Totò

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Totò

Totò, pseudonimo di Antonio Focas Flavio Angelo Ducas Comneno De Curtis Di Bisanzio Gagliardi, nato Antonio Vincenzo Stefano Clemente (1898 – 1967), attore, comico e poeta italiano.

Citazioni di Totò[modifica]

  • Al mio funerale sarà bello assai perché ci saranno parole, paroloni, elogi, mi scopriranno un grande attore: perché questo è un bellissimo paese, in cui però per venire riconosciuti in qualcosa, bisogna morire.[1]
  • [Ultime parole ai medici, la notte prima della morte] Chi è che mi ha sparato questa fucilata al cuore? Adesso basta, lasciatemi morire.[2]
  • Cuneo è grande il doppio del cimitero di Napoli ma ci si diverte la metà.[3]
  • [La prima volta che vide Alberto Sordi] È capacino...[4]
  • Io da bambino ho avuto la meningite. Con la meningite si muore o si rimane stupidi. Io non so' morto.[5]
  • La diffidenza rende tristi.[6]
  • [Parlando di Mina] Quell'anima lunga che sembra un contrabbasso con tutte le corde a posto, quelle carni bianche da gelato alla crema, quella creatura che recita poco e male, ride al momento sbagliato, coprendosi la bocca con la mano. Ma se si spengono le luci e lei comincia a cantare, da quella voce escono grandi palcoscenici, pianto e risate.[7]
  • Tutto di canapa mi voglio vestire.[8]

Dall'intervista di Oriana Fallaci, L'europeo, 1963

Riportata in Quell'intervista della Fallaci a Totò, Bergamopost.it, 1º agosto 2015

  • Il mondo io lo divido così, in uomini e caporali. E più vado avanti, più scopro che di caporali ce ne son tanti, di uomini ce ne sono pochissimi.[9]
  • È bella la notte: bella quanto il giorno è volgare. [...] Io amo tutto ciò che è scuro, tranquillo, senza rumore. La risata fa rumore. Come il giorno.
  • Io le amo tanto, le donne, che riesco perfino a non essere geloso. Tanto a che serve esser geloso. Se una donna ti vuol bene, è felice. Se non ti vuol bene, ne prendi un'altra.
  • In questa epoca io ci vivo per sbaglio.
  • Un po' più bianchi, un po' più neri, un po' più freddi, un po' più caldi, gli uomini son tutti uguali.
  • No, non mi importa morire. Mi importa, ecco, invecchiare. Quello proprio mi disturba, mi secca. Sapesse che dramma sentirsi giovani e poi guardarsi allo specchio, vedersi un volto pieno di rughe, una testa di capelli grigi... Gesù! Che schifezza!
  • [...] abbandonai l'idea di diventar prete proprio quando scappai con una canzonettista, a vent'anni. Ma che ci vuol fare: io, quell'affare della castità, non lo capisco. Lo trovo così disumano, innaturale.
  • [...] non sono io che comando la mia faccia, è la mia faccia che comanda me.

Poesie[modifica]

  • Io voglio bene a Napule | pecché 'o paese mio | è cchiù bello 'e 'na femmena, | carnale e simpatia. || E voglio bene a te | ca si napulitana | pecché si comm'a me | cu tanto 'e core 'mmano. (da Napule, tu e io)
  • Io songo nato addò sta 'e casa 'o sole. | 'O sole me cunosce 'a piccerilio; | 'o primmo vaso[10] 'nfronte, ero tantillo | m'ha dato quanno stevo int' 'o spurtone[11]. (da 'O Sole )

'A livella[modifica]

