, qualche progresso nella via dell'emancipazione religiosa, qualche cammino nella via dell'educazione nazionale, certo voi, nella vostra giustizia, guarderete lì in fondo, e vedrete l'uomo che aveva levato quella bandiera, lo ricorderete con rispetto, e direte: «Ecco il precursore!» Questo è il vero carattere, questa è la vera importanza e la vera gloria di Mazzini. (Francesco De Sanctis)
  • Quanto è efficace il costante apostolato unitario del Mazzini, altrettanto vani sono i suoi tentativi d'azione, perché non hanno mai altra base che la sua facilità d'illudersi e la sua presunzione. (Ernesto Masi)
  • Se Cavour era privo di grandi disegni ideali, Mazzini ne era ricchissimo. Dal Romanticismo e dalla rivoluzione francese aveva ereditato il concetto di nazione, e tale concetto aveva applicato non solo all'Italia, ma all'Europa. Credeva alla necessità che ad ogni diritto corrispondesse un dovere e che nessuno potesse pretendere alcunché senza aver dato, generosamente. In questo equilibrio fra diritti e doveri Mazzini risolveva, o credeva risolvere, le tensioni sociali, i contrasti delle classi, le divergenze fra le nazioni. (Sergio Romano)
  • Secondo l'uso linguistico attuale, un grande uomo non ha bisogno di essere né buono né nobile – mi ricordo un solo esempio di un uomo di questo secolo che abbia ricevuto tutti e tre questi predicati, e perfino dai suoi nemici: Mazzini. (Friedrich Nietzsche)
  • Un uomo insigne per ingegno e per devozione alla patria vive ancora bandito dalla sua terra. Calunniato e levato a cielo ad un tempo, Giuseppe Mazzini ebbe forse, come tutti gli uomini grandi e superiori alla comunanza delle genti, la sventura somma di non essere compreso né da' suoi adoratori né da' suoi detrattori. I detrattori ce lo dipingono un pazzo utopista che fa della politica una scienza astrusa peggiore dell'algebra; gli adoratori invece, [...], non giurano che in nome suo, non parlano che a frasi inventate da lui, non ammettono altri al mondo che lui, e fanno di un uomo eminente e di ingegno sovrano la meschina figura di un profeta spostato. (Franco Mistrali)
  • Vi sono rivoluzionari dal basso in alto, quelli che scendono a sommuovere le passioni luride delle piazze, e di costoro io non sono. Vi sono poi i rivoluzionari dall'alto in basso, quelli che vogliono far servire l'autorità alla creazione della nazione per imporre la libertà, e di questo tipo io mi sono rivoluzionario. Io non sono con Mazzini, sono con Saint-Just. (Ferdinando Petruccelli della Gattina)
  • Giuseppe Mazzini è [...] un politico d'immaginativa non di ragione [...] avendo un'idea sola, cioè la repubblica. E siccome chi ha un'idea sola non può variare (quando ogni mutazione importa almeno due concetti), così non è da stupire che il Mazzini sia fisso nel suo pensiero e abbia quella costanza nelle chimere che i semplici ammirano ma che i savi chiamano «ostinazione». Laonde fra i suoi adoratori non si trova un sol uomo di conto, anzi è da notare che i più dotti e valorosi democratici ripugnano alle sue dottrine. Ché se qualche ingegnoso, ingannato dai romori, l'ebbe in pregio prima di conoscerlo; accostatoglisi e divenutogli intrinseco, dovette ritrarsi, stomacato da tanta presunzione accoppiata a tanta nullezza.
  • Il suo ingegno è mediocre, e anco nelle lettere è sfornito d'inventiva e di forma sua propria. Tuttavia s'egli avesse imparato dai classici antichi l'arte difficile di ordinare i pensieri ed esprimer gli affetti e dai nostrali quella di scrivere italianamente, egli sarebbe potuto riuscire un letterato di qualche nome nelle opere indirizzate a dilettare e muovere la fantasia, senza però uscire dai termini dell'imitazione. Laddove mancando affatto di buoni studi e usando uno stile che non si potrebbe chiamare «italiano» senza grave ingiuria d'Italia, egli non può aver lode né anche come scrittore.
