Vai al contenuto

Gilbert Keith Chesterton

Da Wikiquote, aforismi e citazioni in libertà.
(Reindirizzamento da Le avventure di un uomo vivo)
Gilbert Keith Chesterton

Gilbert Keith Chesterton (1874 – 1936), scrittore britannico.

Citazioni di Gilbert Keith Chesterton

[modifica]
  • C'è un aspetto per il quale i matrimoni moderni falliscono quasi certamente: cercano di raggiungere uno scopo impossibile. Il desiderio di venerazione è profondo e insito nella natura umana, ma deve essere diretto a Dio. Avendo perso l'idea di Dio, molti uomini e donne iniziano la loro vita matrimoniale venerandosi l'un l'altro. E così arriva la disillusione. Nessun uomo può essere tutto per sua moglie e nessuna donna può essere tutto per il marito: solo il Dio infinito può essere tutto per l'uomo e per la donna che ha creato per Lui.[1]
  • Con la benedizione del matrimonio, si riceve la forza per amarsi ed essere fedeli l'uno all'altra e in quanto sacramento, la grazia di portare su di sé i limiti e gli errori dell'altro come fossero i propri. Qualsiasi marito e qualsiasi moglie sbaglia a volte così come ogni madre a volte sbaglia col figlio. Non siamo onniscienti e onnipotenti: non vediamo tutti gli elementi, non possiamo controllare nemmeno quelli che vediamo e l'egoismo umano a volte gioca brutti scherzi inconsci anche nel cuore più adorabile. In altre parole, non siamo Dio e guai a chi venera idoli anche all'interno del matrimonio. Ma una volta che ci si rende conto di questo, una volta che Dio è messo sul trono, nel matrimonio entra un enorme potere, per cui gli errori e i peccati dei due che sono stati fatti uno, possono servire per la reciproca santificazione.[1]
  • Dicono che il viaggiare allarghi la mente, ma è necessario possedere una mente.[2]
  • È facile, a volte, donare il proprio sangue alla patria, e ancor più facile donarle del denaro. Talvolta è più difficile donarle la verità.[3]
  • È l'odio che unisce gli esseri umani, mentre l'amore è sempre individuale.[4]
  • È strano, ma l'esempio che mi viene in mente è quello di un libro intitolato L'uomo che fu Giovedì. Era una sciocchezzuola un po' melodrammatica, pure conteneva una sua particolare teoria: un gruppo degli ultimi sostenitori di un ordine civile, lottano contro quello che, apparentemente, appare come un mondo in preda all'anarchia e scoprono, infine, che il misterioso capo degli anarchici è anche a capo dell'ordine costituito, la stessa creatura fiabesca che gli era apparsa piuttosto come l'orco di una pantomima. Soluzione logica (o folle) che ha indotto molti ad arguire che, in questo essere dalla natura ambigua, dovesse leggersi la descrizione della divinità, e il mio libro godette anche di un temporaneo rispetto tra coloro che amano questo tipo di interpretazione. L'errore era dovuto semplicemente al fatto che avevano letto il libro, ma non il titolo. Nel mio caso, veramente, si trattava di un sottotitolo. Il libro si chiamava L'uomo che fu Giovedì. Storia di un incubo. Non era inteso come la descrizione del mondo qual era o come io pensavo che fosse, anche quando i miei pensieri erano molto più incerti di quanto non siano ora. Era la descrizione del mondo di dubbi, di disordine e di disperazione del quale parlavano i pessimisti a quell'epoca, ma con un barlume di speranza posto proprio nell'alternativa insita in quel dubbio che anche i pessimisti, a tratti, avvertivano.[5]
  • I bambini, infatti, sono innocenti e amano la giustizia, mentre la maggior parte di noi è malvagia e naturalmente preferisce il perdono.[6]
  • I fatti non hanno mai creato lo spirito della realtà, perché la realtà stessa è uno spirito.[7]
  • Il male vince sempre grazie agli uomini dabbene che trae in inganno; e in ogni età si è avuta un'alleanza disastrosa tra abnorme ingenuità e abnorme peccato.[8]
  • Il mondo non languirà mai per mancanza di meraviglie, ma soltanto quando l'uomo cesserà di meravigliarsi.[9]
  • L'intelligenza moderna non accetta nulla che venga dall'autorità. Ma accetta invece qualsiasi cosa che non sia autorevole.[10]
  • L'uomo non vive di solo sapone.[11][12]
  • La Bibbia ci dice di amare i nostri vicini di casa, ed anche di amare i nostri nemici. Probabilmente perché spesso sono la stessa cosa.[13]
  • La cosa più saggia del mondo è gridare prima del danno. Gridare dopo che il danno è avvenuto non serve a nulla, specie se il danno è una ferita mortale.[8]
  • La dignità dell'artista sta nel suo dovere di tener vivo il senso di meraviglia nel mondo.[14]
  • La famiglia è il test della libertà, perché è l'unica cosa che l'uomo libero fa da sé e per sé.[15]
  • La felicità non è affatto una forma di soddisfazione o compiacimento: non è serenità o contentezza, come ho creduto fino ad oggi. La felicità non porta la pace, ma una spada: ti scuote come un lancio di dadi sul quale hai puntato tutto, toglie la parola e annebbia la vista. La felicità è più forte di se stessi e poggia il suo piede con fermezza sulla tua testa.[16]
  • La primavera non è primavera se non arriva troppo presto.[17]
  • La psicanalisi è una confessione senza assoluzione.[18]
  • La vera contentezza è una cosa attiva come l'agricoltura. È la capacità di tirar fuori da una situazione tutto quello che contiene. È difficile ed è rara.[17][12]
  • Le forze che cambiano il corso della storia sono le stesse che cambiano il cuore dell'uomo.[19]
  • Non credo che il fato colpisca gli uomini qualunque cosa facciano, ma credo che il fato li colpisca a meno che essi non facciano qualcosa.[20]
  • Proprio l'altro giorno nella metropolitana ho avuto il piacere di offrire il mio posto a tre signore.[21]
  • Puoi trovare il vero con la logica solo se hai già trovato il vero senza di essa.[22]
  • Se una cosa merita di essere fatta, merita di essere fatta male.[23]
  • Si potrebbe compilare il peggior libro del mondo usando solamente passi scelti dei migliori scrittori esistiti.[24]
  • Tutta la differenza fra costruzione e creazione è esattamente questa: una cosa costruita si può amare solo dopo che è stata costruita; ma una cosa creata si ama prima che esista [...].
The whole difference between construction and creation is exactly this: that a thing constructed can only be loved after it is constructed; but a thing created is loved before it exists [...].[25]
  • Tutti gli uomini bramano confessare i propri crimini, più delle bestie stanche e assetate d'acqua.[26]
  • Un'avventura è solo un inconveniente rettamente considerato. Un inconveniente è solo un'avventura erroneamente considerata.
An adventure is only an inconvenience rightly considered. An inconvenience is only an adventure wrongly considered.[27]
  • [Il golf] Un modo costoso di giocare alle biglie.[28]
  • Un ragazzo in particolare, che a buon diritto riteniamo di poter conoscere già dalla prima infanzia, era solito leggere volumi interi della Chamber's Encyclopaedia e di una Storia del commercio inglese alquanto antiquata e inattendibile. Si trattava di un semplice piacere irrazionale della lettura, del piacere della ricettività tranquilla e meccanica. Era il tipo di piacere che deve provare una mucca dal pascolare tutto il giorno.[29]
  • Una buona facezia è l'unica cosa suprema e sacra che non può essere criticata. I nostri rapporti con una buona facezia sono rapporti immediati e finanche divini.
A good joke is the one ultimate and sacred thing which cannot be criticised. Our relations with a good joke are direct and even divine relations.[25]
  • Una scusa fredda equivale a un secondo insulto. [...] La parte lesa non vuole essere risarcita perché è stata offesa, bensì vuole essere guarita perché è stata ferita.[30]
  • Una volta mi limitavo a ringraziare Babbo Natale per pochi soldi e qualche biscotto. Ora, lo ringrazio per le stelle e le facce in strada, e il vino e il grande mare.[31]
  • Uno dei misteri del matrimonio, che deve essere un sacramento e uno dei più incredibili, è che un uomo inutile come me, può diventare indispensabile in certi momenti. Non mi sono mai sentito così piccolo come ora che so quanto sono necessario.[32]
  • Vi è qualcosa di depravato in ogni uomo che non abbia voglia di violare i dieci comandamenti.[33]

Idioti con l'aureola

In Walt Whitman, Canto una vita immensa, a cura di Antonio Spadaro, Ancora, Milano, 2009, pp. 149-153. ISBN 88-514-0632-4

  • Tutta la mia gioventù è stata sotto il segno, paragonabile al sole nascente, dell'ardore sanguigno di Walt Whitman. Mi sembrava quasi come una folla che diventava un gigante, o come Adamo, il primo uomo. Mi emozionava l'idea che qualcuno potesse averlo incontrato, visto per strada; era quasi come se fosse un Cristo redivivo.
  • Whitman rappresentava la fratellanza alla luce del sole, descrivendo una varietà infinita di creature meravigliose e raggianti, tutte sacre in quanto concrete. Shelley aveva adorato l'uomo, ma Whitman adorava gli uomini. Ogni sguardo umano, ogni caratteristica umana, diventava la materia per poetare misticamente, come una torcia che illumina, a caso, le facce sparse di una folla. Tutti gli uomini dovrebbero essere trattati come re e adorati come divinità.
  • Whitman cerca di dimostrare che le cose sporche in realtà erano pulite, come quando glorificò il letame in quanto fonte della purezza dell'erba.

Attribuite

[modifica]
  • Chi non crede in Dio non è vero che non crede in niente perché comincia a credere a tutto.[34]
    Quando la gente smette di credere in Dio, non è vero che non crede in niente, perché crede in tutto.[35]
[Citazione errata] Questa citazione attribuita a Chesterton non trova alcun riscontro nei suoi scritti. Sembra risalire piuttosto a Chateaubriand, «On est bien près de tout croire quand on ne croit rien», da Génie du Christianisme, parte III, libro V, cap. VI.
  • La vita è la più bella delle avventure ma solo l'avventuriero lo scopre.[36]
[Citazione errata] Questa frase viene attribuita a Chesterton ma non è presente nei suoi scritti. Molti la collegano ad Eretici, ma nel libro questa frase non compare. La frase sembra essere una liberissima sintesi di alcune idee di Chesterton e sembra provenire da un saggio dal titolo La visione della Chiesa in G. K. Chesterton inserto in un numero di Vita e pensiero (la rivista dell'Università Cattolica) del 1956.
  • Non abbattere mai una palizzata prima di conoscere la ragione per cui fu costruita.
Don't ever take a fence down until you know the reason why it was put up.[37]

All things considered

[modifica]
  • Il povero onesto può a volte dimenticare la sua condizione, ma l'uomo ricco e onesto non lo può fare. (cap. 2)
  • La crudeltà è, forse, il tipo peggiore di peccato. La crudeltà intellettuale è certamente il tipo peggiore di crudeltà. (cap. 6)
  • La donna media è a capo di qualcosa di cui può fare ciò che vuole; l'uomo medio deve obbedire agli ordini e nient'altro.
  • Un'avventura è soltanto un fastidio considerato nel modo giusto. Un fastidio è soltanto un'avventura considerata nel modo sbagliato. (cap. 4)
  • Un grande classico è uno scrittore che si può lodare senza averlo letto.
  • Una nuova filosofia in generale significa in pratica l'espressione di qualche vecchio vizio. (cap. 19)

Autobiografia

[modifica]

Inchinandomi con la mia cieca credulità di sempre di fronte alla mera autorità e alla tradizione dei padri, bevendomi superstiziosamente una storia che all'epoca non fui in grado di verificare di persona, sono fermamente convinto di essere nato il 29 maggio del 1874 a Campden Hill, Kensington; e di essere stato battezzato secondo il rito anglicano nella piccola chiesa di Saint George, che si trova di fronte alla torre dell'acquedotto, immensa a dominare quell'altura. Non attribuisco nessun significato al rapporto tra i due edifici; e nego sdegnosamente che la chiesa possa essere stata scelta perché era necessaria l'intera forza idrica della zona occidentale di Londra per fare di me un cristiano.

Citazioni

[modifica]
  • È un semplice fatto psicologico che la vista di una maiuscola greca mi colmi ancora di gioia, mentre la vista di una lettera minuscola mi riempia di un'indifferenza venata di disgusto e gli accenti suscitino una vera indignazione, che rasenta la blasfemia. Credo che la spiegazione sia da ricercarsi nel fatto che imparai le lettere greche maiuscole, e anche le maiuscole inglesi, a casa. Quand'ero un bambino me ne parlavano solo per divertimento; mentre le altre, le ho imparate nel periodo che viene definito d'istruzione, cioè quando era un estraneo a istruirmi su qualcosa che non desideravo affatto conoscere. (cap. III)
  • Un uomo non può mai capire del tutto un ragazzo, anche se è stato ragazzo. (cap. III)
  • Nessuno ha mai misurato l'immensità del suo debito verso chi lo ha creato e gli ha permesso di avere un nome. Nel fondo del nostro cervello, rimaneva un bagliore dimenticato, una fiamma di sbigottimento per la nostra stessa esistenza. Lo scopo della vita artistica e spirituale era quello di scavare quest'alba sommersa di meraviglie: e l'uomo seduto nella sua poltrona avrebbe improvvisamente capito di essere vivo e sarebbe stato felice. (cap. IV)
  • La peggior cosa del lavoro capita quando si smette la giornata lavorativa: gli scossoni di tram e metropolitana e il lento ritorno in case lontane. (cap. VI)
  • La vera difficoltà dell'uomo non è quella di essere capace di godere dei lampioni o del paesaggio, o dei denti di leone o delle braciole, ma di godere del godimento. Si tratta di avere la capacità di apprezzare veramente ciò che ci piace. (cap. XVI)

Per me tuttavia la fine è il mio inizio, come Maurice Baring diceva citando Maria Stuarda, e questa convinzione assoluta secondo cui esiste una chiave che apre tutte le porte mi riporta al primo sguardo del glorioso dono dei sensi. Mi riporta all'esperienza meravigliosa della sensazione. Ecco stagliarsi di nuovo di fronte a me, chiara e netta come un tempo, la figura di un uomo che attraversa un ponte e che ha con sé una chiave. È identico a quello che vidi per la prima volta nel mondo incantato, attraverso la finestrella del teatrino di mio padre. So che colui che viene chiamato Pontifex, il costruttore del ponte, è anche il Claviger, il portatore della chiave. Queste chiavi gli furono date per poter legare e sciogliere tutte le cose, quando era ancora un povero pescatore in un paese lontano, lambito da un piccolo mare quasi segreto.

Charles Dickens

[modifica]
  • C'è un grande uomo che fa sentire ogni uomo piccolo. Ma il vero grande uomo è colui che fa sentire tutti grandi. (cap. I)
There is a great man who makes every man feel small. But the real great man is the man who makes every man feel great.
  • Le circostanze spezzano le ossa di un uomo; ma non è mai stato dimostrato che esse spezzino l'ottimismo di un uomo. (cap. II)
Circumstances break men's bones; it has never been shown that they break men's optimism.
  • La nostra moderna attrazione per i racconti non è un incidente formale; è il segno di un vero senso di fugacità e fragilità; significa che l'esistenza è solo un'impressione e, forse, solo un'illusione. Un racconto di oggi ha l'aria di un sogno; ha la bellezza irrevocabile di una menzogna; si intravedono le strade grigie di Londra o le rosse pianure dell'India, come in una visione d'oppio; vediamo persone, persone che si soffermano, con volti focosi e attraenti. Ma quando la storia finisce, anche le persone finiscono. Non abbiamo l'istinto di qualcosa di definitivo e duraturo dietro gli episodi. I moderni, in una parola, descrivono la vita in racconti perché sono posseduti dal sentimento che la vita stessa è un racconto insolitamente breve, e forse non vero. (cap. IV)
Our modern attraction to short stories is not an accident of form; it is the sign of a real sense of fleetingness and fragility; it means that existence is only an impression, and, perhaps, only an illusion. A short story of to-day has the air of a dream; it has the irrevocable beauty of a falsehood; we get a glimpse of grey streets of London or red plains of India, as in an opium vision; we see people,—arresting people, with fiery and appealing faces. But when the story is ended, the people are ended. We have no instinct of anything ultimate and enduring behind the episodes. The moderns, in a word, describe life in short stories because they are possessed with the sentiment that life itself is an uncommonly short story, and perhaps not a true one.

