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Bertrand Russell

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Bertrand Russell nel 1936
Medaglia del Premio Nobel
Medaglia del Premio Nobel
Per la letteratura (1950)

Bertrand Arthur William Russell (1872 – 1970), scrittore, filosofo e matematico britannico.

Citazioni di Bertrand Russell

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  • Acquisire un'immunità all'eloquenza è della massima importanza per i cittadini di una democrazia.
To acquire immunity to eloquence is of the utmost importance to the citizens of a democracy.[1]
  • Di tutte le figure pubbliche che ho conosciuto, Einstein era quello che mi ispirava la più sincera ammirazione... Einstein non era soltanto un grande scienziato, era un grande uomo. Lottava per la pace in un mondo che precipitava verso la guerra. Rimase lucido in un mondo impazzito, e tollerante in un mondo di fanatici.[2]
  • Einstein era indiscutibilmente uno dei più grandi uomini del nostro tempo. Aveva in altissimo grado la caratteristica semplicità degli scienziati migliori – una semplicità che viene dal fermo desiderio di capire cose che sono del tutto impersonali.[3]
  • Gli uomini temono il pensiero più di qualsiasi cosa al mondo, più della rovina, più della morte stessa. Il pensiero è rivoluzionario e terribile. Il pensiero non guarda ai privilegi, alle istituzioni stabilite e alle abitudini confortevoli. Il pensiero è senza legge, indipendente dall'autorità, noncurante dell'approvata saggezza dell'età. Il pensiero può guardare nel fondo dell'abisso e non avere timore. Ma se il pensiero diventa proprietà di molti e non privilegio di pochi, dobbiamo finirla con la paura.[4]
  • Gli utilitaristi si sono dati molto da fare per dimostrare che la vita di un maiale non è più felice di quella di un filosofo: proposizione assai dubbia; se avessero considerato la questione con sincerità, ben difficilmente sarebbero giunti tutti alla medesima conclusione.[5]
  • I nove decimi delle attività di un governo moderno sono dannose; dunque, peggio son svolte, meglio è.[6]
  • I tipi di lavoro sono due: il primo, modificare la posizione di materia sulla o vicino alla superficie della Terra rispettivamente ad altra materia simile; il secondo, dire ad altre persone di fare questo. Il primo tipo è brutto e mal pagato; il secondo è piacevole e pagato molto bene.[7]
  • Il calcolo differenziale richiede la continuità, e si supponeva che la continuità richiedesse l'infinitamente piccolo; ma nessuno può scoprire che cosa possa essere l'infinitamente piccolo.
The Calculus required continuity, and continuity was supposed to require the infinitely little; but nobody could discover what the infinitely little might be.[8]
  • Il metodo del "postulare" quello che vogliamo ha molti vantaggi; sono gli stessi vantaggi di un furto nei confronti di un onesto lavoro.[9]
  • Il mondo è divenuto più simile a quello di Machiavelli.[10]
  • L'amore è saggio. L'odio è folle.
Love is wise. Hatred is foolish.[11]
  • L'amore senza la conoscenza, o la conoscenza senza l'amore, non possono maturare una vita retta. Nel Medioevo, allorché la pestilenza mieteva vittime, santi uomini riunivano la popolazione nelle chiese per pregare, cosicché l'infezione si diffondeva con straordinaria rapidità fra le masse dei supplicanti. Ecco un esempio di amore senza conoscenza. La grande guerra è un esempio di conoscenza senza amore. In entrambi i casi le conseguenze furono disastrose. Benché amore e conoscenza siano necessari, l'amore è, in certo senso, più fondamentale perché spinge l'intelligenza a scoprire sempre nuovi modi di giovare ai propri simili. Le persone non intelligenti si accontenteranno di agire secondo quanto è stato loro detto, e potranno causare danno, proprio per la loro ingenua bontà. La medicina suffraga questa opinione: un bravo medico è più utile a un ammalato che non l'amico più devoto; e il progresso della scienza medica giova alla salute della comunità più che una ignorante filantropia. Tuttavia, anche al medico è necessaria la benevolenza, affinché tutti, e non soltanto i ricchi, possano approfittare delle scoperte scientifiche.[12]
  • L'unica differenza ch'io conosca fra un uomo e una donna è una di quelle cose che non si possono stampare.[13][14]
  • La Bibbia dice: «Non lascerai vivere gli stregoni» (Esodo, XXII, 18). Fondandosi su questo e altri testi, Wesley sostenne che «dubitare della magia vuol dire dubitare della Bibbia». Penso che avesse ragione.[15]
  • La causa principale dei problemi è che al mondo d'oggi gli stupidi sono strasicuri, mentre gli intelligenti sono pieni di dubbi.
The fundamental cause of the trouble is that in the modern world the stupid are cocksure while the intelligent are full of doubt.[16]
  • La fede in una missione divina è una delle tante forme di certezza che hanno afflitto la razza umana.[17]
  • La matematica è la sola scienza esatta in cui non si sa mai di che cosa si sta parlando né se quello che si dice è vero.[18][19]
  • La matematica, vista nella giusta luce, possiede non soltanto verità ma anche suprema bellezza – una bellezza fredda e austera, come quella della scultura.[18]
  • La società di oggi tende al formicaio. Lo Stato non si pone più come un assoluto di fronte ai singoli e ai gruppi: è semplicemente lo strumento amministrativo della società stessa. (Hegel aveva presagito qualcosa del genere con l'idea dello «Stato etico»). Perciò lo Stato da una parte è totalitario (ripeto qualsiasi ne sia la struttura istituzionale), ma d'altra parte è sconsacrato.[20]