  • Più inetto ancora apparisce come politico, perché inabile ad apprendere la realtá della vita, come quegli che squadra gli oggetti sotto il prisma ingannevole dei propri fantasmi. Cosicché egli non riesce né meno nel volgare ufficio di cospiratore, benché lo eserciti da tanto tempo, mancando di arte nel conoscere gli uomini e di cautela nel maneggiarli; onde diventa facil preda e ludibrio di chi gli si accosta, e macchinando alla scoperta merita più titolo di sollevatore che di congiurante. Oltre che, egli ha (come accade ai monomaniaci) una di quelle tempre ardenti e concitate che inclinano al fanatismo e fanno meno a proposito delle faccende che delle opinioni. Se fosse nato in età superstiziosa, egli avrebbe potuto passare per santo, venire in credito di taumaturgo, ardere altrui come inquisitore o essere arso e adorato come martire.
  • Dotato di volontà ostinata, di arte profonda nel congiurare, quest'uomo, il quale potevasi dir nuovo, si fece agevolmente capo di molta gioventù che fremeva, e che nel dolore della non riuscita rivoluzione del 1831 sarebbesi aggregata a qualsivoglia partito, al solo patto di non rimanere oziosa.
  • Egli restringeva la sua politica italiana al gran sogno d'una sola e indivisibile Repubblica; costante concetto assurdo delle sétte che hanno travagliato la Penisola. Sempre nel regno del vago e dell'idea, non badò né a interessi né a relazioni politiche: possibilità ed opportunità non conobbe: ad uno scopo ideale non si doveva giungere che con mezzi più ideali ancora. Siffatte idee, messe innanzi in un momento nel quale i più pazzi sogni dei socialisti, dei comunisti e di tutti i pretesi ristauratori della società, colpivano le menti giovanili e trascinavano molte ardenti fantasie, fecero sì che i proseliti della Giovine Italia componessero la loro fede politica di un vero incognito indistinto, di un misto confuso di tutte queste follie pericolose. Egli non abbandonava il concetto politico dell'emancipazione nazionale, ma questa doveva farsi contemporaneamente alla gran rigenerazione sociale, o almeno coi medesimi principi, che si volevano in pari tempo sancire.
  • Il Mazzini, mistico per natura, di semplici ed affabili modi, di un'apparente bonomia che procacciavagli reputazione d'integrità, letterato ed erudito, senza esser però dotato di vera eloquenza, usò un linguaggio fantastico, il quale non poteva a meno di colpire per la novità, benché non fosse se non l'espressione di sterilissime idee. Poche infatti erano queste, e si può dire che sopra due sole, come sopra ad un perno, si aggirava tutto il suo sistema, se con tal nome dee chiamarsi. Dio e Popolo era il suo motto. Col primo intendeva ad eccitar fede nell'avvenire, facendo quasi parte e sostegno della sua missione la volontà divina; e sarebbesi pensato ch'egli mirasse a prendere il tuono d'un profeta, e fui per dire di un Maometto. Nel secondo compendiavasi l'idea democratica; e con entrambi poi, piuttosto ad una rivoluzione sociale che politica sembrava accennare.
  • Le aspettative di Mazzini erano state troppo grandi e senza dubbio un po' confuse. Egli non aveva previsto che la nazionalità, invece di rappresentare esclusivamente l'emancipazione dei popoli oppressi, potesse a volte diventare una forza di divisione e persino illiberale. Scoprì con enorme dolore, che gli italiani erano altrettanto corrotti degli altri popoli dal materialismo e dall'egoismo.
  • Mazzini non conosceva bene l'Italia. Di famiglia genovese benestante, non era andato mai al di là della Toscana allorché, all'età di ventisei anni, fu costretto a fuggire all'estero. I suoi numerosi nemici attribuirono a ciò la sua persistente fiducia nelle possibilità di una rivoluzione italiana. In realtà Mazzini rimase sempre un mistico, distante dai calcoli materiali delle possibilità e dei vantaggi.
  • Oltre a un'Italia unita egli si configurava l'immagine, ancora più remota, di un'Europa unita alla quale la sua nazione italiana avrebbe indicato la via. In maniera un po' ingenua riteneva che la pace internazionale e l'indipendenza nazionale dovessero necessariamente andar congiunte. Certo che le libertà politiche e il patriottismo fossero facce di una stessa medaglia, patrocinava anche l'abolizione di tutti i privilegi e la costituzione di un mondo nel quale il popolo fosse sovrano.