Cosa c'è di sbagliato nel mondo

[modifica]
  • È piuttosto evidente che la gonna è un segno della dignità femminile, non della sottomissione femminile; lo si può provare con una semplice verifica. Nessun sovrano indosserebbe in maniera deliberata le catene messe allo schiavo... Ma quando gli uomini vogliono essere sicuri di ottenere un riconoscimento notevole, come i giudici, i preti e i re, essi indossano le gonne, le lunghe e dondolanti vesti della dignità femminile. Il mondo intero è sotto il governo della sottoveste, perché anche gli uomini indossano la sottoveste quando vogliono governare. (2016, p. 112)
  • L'ideale cristiano non è stato messo alla prova e trovato manchevole: è stato giudicato difficile, e non ci si è mai provati ad applicarlo.
  • L'unico modo in cui possiamo impedire il Socialismo è attraverso un cambiamento vasto come il Socialismo. Se sosteniamo la proprietà privata, dobbiamo distribuire la proprietà, seminandola dappertutto con assoluta severità, come fece la Rivoluzione francese. Se vogliamo preservare la famiglia, dobbiamo rivoluzionare la nazione. (2016, p. 201)
  • Questo è il compito impegnativo che sta di fronte agli educatori: essi devono insegnare alla gente a degustare i colori come fossero liquori. Hanno il difficile compito di trasformare degli ubriaconi in degustatori. Se il ventesimo secolo riuscirà a portare a termine questo compito, sarà almeno in pari con il dodicesimo secolo. (2016, p. 159)
  • Un tempo la parola "compromesso" significava che mezza pagnotta era meglio che non avere pane. Tra i moderni uomini di stato ora sembra che significhi che mezza pagnotta è meglio di una pagnotta intera. (cap. 3; 2011)

Eretici

[modifica]

Nulla rivela più sorprendentemente l'enorme e silenzioso male della società moderna dell'insolito uso che si fa oggigiorno della parola "ortodosso". Un tempo l'eretico era fiero di non essere tale. Eretici erano i regni del mondo, la polizia e i giudici. Lui era ortodosso. Non si compiaceva di essersi ribellato a loro; erano stati loro a ribellarsi a lui. Gli eserciti con la loro spietata sicurezza, i sovrani con i loro volti impassibili, i decorosi processi di Stato, i giusti processi legali: si erano tutti smarriti come pecorelle. L'eretico era fiero di essere ortodosso, fiero di essere nel giusto.

Citazioni

[modifica]
  • Non può esservi miglior prova dell'efficienza fisica di un uomo del suo discorrere allegramente di un viaggio alla fine del mondo. E non può esservi miglior prova dell'efficienza pratica di una nazione del suo discorrere continuamente di un viaggio alla fine del mondo, un viaggio verso il Giorno del Giudizio e la Nuova Gerusalemme. Non può esservi sintomo più evidente di una vigorosa salute fisica della tendenza a inseguire nobili e folli ideali; è nella prima esuberanza dell'infanzia che vogliamo la luna. (pp. 11-12)
  • Nulla è più fallimentare del successo. (p. 14)
  • La razza umana, secondo la religione, cadde una volta, e cadendo acquisì la conoscenza del bene e del male. Oggi siamo caduti una seconda volta, e tutto ciò che ci resta è la conoscenza del male. (p. 24)
  • Forse mai dall'inizio del mondo vi è stata un'epoca che avesse meno diritto di usare la parola "progresso" dell'epoca attuale. (p. 26)
  • "Progresso" è una parola sacra, che può essere usata propriamente solo da fervidi credenti in epoche di fede. (p. 27)
  • Al mondo non esistono argomenti poco interessanti; possono esistere solo persone poco interessate. (cap. III, p. 29)
  • Il noioso, con il suo brillante entusiasmo e la sua solenne felicità può, in un certo senso, essersi rivelato poetico. (p. 29)
  • Sono gli dèi a non stancarsi dell'iterazione delle cose; per loro, il crepuscolo è sempre nuovo e l'ultima rosa è rossa come la prima. (p. 29)
  • Imbucare una lettera e sposarsi sono tra le poche cose ancora assolutamente romantiche, perché per essere assolutamente romantica una cosa deve essere irrevocabile. (p. 31)
  • Nell'istante in cui abbiamo una visione dell'universo, lo possediamo. (p. 32)
  • Tutte le epoche e tutte le epopee hanno celebrato le armi e l'uomo; ma noi abbiamo prodotto contemporaneamente il deterioramento dell'uomo e lo straordinario perfezionamento delle armi. (p. 33)
  • Un uomo può aver imparato molto sulle donne amoreggiando eppure non aver mai conosciuto il primo amore; un uomo può aver attraversato più terre di Ulisse eppure non aver mai conosciuto il patriottismo. (p. 36)
  • Come può conoscere l'Inghilterra colui che conosce solo il mondo? (p. 36)
  • Il giramondo vive in un mondo più piccolo rispetto al contadino, respirando sempre un'aria locale. Londra è un luogo, paragonata a Chicago; Chicago è un luogo, paragonata a Timbuctù. Ma Timbuctù non è un luogo, perché almeno laggiù vivono uomini che la considerano l'universo e che respirano non un'aria locale, ma i venti del mondo. (p. 37)
  • L'uomo sulla nave da crociera ha visto tutte le razze umane e pensa alle cose che dividono gli uomini: alimentazione, abbigliamento, decoro, anelli al naso come in Africa o alle orecchie come in Europa, vernice blu tra gli antichi e vernice rossa tra i britannici moderni. L'uomo nel campo di cavoli non ha visto nulla, ma pensa alle cose che uniscono gli uomini: la fame, i figli, la bellezza delle donne, la promessa o la minaccia del cielo. (p. 37)
  • È sicuramente inebriante sfrecciare per il mondo in automobile vedendo l'Arabia come un vortice di sabbia o la Cina come un lampo di risaie. Ma l'Arabia non è un vortice di sabbia e la Cina non è un lampo di risaie. Sono antiche civiltà con strane virtù sepolte come tesori. (p. 39)
  • Il detto "la regola d'oro è che non esistono regole d'oro" può in realtà essere confutato semplicemente rovesciandolo. Il fatto che non esistano regole d'oro è già di per sé una regola d'oro. È anzi molto peggio di una regola d'oro: è una regola ferrea, un ostacolo al primo movimento dell'uomo. (p. 46)
  • Quando vediamo davvero gli uomini per come sono, non li critichiamo ma li veneriamo; e a buon diritto. Poiché un mostro con occhi misteriosi e pollici miracolosi, con strani sogni in testa e un curioso affetto per un certo luogo o una certa creatura, è un tema splendido e spaventoso. (pp. 47-48)
  • L'uomo che disse: "Beato colui che non si aspetta nulla, perché non verrà deluso"[38], fa una lode alquanto inadeguata e addirittura fasulla. La verità è: "Beato colui che non si aspetta nulla, perché verrà piacevolmente sorpreso". L'uomo che non si aspetta nulla vede le rose più rosse rispetto agli uomini comuni, l'erba più verde e il sole più abbagliante. Beato colui che non si aspetta nulla, perché possiederà le città e le montagne; beato il mite, perché erediterà la terra[39]. (pp. 48-49)
  • La cosa preziosa e adorabile ai nostri occhi è l'uomo, il vecchio uomo combattivo, debole, dissoluto e rispettabile che beve birra e inventa credi. E le cose fondate su questa creatura rimangono in eterno; le cose fondate sulla fantasia del Superuomo sono morte con le civiltà morenti che da sole le hanno create. Quando Cristo in un momento simbolico fondò la Sua grande società, scelse come pietra angolare non il brillante Paolo né il mistico Giovanni, ma un arruffone, uno snob, un codardo, in una parola: un uomo. (p. 50)
  • Dovremmo interessarci al lato più oscuro e reale di un uomo, in cui risiedono non i vizi che mostra, ma le virtù che non può mostrare. (p. 53)
  • La verità è che non vi è nulla per cui gli uomini siano disposti a compiere forzi erculei più delle cose di cui sanno di non essere degni. (p. 54)
  • È l'uomo umile che fa le grandi cose, è l'uomo umile che fa le cose audaci. (p. 57)
  • Il forte non può essere coraggioso. Solo il debole può esserlo. (p. 66)
  • Nel corso del nostro anno triste e razionale, sopravvive una sola festività tra le antiche e allegre ricorrenze un tempo diffuse in tutto il mondo. Il Natale continua a ricordarci le epoche, pagane o cristiane, in cui invece di poche persone che scrivevano poesie, ve ne erano molte che le recitavano. (pp. 76-77)
  • Bevi perché sei felice, ma mai perché sei triste. Non bere mai quando non farlo ti rende infelice, o sarai come il bevitore di gin dal volto tetro dei bassifondi; ma se bevi quando saresti felice anche senza bere sarai come l'allegro contadino italiano. Non bere mai perché ne hai bisogno, poiché questo è un atto razionale che ti porta dritto alla morte e all'inferno. Ma bevi perché non ne hai bisogno, poiché questo è un atto irrazionale e l'antica salute del mondo. (p. 82)
  • La grande gioia non raccoglie boccioli di rosa finché può; i suoi occhi sono fissi sula rosa immortale descritta da Dante. La grande gioia ha in sé il senso dell'immortalità; lo splendore stesso della giovinezza sta nella sensazione di avere lo spazio necessario per distendere le gambe. (p. 85)
  • Un uomo può avere un momento di estasi nel primo amore, o un momento di vittoria in battaglia. L'innamorato gode di quel momento ma, in realtà, non per amore di quel momento. (pp. 85-86)
  • L'uomo non può amare le cose mortali. Può amare solo, per un istante, le cose immortali. (p. 86)
  • Il culto del successo è l'unico di tutti i possibili culti di cui si possa dire che i suoi seguaci sono condannati a diventare schiavi e codardi. (p. 95)
  • Quando il trionfo è il metro di giudizio di ogni cosa, gli uomini non sopravvivono mai abbastanza a lungo da trionfare. Finché la vita è piena di speranza, la speranza è una mera lusinga o un cliché; è solo quando tutto è disperato che la speranza comincia a diventare vera forza. Come tutte le virtù cristiane, è tanto irragionevole quanto indispensabile. (p. 95)
  • L'unico genere di semplicità che vale la pena preservare è la semplicità del cuore, la semplicità che accetta e gode. Se può esservi un ragionevole dubbio su quale sistema permetta di preservarla, non ve ne è alcuno sul fatto che un sistema della semplicità la distruggerebbe. Vi è più semplicità nell'uomo che mangia caviale per impulso che nell'uomo che mangia cereali per principio. (p. 110)
  • Un buon romanzo ci svela la verità sull'eroe, ma un cattivo romanzo ci svela la verità sull'autore. (p. 157)
  • Il temperamento artistico è una malattia che affligge i dilettanti. (cap. XVII, p. 195)
  • L'uomo può essere definito un animale che fa dei dogmi. (cap. XX, p. 224)
  • Nessuno è più pericoloso di un uomo privo di idee, il giorno che ne avrà una gli darà alla testa come il vino a un astemio. (cap. XX, p. 232)

La grande marcia della distruzione mentale proseguirà. Tutto verrà negato. Tutto diventerà un credo. È un atteggiamento ragionevole negare l'esistenza delle pietre sulla strada; sarà un dogma religioso affermarla. È una tesi razionale pensare di vivere tutti in un sogno; sarà un esempio di saggezza mistica affermare che siamo tutti svegli. Accenderemo fuochi per testimoniare che due più due fa quattro. Sguaineremo spade per dimostrare che le foglie sono verdi in estate. Non ci resterà quindi che difendere non solo le incredibili virtù e saggezze della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile: questo immenso, impossibile universo che ci guarda dritto negli occhi. Combatteremo per i prodigi visibili come se fossero invisibili. Guarderemo l'erba e i cieli impossibili con uno strano coraggio. Saremo tra coloro che hanno visto eppure hanno creduto.

Francesco d'Assisi

[modifica]

Ci sono tre modi per tracciare un profilo di San Francesco d'Assisi. Fra questi tre modi bisogna scegliere. Quello che è qui adottato è per certi versi il più difficile. Almeno, sembrerebbe il più difficile se gli altri due non fossero impossibili.