  • La vita organica, ci dicono, si è evoluta gradualmente dal protozoo al filosofo, e questa evoluzione, ci assicurano, rappresenta senza dubbio un progresso. Disgraziatamente, chi ce lo assicura è il filosofo, non il protozoo.[21][14]
  • Non c'è più «ragione di Stato», nel senso che non si possono più invocare i fini superiori dello Stato contro le esigenze e le convinzioni della comunità sociale.[20]
  • Non ci sono ragioni oggettive per considerare gli interessi degli esseri umani più importanti di quelli degli animali. Possiamo distruggere gli animali più facilmente di quanto loro possono distruggere noi; questa è l'unica base solida per la nostra affermazione di superiorità.[22]
  • Può sembrare strano che la vita sia un puro incidente, ma in un universo tanto grande è inevitabile che accadano degli incidenti.[23][14]
  • Se io sostenessi che tra la Terra e Marte c'è una teiera di porcellana in rivoluzione attorno al Sole su un'orbita ellittica, nessuno potrebbe contraddire la mia ipotesi, purché mi assicuri di aggiungere che la teiera è troppo piccola per essere rivelata, sia pure dal più potente dei nostri telescopi. Ma se io dicessi che –posto che la mia asserzione non può essere confutata– dubitarne sarebbe un'intollerabile presunzione da parte della ragione umana, si penserebbe con tutta ragione che sto dicendo fesserie. Se, invece, l'esistenza di una tale teiera venisse affermata in libri antichi, insegnata ogni domenica come la sacra verità, ed instillata nelle menti dei bambini a scuola, l'esitazione nel credere alla sua esistenza diverrebbe un segno di eccentricità e porterebbe il dubbioso all'attenzione dello psichiatra in un'età illuminata o dell'Inquisitore in un tempo antecedente.
If I were to suggest that between the Earth and Mars there is a china teapot revolving about the sun in an elliptical orbit, nobody would be able to disprove my assertion provided I were careful to add that the teapot is too small to be revealed even by our most powerful telescopes. But if I were to go on to say that, since my assertion cannot be disproved, it is an intolerable presumption on the part of human reason to doubt it, I should rightly be thought to be talking nonsense. If, however, the existence of such a teapot were affirmed in ancient books, taught as the sacred truth every Sunday, and instilled into the minds of children at school, hesitation to believe in its existence would become a mark of eccentricity and entitle the doubter to the attentions of the psychiatrist in an enlightened age or of the Inquisitor in an earlier time.[24]
  • Si può testare una teoria logica grazie alla sua capacità di trattare gli enigmi.[25]
  • Siamo portati a pensare che, per effettuare in pratica misure precise, sia preferibile usare una sbarra d'acciaio piuttosto che un'anguilla viva. È uno sbaglio; non perché l'anguilla ci dica quel che si presume la sbarra debba dirci; bensì perché in realtà la sbarra non ci dice niente di più di quel che non ci dica l'anguilla. Non è che le anguille siano rigide: è che in realtà le sbarre d'acciaio si contorcono. A un osservatore che si trovasse in un determinato stato di moto, l'anguilla apparirebbe rigida mentre la sbarra sembrerebbe agitarsi esattamente come noi vediamo agitarsi l'anguilla. Per chiunque si muovesse in modo diverso sia da noi sia da questo osservatore, tanto l'anguilla quanto la sbarra apparirebbero in agitazione. E non è il caso di affermare che un osservatore ha ragione e un altro ha torto. In faccende del genere, quel che si vede non va riferito unicamente al processo fisico osservato, ma anche al punto di vista dell'osservatore. Le misure delle distanze e dei tempi non rivelano direttamente le proprietà delle cose misurate, ma i rapporti tra le cose e il misuratore.[26]
  • [Su Albert Einstein] Svelò il mistero della gravitazione che da Newton in poi, tutti avevano considerato, sebbene con una certa riluttanza, inintelligibile.[27]
  • Tre passioni, semplici ma irresistibili, hanno governato la mia vita: la sete d'amore, la ricerca della conoscenza e una struggente compassione per le sofferenze dell'umanità.[28]
  • Tutte le scienze esatte sono dominate dall'approssimazione.[19]
  • [Sul suo discepolo Ludwig Wittgenstein] Una certa aria di misticismo l'avevo già sentita nel suo libro, ma sono rimasto sconcertato nello scoprire che è diventato un mistico, nel senso pieno del termine. Legge autori come Kierkegaard e Angelus Silesius e sta valutando seriamente l'idea di farsi monaco.[29]
  • Una delle differenze tra la poesia e la nuda enunciazione di un fatto è che la poesia cerca di portare il lettore dietro le parole, verso ciò che esse significano.[30]
  • [Sulla caccia alle streghe] [...] verso la fine del XVI secolo, Flade, rettore dell'università di Treviri, nonché supremo giudice della corte elettorale, dopo aver condannato un numero indefinito di streghe, iniziò a pensare che forse le loro confessioni fossero dovute al desiderio di evitare la tortura della ruota, e di conseguenza si dimostrò restio a condannarle. Fu accusato di essersi venduto a Satana e sottoposto alle stesse torture che aveva inflitto in precedenza alle sue vittime. Come loro, confessò la propria colpa, e nel 1589 fu prima strangolato e poi bruciato.[31]
  • Via via che la logica si perfeziona, diminuisce il numero delle cose che si possono dimostrare.[13][14]