  • 'A morte 'o ssaje ched'è?... è una livella. (da 'A livella)
  • A Napule nun se po' sta cuieto[12]. | Aiere un brutto cane mascalzone | se ferma, addora, aiza 'a coscia 'e reto, | e po' mme fa pipi 'nfaccia 'o sciassì.(da Il cimitero della civiltà)
  • 'A stalla ll'aspettava Ludovico, | 'nu ciucciariello viecchio comme a isso: | pe' Sarchiapone chisto era n'amico, | cumpagne sotto 'a stessa 'nfamità. (da Sarchiapone e Ludovico)
  • E camminanno a ttaglio 'e 'nu burrone, | nchiurette ll'uocchie e se menaie abbascio. | Vulette 'nzerrà 'o libbro Sarchiapone, | e se ne jette 'o munno 'a verità. (da Sarchiapone e Ludovico)
  • Io stongo 'e casa 'o vico Paraviso, | tengo tre stanze all'urdemo piano, | 'int' 'a stagione, maneche e 'ncammisa, | mmocca nu miezo sigaro tuscano, | mme metto for' 'a loggia a respirà. (da Bianchina)
  • Ll'ammore è comme fosse nu malanno | ca, all'intrasatta, schioppa dint' 'o core | senza n'avvertimento, senza affanno, | e te po' ffa' murì senza dulore. (da Ll'ammore)
  • Nuje simmo serie... appartenimmo 'a morte! (da 'A livella)
  • Ogn'anno, il due novembre, c'è l'usanza | per i defunti andare al Cimitero. | Ognuno ll'adda fa' chesta crianza; | ognuno adda tené chistu penziero. (da 'A livella)
  • 'Sta Napule, riggina d' 'e ssirene, | ca cchiù 'a guardammo e cchiù 'a vulimmo bbene. | 'A tengo sana sana dinto 'e vvene, | 'a porto dinto 'o core, ch'aggia fa'? | Napule, si' comme 'o zzucchero, | terra d'ammore – che rarità! (da Zuoccole, tammorre e femmene)
  • Teneva diciott'anne Sarchiapone, | era stato cavallo ammartenato, | ma,.. ogne bella scarpa 'nu scarpone | addeventa c' 'o tiempo e cu ll'età. (da Sarchiapone e Ludovico)

Citazioni su Totò[modifica]