Citazioni

[modifica]
  • Gran parte della storia moderna, quella inglese in particolare, risente della stessa imperfezione del giornalismo. Nella migliore delle ipotesi riferisce metà della storia del Cristianesimo, la seconda senza la prima. Uomini per i quali la ragione ha inizio con il Rinascimento; uomini per i quali la religione ha inizio con la Riforma, non potranno mai spiegarsi nulla, perché devono partire da istituzioni la cui origine non possono spiegare, e neppure vagamente immaginare. E come apprendiamo dell'ammiraglio ucciso senza aver mai appreso della sua nascita, così sapremo molto del dissolvimento dei conventi, pur non conoscendo pressoché nulla della loro origine. (cap. II; 1990, p. 14)
  • Gli uomini non vogliono credere perché non vogliono allargare le loro menti. La mia opinione personale è che non sono sufficientemente cattolici per essere Cattolici. (cap. II; 1990, p. 17)
  • Tutti sanno che nell'ora più buia dei Secoli Oscuri irruppe in Arabia una certa eresia che divenne una nuova religione di tipo militare e nomade, invocante il nome di Maometto. Aveva intrinseco il carattere che si riscontra in molte eresie dei Monisti. Agli eretici apparve quale sana semplificazione della religione; ai Cattolici un'insana semplificazione, dal momento che riduceva ogni cosa a una singola idea e le sfuggiva l'ampiezza e l'equilibrio del Cattolicesimo. (cap. II; 1990, p. 25)
  • Se desumiamo dalla nostra esperienza che la guerra paralizzava la civiltà, dobbiamo almeno ammettere che quelle cittadine guerriere diedero un buon numero di paralitici che rispondono ai nomi di Dante, Michelangelo, Ariosto e Tiziano, Leonardo e Colombo, per non parlare di Caterina da Siena e del soggetto di questa storia. (cap. III; 1990, p. 33)
  • Un giovane demente o mascalzone viene sorpreso a derubare il proprio padre e a vendere le merci che avrebbe dovuto tener d'occhio, e l'unica giustificazione che riesce a dare è di aver sentito una forte voce proveniente da nessun luogo che, parlandogli nell'orecchio, gli aveva detto di riparare le crepe e i buchi di un certo muro. Dopo di che dichiara di essere per natura indipendente da tutte le autorità come la polizia o la magistratura, e si rifugia presso un vescovo compiacente che è costretto ad ammonirlo e a dirgli che ha torto. Allora lui si spoglia in pubblico, scaraventa tutti i suoi indumenti contro il padre e proclama che suo padre non è affatto suo padre. Poi scorrazza per la città chiedendo a tutti quelli che incontra di dargli dei pezzi di muratura o dei materiali da costruzione, con evidente riferimento alla sua fissazione monomaniacale di riparare il muro. Riparare le crepe può essere anche un'attività lodevole, ma non se a farlo è qualcuno a sua volta pieno di crepe; e il restauro architettonico, come altre cose, è meglio affidarlo a costruttori cui non manchi, come si vuol dire, la terra sotto i piedi. Il disgraziato giovane diventa uno squallido straccione e praticamente striscia nelle fogne. Questo è lo spettacolo che Francesco deve aver presentato a un gran numero di vicini e amici. (cap. IV; 2016)
  • L'adorazione di Cristo era già parte dell'appassionata natura umana da lunghissimo tempo. Ma l'imitazione di Cristo, come determinato sistema di vita, può dirsi che cominci qui. (cap. IV; 1990, p. 44)
  • Rossetti sottolinea — con amarezza ma con grande verità — che il peggior momento per un ateo è quando gli viene espressa estrema gratitudine ed egli non ha nessuno cui mostrare riconoscenza. L'inverso di questa affermazione è altrettanto vero; come è vero che tale gratitudine produceva, in uomini simili a quelli che stiamo qui considerando, i momenti più puramente gioiosi che l'uomo abbia mai conosciuto. Il grande pittore si vantava di mescolare tutti i colori col cervello, e si può dire che il grande Santo fondeva tutti i suoi pensieri nella gratitudine. Tutti i beni sembrano migliori quando sono considerati doni. In questo senso indubbiamente il metodo mistico stabilisce un rapporto esterno molto salutare con ogni cosa. (cap. V; 1990, p. 58)
  • Dobbiamo asserire [...] che [San Francesco] fu un poeta. [...] Ma egli ebbe un privilegio negato a molti poeti; poté infatti chiamarsi il solo poeta felice fra i tanti poeti infelici del mondo. Tutta la sua vita fu una poesia, ed egli non fu tanto un menestrello che cantava semplicemente le proprie canzoni, quanto un drammaturgo capace di recitare per intero il suo dramma. [...] Parlare dell'arte di vivere suona oggi artificiale più che artistico. Ma San Francesco rese in ogni senso la vita arte, per quanto un'arte involontaria. [...] [A età avanzata, poiché stava per diventare cieco, gli prospettarono un rimedio orribile, che] consisteva nel cauterizzare l'occhio senza alcun anestetico. In altre parole, si dovevano bruciare i bulbi degli occhi con un ferro rovente. [...] Quando fu preso il ferro dalla fornace, egli si levò con atteggiamento educato, e parlò come se si rivolgesse ad un essere invisibile: "Fratello fuoco, Dio ti ha creato bellissimo e forte e utile; ti prego d'essere cortese con me." Se c'è qualcosa che possa dirsi arte di vivere, a me pare che un simile momento sia uno dei suoi capolavori. Non a molti poeti è stato concesso di ricordare la propria poesia in un simile momento, ancor meno di vivere uno dei propri poemi. Perfino William Blake sarebbe stato sconvolto se, leggendo i nobili versi: "Tigre! Tigre! che splendente bruci!" un'enorme tigre viva del Bengala fosse apparsa alla finestra del suo cottage in Felpham, con la evidente intenzione di asportargli la testa. (cap. VI; 1990, p. 68)
  • [San Francesco] non confondeva la folla con i singoli uomini. Ciò che distingue questo autentico democratico da qualunque altro semplice demagogo è che egli mai ingannò o fu ingannato dall'illusione della suggestione di massa. Qualunque fosse il suo gusto per i mostri, egli non vide mai dinanzi a sé una bestia dalle molteplici teste. Vide unicamente l'immagine di Dio, moltiplicata ma mai ripetitiva. Per lui un uomo era sempre un uomo, e non spariva tra la folla immensa più che in un deserto. [...] Nessun uomo guardò negli occhi bruni ardenti senza essere certo che Francesco Bernardone si interessasse realmente a lui, alla sua vita intima, dalla culla alla tomba, e che venisse da lui valutato e preso in considerazione. [...] Ora, per questa particolare idea morale e religiosa non c'è altra espressione esteriore che quella di "cortesia". "Interessamento" non può esprimerla, perché non è un semplice entusiasmo astratto; "beneficenza" nemmeno, perché non è una semplice compassione. Può solo essere comunicata da un comportamento sublime, che può appunto dirsi cortesia. Possiamo dire, se vogliamo, che San Francesco, nella scarna e povera semplicità della sua vita, si aggrappò a un unico cencio della vita del lusso: le maniere di corte. Ma mentre a corte c'è un solo re e una folla di cortigiani, nella sua storia c'era un solo cortigiano attorniato da centinaia di re. (cap. VI; 1990, p. 73)
  • [San Francesco] vide ogni cosa con senso drammatico, staccata dalla sua posizione, non immobile come in un quadro ma in azione come un dramma. Un uccello poteva sfiorarlo come una freccia, [...] un cespuglio poteva fermarlo come un brigante; ed egli era pronto a dare il benvenuto a entrambi. In una parola, noi parliamo di un uomo che non confondeva il bosco con gli alberi, e non voleva farlo. Voleva piuttosto considerare ogni albero come un'entità separata e quasi sacra, come una creatura di Dio [...] Non voleva ergersi di fronte a uno scenario usato come mero sfondo, e recante la banale iscrizione: "Scena: un bosco". In tal senso vorremmo intendere che era troppo drammatico per il dramma stesso. Lo scenario avrebbe preso vita nelle sue commedie [...] Ogni cosa sarebbe stata in primo piano, e quindi alla ribalta; ogni cosa avrebbe avuto un proprio carattere. Questa è la qualità per cui, come poeta, egli fu perfettamente l'opposto d'un panteista. Non chiamò la natura sua Madre, ma chiamò Fratello un certo somaro e Sorella una certa passerotta. [...] È qui che il suo misticismo è così simile al senso comune di un fanciullo. Un bambino non ha difficoltà a comprendere che Dio creò cane e gatto; sebbene sia consapevole che la formazione del gatto e del cane dal nulla è un processo misterioso al di là della sua immaginazione. Ma nessun bambino capirebbe il senso dell'unione del cane e del gatto e di ogni altra cosa in un unico mostro con una miriade di gambe chiamata natura. Egli senza dubbio si rifiuterebbe di attribuire capo o coda a un simile animale. [...] Gli uccelli e gli animali francescani assomigliano davvero a uccelli e animali araldici, non perché fossero favolosi, ma nel senso che erano considerati come realtà, chiare e positive, scevre dalle illusioni dell'atmosfera e della prospettiva. In tal senso egli vide un uccello color sabbia in campo azzurro e una pecora d'argento in campo verde. Ma l'araldica dell'umiltà era più ricca dell'araldica dell'orgoglio, perché giudicava tutte le cose che Dio aveva creato come qualcosa di più prezioso e di più unico die blasoni che i principi e i nobili avevano dato soltanto a se stessi. (cap. VI; 1990, p. 66)
  • Il mondo circostante era, come si è già notato, un groviglio di dipendenze familiari, feudali, e altre. L'idea complessa di S. Francesco era che i Piccoli Frati dovessero essere come pesciolini, liberi di muoversi a proprio piacimento in quella rete. E potevano farlo proprio per il loro essere piccoli e perciò guizzanti. [...] Calcolando, per così dire, su questa astuzia innocente, il mondo era destinato ad essere circuito e conquistato da lui, e impacciato nel reagire alla sua azione. Non si poteva di certo lasciar morire di fame un uomo continuamente votato al digiuno, né lo si sarebbe potuto distruggere e ridurre alla miseria, poiché era già un mendicante. Vi sarebbe stata una soddisfazione ben scarna anche nel percuoterlo con un bastone, poiché egli si sarebbe lasciato andare a salti e canti di gioia, essendo l'umiliazione la sua unica dignità. E nemmeno lo si sarebbe potuto impiccare, perché il cappio sarebbe divenuto la sua aureola. (cap. VII; 1990, p. 80)
  • Ho già notato, ad esempio, che non c'è traccia nel primo poeta italiano di tutta quella mitologia pagana che si protrasse a lungo dopo il paganesimo. Il primo poeta italiano sembra l'unico uomo al mondo a non aver mai udito di Virgilio. Questo era perfettamente vero per lo speciale significato secondo il quale egli è il primo poeta italiano. (cap. X; 1990, p. 120)
  • Ogni eresia è stata uno sforzo per restringere la Chiesa. Se il movimento francescano si fosse risolto in una nuova religione, questa sarebbe stata, dopo tutto, una religione limitata. Per quanto si rivelasse, qua e là, quasi un'eresia, fu un'eresia limitata. Fece ciò che l'eresia sempre fa: oppose il sentimento allo spirito. (cap. X; 1990, p. 122)

[Chiunque conoscerà il senso di quell'ispirazione nella storia] saprà cosa significa giacere sotto un tale diluvio di un Uomo finito, e non avere nulla da dargli in cambio; nulla da sospendere sotto le sovrastanti e immense volte di un simile tempio del tempo e dell'eternità, se non questa breve candela consumata così rapidamente dinanzi al suo santuario.

I paradossi di Mr Pond

[modifica]
  • È quasi l'esatta definizione delle padrone di casa quella che afferma che costoro fanno parlare fra loro persone che odiano parlare, e che le separano quando stanno cominciando a provarci gusto.
  • Il paradosso è stato definito come "la verità che sta ritta in piedi sulla propria testa per attirare l'attenzione", ed è stato difeso sulla base del fatto che esiste un gran numero di credenze che sta ben saldo sui propri piedi, visto che la testa non la possiede.
  • In genere gli uomini cocciuti [...] sono molto precisi in ciò che stanno facendo: ecco perché sono così spesso in torto rispetto a ciò che fanno.
  • La conversazione dovrebbe essere sacra perché è così leggera, così tenue e, se volete, così futile; comunque, così fragile e facile a distruggersi. Troncarle la vita è peggio di un omicidio: è un infanticidio. È come uccidere un bambino che sta cercando di venire alla luce.
  • Per fortuna la gente continua a dissentire sino a quando non muore in pace nel proprio letto. Molto di rado gli uomini concordano davvero pienamente e finalmente. Conoscevo due uomini che giunsero a concordare fra di loro in maniera così completa che uno naturalmente uccise l'altro...

Il Club dei Mestieri Stravaganti

[modifica]

Rabelais, o il suo folle illustratore Gustave Doré, devono in qualche modo aver messo mano nella progettazione di quelle cose che nel nostro mondo si chiamano appartamenti.[40]

Citazioni

[modifica]
  • "Ogni particolare ci conduce a qualcosa, certo; ma quasi sempre ci conduce alla cosa sbagliata. I fatti ci conducono in tutte le direzioni, almeno a quanto mi sembra, come i mille rami di un albero. È solo la vita dell'albero che possiede un'unità e si innalza; è solo la linfa verde che zampilla, come una fontana, verso le stelle." (p. 38)
  • "Ci ha sempre colpiti la constatazione che non c'è elemento della vita moderna che sia deplorevole quanto il fatto che l'uomo moderno debba cercare la sua vita artistica interamente nello stato sedentario. Se desidera navigare in un mondo di fiaba, egli legge un libro; se desidera slanciarsi nel folto di una battaglia, legge un libro; se desidera scivolare giù da una balaustra, legge un libro. Noi gli diamo queste visioni, ma nello stesso tempo gli diamo anche l'esercizio, la necessità di saltare da un muro all'altro, di combattere con persone strane, di correre per le strade davanti a degli inseguitori: tutti esercizi igienici e divertenti. Noi gli diamo uno sprazzo del grande mondo primitivo di Robin Hood o dei cavalieri erranti del tempo in cui si giocava, sotto un cielo splendido, una meravigliosa partita. Noi riconduciamo gli uomini alla loro infanzia, al tempo divino in cui potevamo essere i protagonisti d'avventure, essere gli eroi di se stessi, in cui potevamo nello stesso momento danzare e sognare." (pp. 47-48)
  • "Quando un uomo non ha l'estro del poeta ha molte probabilità di essere un poema." (p. 49)
  • Basil Grant ed io stavamo discorrendo un giorno in quello che forse è il più bel posto del mondo per discorrere: la piattaforma superiore di un tram discretamente deserto. Conversare sulla sommità di un colle è una cosa superba, ma conversare su di una collina volante è una cosa da fiaba. La vasta e scialba estensione della parte nord di Londra spariva; la buona andatura ci dava il senso della sua immensità e della sua bassezza. Era, se fosse possibile esprimersi così, una ignobile infinità, una squallida eternità, e noi sentivamo il reale orrore dei quartieri poveri di Londra, l'orrore che è interamente svisato e frainteso dai romanzi sensazionali che li dipingono come un ammasso di vie strette, di case sporche, una tana di delinquenti e di pazzi, una bolgia del vizio. In un vicolo stretto, in un covo di vizi voi non dovete cercare la civiltà, non dovete cercare l'ordine. Ma la cosa orribile di quei quartieri era il fatto che la civiltà c'era, che l'ordine c'era, ma la civiltà vi appariva solo nel suo lato morboso, e l'ordine solo nella sua monotonia. Nessuno direbbe passando per un quartiere di delinquenti: "Non vedo monumenti, non rilevo traccia di cattedrali". Ma là c'erano degli edifici pubblici, solo che si trattava per lo più di manicomi; c'erano anche delle statue, ma si trattava generalmente di monumento di ingegneri ferroviari e di filantropi, due brutte genìe d'uomini unite dal loro comune disprezzo per il popolo. C'erano delle chiese, ma erano le chiese di sette oscure ed errabonde, come gli Agapemoniti o gli Irvingiti. C'erano, oltre a ciò, grandi strade, e vasti incroci, e linee tranviarie, e tutti i segni reali della civiltà! (p. 51)
  • "L'essere buoni è una impresa molto più rischiosa del giro del mondo." (p. 52)
  • "Sei ancora così imbevuto di superstizioni, così attaccato agli oscuri altari preistorici, da credere ai fatti? Non ammetti invece il valore di un'impressione immediata?" (p. 54)
  • "Ve lo domando soltanto", disse Basil, "perché dei vostri due ultimi amici che avevano una mentalità moderna, uno pensava che era sbagliato mangiare pesci, e l'altro che era giusto mangiare gli uomini. Vi chiedo scusa, ma la pensavano proprio così, se ben ricordo." (p. 60)
  • "Drummond, stasera qui c'è della brava gente e della gente sana. Disgraziatamente, quasi per una coincidenza, tutti i galantuomini sono pazzi, e tutti i sani sono farabutti." (p. 62)
  • Le ossa dell'ultimo mammut sono rovinate da un pezzo come in un gigantesco naufragio; le burrasche non inghiottono più le nostre navi, e le montagne da cuore di fuoco non rovesciano più l'inferno sulle nostre città, ma noi siamo in aspra ed eterna lotta con le piccole cose e soprattutto coi microbi e coi bottoni da camicia. (p. 69)
  • "Ma pensi proprio che la verità sia più strana della finzione?", disse il fratello con qualcosa che somigliava a uno scherno.
    "La verità è necessariamente più strana della finzione", disse Basil con calma. "infatti la finzione è una creazione della mente umana, e appunto per questo è congenita." (p. 91)

Il Napoleone di Notting Hill

[modifica]

La razza umana, della quale fanno parte tanti miei lettori, s'è trastullata, dacché mondo è mondo, e, molto probabilmente continuerà a trastullarsi fino alla fine, con giuochi infantili; il che è spiacevole per i pochi che diventano adulti. Uno dei giochi prediletti è appunto quello del cosiddetto: "lasciare il domani nell'ombra": gioco che ha anche nome (presso i contadini del Shropshire, ne sono sicuro): "smentire il profeta". I giocatori ascoltano con molta attenzione e molto rispetto tutto ciò che la gente saputa ha da dire circa l'avvenire della generazione prossima; poi, aspettano che la gente saputa sia morta, e la seppelliscono con cure premurose; poi, fanno il contrario di ciò che gl'indovini avevano previsto.