dall'articolo La migliore risposta al fanatismo: il liberalismo, New York Times Magazine, 16 Dicembre 1951

  • 1. Non sentirti assolutamente certo di nulla.
  • 2. Non pensare che valga la pena procedere nascondendo la realtà dei fatti, perché è sicuro che essa verrà alla luce.
  • 3. Non cercare di scoraggiare la riflessione perché è sicuro che ci riuscirai.
  • 4. Quando sei confrontato da una opposizione, anche se dovesse trattarsi di tuo marito o dei tuoi figli, cerca di superarla con la discussione e non con l'imposizione, perché una vittoria ottenuta con la forza è fittizia e illusoria.
  • 5. Non avere alcuna venerazione per l'altrui autorità, in quanto si possono sempre trovare altre autorità ad essa contrarie.
  • 6. Non utilizzare il potere per sopprimere opinioni che ritieni dannose, perché così facendo saranno le opinioni a sopprimere te.
  • 7. Non aver paura di essere eccentrico nelle tue idee perché ogni idea ora accettata è stata una volta considerata eccentrica.
  • 8. Trova più gusto in un dissenso intelligente che in un consenso passivo, perché, se apprezzi l'intelligenza come dovresti, nel primo caso vi è una più profonda consonanza con le tue posizioni che non nel secondo.
  • 9. Sii scrupolosamente sincero, anche se la verità è scomoda, perché è ancora più scomodo il tentare di nasconderla.
  • 10. Non provare invidia per la felicità di coloro che vivono di illusioni, perché solo uno sciocco può pensare che in ciò consista la felicità.