  • Oltre all'idea repubblicana, egli aveva sostenuto con coerenza la riforma sociale, la libertà di coscienza, l'uguaglianza fra i sessi e un'Europa federale; ma era un visionario, troppo in anticipo sui suoi tempi.

Note

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  1. Il Machiavelli per le disavventure incontrate come uomo «pubblico». [Nota del curatore del libro]
  2. Da Agli operai italiani
  3. Lettera a Francesco Dall'Ongaro. Ginevra, 27 maggio 1854.
  4. Da La Giovine Italia. Serie di scritti intorno alla condizione politica, morale e letteraria dell'Italia, tendenti alla sua rigenerazione, fascicolo III, Marsiglia, 1932.
  5. Da La «Voce della Verità», negli Scritti editi ed inediti, Milano, 1861, vol. I, p. 168.
  6. Citato in Guida alla lettura, in Pensiero e azione nel Risorgimento, EDIPEM, Novara, 1974.
  7. Da Ai giovani d'Italia.
  8. Da Agli operai italiani.
  9. Da Lettera a Carlo Alberto.
  10. Da Scritti editi ed inediti, P. Galeati, 1941, vol. 93.
  11. Citato in Giuseppe Fumagalli, Chi l'ha detto?, Hoepli, 1921, p. 746.
  12. Da Della Giovine Italia, in Scritti editi e inediti di Giuseppe Mazzini, vol. I, Daelli, Milano, 1861, p. 148.
  13. Citato in Paolo Brezzi, Realtà e mito dell'Europa, Studium, 1954.
  14. Da Scritti editi e inediti.
  15. Da L' Italia e il governo sardo, Tipografia Universale di Zeno Swietoslawski, Londra, 1858, p. 7.
  16. Da Scritti letterari di un italiano vivente.
  17. Citato da Salvatore Barzilai nella Tornata del 12 giugno 1909 della Camera dei Deputati (regno d'Italia).
  18. Da La Patria, ne I Pensieri, 1859.
  19. Citato da Silvio Paolucci nella Seduta pomeridiana del 6 luglio 1949 della Camera dei Deputati.
  20. Citato in Guida alla lettura, in Pensiero e azione nel Risorgimento, EDIPEM, Novara 1974.
  21. Da Italia, Austria e il papa, in Scritti editi e inediti di Giuseppe Mazzini, vol. VI, Daelli, Milano, 1863, pp. 137-138. Citato in Giorgio Napolitano, Discorso celebrativo del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, dinanzi al Parlamento, per il 150° anniversario dell'Unità d'Italia, Montecitorio, 17 marzo 2011.
  22. Lettera di Mazzini alla madre del 14 marzo 1837, in Giuseppe Mazzini, Scritti editi ed inediti, Edizione nazionale, Imola, 1906-1943, vol. XII, p. 345; citato in Giorgio Candeloro, Storia dell'Italia moderna, vol. II, Dalla Restaurazione alla Rivoluzione nazionale 1815-1846, Universale economica, Giangiacomo Feltrinelli editore, Milano, 1978, p. 165.
  23. Citato in Arte e politica, Rivista contemporanea, Vol. XL, p. 266.
  24. Da Pensiero e Azione, n. 1, Londra 1° settembre 1858.
  25. Da Il da farsi, in Scritti editi ed inediti, vol. X, Pubblicazione nazionale, Roma, 1880, p. 357.
  26. Da una lettera del 24 febbraio 1870; Scritti editi ed inediti di Giuseppe Mazzini, vol. LXXXIX (Epistolario vol. LVI), Cooperativa tipografica-editrice Paolo Galeati, Imola, 1940, p. 20.
  27. Da Democrazia dei diritti e democrazie dei doveri.
  28. Da una lettera a Salvatore Morelli, citato in epigrafe a Salvatore Morelli, La donna e la scienza o la soluzione del problema sociale.
  29. Da Dante, in Scritti editi ed inediti, vol. XXIX, pp. 14-15.
  30. L'Epigrafe è troppo assoluta, perché noi la ammettiamo senza riserva, e rimettiamo all'articolo. Ma non abbiamo potuto resistere al piacere di registrare in favore della gioventù un giudizio pronunciato da uno de' primi padri della dottrina, che contende alla nuova generazione la facoltà di progresso. [Nota dell'autore]

Bibliografia

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