Citazioni

[modifica]
  • Come il cielo, onnipresente è l'eroismo, | esso non finirà prima che finisca il mondo | e benché le cupe macchie roteino con fragore | di ciò, amico mio, non vi prenda timore. | Esso non finì presso l'urna di Nelson | dove sta assisa una Inghilterra immortale: | né dove i vostri giovani gagliardi a turno | bevvero – ad Austerlitz – la morte come un liquore. (p. 21)
  • Lungi da vostri soleggiati altipiani | ebbi una visione: le strade che seguivo | strade diritte, illuminate, esplosero | e incontrarono le strade stellari che conducono a Dio. | Questa leggenda di un'epica ora | l'ho sognata da fanciullo – e la risogno ancora, | sotto la grande e grigia torre, sull'acqua | che s'appunta alle stelle sul colle di Campden. (p. 22)
  • Eppure, c'era negli occhi degli operai lungo la strada, dei contadini nei campi, dei marinai e dei fanciulli, e soprattutto negli occhi delle donne, una strana luce che faceva sì che i dotti rimanessero nel dubbio e nella febbre dell'incertezza. I dotti non potevano scandagliare la profondità della gioia di quegli sguardi. Quella gente aveva ancora risorse nascoste: non aveva cessato di smentire il profeta. (p. 30)
  • – Sì, – esclamò lo straniero, raccogliendo questa parola. – Generoso inglese, voi avete ragione. Un'idea luminosa, ma molto scottante. Mi avete domandato, señor, perché, nel mio desiderio di veder riuniti i colori della mia patria io abbia mescolato sangue e carta. Ma non comprendete dunque l'antica santità dei colori? La Chiesa ha i suoi colori simbolici. Ora, pensate che cosa significhino questi colori per noi, pensate quale sia la condizione di un uomo che, come noi, non può veder altro che questi due colori, e non conosce che il rosso e il giallo. Per gli uomini tutte le forme si equivalgono, tutte le cose, nobili e volgari, formano una democrazia di combinazioni. Ma dovunque la veste rossa d'una vecchia contadina spicca in un campo di gemme d'oro, io vedo il Nicaragua. Dovunque io veda un po' di sabbia gialla in un campo di papaveri, vedo il Nicaragua. Ogni qualvolta vedo un limone e un rosso tramonto di sole, vedo la mia patria; e quando vedo una cassetta rossa per le lettere e un giallo tramonto, il cuore mi batte. Basta del sangue con un po' di mostarda al mio blasone; e se trovo in un fosso del fango giallo e rosso, il fosso mi diventa più caro delle stelle. (p. 48)
  • Dieci anni or sono, quand'ero un monello, – ora ne ho diciannove – io giocavo in via della Pompa, armato d'una sciabola di legno e con un elmo di carta sul capo, e sognavo grandi guerre. In un eccesso di bellicoso furore, diedi un colpo formidabile con la mia spada e rimasi là come impietrito, essendomi accorto di avervi colpito, di aver colpito voi, Sire, voi, mio Re, che passeggiavate nobilmente lontano da tutti i curiosi, per vegliare sulla salvezza del nostro popolo. Ma erano vani terrori i miei. Quel giorno incominciai a conoscere che cosa sia la regalità. Voi non indietreggiaste, né batteste ciglio, né chiamaste le guardia, né mi minacciaste di castigo; ma con sublimi parole di fiamma, che rimasero incise per sempre nel mio cuore, mi esortaste a rivolgere sempre la punta della mia spada contro il nemico della mia inviolabile città. Come un prete che indichi l'altare, mi mostraste col dito la collina di Notting: "Finché sarete pronto, diceste, a morire per quella montagna sacra, anche se fosse circondata da tutti gli eserciti di Bayswater...". Io non ho dimenticato queste parole e ho buone ragioni per ricordarmele ora che è giunto il momento che coronerà le vostre profezie. La montagna sacra è circondata dagli eserciti di Bayswater, e io son pronto a morire. (p. 115)
  • – Questo riso di cui gli uomini fanno uno strumento di tirannia, non è la potenza spaventosa che voi credete. Pietro fu crocifisso, e crocifisso con la testa in giù. C'è cosa più ridicola dell'immaginare questo vecchio e rispettabile Apostolo con la testa in giù e i piedi in aria? Il vostro umorismo moderno è riuscito ad immaginare cosa più gustosa? Ma in realtà quale fu il risultato? Con la testa in giù e le gambe in ria, Pietro è ancora Pietro, per l'umanità: sebbene con la testa in basso, egli non cessa di dominar l'Europa ancor oggi, e milioni di creature non respirano che nella sua Chiesa. (p. 118)
  • Sono nato, come gli altri uomini, in un punto di questa terra che ho incominciato ad amare perché, fanciullo, vi ho giocato, perché vi ho amato, perché vi ho trascorso, chiacchierando con i miei amici, notti ch'erano divine. E ho avuto il sentimento del mistero. Quei giardinetti dove abbiamo confessato i nostri amori, quelle strade per cui abbiamo trasportato i nostri morti, perché dovrebbero essere volgari, perché dovrebbero essere paradossali? (pp. 118-119)
  • – Come siete umano, tenero, pieno di riguardi! Voi fareste la guerra per arrotondare una terra di confine o per le importazioni da un porto straniero; spargereste del sangue per una tassa troppo forte sui merletti e a causa d'un saluto non reso da un ammiraglio; ma per ciò che può rendere la vita degna o miserabile, come siete umano! Ve lo dico, e so quel che mi dico: non ci sono mai state guerre inevitabili e necessarie, tranne le guerre religiose; non vi sono state mai giuste guerre se non di religione; non vi sono state mai guerre umane, se non religiose. In esse si è combattuto per qualche cosa che tendeva per lo meno a formare la felicità e la virtù dell'uomo. Se non altro, il Crociato pensava veramente che l'Islam era causa della perdita d'ogni anima umana, fosse quella d'un Re o d'uno stagnino, di cui potesse impadronirsi. Da parte mia, credo che Barker e tutti quegli avvoltoi arricchiti causino la perdita dell'anima di ogni uomo, rovinino ogni pollice di terreno, ogni pietra delle case di cui riescono ad impadronirsi. Credete ch'io non abbia il diritto di combattere per Notting Hill, voi Governo inglese che avete così spesso fatto la guerra per delle inezie? Se davvero, come i vostri ricchi amici pretendono, non c'è Dio, e il cielo sulle nostre teste è tetro e vuoto, in nome di che un uomo dovrebbe lottare, se non pel giardino che fu l'Eden della sua infanzia e dove conobbe le delizie, troppo caduche, del primo amore? Se non v'è tempio né scrittura che siano sacri, che c'è di sacro, se la giovinezza dell'uomo non è sacra? (p. 122)
  • Da fanciullo, Adamo Wayne nutriva per le tristi contrade di Notting Hill gli stessi sentimenti che agli antichi ispiravano Atene e Gerusalemme. Conosceva il segreto della passione, quei segreti che fanno sì che vecchi canti nazionali producano un effetto così strano sulle civiltà d'oggi. Sapeva che il vero patriottismo canta i suoi dolori, le sue speranze perdute, molto più che non le vittorie, sapeva che la metà della poesia d'ogni poema nazionale consiste in nomi propri; e, soprattutto, conosceva questo sommo fatto psicologico che domina tutto il patriottismo: egli sapeva che per quel delicato pudore che è proprio di tutti gli innamorati, il patriota, in nessun caso, si gloria della grandezza della patria, ma sempre, necessariamente, si gloria della sua piccolezza. Conosceva tutto ciò, non perché fosse filosofo o uomo di genio, ma perché era un fanciullo. (p. 133)
  • "In tutta questa faccenda, io sento di aver combattuto non soltanto per la mia città natia, alla quale devo tutto il mio sangue, ma anche per tutti i luoghi del mondo dove grandi idee come queste possono prevalere. Io non lotto soltanto per Notting Hill, ma anche per i suoi nemici, per Bayswater, per North Kensington. Giacché se i cacciatori di milioni saranno vittoriosi, anche queste città perderanno i loro antichi sentimenti e tutto il mistero della loro anima nazionale." (p. 144)
  • La libertà di parlare significa nella nostra civiltà moderna che dobbiamo parlare soltanto di cose non importanti. Non abbiamo il diritto di parlare della religione, perché questo non è liberale; non abbiamo il diritto di parlare del pane né del formaggio perché questo è un voler parlare di bottega; non ci è permesso parlare della morte perché cosa che ci rende tristi; e tanto meno non ci è permesso di parlare della nascita, perché non sarebbe argomento delicato. (p. 147)
  • Deliberatamente, con meditato proposito, aveva fatto la scelta di ciò che sarà sempre causa di turbamento, sino alla fine dei tempi, della pace del mondo: aveva scelto una vita breve e allegra. (p. 160)
  • – Per voi e per me – disse Wayne, con tono di strana melodia – e per tutti i valorosi, c'è del buon vino nell'osteria ch'è alla fine del mondo. (p. 276)
  • Come l'albero cade, così riposerà. Hanno detto ch'è una frase triste e cupa, ma è l'essenza di ogni gioia profonda. Io faccio in questo momento ciò che ho fatto in tutta la mia vita: la sola cosa cioè che ci renda felici, la sola cosa che ci renda universali. Io m'attacco a qualche cosa. (pp. 277-278)
  • Se tutte le cose rimangono quali erano, è perché sono sempre cose eroiche; se tutte le cose rimangono quali erano, è perché sono sempre nuove. Un anime sola è data ad ogni uomo, e a ogni anima, una sola piccola potenza, – la potenza di superarsi in certi momenti e di assorbir le stelle. Se, di età in età, gli uomini sono dotati di questa potenza, tutto ciò che dà loro è grande. Tutto quello che fa credere loro di essere vecchi, è basso – sia un impero o una bottega in rovina. Tutto ciò che fa creder loro di essere giovani è grande, – sia una grande guerra, o una storia d'amore. E nel più oscuro libro di Dio, c'è una verità ch'è anche un enigma: gli uomini si affaticano per delle novità, siano mode, disegni, riforme, mutamenti; ma sono le cose vecchie quelle che stupiscono e colpiscono profondamente; sono le cose vecchie veramente giovani. Non v'è scettico che non sappia che molti hanno dubitato prima di lui; non v'è ricco o frivolo che non senta che tutte le novità sono vecchiumi; non c'è fanatico del mutamento che non senta la sua nuca curva sotto il peso della stanchezza dell'universo; ma a noi che ci dedichiamo alle cose antiche, la natura dà una giovinezza eterna. Nessun innamorato pensa che prima di lui vi sono stati altri innamorati; nessun padre pensa che vi son altri figliuoli prima del suo; e il popolo che lotta per la sua patria, non è preoccupato della solita storia degli Imperi scomparsi. Sì, voce tenebrosa, il mondo è sempre lo stesso, giacché tutto in esso è sempre imprevisto! (pp. 279-280)
  • Gli uomini, io dico, godono, di epoca in epoca, d'un fenomeno più nuovo del progresso: con ogni bimbo che nasce al mondo, sorge un nuovo sole, sorge una nuova luna. Se la nostra vecchia umanità fosse un uomo solo, forse soccomberebbe al ricordo di tante felicità, sotto il fardello di tanti eroismi diversi, sotto il peso e il terrore di tutta la bontà dell'uomo. Ma è piaciuto a Dio isolare a tal punto l'anima singola, ch'ella non può nulla apprendere dalle altre, se non per sentito dire, e a ciascuno la bontà e la felicità si rivelano con la giovinezza e la violenza del lampo, come il lampo improvvise e pure. E la maledizione che vota all'insuccesso tutti i sistemi degli uomini, non li affligge più che i vermi della fatale tomba non affliggano il bimbo che gioca sul prato. Notting Hill è caduto, Notting Hill è morto. Ma non importa, Notting Hill ha vissuto. (p. 281)
  • Se giocando questo gioco infantile lo abbiamo considerato seriamente come una crociata, se abbiamo innaffiato il vostro ridicolo giardinetto col sangue ei martiri, d'un asilo infantile abbiamo fatto un tempo. E vi domando in nome del cielo, chi ci ha guadagnato? (p. 284)

– Eppure nulla potrebbe eliminare l'antagonismo, il fatto che io ho riso di quelle cose e che voi le adoravate.
Il volto di Wayne s'illuminò nell'aurora come una specie di fiamma divina:
-Conosco qualche cosa che attenuerà tale antagonismo, qualche cosa che ci domina dall'esterno e di cui, né voi né io, in tutta la nostra vita, forse non abbiamo fatto il giusto conto. L'essere umano uguale ed eterno attenuerà questo contrasto, giacché egli non vede vero contrasto fra il riso e il rispetto. Parlo dell'uomo, dell'uomo volgare che semplici geni come voi ed io, non possono che adorare come un dio. Nei giorni tetri e tristi, voi e io, il puro fanatico, e il puro satirico, siamo necessari: noi due soli abbiamo rimediato a un gran male; abbiamo innalzato i Quartieri moderni all'altezza di quella poesia che, chi conosce un po' la natura umana, sa che è molto più comune di qualsiasi luogo comune. Ma la gente sana, non conosce questa guerra che ci strazia. Noi siamo i due lobi d'un cervello di agricoltore. Il riso e l'amore sono in tutte le cose: le Cattedrali, costruite in un tempo in cui si amava Dio, sono piene di bestemmie grottesche; la madre non cessa di ridere del suo bambino, l'amante dell'amante, la moglie del marito, e l'amico dell'amico. Auberon Quin, noi siamo rimasti separati per troppo lungo tempo: venite, partiamo insieme. Voi avete un'alabarda, e io ho una spada: partiamo per i nostri viaggi attraverso il mondo, giacché di esso siamo gli elementi essenziali. Venite, è ormai giorno.
Nella cruda luce del mattino, Auberon esitò un momento; poi fece con l'alabarda il saluto regolare, e tutt'e due partirono verso l'ignoto.

L'imputato

[modifica]
  • L'amore vincola se stesso per sua natura, e l'istituto del matrimonio ha solo fatto all'uomo comune la cortesia di prenderlo in parola. All'amante i saggi moderni offrono le più grandi libertà e la più completa irresponsabilità, sfoggiando un sorriso smagliante dal sapore cattivo; ma non lo rispettano come faceva la vecchia Chiesa; non scrivono il suo giuramento nei cieli, a testimonianza del suo momento più alto. Gli danno ogni libertà tranne quella di vendere la sua libertà, l'unica che egli desideri. (p. 39)
  • L'inferno più infernale che l'immaginazione è in grado di concepire è quello in cui interpretiamo sempre il medesimo dramma, senza nemmeno un camerino stretto e sporco in cui essere umani. Questa è la condizione del decadente, dell'esteta, di colui che sostiene o pratica l'amore libero. Trascorrere l'eternità ad affrontare pericoli che sappiamo non possono danneggiarci, a fare voti che sappiamo non possono vincolarci, a sfidare nemici che sappiamo non possono conquistarci: questa è la bonaria tirannia decadente chiamata libertà. (pp. 37-38)
  • Tutte le grandi letterature sono sempre state allegoriche, poiché contenevano il simbolo di una qualche visione dell'universo intero. (p. 69)
  • Fra le tante stranezze che l'uomo ha dimenticato, il vuoto di memoria più universale e catastrofico è quello in virtù del quale ha scordato che viviamo su una stella. (p. 66)
  • Prima di passare a visioni e creazioni, possiamo accontentarci di un pianeta di miracoli. (p. 81)
  • Esiste una strada che collega l'occhio al cuore senza passare per l'intelletto. Gli uomini non litigano sul significato del tramonto; non mettono mai in discussione il fatto che il biancospino dica la cosa migliore e più saggia sulla primavera. (p. 84)
  • Ogni gergo è metafora, e ogni metafora è poesia. (In difesa del gergo, p. 111)
  • Le scuole e i saggi più ermetici non hanno mai avuto la gravità che alberga negli occhi di un neonato di tre mesi. La sua è la gravità dello stupore di fronte all'universo, e questo stupore non è misticismo, bensì buonsenso trascendente. Il fascino dei bambini sta nel fatto che con ognuno di loro tutte le cose vengono rifatte, e l'universo rimesso alla prova. Quando camminiamo per strada e sotto di noi vediamo le deliziose teste bulbosa di questi funghi umani, il triplo delle dimensioni che dovrebbero avere in proporzione al loro corpo, dovremmo sempre ricordarci innanzitutto che ognuna di quelle sfere contiene un universo nuovo fiammante, nuovo quanto era nuovo il mondo il settimo giorno della creazione. In ognuna c'è un nuovo sistema di stelle, nuova erba, nuove città, un nuovo mare. (p. 113)
  • Possiamo scalare il cielo e trovare miriadi di nuove stelle, ma ne mancherà sempre una che ancora non abbiamo scoperto: quella su cui siamo nati. (p. 114)
  • Tranne in casi disperati, nessun patriota si sognerebbe mai di dire: «Giusto o sbagliato, il mio paese è sempre il mio paese». Sarebbe come dire: «Mia madre è sempre mia madre, ubriaca o sobria». (p. 124)