Attribuite

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  • I patrioti parlano sempre di morire per il loro paese; mai di uccidere per il loro paese.[14]
  • Le opinioni dell'uomo medio sono molto meno stupide di quel che sarebbero se pensasse con la sua testa.[14]
  • Poche persone riescono a essere felici senza odiare qualche altra persona, nazione o credo.[14]

Bertrand Russell dice la sua

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  • A me sembra che tutti, con pochissime eccezioni, facciano un cattivo uso del potere e di conseguenza la cosa più importante è distribuire il potere quanto più si può e non dare un immenso potere a una piccola cricca.
  • Gli uomini si abituano a tutto con una spaventevole rapidità.
  • Ho escogitato un piano molto utile per quel che riguarda le preoccupazioni, ed è pensare: "Vediamo un po', qual è la cosa peggiore che possa accadere?". [...] La preoccupazione proviene dal non voler affrontare le probabilità spiacevoli.
  • L'educazione dovrebbe inculcare l'idea che l'umanità è una sola famiglia con interessi comuni. Che di conseguenza la collaborazione è più importante della competizione.
  • L'invidia è una terribile fonte di infelicità per moltissima gente.
  • La prima necessità è rendersi conto dei mali del mondo.
  • La tolleranza delle opinioni, se è veramente piena, consiste nel non esercitare pressioni su nessun tipo di opinione finché non provoca un'azione criminale.
  • Naturalmente il lavoro non può dare felicità se non ha successo. Ma se lo ha, riempie le giornate e dà un'immensa gioia.
  • Sarei disposto ad aver meno piaceri, se potessi essere un po' più intelligente.
  • Sarei propenso a dire che è fanatico chi pensa che qualcosa possa essere tanto importante da superare qualsiasi altra.
  • [...] soltanto gente crudele può aver inventato l'inferno. Persone con sentimenti umani non avrebbero gradito l'idea che quanti sulla terra fanno cose condannate dalla moralità della loro tribù, debbano soffrire eternamente senza nessuna possibilità di riscatto. Non credo che la brava gente possa accettare un'idea simile.
  • Superficialmente, direi che la scienza è quel che sappiamo e la filosofia è quel che non sappiamo. È una definizione semplice e per questa ragione le domande si trasferiscono dalla filosofia alla scienza, man mano che il sapere progredisce.
  • Tutto quel che sapete far bene contribuisce alla vostra felicità.
  • Una grandissima parte dei mali dei quali soffre il mondo sono dovuti al fanatismo.

La conquista della felicità

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Fintanto che godono buona salute e hanno di che nutrirsi sufficientemente, gli animali sono felici. Gli esseri umani dovrebbero esserlo, parrebbe, ma nel mondo odierno non lo sono, per lo meno nella grande maggioranza dei casi. Se siete infelice, probabilmente siete preparato ad ammettere di non rappresentare per questo una eccezione. Se siete felice, chiedetevi quanti dei vostri amici lo sono. E quando avete passato in rassegna gli amici, imparate l'arte di leggere sui visi della gente; cercate di penetrare nello stato d'animo di coloro che incontrate durante il giorno.