Lapide sulla tomba di Totò, cimitero di Santa Maria del pianto, Napoli
  • Amico mio questo non è un monologo, ma un dialogo perché sono certo che mi senti e mi rispondi. La tua voce è nel mio cuore, nel cuore di questa Napoli che è venuta a salutarti, a dirti grazie perché l'hai onorata. Perché non l'hai dimenticata mai, perché sei riuscito dal palcoscenico della tua vita a scrollarle di dosso quella cappa di malinconia che l'avvolge. Tu amico hai fatto sorridere la tua città, sei stato grande, le hai dato la gioia, la felicità, l'allegria di un'ora, di un giorno, tutte cose di cui Napoli ha tanto bisogno. I tuoi napoletani, il tuo pubblico è qui. Ha voluto che il suo Totò facesse a Napoli l'ultimo "esaurito" della sua carriera e tu, tu maestro del buonumore, questa volta ci stai facendo piangere tutti. Addio Totò, addio amico mio. Napoli, questa tua Napoli affranta dal dolore vuole farti sapere che sei stato uno dei suoi figli migliori e non ti scorderà mai. Addio amico mio, addio Totò. (Nino Taranto)
  • Chissà per quale strada Totò è riuscito ad arrivare nel mio cuore, nei nostri cuori. Il suo modo, non saprei adoperare la parola "mestiere" perché mi sembrerebbe addirittura riduttivo, il suo dono, la sua celestiale grazia, la sua classe infinita, il suo non essere mai volgare anche quando magari le battute lo erano, la sua faccia commovente da Cristo invecchiato, il timbro della sua voce, i suoi tempi comici inarrivabili, i suoi tempi tragici inarrivabili, tutto questo, pur se eccezionale, non può bastare per capire il suo successo inestinguibile. Ci deve essere proprio una specie di mistero, un miracolino, appunto. Sarà forse quella sua gestualità primordiale, quella mimica ancestrale, quel suo modo di essere diretto, che lo rende capace di conquistare tutti, anche i bambini che sono nati trent'anni dopo la sua scomparsa. Oppure la sua capacità di sollecitare ed elevare il "fanciullino" che risiede nel profondo di ogni essere umano. In ogni caso, Totò si rivela come una sorta di mago Merlino, che con le sue arti misteriose riesce a tirar fuori la parte migliore di noi. [...] Grazie, Totò. (Mina)
  • Con Totò forse abbiamo sbagliato tutto! Lui era un genio, non solo un grandissimo attore. E noi lo abbiamo ridotto, contenuto, obbligato a trasformarsi in un uomo comune tarpandogli le ali. (Mario Monicelli)
  • Dicono che Totò fosse principe. Una sera che eravamo a cena insieme diede una mancia di ventimila lire a un cameriere. Di solito i principi non danno simili mance, sono molto taccagni. Se Totò era principe, era dunque un principe molto strano. In realtà conoscendolo risultava un piccolo borghese, un uomo di media cultura, con un certo ideale di vita piccolo borghese. Come uomo. Ma come artista, qual è la sua cultura? La sua cultura è la cultura napoletana sottoproletaria, è di lì che viene fuori direttamente. Totò è inconcepibile al di fuori di Napoli e del sottoproletariato napoletano. (Pier Paolo Pasolini)
  • Dire che è stato grande è veramente fargli torto. (Bruno Amatucci)
  • È impossibile che tra il pubblico di oggi e Totò possa ristabilirsi quel tipo di complicità, di immedesimazione vendicativa o anche, a tratti, masochista che con Totò avevano il sottoproletario, il proletario, il piccolissimo borghese degli anni Cinquanta. (Goffredo Fofi)
  • Era attore nel vero senso della parola: non si portava appresso quello che era in effetti nella vita, ed era completamente diverso da come lo si vedeva sullo schermo. [...] Totò nel lavoro non ha mai fatto se stesso, ma ha interpretato altri personaggi, anche nei gesti, nel modo di muoversi. (Suso Cecchi D'Amico)
  • Ho sempre sperato di poter fare qualcosa con lui in cinema. Capitò l'occasione di Tototruffa '62 e la cosa non si fermò lì, facemmo sei film in due anni. Recitavamo a braccio, inventando al momento. Provavamo la scena scritta, così come l'avevano scritta gli sceneggiatori, la provavamo due, tre volte, e quando andavamo davanti alla macchina da presa diceva delle cose tutte diverse e bisognava assecondarlo, quello che avevamo imparato non serviva più a niente. (Nino Taranto)
  • I film di Totò [...] oggi fanno parlare di surrealismo. Ma sono in grado di ricordare e di ritrovare se necessario le critiche radiofoniche Anni '50 di Elsa Morante, che proprio a proposito di Totò sceicco rivisto martedì sera su Raitre, parlava di film-spazzatura, o pressappoco. Di film paccottiglia. (Beniamino Placido)