L'osteria volante

[modifica]

Il mare aveva preso una tinta di un verde-pallido e il pomeriggio aveva già sentito il tocco di fata della sera, quando una giovane donna, dai capelli neri, vestita artisticamente, in un abito tutto increspato, color rosso-rame, camminava con un'aria distratta lungo il viale di Pebbleswick-sul-Mare, strascicando il parasole e fissando il lontano orizzonte. Essa aveva un motivo per guardare all'estremo lembo del mare, motivo che molte giovani donne hanno avuto nella storia del mondo. Ma nessuna vela era in vista! (1962)

Citazioni

[modifica]
  • E Noè diceva spesso a sua moglie, quando si sedeva a pranzo: | "Poco m'importa dove vada l'acqua, purché non vada nel vino!".
And Noah he often said to his wife when he sat down to dine: "I don't care where the water goes if it doesn't get into wine." (1962, p. 59)
  • Io non so se Dio abbia fatto l'uomo per essere in tutto e per tutto felice. Ma Dio certamente vuole che gli uomini si divertano un po', ed io, per mio conto, intendo d'andare avanti divertendomi. Se non posso soddisfare il mio cuore, voglio almeno soddisfare il mio buon umore. (1962, p. 69)
  • I pensieri più profondi sono i più semplici. (1962, p. 102)
  • Ma essa notò che ciò che egli conosceva era sempre appena il frammento di un fatto. Ciò che costantemente egli mostrava di non conoscere, era la verità che si nascondeva dietro il fatto stesso. Ciò che egli non conosceva era l'atmosfera: era la tradizione. (1962, p. 137)
  • E tutte le verità che un uomo ha trovato come uomo di scienza, sono leggermente diverse dalle verità che ha trovato come uomo; perché la famiglia, gli amici, le abitudini, l'atmosfera sociale di un uomo hanno già avuto su di lui la loro influenza, prima che egli abbia imparato teoricamente cosa alcuna. (1962, p. 146)
  • Per un'anima mistica, ammesso che sia un'anima, il che non accade molto spesso, non vi è nulla di più suggestivo e di più simbolico che un poeta e un asino. E l'asino era proprio un vero asino; e il poeta un vero poeta; benché a volte i due si confondano facilmente. Non si saprà mai quale fu l'interesse dell'asino per il poeta. Ma l'interesse del poeta per l'asino era genuino: e sopravvisse anche a quella intervista privata nella solitudine e segretezza di un bosco. Ma credo che anche il poeta sarebbe rimasto illuminato se avesse potuto vedere il pallido volto spaventato dell'uomo seduto al volante. Se l'avesse visto, egli si sarebbe forse ricordato il nome o avrebbe forse incominciato a capire la natura di un certo animale che non è né un asino né un'ostrica; della creatura cioè che l'uomo tanto volentieri dimentica, da quando dimenticò Dio in un giardino. (1962, p. 189)
  • Ma più l'animo scopre | e più gli uomini credono.
But more than mind discloses | and more than men believe. (1962, p. 197)
  • "Vi sono due generi di idealisti – disse. – Quelli che idealizzano la realtà, e quelli, più rari, che convertono in realtà l'ideale." (1962, p. 201)
  • Ma l'asino l'aveva riconciliato con il paesaggio e nel suo terzo stato d'animo Dorian Winpole si accorse quanto era bello. Dopo un più attento esame sentì che quella bellezza aveva in sé qualche cosa di umano, o meglio sentì che era almeno per metà umana; l'aureola della luna calante dietro il bosco era bella perché era simile alla pallida aureola dei santi; e i giovani alberi avevano un certo che di nobile e di puro, perché tenevano le loro cime erette come vergini. A poco a poco nella sua anima s assiepavano delle idee a lui quasi totalmente sconosciute e specialmente un'idea che egli aveva udito chiamare "l'immagine di Dio". Gli sembrava che tutte le cose, all'asino alle felci, fossero nobilitate e santificate dalla loro somiglianza parziale con qualche altra cosa. Erano come disegni fatti da un bimbo; i primitivi semplici schizzi della Natura nel suo primo quaderno di pietra. (1962, p. 208)
  • "Gli aghi di Dio sono più soffici dei tappeti degli uomini." (1962, p. 209)
  • Mentre stava lottando con tali parole e tali pensieri, qualche cosa avvenne intorno a lui; qualche cosa che egli aveva descritto molte volte e che aveva letto in mille libri, ma che non aveva mai visto. Attraverso il fitto fogliame occhieggiò una debole, pallida luce, più misteriosa ancora del chiarore lunare. Entrò attraverso le innumerevoli porte e finestre del bosco, timida e silente, ma fiduciosa. La sua bianca veste si rigò d'oro e porpora; il suo nome era: alba. (1962, p. 210)
  • Il trovare e il combattere il male è il principio di ogni allegria, e anche di ogni farsa. (1962, p. 211)
  • In tutti i paesi del mondo i ricchi sono proprio la feccia, la parte peggiore della popolazione. (cap. XV; 2012)

Patrick e Giovanna, vagando insieme, ora, in un mondo bello e splendente, come non lo è e non lo sarà mai per coloro che chiamano il coraggio pazzia, e l'amore superstizione; amando la natura e vedendo in ogni pianta, in ogni fiore, un amico, si recarono, un giorno, alla casetta bianca che era ora la dimora del Superuomo.
Se ne stava seduto calmo e placido davanti a un rozzo tavolo, giocando con dei bastoncini e dei fili di erba. Non si curò né di loro, né di Enid Wimpole che lo curava.
– È felice! – disse questa.
Giovanna, col volto raggiante, non poté trattenersi dal rispondere.
– E anche noi siamo tanto felici!
– Sì, – disse Enid – ma la sua felicità sarà eterna! – E pianse.
– Capisco – sussurrò Giovanna, e baciò la cugina, cogli occhi pieni di lagrime: ma erano lagrime di pietà, non di paura. (1962)

L'uomo che fu Giovedì. Storia di un incubo

[modifica]

Il sobborgo di Saffron Park sorgeva nella parte di Londra dove tramonta il sole ed era rosso e screziato come un tramonto. Costruito tutto con mattoni rossi, a vederlo da lontano, contro il cielo, appariva fantasioso, bizzarro, e anche a chi si addentrava per le sue strade, offriva la stessa impressione di disordine e difformità. Era opera di uno speculatore edilizio dalle idee originali e non esente da qualità artistiche, che ne definiva l'architettura a volte Queen Elizabeth a volte Queen Anne, come se si trattasse della stessa regina. Se ne parlava, non del tutto a torto, come di una colonia di artisti, anche se nulla vi era mai stato prodotto che si potesse definire in qualsiasi modo un'opera d'arte, ma se la pretesa di essere un centro di vita intellettuale appariva eccessiva, era innegabile che si trattasse, se non altro, di un luogo molto piacevole. Chi vedeva per la prima volta quelle strane case rosse, non poteva non pensare che, per adattarvisi, anche l'aspetto di chi vi abitava dovesse essere per lo meno inconsueto, ma se lo si guardava come a un sogno e non come a un trucco scenico, Saffron Park diventava non solo bello, ma perfetto. I suoi abitanti non erano artisti, eppure tutto l'insieme era artistico. Quel giovanotto con i capelli lunghi, coloro oro rosso e l'espressione impudente non era un vero poeta, ma era certamente un poema. Quel vecchio signore con la barba bianca incolta e il cappello bianco sformato, venerando impostore, non era un vero filosofo ma suscitava almeno meditazioni filosofiche. Quel piccolo scienziato calvo, con la testa liscia che pareva un uovo e il collo magro, da uccello, non aveva il diritto di darsi tutte quelle arie, non aveva fatto una scoperta nel campo della biologia, ma quale entità biologica avrebbe potuto scoprire più singolare di se stesso? Così e solo così bisognava giudicare Saffron Park, non come una fucina di artisti, ma come una fragile eppure compiuta opera d'arte. Penetrare nella sua vita sociale significava trovarsi nel pieno svolgersi di una commedia.

Citazioni

[modifica]
  • L'uomo che lancia una bomba è un artista perché preferisce un grande momento a tutto. (cap. 1)
  • Una nube offuscava le menti, | nell'aria passava un gemito, | una nube malata premeva sull'anima | quando io e te eravamo ragazzi. | La scienza svelava il nulla, | l'arte celebrava la decadenza; | il mondo era vecchio, finito, | ma eravamo allegri, io e te. (p. 15)
  • Un peccato innocente | era distorto in forme miserande, | l'uomo si vergognava dell'onore, | ma io e te non ci vergognavamo. | Anche se sciocchi, deboli e confusi, | non eravamo scesi così in basso. | Quando il nero Baal precluse il cielo, | non innalzammo un canto a celebrarlo. | Fanciulli, costruivamo fortezze nella sabbia, | fragili come noi, ma alte | a fermare quel mare di amarezza. | Buffoni in vesti variopinte, | tacevano le campane delle chiese, | ma squillavano i nostri | berrettini a sonagli. (pp. 15-16)
  • Giovani, vivevamo per vedere | Dio che infrangeva i loro turpi incanti | Dio e Repubblica | venire avanti armati. | E la rocca dell'anima umana, | vacillante, vedemmo soccorsa. | Ma beato è colui che non vide, | eppur cieco, credette. (pp. 16-17)
  • Noi, in pace con Dio, | ora la verità possiamo dirla, | si fatica a affondare radici | ed è bello invecchiare | tra le cose comuni: | il matrimonio e un credo. | Ora io lo scriverò senza paura | e tu, senza paura, leggerai. (p. 17)
  • A quella sera in particolare, non ci fosse altro motivo per ricordarsene, si ripenserà per la stranezza del suo tramonto. Il cielo sembrava coperto di vivide e quasi palpabili piume, così che quasi ci si sentiva vellicare il viso. Erano grigie, con le più fantasiose sfumature di viola, di lilla, di verde pallido e di un rosa totalmente innaturale, ma verso ovest il cielo diventava di uno splendore indescrivibile, trasparente e appassionato e le ultime piume rosso sangue coprivano il sole come fosse troppo bello perché lo si potesse guardare, eppure tutto apparteneva così profondamente alla terra che pareva racchiudere un violento segreto. L'intero empireo era un segreto, come quell'embrione meravigliosamente piccolo da cui si sviluppa l'amore per il proprio paese. (p. 21)
  • Quel che è raro e strano è colpire il bersaglio, mentre è grossolano e comune mancarlo. A noi pare un avvenimento epico che con una rozza freccia un uomo colpisca da lontano un uccello, ma non è altrettanto degno di leggenda l'uomo che con un rozzo motore raggiunge una meta lontana? Il caos è stupido, nel caos il treno potrebbe veramente andare dovunque, a Baker Street o a Bagdad, ma l'uomo è un mago e la sua magia è che egli dice Victoria e Victoria è. No, tenetevi i vostri libri di pura poesia e prosa, lasciatemi leggere un orario ferroviario con gli occhi bagnati di lacrime d'orgoglio! Tenetevi il vostro Byron, che celebra le sconfitte dell'uomo e datemi un Bradshaw[41] che celebra le sue vittorie. A me un Bradshaw! (p. 23)
  • "Mia cara signorina Gregory" spiegò Syme con garbo "ci sono molti modi di essere sinceri. Quando dite 'grazie' a chi vi passa il sale a tavola, vi rendete conto del significato di quella parola? No. Quando dite 'la terra è rotonda', pensate a quello che l'immagine esprime? No. Il grazie era sincero, la terra è rotonda, ma voi non vi soffermate a rifletterci. Talvolta, un uomo come vostro fratello scopre qualcosa in cui sinceramente crede, può essere solo una mezza verità, un quarto o un decimo di verità, ma nel tentativo di esprimerla, dirà di più di quanto egli stessa intenda, perché si tratta di qualcosa che è più grande di lui." (p. 25)
  • Il buddismo non è un credo, è un dubbio.
  • Di solito un poliziotto va ad arrestare i ladri nelle birrerie, noi andiamo ai ricevimenti degli artisti a cercare di individuare un pessimista. (p. 51)
  • "Credo di essere poco adatto..."
    "Basta la volontà" disse lo sconosciuto.
    "Non conosco nessuna professione" obiettò Syme "per essere abilitati alla quale basti la volontà".
    "Io sì: il martirio. Vi condanno a morte. Buongiorno." (p. 54)
  • Ma, insieme alla percezione dello squallore di quel mondo lunare, la sua follia cavalleresca ardeva nella notte come un grane fuoco. Anche le cose più comuni che aveva con sé, il cibo, la pistola carica, assunsero il valore poetico di un fucilino di latta o della ciambella che un bambino si porta a letto prima di dormire. Il bastone con lo stocco e la borraccia, per quanto fossero in se stessi solo il bagaglio di un fanatico cospiratore, diventarono l'espressione di un sano spirito di avventura, il bastone si trasformò nella spada di un cavaliere e il brandy nel bicchiere della staffa perché l'immaginazione è sempre legata ad archetipi semplici e antichi. L'avventuriero dall'animo puro modella su se stesso la più folle delle avventure. Il drago senza san Giorgio non sarebbe stato nemmeno grottesco. così la presenza di una creatura profondamente umana animò quello squallido paesaggio di alti, umani valori. Alla fantasia di Syme le case illuminate e gli argini del fiume apparivano disabitati come le montagne della luna, ma anche la luna acquista la sua poesia soltanto se c'è un uomo a guardarla. (p. 56)
  • Era abbastanza vile da temere una forza negativa, ma non tanto vile da ammirarla. (p. 68)
  • Un organetto in strada attaccò all'improvviso un motivo allegro e Syme si scosse come se avesse sentito lo squillo di una tromba che annunciava la battaglia, animato da un coraggio soprannaturale che non sapeva da dove venisse. Quella musichetta esprimeva tutta la vivacità, la volgarità, il coraggio irrazionale dei poveri che, nelle strade sporche lì intorno, vivevano radicati ai valori della modestia e della pietà cristiani. Aveva dimenticato la fantasia giovanile che gli aveva fatto desiderare di diventare un poliziotto, non pensava più a se stesso come a un rappresentante di quel corpo segreto di investigatori quasi dilettanti né del vecchio eccentrico che viveva nella camera buia, si sentiva l'ambasciatore di quel popolo gentile che combatteva la sua quotidiana battaglia al suono della musica dell'organetto. L'orgoglio di sentirsi un essere umano, l'aveva innalzato infinitamente al di sopra dei mostri che stavano attorno a lui. (pp. 69-70)
  • Ora, non c'erano parole per esprimere l'abisso che esisteva tra quell'isolamento e la certezza di avere un alleato. Si potrà concedere ai matematici che due più due fanno quattro, ma due spesso non significa due volte uno, significa duemila volte uno ed ecco perché, nonostante tanti svantaggi, il mondo tornerà sempre alla monogamia. (p 88)
  • Quando ebbe ben maturato questo pensiero, Syme raccolse le sue forze e da tutto quanto di buono c'era in lui si alzò un pensiero, libero come il vento che scuote le cime degli alberi. Ripensò a quanto di semplice e umano aveva incontrato nella sua avventura: i lampioncini cinesi di Saffron Park, la ragazza coi capelli rossi nel giardino, i bravi marinai che bevevano la birra lungo il fiume, i compagni leali che erano insieme a lui e pensò che era stato scelto come l'alfiere di quei valori per incrociare le spade col nemico del creato. Dopotutto, si disse, io conto molto più di un diavolo: sono un uomo, posso fare quello che a Satana è negato, cioè morire. (p. 114)
  • "Vedete questa lanterna?" gridò con voce terribile. "Questa croce? Questa fiamma? Voi non avete forgiato la croce, non avete accesso la fiamma! L'hanno fatto uomini migliori di voi, che sapevano credere, piegavano il ferro e custodivano la leggenda del fuoco. Non c'è una strada in cui camminiate, non c'è un filo degli abiti che indossate che non siano stati fatti come questa lanterna, rifiutando la vostra filosofia da quattro soldi. Voi non create dal nulla, distruggete soltanto. Distruggerete il genere umano, distruggerete il mondo, ma non distruggerete questa vecchia lanterna cristiana! Essa andrà dove il vostro impero scimmiesco non sarà mai capace di trovarla!" (p. 141)
  • Se Syme fosse riuscito a vedersi qual era in quel momento, si sarebbe reso conto che anche lui, per la prima volta, pareva essere veramente se stesso e nessun altro, perché se il segretario rappresentava uno di quei filosofi che amano la luce primigenia e soprannaturale, Syme era un poeta di quelli che la luce vogliono dominare per trasformarla n sole e stelle. Il filosofo ama talvolta l'infinito, il poeta ama sempre ciò che è definito, concluso, la creazione sublime per lui non è quella della luce, ma quella del sole e della luna. (p. 164)

L'alba spuntava timida e chiara, come se la natura tentasse di colorarsi di giallo e poi di rosa. Soffiava un venticello così terso e dolce che non pareva soffiasse dal cielo ma da uno spiraglio aperto nella volta celeste. Syme provò un blando stupore nel vedere levarsi attorno a lui, ai lati della strada, le case di Saffron Park rosse e dalle forme irregolari, perché non credeva, nella sua passeggiata, di essere arrivato tanto vicino a Londra. Imboccò istintivamente una strada bianca, dove gli uccelli saltellavano cantando e si trovò dietro la siepe di un giardino. La sorella di Gregory, la ragazza coi capelli rosso oro, coglieva dei lillà, prima della colazione del mattino, con la straordinaria, inconsapevole gravità di una fanciulla.