Citazioni

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  • Io non sono nato felice. Da bambino il mio salmo preferito era: «Stanco della terra e carico dei miei peccati». A cinque anni, mi dissi che, se dovevo vivere fino ai settanta, avevo sopportato soltanto, fino a quel momento, la quattordicesima parte di tutta la mia vita, e, intravvedendo davanti a me il tedio che mi attendeva su di un cammino così lungo, lo giudicai insopportabile. Durante l'adolescenza, la vita mi era odiosa e pensavo al suicidio; ma questo mio proposito era tenuto a freno dal desiderio di approfondire la mia conoscenza della matematica. (cap. I; 1969, pp. 16-17)
  • L'interesse per il proprio io [...] non spinge ad alcuna attività di carattere costruttivo. Può indurre a tenere un diario, a sottoporsi a un esame psicoanalitico, o forse a farsi monaco. Ma il monaco non sarà felice fino a quando le occupazioni quotidiane del monastero non l'avranno reso dimentico della sua anima. Quella felicità che egli attribuisce alla religione, avrebbe potuto raggiungerla anche diventando spazzino, purché fosse stato costretto a rimanere tale. La disciplina esteriore è la sola via che conduca alla felicità per quegli infelici, troppo dediti all'introspezione per poter essere curati in altro modo. (cap. I; 1969, p. 18)
  • Il narcisismo è, in un senso, il contrario di un abituale senso della colpa; esso consiste nell'abitudine di ammirare se stesso e di desiderare d'essere ammirato. Fino a un certo punto ciò è, naturalmente, normale, e non va deplorato; è soltanto nei suoi eccessi che quest'abitudine diventa un male grave. In molte donne, specialmente le donne della società ricca, la capacità di provare amore è completamente inaridita, e sostituita da un prepotente desiderio d'essere amate da tutti gli uomini. (cap. I; 1969, pp. 19-20)
  • Il megalomane differisce dal narcisista per il fatto che desidera di essere potente piuttosto che simpatico e cerca di essere temuto piuttosto che amato. A questo tipo appartengono molti dementi e la maggior parte dei grandi uomini della storia. (cap. I; 1969, p. 21)
  • Solitamente il megalomane, sia pazzo che nominalmente sano, è il prodotto di qualche profonda umiliazione. (cap. I; 1969, p. 22)
  • Un uomo può sentirsi così completamente ostacolato, da non cercare più alcuna forma di soddisfazione, ma soltanto distrazione ed oblio. Egli diventa allora un devoto del «piacere». Vale a dire, cerca di rendersi sopportabile la vita diventando meno vivo. L'ubriachezza, per esempio, è un suicidio temporaneo; la felicità che arreca è puramente negativa, una sosta momentanea dell'infelicità. (cap. I; 1969, p. 23)
  • Gli uomini che sono infelici, come gli uomini che dormono male, ne menano sempre vanto. (cap. I; 1969, p. 23)
  • È comune ai giorni nostri, come lo è stato in molti altri periodi della storia del mondo, il supporre che i saggi tra noi siano coloro che, dopo aver penetrato la fallacia degli entusiasmi dei tempi passati, hanno capito che non ci rimane più nulla per cui vivere. Gli uomini che nutrono questa opinione sono veramente infelici, ma sono fieri della loro infelicità, che attribuiscono alla natura dell'universo e che considerano essere l'unico atteggiamento razionale per un uomo illuminato. (cap. II; 1969, p. 25)
  • L'uomo saggio sarà felice nella misura in cui le circostanze glielo permettono, e se egli, oltre un certo limite, trova penosa la contemplazione dell'universo, contemplerà invece qualche altra cosa. (cap. II; 1969, p. 25)
  • L'uomo che ottiene facilmente le cose per le quali non prova che un desiderio molto moderato, finisce col concludere che la soddisfazione del desiderio non dà la felicità. Se ha una disposizione mentale filosofica, ne deduce che la vita umana è essenzialmente disgraziata, poiché anche l'uomo che ha tutto quello che vuole è infelice. Egli dimentica che l'essere privi di qualcuna delle cose che desideriamo è una condizione indispensabile della felicità. (cap. II; 2014)