  • Il che m'indurrebbe a riflettere su come, in questo universo globalizzato in cui pare che ormai tutti vedano gli stessi film e mangino lo stesso cibo, esistano ancora fratture abissali e incolmabili tra cultura e cultura. Come faranno mai a intendersi due popoli di cui uno ignora Totò? (Umberto Eco)
  • Il sentimento di meraviglia che Totò comunicava era quello che da bambini si prova davanti a un evento fatato, alle incarnazioni eccezionali, agli animali fantastici: la giraffa, il pellicano, il bradipo; e c'era anche la gioia e la gratitudine di vedere l'incredibile, il prodigio, la favola, materializzati, reali, viventi davanti a te. Quella faccia improbabile, una testa di creta caduta in terra dal trespolo e rimessa insieme frettolosamente prima che lo scultore rientri e se ne accorga; quel corpo disossato, di caucciù, da robot, da marziano, da incubo gioioso, da creatura di un'altra dimensione, quella voce fonda, lontana, disperata: tutto ciò rappresentava qualcosa di così inatteso, inaudito, imprevedibile, diverso, da contagiare repentinamente, oltre che un ammutolito stupore, una smemorante ribellione, un sentimento di libertà totale contro gli schemi, le regole, i tabù, contro tutto ciò che è legittimo, codificato dalla logica, lecito. (Federico Fellini)
  • La bellezza di Totò è la bellezza di Napoli. [...] Sono stato influenzato dall'esistenza di Totò sotto tutte le forme, per me era un mito. (Lucio Dalla)
  • [Parlando del loro primo incontro] Mi chiese subito di dargli del tu, anche se io gli confessai la mia emozione di trovarmi di fronte all'esempio vivente del comico tradizionale, colui che, al solo apparire, in teatro e sullo schermo, conquistava il pubblico prima di dire «Buonasera». [...] Un attore talmente eccezionale e irripetibile che forse ci vorranno cento anni perché ne nasca un altro. (Alberto Sordi)
  • Mio padre cercava di non dare mai lo stop, perché magari Totò poteva sempre inventare qualcosa in coda. Ma in generale tutto era rigorosamente provato prima, Totò improvvisava poco. (Enrico Vanzina)
  • Nell'entusiastica e forse eccessiva rivalutazione della comicità di Totò in questi ultimi tempi, dovuta – credo – in gran parte anche alla martellante divulgazione che ne fa la tivù riproponendone spessissimo quei film, si disserta e disquisisce sempre della genialità del principe De Curtis, dimenticando che per lui lavoravano abili artigiani della risata – e qualcosa di più – del calibro appunto di Marchesi e Metz. Un milanese e un romano che, all'indubbia, istintiva originalità del grande clown napoletano, sapevano fornire sceneggiature di ferro, inattese situazioni adatte a scatenarne tutto l'estro, abili diversioni della storia per inserire e valorizzare le performances più classiche e i pezzi di repertorio più sicuri di anni di palcoscenico. (Guido Clericetti)
  • Sarebbe ora di finirla con la fola di Totò che fu maltrattato e non compreso dalla critica degli anni Cinquanta per la quale contavano soltanto i film impegnati. [...] Totò non fu mai trascurato o sottovalutato, nemmeno negli Trenta e Quaranta. Semmai non fu capito e analizzato come avrebbe meritato. C'è da dire, infine, che nella sua lunga carriera sono una mezza dozzina i film che contano; c'è un numero imprecisato di altri titoli - quasi tutti quelli diretti da Mattòli - riscattati dalla sua presenza e dai suoi numeri, ma quanti sono quelli indigesti, inguardabili? (Morando Morandini)
  • Totò era un grande uomo riservato, forse poteva dare l'idea di una persona triste, molto riservata, mai presuntuosa. (Carlo Delle Piane)
  • Totò riuniva in sé in maniera assolutamente armoniosa, indistinguibile, due momenti tipici dei personaggi delle favole: l'assurdità, il clownesco, e l'immensamente umano, ... umano proprio come nelle favole della nonna. (Pier Paolo Pasolini)
  • [Su Totò e Peppino De Filippo] Venivano dalla tradizione centenaria del teatro dell'arte. Andavano a soggetto, avevano una traccia, due o tre battute fondamentali e su quello ricamavano per le mezz'ore. Erano talmente affiatati che bisognava calmarli, altrimenti andavano avanti all'infinito. Totò era così non soltanto con Peppino, ma anche con Aldo Fabrizi, con Nino Taranto. (Mario Monicelli)