L'Uomo Eterno

[modifica]
  • Nulla di più comune, per esempio, che trovare un critico moderno che scriva cose di questo genere: 'Il Cristianesimo fu soprattutto un movimento ascetico, una corsa al deserto, un rifugio nel chiostro, una rinuncia alla vita e alla felicità; esso non fu che parte di una fosca e inumana reazione contro la natura stessa, un odio pel corpo, un aborrimento dell'universo materiale, una specie di suicidio universale dei sensi e anche dell'individuo. Derivava da un fanatismo orientale come quello dei fachiri, ed era basato su un pessimismo orientale che considerava l'esistenza stessa come un male'. In tutto questo la cosa straordinaria è che tutto è verissimo; vero in ogni particolare, con la sola differenza che è attribuito erroneamente a chi non ci ha niente a che vedere. Non è vero della Chiesa; è vero delle eresie condannate dalla Chiesa. È come se uno fosse obbligato a scrivere un'analisi degli errori e del malgoverno dei ministri di Giorgio III, con la piccola inesattezza che tutto il racconto si riferisse a Giorgio Washington; o come se uno facesse un elenco dei delitti dei bolscevichi con la sola variante di attribuirli allo zar. La Chiesa primitiva fu, sì, ascetica, ma in dipendenza di una filosofia totalmente diversa da quella di una guerra alla vita e alla natura; la quale realmente esistette nel mondo, e basterebbe che i critici sapessero dove andare a cercarla.

L'Utopia degli usurai

[modifica]

Come tutti i profeti sani di mente, sacri e profani, posso fare delle profezie solo quando sono infuriato e penso che tutti siano d'accordo sul fatto che ci troviamo di fronte a una brutta situazione. E come tutti i profeti sani di mente, profetizzo nella speranza che la mia profezia non si avveri. Perché la predizione del vero indovino è come l'avvertimento dato da un buon medico. Il vero trionfo, per un medico, è quando il paziente da lui condannato a morte viene restituito alla vita. La minaccia è giustificata nello stesso momento in cui si dimostra falsa.

Citazioni

[modifica]
  • Qualsiasi uomo può essere lodato, e a ragione. Anche soltanto stando in piedi su due gambe fa qualcosa che una mucca non sa fare.
  • Come tutti i profeti sani di mente, sacri e profani, posso fare delle profezie solo quando sono infuriato.

Se, dopo aver provato a estendere la nostra carità oltre i confini della simpatia personale verso ogni genere di classe o credo, proviamo ancora un certo astio per chi, pur essendo in torto, è trionfante e prosciolto dalle accuse, in questo caso gli uomini in torto sono trionfanti e prosciolti da ogni accusa. Non è argomento per la scienza. È argomento per la poesia. Ma per una poesia di un genere terribile.

La ballata del cavallo bianco

[modifica]
Per approfondire, vedi: La ballata del cavallo bianco.

La Chiesa Viva – Perché sono cattolico

[modifica]
  • Per litigare occorre essere in tre. È necessaria la presenza del paciere. Non si può raggiungere il potenziale pieno della furia umana senza l'intervento strategico di un amico di ambo le parti.
  • Se si deve usare ancora la parola 'gesuita' come sinonimo di 'bugiardo', preferirei che la medesima trasposizione si applicasse alla parola 'giornalista' poiché si tratta di una verità molto più frequente.

La Resurrezione di Roma

[modifica]
  • Posso dire onestamente, come impressione generale sulle cose, che non trovo mai nulla di noioso; ma un libro in cui descrivessi la scoperta che nulla esiste di noioso potrebbe essere noioso per davvero. Allo stesso modo, nel fare il racconto del mio viaggio, mi sento costretto a dire che sono un cattivo viaggiatore, o almeno un cattivo turista. E anche qui non intendo mancar di rispetto al turista, tanto meno poi al pellegrino. Per natura io sono simile a quel pellegrino che non riesce mai a vedere il Papa perché si sofferma troppo a contemplare le Guardie del Papa.
  • È insensato andare a Roma se non si possiede la convinzione di tornare a Roma.

Le storie di Padre Brown

[modifica]
Per approfondire, vedi: Padre Brown.

Ortodossia

[modifica]

Questo libro risponde ad una sfida: è la sua sola giustificazione. Per uno che appena sappia tenere la spada in mano è sempre un onore accettare un duello. Quando pubblicai, tempo addietro, una raccolta di scritti, frettolosi ma sinceri, sotto il titolo Eretici, parecchi critici per la cui intelligenza ho molta stima (ricorderò specialmente G. S. Street) osservarono che era giustissima la mia proposta che ognuno dovesse esporre la propria teoria cosmica, ma che intanto, per ciò che mi riguardava, avevo mancato di dare il buon esempio. «Alla mia filosofia – scriveva Street – comincerò a pensarci quando Chesterton ci avrà fatto conoscere la sua». Fu forse imprudente dare suggerimento simile ad uno, come me, fin troppo pronto a scriver libri a ogni più piccola provocazione.

Citazioni

[modifica]
  • Uomini che cominciano a combattere la Chiesa per amore della libertà e dell'umanità, finiscono per combattere anche la libertà e l'umanità pur di combattere la Chiesa.
  • La serietà non è una virtù. Sarebbe un'eresia, ma un'eresia molto più giudiziosa, dire che la serietà è un vizio.
  • Sarebbe ingiusto passare sotto silenzio la definizione misteriosa ma suggestiva data, pare, da una bambina: «Un ottimista è un uomo che vi guarda gli occhi, un pessimista un uomo che vi guarda i piedi».
  • Ho fatto una scoperta o, dovrei dire, ho avuto una visione. L'ho avuta tra due tazze di caffè nero in un ristorante francese di Soho; ma non saprei spiegarla, neppure se tentassi di farlo. Comunque era che tutte le cose buone formano un tutt'uno... Questo è ciò che sento... adesso, ad ogni ora del giorno. Tutte le cose buone sono una cosa sola. È questo ciò che gli Ebrei dell'antichità, soli tra gli altri popoli, hanno percepito. I Greci, i Vichinghi e i Romani non furono attraversati come qualche rude israelita, una notte, nella solitudine del deserto, dall'improvvisa, abbagliante idea che tutto il mondo era la manifestazione di un solo Dio: un'idea degna di un romanzo poliziesco.
  • I bambini sono grati alla Befana mette nelle loro calze che doni di giocattoli e dolci. Posso io non essere grato a Dio che mi ha messo nelle calze il dono di due meravigliose gambe?
  • La tradizione non significa che i vivi sono morti, ma che i morti sono vivi.
  • Pazzo non è chi ha perso la ragione, ma chi ha perso tutto fuorché la ragione.
  • Il mondo non è una casa d'affitto a Brighton che si debba lasciare perché è miserabile: è il castello di famiglia, con la bandiera sventolante sul torrione, e più è miserabile meno dobbiamo abbandonarlo. Il punto non è che questo mondo è troppo triste per essere amato o troppo felice per non esserlo, ma è che quando si ama qualcosa, la sua felicità è una ragione per amarla e la sua tristezza una ragione per amarla di più.
  • Taluni hanno preso la stupida abitudine di parlare dell'ortodossia come di qualche cosa di pesante, di monotono e di sicuro. Non c'è invece, niente di così pericoloso e di così eccitante come l'ortodossia: l'ortodossia è la saggezza, e l'esser saggi è più drammatico che l'esser pazzi; è l'equilibrio di un uomo dietro cavalli che corrono a precipizio, che pare si chini da una parte, si spenzoli da quell'altra, e pure, in ogni atteggiamento, conserva la grazia della statuaria e la precisione dell'aritmetica.
  • II paradosso fondamentale del Cristianesimo è che la ordinaria condizione dell'uomo non è il suo stato di sanità e di sensibilità normale: la normalità stessa è un'anormalità. Questa è la filosofia profonda della caduta.
  • II valore delle cose sta nell'essere state salvate da un naufragio, ripescate dal Nulla all'esistenza. Ma io ho fantasticato (l'idea può sembrare pazzesca) che l'ordine e il numero delle cose non sia che il romantico avanzo del naviglio di Crusoe [...]. Gli alberi e i pianeti mi parevano come salvati dal naufragio, e quando vidi il Matterhorn fui contento che non fosse stato dimenticato nella confusione.
  • La cinta esterna del Cristianesimo è un rigido presidio di abnegazioni etiche e di preti professionali; ma dentro questo presidio inumano troverete la vecchia vita umana che danza come i fanciulli e beve vino come gli uomini. [...] Nella filosofia moderna avviene il contrario: la cinta esterna è innegabilmente artistica ed emancipata: la sua disperazione sta dentro.
  • Ah, io non posso concepire né tollerare alcuna utopia che non mi lasci la libertà che mi è più cara: la libertà di vincolare me stesso.
  • Non sarà necessario che qualcuno combatta la proposta di una censura della stampa. Non c'è bisogno di una censura della stampa. Abbiamo una censura ad opera della stampa.
  • È consuetudine lamentarsi del trambusto e del dinamismo della nostra epoca; ma in verità la caratteristica principale di quest'epoca è la sua profonda pigrizia e stanchezza, ed è precisamente questa effettiva pigrizia la causa dell'apparente trambusto. Prendete un caso visibilissimo: le strade sono piene del rumore dei taxi e delle automobili, dovuto non all'attività, ma al riposo umano. Ci sarebbe meno trambusto se ci fosse più attività: se la gente semplicemente andasse a piedi. Il nostro mondo sarebbe più silenzioso se fosse più energico.
  • Tutto il mondo moderno è in guerra con la ragione, e la torre già vacilla.
  • Chi crede nei miracoli li accetta (a torto o a ragione) perché ne ha delle prove. Chi non crede nei miracoli non li accetta (a torto o a ragione) perché ha una dottrina contro di essi. (cap. IX; 2010)
  • Il poeta desidera solamente l'esaltazione e l'espansione, un mondo entro cui espandersi. Il poeta chiede solo di levare la propria testa fino ai cieli. È il logico che cerca di spingere i cieli dentro la sua testa. Ed è la sua testa a spaccarsi. (cap. II, 2010)
  • Il mondo moderno è pieno di antiche virtù cristiane impazzite. (cap. III, 2010)
  • Si può comprendere l'universo, ma non si riesce mai a capire il proprio io, che sembra più lontano delle stelle. (cap. IV, 2010)

Gli storici antichi e moderni ebbero l'orgoglio di nascondere le loro lacrime. Egli [Cristo] le mostrò chiaramente sul Suo viso aperto ad ogni quotidiano spettacolo come quando Egli vide da lontano la Sua nativa città. Ma Egli nascose qualche cosa. I solenni superuomini, i diplomatici imperiali sono fieri di trattenere la loro collera. Egli non trattenne mai la sua collera. Egli rovesciò i banchi delle mercanzie per i gradini del Tempio e chiese agli uomini come sperassero di sfuggire alla dannazione dell'inferno. Pure Egli trattenne qualche cosa. Lo dico con riverenza: c'era in questa irrompente personalità un lato che si potrebbe dire di riserbo: c'era qualche cosa ch'Egli nascose a tutti gli uomini quando andò a pregare sulla montagna: qualche cosa ch'Egli coprì costantemente con un brusco silenzio o con un impetuoso isolamento. Era qualche cosa di troppo grande perché Dio lo mostrasse a noi quando Egli camminava sulla terra; ed io qualche volta ho immaginato che fosse la Sua allegrezza.

Robert Louis Stevenson

[modifica]

In questo breve saggio su Stevenson mi propongo di seguire un corso piuttosto inusuale, o forse è meglio dire che traccerò uno schizzo che potrebbe esser considerato alquanto eccentrico. Tale idea è scusabile solo nella pratica, e ho la netta sensazione che il mio esercizio avrà delle mancanze. Nondimeno, ho così stabilito dopo averci ben ragionato e dopo essermi posto il problema di quale sia il modo migliore per trattare un problema reale e pratico. Così, prima che la pratica produca il collasso del mio proposito, mi prenderò almeno la soddisfazione e la gioia di esporlo nei principi.

Citazioni

[modifica]
  • Il punto della storia [Strano caso del dottor Jekyll e Mr Hyde] non è che un uomo «possa» separarsi con un taglio netto dalla sua coscienza, ma che non può. L'operazione chirurgica è fatale in questa storia. È un'amputazione nella quale entrambe le parti trovano la morte. Jekyll, persino quando sta morendo, dichiara quale sia la conclusione della faccenda: che il peso della lotta morale umana è una catena dalla quale non ci si può in nessun modo liberare. La ragione è che non ci potrà mai essere uguaglianza fra male e bene. Jekyll e Hyde non sono gemelli. Sono piuttosto, come dice giustamente uno dei due, come padre e figlio. Dopo tutto, Jekyll ha creato Hyde; Hyde non avrebbe mai creato Jekyll: poteva solo distruggerlo. (III)
  • Ma non è un'esagerazione sostenere che quel libro [L'isola del tesoro] avesse più a che fare con il gioco, che con il tesoro. Stevenson non cercava veramente fuori di sé o lontano da sé un mondo di cose più grandi, ma perseguiva dentro di sé un mondo di piccole cose [...]. (IV)
  • Le più grandi scene de Il ragazzo rapito, la difesa della Round House, o l'incontro dello Zio Ebeneezer con Alan Breck, sono piene di quelle frasi secche che sembrano risuonare, nel mostrare le cose, come colpi di pistola. (V)
  • [...] egli possiede la capacità quasi eccezionale di usare le parole più esatte per esprimere il concetto che vuole esprimere. (VI)
  • La docile e ampia presenza del principe Florizel di Boemia [protagonista di due cicli di racconti ne Le nuove mille e una notte], quel misterioso monarca poco avvezzo a governare, è trattata con una specie di vasta e vaga riserva diplomatica, simile all'incubo confuso di un vecchio cortigiano cosmopolita. Il principe stesso sembra aver palazzi in ogni Paese; tuttavia l'ironico lettore sospetta, con metà del suo cervello, che egli non sia niente di più di un tabaccaio presuntuoso, che Stevenson poteva aver incontrato in Rupert Street e aveva scelto per farne l'eroe di una barzelletta. Questa doppia impressione, come quella del vero sognatore, viene suggerita con abilità straordinaria senza che la leggerezza del racconto sia mai aggravata dal peso del dubbio. L'ironia che nasce dalla colossale condiscendenza di Florizel non crea soltanto un personaggio nuovo, ma anche un nuovo tipo di personaggio. Si trova a metà fra realtà e irrealtà: è una specie di solida impossibilità. (VII)
  • In verità (e sono tentato di aggiungere per fortuna) la storia dal titolo Weir of Hermiston non riguarda esclusivamente il Weir di Hermiston. Almeno, non riguarda il primo, e più famoso, individuo che portò quel titolo; e i capitoli migliori della parte che ci è giunta riguardano gli aspetti più sensibili e appassionati del temperamento scozzese; le sfumature di passione più ricche che sia mai riuscito a descrivere. Ed ecco, se quell'antica landa da grigia è divenuta color porpora, lo ha fatto nel momento in cui quella fanciulla prese a cantare la canzone degli Elliot. E non c'è scena che colpisca di più di quella in cui il libro dei salmi della ragazza viene strappato e distrutto. (VII)

San Tommaso d'Aquino

[modifica]

Questo libro non ha altra pretesa oltre a quella di tracciare un profilo divulgativo di un grande personaggio storico che meriterebbe di essere più conosciuto. Per considerare raggiunto il mio scopo, mi accontenterei che questa lettura spingesse tutti coloro che san Tommaso d'Aquino l'hanno a mala pena sentito nominare ad approfondirne la conoscenza attraverso testi più autorevoli.

[G. K. Chesterton, San Tommaso d'Aquino, Lindau, 2016]

Citazioni

[modifica]
  • È questo senza dubbio il vero significato delle famose parole, molto spesso fraintese, rivolte ai primi santi: "Voi siete il sale della terra." [...] Il sale insaporisce e conserva il manzo, non perché è come il manzo, ma perché è molto diverso. Cristo non disse agli apostoli che erano semplicemente quelli che eccellevano, né che erano i soli ad eccellere, ma che erano l'eccezione, quelli permanentemente in contraddizione e incompatibili. (cap. 1, p. 21)
  • La guerra, nel suo significato moderno più ampio, è possibile non perché più uomini sono in disaccordo, ma perché più uomini sono d'accordo. Sotto i mezzi di coercizioni peculiarmente moderni quali l'istruzione e la coscrizione obbligatoria, vi sono aree pacifiche talmente ampie, che tutti quanti possono essere d'accordo sulla guerra. A quel tempo [nel Medioevo] gli uomini erano in disaccordo perfino sulla guerra; e la pace poteva scoppiare dappertutto. (cap. 2, p. 56)
  • Così, teorie personali su ciò che la Bibbia dovrebbe significare, e teorie premature su ciò che il mondo dovrebbe significare, si sono scontrate in una diatriba clamorosa e ampiamente pubblicizzata, specie in epoca vittoriana; e questa goffa collisione di due forme assai impazienti di ignoranza è nota come la disputa tra Scienza e Religione. (cap. 3, p. 89)
  • Non va bene dire a un ateo che è un ateo, o attribuire a chi nega l'immortalità l'infamia di negarla, o pensare che si possa costringere un avversario ad ammettere di aver torto dimostrandogli che ha torto in base ai principi di qualcun altro, e non ai suoi. [...] È questo il senso di una massima attribuita al grande san Luigi, re di Francia, che le persone superficiali citano come un esempio di fanatismo; il senso è che con un infedele si deve o discutere come un vero filosofo sa fare, oppure "infilargli in corpo una spada più profondamente che si può." (cap. 3, p. 95)
  • Il cristiano evade dal mondo per rifugiarsi nell'universo, il buddhista vuole evadere dall'universo ancora più che dal mondo. Uno vorrebbe annientarsi, l'altro vorrebbe tornare alla sua creazione: al suo Creatore. [...] C'è ben poco al mondo che si possa confrontare con queste due alternative quanto a completezza. E chi non si sentirà di scalare la montagna di Cristo, precipiterà fatalmente nel baratro di Buddha. (cap. 4, p. 116)
  • Il paradosso è diventato ormai ortodossia; gli uomini sguazzano placidamente nel paradosso come nel luogo comune. Non è il fatto che l'uomo pratico stia a testa in giù, il che alle volte può essere una stimolante per quanto sconcertante ginnastica; è che a testa in giù ci sta a meraviglia: ci dorme, perfino. (cap. 6, p. 147)
  • La filosofia di san Tommaso si basa sulla convinzione condivisa da tutti che le uova sono uova.[...] Il tomista vede le cose nella loro concretezza insieme al resto degli uomini e ha la consapevolezza comune che le uova non sono galline, sogni o pure e semplici supposizioni, ma cose verificate dall'autorità dei sensi, il che significa sa Dio. (cap. 6, p. 150)
  • In un certo senso posso anche ammettere che un uomo possa essere uno scettico radicale, ma non può essere nient'altro; certo nemmeno un difensore dello scetticismo radicale. Se per un uomo tutti i moti del suo stesso intelletto sono senza senso, allora il suo intelletto è senza senso, ed è senza senso egli stesso; e non significa nulla cercare di scoprire quale senso egli abbia. Sembra che gli scettici radicali in genere sopravvivano perché non sono poi tanto scettici e non sono affatto radicali. Cominceranno col negare ogni cosa e poi ammetteranno qualche cosa, se non altro per amor di ragionamento – o tante volte di polemica senza ragionamento. (cap. 6, p. 151)
  • Il problema dei filosofi moderni è che la loro conclusione è oscura quanto la loro dimostrazione; o che essi presentano un risultato il cui risultato è il caos. (cap. 6, p. 153)
  • L'oggetto è un oggetto; può esistere ed esiste infatti al di fuori dalla mente, o in assenza della mente. E perciò allarga la mente di cui diviene parte. La mente conquista una nuova provincia, come un imperatore; ma solo perché ha risposto al suono di un campanello, come un servitore. La mente [...] è se stessa per questo nutrirsi di fatti, [...] questo cibarsi della strana, dura carne della realtà. (cap. 8, p. 187)
  • La maggior parte delle filosofie moderne non sono filosofia ma dubbio filosofico; dubbio, cioè, se possa esistere una qualunque filosofia. (cap. 8, p. 189)
  • Ogni generazione cerca istintivamente il proprio santo e non si tratta di quello che la gente vuole, ma di quello di cui ha bisogno. [...] Ne consegue che il paradosso della storia è che ciascuna generazione viene convertita dal santo che le si contrappone più nettamente. (2016)

Questo è ovviamente un lavoro inadeguato e da dilettanti, ma non è probabile che venga bruciato e, anche se lo fosse, non lascerebbe certo un vuoto percepibile nella gran massa di nuovi e splendidi lavori che vengono continuamente dedicati alla philosophia perennis, la filosofia perenne.

Tremende bazzecole

[modifica]
  • Gli uomini coraggiosi sono tutti dei vertebrati: sono morbidi in superficie e duri nel mezzo. (cap. 33)
  • La nostra civiltà ha deciso, molto giustamente, che stabilire l'innocenza o la colpevolezza delle persone è troppo importante per essere affidata a uomini istruiti allo scopo. Quando la nostra civiltà vuole essere illuminata su questa angosciosa questione, si rivolge a persone che in materia di legge non ne sanno più di me, ma che sono capaci di sentire quel che io ho sentito sul banco dei giurati. Quando la nostra società vuole catalogare i libri di una biblioteca, scoprire il sistema solare, o altre minuzie del genere, si serve dei suoi specialisti. Ma quando vuol fare qualcosa di veramente serio riunisce 12 uomini comuni. Se ben ricordo, il Fondatore del Cristianesimo fece lo stesso.[42]
  • Ogni architettura è grande dopo il tramonto: forse l'architettura è veramente un'arte notturna, come quella dei fuochi artificiali. (cap. 20)
  • Se c'è qualcosa di peggio dell'odierno indebolirsi dei grandi principi morali, è l'odierno irrigidirsi dei piccoli principi morali.[12]

Uomovivo

[modifica]

Avvenne un giorno che un vento si alzasse alto a occidente, crescendo come un'onda d'irragionevole felicità, e che poi, spingendosi a tutta velocità verso oriente, attraversasse tutta l'Inghilterra, trascinando con sé il profumo gelido delle foreste e l'ebbrezza fredda del mare. Nel passare, con la stessa generosità che ha una brocca di vino, rinfrescò gli uomini che se ne stavano rinchiusi in milioni di buchi e di cantucci, sorprendendoli con la forza del suo soffio.

Citazioni

[modifica]
  • "Ogni uomo è un re", spiegò quel filosofo a testa in giù, "e ogni cappello è una corona." (p. 39)
  • "Hey!", esclamò, indietreggiando davanti al sinistro brillare dell'acciaio, come un uomo che fugge da un serpente, "ha per caso paura degli scassinatori? O quando e perché lei distribuisce morte con questa mitragliatrice?"
    "Oh, quella!", rispose Smith, gettandovi un'occhiata quasi distratta. "No, con quella distribuisco la vita", e se ne andò a grandi salti giù per le scale. (p. 60)
  • Si tende a parlare delle istituzioni come se fossero qualcosa di freddo che intralcia la nostra vita. La verità è che, quando gli uomini si sentono spiritualmente elevati e inebriati di libertà e di nobili aspirazioni, devono sempre finire, e lo fanno immancabilmente, per creare delle istituzioni. Quando sono stanchi tendono a precipitare nell'anarchia, ma quando sono allegri e vigorosi promulgano leggi: è inevitabile. Questo è vero per tutte le religioni e per tutte le repubbliche che si sono succedute nella storia, alla stessa maniera in cui è vero il più comune gioco d'azzardo o il più chiassoso gioco campestre. L'uomo non si sente mai libero fino a quando un'istituzione non lo libera, ma la libertà non può esistere fino a quando non viene dichiarata d'autorità. (p. 61)
  • Solo quando si naufraga veramente, si trova quello che si vuole davvero. Quando si naufraga su un'isola deserta, non ci si sente affatto in un deserto. (p. 70)
  • Il tramonto bruciava come uno di quegli incendi festosi e misteriosi nei quali le cose più comuni evocano, con i loro colori, oggetti preziosi o strani. L'ardesia del tetto splendeva come le penne di un enorme pavone, in ogni misteriosa tonalità di blu e di verde, e i mattoni rossastri del muro ardevano con la stessa forza con cui ottobre tinge di rubino e di bronzo i vini. Il sole sembrava accendere ogni oggetto con una fiamma di colore diversa, come se un uomo accendesse dei fuochi artificiali. (pp. 72-73)
  • "Quale sarebbe il merito dell'oro", disse, "se non brillasse? Perché mai dovremmo apprezzare una sterlina nera o un sole di mezzogiorno nero? Tanto varrebbe usare al suo posto un bottone nero! Non vede che ogni cosa, in questo giardino, sembra un gioiello? E vuole gentilmente dirmi qual è il pregio di un gioiello, se non quello di sembrare un gioiello? Smettiamo, una buona volta, di comprare e di vendere, e cominciamo a guardare! Aprite gli occhi, e vi sveglierete nella Nuova Gerusalemme." (p. 73)
  • "Matrimoni imprudenti!", ruggì Michael. "E mi dica, dove in terra o in cielo si sono mai visti matrimoni prudenti? A questo punto portiamo il discorso sui suicidi prudenti." (p. 82)
  • "Mia cara, e che altro posso fare?", replicò l'irlandese. "Quale altra occupazione può avere un uomo attivo su questa terra, a parte sposarla? Qual è l'alternativa al matrimonio, eccetto il sonno? Non certo la libertà, Rosamund. A meno che lei non si sposi con Dio, come fanno le nostre monache in Irlanda, lei deve sposarsi con un uomo... cioè con me. La terza e ultima cosa che potrebbe fare è sposarsi... con se stessa... lei, lei, lei... in pratica l'unica compagnia che non l'ha mai soddisfatta... e che non la soddisferà mai".
    "Michael", disse la signorina Hunt, con un tono di voce accondiscendente, "le prometto che se la smette di parlare e di dire stupidaggini la sposerò". (p. 83)
  • C'è qualcosa di attraente per un mistico, in un paese come questo, così ricco di specchi. Un mistico è una persona che ritiene infatti che due mondi siano migliori di uno. Nel senso più alto, davvero ogni pensiero è un riflesso. In questo consiste la verità più vera: ritenere che i secondi pensieri siano migliori dei primi. Gli animali non hanno secondi pensieri; solo l'Uomo è in grado di vedere i propri pensieri doppi, nello stesso modo in cui un ubriaco vede doppio un lampione. Solo l'Uomo è capace di vedere i propri pensieri capovolti, nello stesso modo in cui vede una casa riflessa in una pozzanghera. Questa duplicazione mentale, come in uno specchio, è – lo ripeto – la cosa più intima della filosofia umana. C'è del misticismo, una verità al limite del mostruoso, nell'asserzione che due teste sono migliori che una. Perché entrambe dovrebbero crescere sullo stesso corpo. (pp. 149-150)
  • "Prima che io abbia finito con lei, può e deve ringraziare Dio per le molte anatre nello stagno".
    Il celebre pessimista espresse a mezza voce il suo desiderio di ringraziamento a Dio per le anatre nello stagno.
    "E non si dimentichi i paperi", proseguì implacabile Smith.
    Eames concesse debolmente il suo ringraziamento anche per i paperi.
    "Non dimentichi niente, per favore. Lei dovrà ricordarsi di ringraziare il cielo per le chiese, le cappelle, le ville, le persone normali, le pozzanghere, le pentole, i tegami, i bastoni, gli stracci, gli ossi e le tende a pallini".
    "Va bene, va bene", ripeté la vittima disperata, "bastoni, stracci, ossi e tende".
    "Tende a pallini, mi pareva avessimo detto", gli rammentò Smith. (p. 158)
  • La cosa che ho visto pendere nei suoi occhi mentre penzolava da quel ponte era la gioia della vita, non la volontà. Quello che lei ha imparato standosene seduto su quel dannato gargoille era che il mondo, in fin dei conti, è un luogo meraviglioso in cui vivere: io lo so, perché l'ho capito nello stesso momento. Ho visto le nubi grigie diventare rosa, e il piccolo orologio dorato nella fessura tra le case. Erano queste le cose che lei odiava lasciare andandosene via da questo mondo, non la Vita, qualunque cosa essa sia. Eames, siamo stati insieme sull'orlo della morte; non riesce ad ammettere che ho ragione? (p. 160)
  • Quello che voglio dire è che ho finalmente cominciato a capire il significato della morte e di tutto quello che ne consegue... il teschio con le ossa incrociate, il memento mori... Essi non vogliono ricordarci solo la nostra vita futura, ma anche quella presente. Con i nostri spiriti deboli saremmo costretti a invecchiare per l'eternità, se non fossimo mantenuti giovani dalla Morte. La Provvidenza taglia per noi l'immortalità nel senso della lunghezza, un po' come le balie tagliano il pane imburrato a bastoncini per i bambini. (p. 161)
  • Nonostante tutto, ritengo sia davvero molto pericoloso che un uomo pensi, anche per un solo secondo, di aver capito la morte. (p. 162)
  • Nella casa di ogni elegante gentiluomo, riflettei, c'era la porta principale per i gentiluomini, e la secondaria per i fornitori, ma c'era anche la porta in cima per gli dèi. Potremmo quindi dire tranquillamente che la cappa del camino è il passaggio sotterraneo che unisce la terra al cielo. Attraverso questo tunnel stellato Babbo Natale maneggia – come fa l'allodola – tutto quello che è affine tra il cielo e la casa degli uomini. O meglio, dovendo sottostare a certe convenzioni, e a una diffusissima mancanza di coraggio ascensionale, sarebbe più giusto dire che questa porta era forse poco usata. Ciò non toglie, tuttavia, che la porta di Babbo Natale sia la vera porta principale: quella che si apre sull'universo. (p. 186)
  • C'è chi ruba un cane, chi un cavallo e chi un uomo... ma lei pensa che ci sia qualcosa di più vile di un ladro di giocattoli? (p. 188)
  • "Cosa c'è di più immortale", proclamava, "dell'amore e della guerra? Simbolo di ogni desiderio e di gioia è la birra. Simbolo di ogni battaglia e conquista è invece il gioco dei birilli". (p. 191)
  • "Non nego", diceva, "che ci debbano essere preti per ricordare agli uomini che un giorno dovranno morire. Dico solamente che in certe epoche strane, come in quella che viviamo, è necessario avere un altro genere di preti, chiamati poeti, per ricordare agli uomini che ancora non sono morti." (p. 192)
  • Nulla scatena le maledizioni più che una vera benedizione. Questo perché la bontà delle cose buone, come la cattiveria delle cose cattive, è un prodigio che va al di là di ogni parola: si potrà forse dipingerlo, non discorrerne. (p. 195)
  • Al diavolo tutto, è proprio di questo che abbiamo bisogno: tornare da dove siamo partiti! Questo è rivoluzione: andare, andare e girare in tondo, tornando da dove si è partiti! Ogni rivoluzione, come un pentimento, è un ritorno. (p. 204)
  • L'unico scopo reale di una casa è quello di essere la casa di una bambola. Non si ricorda, quando lei era un bambino, di come quelle piccole finestre fossero veramente finestre, mentre le finestre grandi non lo erano? Un bambino ha la casa di una bambola, e grida di gioia quando vede aprirsi la porticina verso l'interno. Un banchiere ha invece una vera casa, ma quanti banchieri non riescono ad emettere nemmeno un debole grido quando le loro vere porte anteriori si aprono verso l'interno! (p. 208)
  • "Lei mi ha convinto che è veramente malvagio e pericoloso per un uomo fuggire da sua moglie".
    "E perché è pericoloso?", chiesi.
    "Be', perché nessuno potrà più trovarlo", rispose quello strano personaggio, "e invece noi tutti abbiamo bisogno di essere trovati". (p. 209)
  • Questa strada circolare che sto percorrendo non è mai stata calpestata. Credo davvero nella rottura degli schemi, perché io sono un rivoluzionario. Ma non vede che tutti questi salti, queste distruzioni e queste fughe in realtà sono solamente tentativi di ritornare all'Eden... di tornare a qualcosa che noi abbiamo già avuto, a qualcosa di cui noi, se non altro, abbiamo già sentito parlare? Non vede che si cerca ansiosamente di spezzare le catene o di dare la caccia alla luna soltanto per trovare casa? (p. 210)
  • Lei è incrollabile come gli alberi, perché lei non crede, mentre io sono volubile come la tempesta perché credo. (p. 213)
  • Sono diventato un pellegrino per guarirmi dall'essere un esiliato. (p. 217)
  • L'eternità è il più grande degli idoli: il più possente tra i concorrenti di Dio. (p. 218)
  • Quello che voglio dire è che Dio mi ha offerto di amare e di servire un determinato luogo, e che mi ha fatto fare, per onorare questo luogo, un sacco di cose... diciamo così... bizzarre, in modo che io potessi testimoniare, contro tutti gli infiniti e contro tutti i sofismi, che il Paradiso è in un certo luogo e non dovunque, e che è qualcosa di preciso e non qualsiasi cosa. E io, dopo tutto questo, non sarei affatto sorpreso di scoprire che, se dovesse esserci una casa in cielo per me, questa dovrebbe avere davvero un lampione verde. (p. 219)
  • Se Innocent è felice, è perché lui è Innocente. Sa di poter sfidare le convenzioni perché osserva i comandamenti. (p. 245)
  • Per conservarci felici come un bambino o come un cane, non ci resta che essere innocenti come un bambino, o innocenti come un cane, entrambi incapaci di peccare. Per dirla in parole povere, bisogna essere buoni... sì, questa può essere la strada da seguire, e lui mi pare l'abbia trovata. (p. 245)
  • Non ci sono gli uomini. Questo tipo di categoria non esiste. Piuttosto c'è un uomo, e ogni uomo è sempre diverso dagli altri. (p. 249)