Isa Barzizza[modifica]

  • Con tutto il rispetto e la devozione per il Genio della risata, tutto si può dire tranne che fosse un bell'uomo.
  • Quando ho rivisto molti dei film di Totò, quasi tutti abbastanza brutti, tirati via, fatti senza cura, mi sono accorta che Totò era sempre di una bravura eccezionale, sia che il film fosse bello o che fosse brutto, lui era Totò quasi al di fuori della storia, era straordinario, riusciva a salvarsi sempre.
  • Totò era come due persone in una. Quando era al di fuori del palcoscenico, a casa sua o per la strada, era un tipo di persona, sul palcoscenico diventava un altro. Nella vita privata era molto gentile ma molto schivo, non dava confidenza neppure a quelli che lavoravano con lui da molto tempo. Prima dello spettacolo non parlava con nessuno, stava chiuso in camerino, poi nel momento in cui metteva piede sul palcoscenico si accendeva, sembrava che esplodesse, con tutto il suo umorismo, con la sua forza mimica, con le sue battute surreali.

Pietro De Vico[modifica]

  • Di Totò la prima cosa da ricordare è la bontà e la signorilità. Nessun attore è mai stato come lui, che rimaneva in piedi e cedeva la sua poltrona alle comparse. Ogni tanto arrivava un attore anziano che lui conosceva e allora Mario Castellani diceva: "Totò c'è coso fuori che dice se potesse fare 'na posa, magari". Siccome non c'era la possibilità, il film era già cominciato, lui metteva le mani in tasca, gli dava dei soldi e gli diceva "Non dire però che te li ho dati io, dì che te li ha dati la produzione".
  • Essere spalla di Totò era difficile. Bisognava stare attenti alla pause, perché lui alle volte faceva della pause e tu non sapevi dove andava a parare. Lui ha sempre lavorato con degli attori, ha preso sempre attori di teatro, perché l'attore di teatro bene o male, male io bene gli altri, si arrangiavano, capivano tutte le pause. Anche a noi spalle era concesso improvvisare. Quella piccola scenetta che ho fatto in Totò diabolicus, io stavo a casa, mi mandarono a chiamare "Vieni, vieni che ti vuole Totò". Io vado alla Titanus e c'era già la scena che era pronta e mi dice "Mettiti il camice" e io "Ma che devo dire?". "Non ti preoccupare, rispondi a quello che dico io", mi dice Totò. E quella scena sul tavolo operatorio, che non abbiamo provato, venne talmente bene che il regista ad un certo punto diede lo stop, perché l'operatore talmente che rideva faceva muovere la telecamera e non era più possibile continuare. Io spesso sogno la notte Totò e lo sogno normale che sta vicino a me e mi dice "Che facciamo adesso?". "Le solite cose", rispondo io.
  • Totò era molto affezionato a me, mi voleva bene. Per tante parti, come quella del Giudizio universale, mi faceva chiamare lui, oppure faceva chiamare mia moglie, che spesso ha fatto la moglie di Totò nei suoi film. "Chiamatemi la Campori", diceva sempre. Per questo film c'erano tanti attori noti e logicamente chiamarono anche Totò. Gli fecero leggere il cast, ma c'era qualcosa che a lui non andava e da gran signore che era incominciò a dire che non si sentiva bene e disse "Sentite volete un consiglio, prendetevi a De Vico perché lui va bene" e De Sica mi mandò a chiamare.

Note[modifica]

  1. Parole riportate da Franca Faldini, compagna di Totò, in un'intervista di Maurizio Costanzo nel programma televisivo Bontà loro, 1977.
  2. Citato in Franca Faldini, Goffredo Fofi, Totò, Tullio Pironti editore, 1987, p. 128. Il testo è la ristampa di Totò: l'uomo e la maschera, Feltrinelli, 1977.
  3. Battuta di Totò riferita a Piergiorgio Odifreddi da Luciano De Crescenzo. Dall'intervista di Valerio Lundini, Intervista a Piergiorgio Odifreddi ― Una pezza di Lundini, 9 novembre 2011, Video disponibile su Youtube.com, min. 4:47-4:51.
  4. Citato in Gino e Michele, Matteo Molinari, Le Formiche: anno terzo, Zelig Editore, 1995, § 1398.
  5. Durante il provino per Il ladro digraziato nel 1930; citato in Ennio Bìspuri, Totò, Guida Editori, 1997, p. 12. ISBN 8871881575
  6. Citato in Giulio Andreotti, Visti da vicino: seconda serie, Rizzoli Editore, 1983, p. 94.
  7. Citato in Dora Giannetti, Divina Mina, Zelig Editore, Milano, 1998.
  8. Citato in "Canapa", la rivista a fascicoli per donne del 1954 (Prima Parte), BottegadellaCanapa.it, 5 agosto 2013.
  9. Cfr. Siamo uomini o caporali: «L'umanità io l'ho divisa in due categorie di persone: uomini e caporali. La categoria degli uomini è la maggioranza, quella dei caporali per fortuna è la minoranza. Gli uomini sono quegli esseri costretti a lavorare tutta la vita come bestie, senza vedere mai un raggio di sole, senza la minima soddisfazione, sempre nell'ombra grigia di un'esistenza grama. I caporali sono appunto coloro che sfruttano, che tiranneggiano, che maltrattano, che umiliano.»
  10. Bacio.
  11. Grande cesto.
  12. Quieto.

Bibliografia[modifica]

  • Totò (Antonio De Curtis), 'A livella, Fausto Fiorentino Editrice S.p.A., Napoli, 19782 (1964).

Filmografia[modifica]

Altri progetti[modifica]