Mentre la tempesta lacerava il cielo come con squilli di trombe, le finestre della casa si illuminarono una dopo l'altra; e la compagnia, tutta agitata dalle risate e alle prese con il vento, non aveva ancora ritrovato al buio la strada per rientrare in casa, quando videro la grossa e scimmiesca figura di Innocent Smith che si era arrampicato sul tetto uscendo nuovamente dalla finestra della soffitta. Stava gridando a perdifiato e senza interrompersi "Casa Beacon!", facendosi girare intorno alla testa un enorme tronco acceso, che aveva presumibilmente preso dal caminetto e che sprizzava un fiume di fiamme cremisi e di fumo violaceo nell'aria assordante. Probabilmente quella scena sarebbe stata vista a una distanza di almeno tre contee, ma quando il vento smise di soffiare, e la compagnia, al culmine della baldoria, cercò di nuovo Mary e Innocent, si accorse che erano entrambi scomparsi.

Citazioni su Gilbert Keith Chesterton

[modifica]
  • Amo Chesterton perché voleva essere il Voltaire cattolico e io volevo essere il Chesterton comunista. (Italo Calvino)
  • Chesterton è così felice che si sarebbe quasi tentati di credere che abbia davvero trovato Dio. (Franz Kafka)
  • Chesterton è stato uno dei pensatori più profondi che siano mai esistiti. (Étienne Gilson)
  • Chesterton fu in definitiva un uomo assolutamente libero, appassionato ricercatore della verità e difensore della giustizia. (Paolo Gulisano)
  • Chesterton, nella sua Autobiografia, dice che il panorama di Londra era fatto di case piccole e monotone, con finestre insignificanti, brutti lampioni di ferro (i lampioni a gas di ghisa dei film di Chaplin e volgari cassette per le lettere verniciate di vermiglio. Quel vermiglio è un bellissimo rosso – chiamato Post office red, rosso ufficio postale – usato spesso anche per dipingere le porte di ingresso delle piccole case. Le cassette postali italiane invece sono di un repellente rosso sangue, rosso carne di cavallo, che forse sarebbe piaciuto a Chesterton. (Aldo Buzzi)
  • Gilbert Keith Chesterton (1874-1936), usando a veicolo del suo pensiero un ameno stile paradossale, contrapponeva alla bruttezza della civiltà industriale e al materialismo la semplicità agricola dei padri e la luce perenne dell'idea cattolica romana. (Mario Praz)
  • Il suo umorismo era del tipo che più mi piace: non delle battute sparse nelle pagine come uvette in una torta, e ancora meno (cosa che non potrei sopportare) un tono generale di frivolezza e di giocosità, ma l'umorismo che non è assolutamente inscindibile dall'argomento ma ne costituisce anzi (per dirla con Aristotele) il «fiore» della dialettica. [...] Nei riguardi dei critici che considerano Chesterton frivolo o «paradossale», devo faticare molto per provare anche solo pietà; la simpatia è fuori discussione. (C. S. Lewis)
  • La letteratura è una delle forme della felicità; forse nessuno scrittore mi ha dato tante ore felici come Chesterton. (Jorge Luis Borges)
  • Se Chesterton fosse stato un mero intellettuale con una normale quantità di energie, certamente sarebbe stato preso sul serio da quei tremila europei acculturati. Lo stesso si potrebbe dire di Dickens. Ma in un'epoca di basso ottimismo, di credi che si sgretolano e di fedi vacillanti, egli ha camminato con sicurezza e selvaggiamente, elogiando la vita e benedicendo i decadenti. È diventato una leggenda quando ancora era in vita. Nessuno potrebbe desiderarlo diverso da com'è. (Marshall McLuhan)
  • Si è dimenticato che Chesterton fu, tra le altre cose, un ammirevole poeta. Nella poesia "La ballata del Cavallo Bianco" si trovano metafore che Victor Hugo avrebbe ammirate. (Jorge Luis Borges)
  • Si è fatto da solo. È semplicemente andato alla scuola della sua schietta umanità e ha ricercato la verità con assoluta onestà intellettuale, usando effettivamente di quella ragione che i razionalisti si limitavano a venerare. Questo è stato sufficiente a condurlo "a casa", cioè all'antica fede e alla saggezza dei padri. (Giacomo Biffi)

Note

[modifica]
  1. a b Da un articolo su Time's Abstract and Brief Chronicle, 1905; citato nella postfazione a Gilbert Keith Chesterton, La Ballata del Cavallo Bianco, Raffaelli Editore, Seconda Edizione 2011, a cura di Annalisa Teggi e Marco Antonellini, postfazione di Marica Ferri, p. 172.
  2. Da L'ombra del pescecane, ne Il poeta e i pazzi, traduzione di Frida Ballini, Bompiani, 2012.
  3. Da una lettera alla fidanzata; citato in Paolo Gulisano, Chesterton, quella "profezia" sui banchieri di Wall Street, Il sussidiario.net.
  4. Citato in John Lukacs, Democrazia e populismo, traduzione di Giovanni Ferrara degli Uberti, Longanesi, 2006, p. 148.
  5. Dall'Illustrated London News del 13 giugno 1936; citato alla p. 173 de L'uomo che fu Giovedì, traduzione di Luciana Crepax, Arnoldo Mondadori Editore.
  6. Da On lying in bad and other essays, a cura di Alberto Manguel, Bayeux Arts, 2000. Citato in Albero e Foglia di John Ronald Reuel Tolkien (edizione Bompiani dicembre 2008).
  7. Da Come to think of it, cap. 8.
  8. a b Da Eugenetica e altri malanni.
  9. Citato in Marcus Parisini, L'anima degli animali, Edizioni Biblioteca dell'Immagine, Pordenone, 2002, p. 45. ISBN 88-87881-68-5
  10. Da L'uomo che sapeva troppo, cap. 5.
  11. Da All I survey.
  12. a b c Citato in Elena Spagnol, Enciclopedia delle citazioni, Garzanti, Milano, 2009. ISBN 9788811504894
  13. In The illustrated London news, 16 luglio 1910.
  14. Da Generally Speaking.
  15. Da Fancies versus fads.
  16. Citato nella postfazione a Gilbert Keith Chesterton, La Ballata del Cavallo Bianco, Raffaelli Editore, Seconda Edizione 2011, a cura di Annalisa Teggi e Marco Antonellini, postfazione di Marica Ferri, p. 163.
  17. a b Da A Miscellany of Men.
  18. Da Quello che ho visto in America, cap. 10.
  19. Citato nella postfazione a Gilbert Keith Chesterton, La Ballata del Cavallo Bianco, Raffaelli Editore, Seconda Edizione 2011, a cura di Annalisa Teggi e Marco Antonellini, postfazione di Marica Ferri, p. 159.
  20. Da The illustrated London news, 29 aprile 1922.
  21. Citato da W. Scholz, Il libro delle risate, in Dizionario delle citazioni, a cura di Italo Sordi, BUR, 1992. ISBN 88-17-14603-X
  22. Da The Man who was Orthodox.
  23. Da What's wrong with the world.
  24. Da On lying in bad and other essays, a cura di Alberto Manguel, Bayeux Arts, 2000.
  25. a b Da Appreciations and Criticisms of the Works of Charles Dickens, cap. III, Pickwick Papers.
  26. Da "The Illustrated London News", 1908. Citato in AA.VV., Il libro di Sherlock Holmes, traduzione di Sonia Sferzi, Gribaudo, 2021, p. 319. ISBN 9788858038758
  27. Da On Running after One's Hat, in All Things Considered, Methuen & co., London, 1908, p. 36.
  28. Da Golf, Life, 3 settembre 1914.
  29. Da Libri per ragazzi, ne L'uomo comune.
  30. Da Il vero dottor Johnson, ne L'uomo comune.
  31. Da una lettera al Tablet di Londra; riportato in Perché io credo ancora a Babbo Natale. Ho semplicemente esteso l'idea, Tempi, 19 dicembre 2014.
  32. Citato nella postfazione a Gilbert Keith Chesterton, La Ballata del Cavallo Bianco, Raffaelli Editore, Seconda Edizione 2011, a cura di Annalisa Teggi e Marco Antonellini, postfazione di Marica Ferri, p. 171.
  33. Da The illustrated London news, 11 aprile 1925.
  34. Citato in Emile Cammaerts, The laughing prophet (1937, p. 211).
  35. Cfr. Le dieci regine delle citazioni bufala, Corriere.it, 19 marzo 2009.
  36. Ma Chesterton l'ha detta o non la detta? Non l'ha detta e "La vita quotidiana è la più romantica delle avventure..." - Brevissima storia di un apocrifo chestertoniano, Uomovivo. Blogspot.it.
  37. Secondo The American Chesterton Society, questa citazione è una parafrasi di John F. Kennedy di un passaggio da The Thing (1929), nel quale Chesterton si riferiva ad una recinzione o cancello eretto attraverso una strada. La frase, nella versione originale, è: The more modern type of reformer goes gaily up to it and says, "I don't see the use of this; let us clear it away." To which the more intelligent type of reformer will do well to answer: "If you don't see the use of it, I certainly won't let you clear it away. Go away and think. Then, when you can come back and tell me that you do see the use of it, I may allow you to destroy it."
  38. Cfr. Alexander Pope: «Beato l'uomo che non si aspetta nulla, perché non resterà mai deluso».
  39. Cfr. Gesù, Discorso della Montagna: «Beati i miti, perché erediteranno la terra».
  40. Citato in Giacomo Papi, Federica Presutto, Riccardo Renzi, Antonio Stella, Incipit, Skira, 2018. ISBN 9788857238937
  41. Orario ferroviario della Gran Bretagna.
  42. Citato in Selezione dal Reader's Digest, dicembre 1962.

Bibliografia

[modifica]
  • Gilbert Keith Chesterton, Autobiografia, traduzione di Cristina Spinoglio, Lindau, 2017.
  • Gilbert Keith Chesterton, Charles Dickens, Dodd Mead, New York, 1911.
  • Gilbert Keith Chesterton, Cosa c'è di sbagliato nel mondo, traduzione di Annalisa Teggi, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2016 (2011).
  • Gilbert Keith Chesterton, Eretici, traduzione di Cristina Cavalli, Lindau, Torino, 2010.
  • Gilbert Keith Chesterton, Francesco d'Assisi (St. Francis of Assisi), traduzione di Daniela Cuccurullo, Guida Editori, Napoli, 1990.
  • Gilbert Keith Chesterton, I paradossi di Mr. Pond, traduzione di Manuela Giasi, A. Vallardi, Milano, 1994.
  • Gilbert Keith Chesterton, Il Club dei Mestieri Stravaganti, traduzione di A. R. Ferrarin, Biblioteca Economica Newton, Roma, 1996.
  • Gilbert Keith Chesterton, Il Napoleone di Notting Hill, versione, introduzione e note di Gian Dauli, Edizioni Paoline, 1962.
  • Gilbert Keith Chesterton, L'imputato, prefazione di Paolo Gulisano, traduzione di Federica Giardini, Lindau, Torino, 2011. ISBN 978-88-7180-930-4
  • Gilbert Keith Chesterton, L'osteria volante, versione, introduzione e note di Gian Dauli, Edizioni Paoline, 1962.
  • Gilbert Keith Chesterton, L'osteria volante, traduzione di Gian Dàuli, Bompiani, 2012.
  • Gilbert Keith Chesterton, L'Uomo Eterno, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli, 2008.
  • Gilbert Keith Chesterton, L'uomo che fu Giovedì. Storia di un incubo, Arnoldo Mondadori Editore, traduzione di Luciana Crepax, 1984.
  • Gilbert Keith Chesterton, L'uomo comune, traduzione di Mirella Pagani, Lindau, Torino, 2011.
  • Gilbert Keith Chesterton, Ortodossia, traduzione di Roberto Ferraro, Morcelliana, Brescia, 2007.
  • Gilbert Keith Chesterton, Ortodossia, traduzione di Raffaella Asni, Lindau, Torino, 2010.
  • Gilbert Keith Chesterton, Robert Louis Stevenson, traduzione di Valentina Vetri, Rubbettino, Soveria Mannelli (Catanzaro), 2012.
  • Gilbert Keith Chesterton, San Francesco (St. Francis of Assisi), traduzione di Giovanna Caputo, postfazione di Giulio Meotti, Lindau, Torino, 2016. ISBN 978-88-6708-617-7
  • Gilbert Keith Chesterton, San Tommaso d'Aquino, traduzione di Isa Maranesi, Piemme, Torino, 1998.
  • Gilbert Keith Chesterton, San Tommaso d'Aquino, traduzione di Giovanna Caputo, Lindau, Torino, 2016.
  • Gilbert Keith Chesterton, Uomovivo, Morganti Editori, traduzione di Paolo Morganti, Cles, 2010.

Altri progetti

[modifica]

Opere

[modifica]