  • Tutti sanno che un uomo d'affari rovinato è molto più ben provvisto, in quanto ad agi materiali, di un uomo che non è mai stato ricco abbastanza, per avere occasione d'andare in rovina. (cap. III; 1969, p. 43)
  • Nessuno si stupisce che un generale o un ammiraglio famoso sia povero; anzi, la povertà, in tali circostanze, in un certo senso è in se stessa un onore. (cap. III; 1969, p. 48)
  • Due sono i motivi che spingono a leggere un libro: uno, per divertimento; l'altro, per vanità. (cap. III; 1969, p. 50)
  • Una certa capacità di sopportare la noia è quindi indispensabile per avere una vita felice, ed è una delle cose che si dovrebbero insegnare ai giovani. Tutti i grandi libri hanno dei capitoli noiosi, e tutte le grandi vite hanno avuto dei periodi non interessanti. (cap. IV; 1969, p. 59)
  • Ho visto un bambino di due anni, che non aveva mai lasciato Londra, in occasione della sua prima passeggiata in campagna. Era inverno e tutto intorno non vi era che fango e umidità. Per l'occhio dell'adulto non vi era nulla di piacevole, ma il bambino fu colto da una strana estasi; si inginocchiò sulla terra umida e nascose il viso nell'erba, emettendo inarticolate grida di delizia. Quella gioia che egli stava provando era primitiva, semplice e profonda. Il bisogno organico che in quel momento veniva soddisfatto è così profondo che coloro nei quali è spento sono di rado completamente sani. (cap. IV; 1969, p. 63)
  • L'amore è una esperienza attraverso la quale tutto il nostro essere viene rinnovato e rinfrescato, come accade alle piante quando la pioggia le bagna dopo la siccità. Nel rapporto sessuale senza amore non vi è nulla di tutto questo. Quando il piacere momentaneo finisce, resta la stanchezza, il disgusto, e la vita sembra vuota. L'amore è parte della vita della terra; il sesso senza l'amore, no. (cap. IV; 1969, p. 64)
  • La metà almeno dei peccati dell'umanità sono causati dalla paura della noia. (cap. IV; 2014)
  • [...] il nostro io non è un frammento molto importante del mondo. (cap. V; 1969, p. 71)
  • Uno dei sintomi di un prossimo collasso nervoso è la convinzione che il proprio lavoro sia tremendamente importante, e che concedersi un po' di vacanza sarebbe causa di chissà quali disastri. Se fossi medico prescriverei una vacanza a tutti quei pazienti che considerano importante il loro lavoro. (cap. VI; 1969, p. 72)
  • L'invidia è la base della democrazia. (cap. VI; 1969, p. 79)
  • Nella maggior parte delle donne l'invidia gioca una parte straordinariamente importante. (cap. VI; 1969, p. 80)
  • La modestia è considerata una virtù, ma io, per parte mia, dubito che, nelle sue espressioni estreme, essa meriti d'essere considerata tale. (cap. VI; 1969, p. 85)
  • Non credo che un pavone invidi la coda di un altro pavone, poiché ogni pavone è persuaso d'avere la coda più bella del mondo. La conseguenza di ciò è che i pavoni sono uccelli pacifici. (cap. VI; 1969, pp. 85-86)
  • La nostra morale nominale è stata formulata da preti e da donne in istato di schiavitù mentale. È tempo che gli uomini, che devono avere una parte normale nella vita normale del mondo, imparino a ribellarsi a questa dannosa assurdità. (cap. VII; 1969, p. 100)
  • La mania di persecuzione ha sempre radice in un concetto troppo esagerato dei propri meriti. (cap. VIII; 1969, p. 109)
  • [...] quattro massime di carattere generale [...] si dimostreranno una cura efficace contro la mania di persecuzione, se si capisce quanto siano vere. La prima è: ricordate che i motivi che determinano le vostre azioni non sono sempre così altruistici come vi appaiono. La seconda è: non sopravvalutate i vostri meriti. La terza è: non aspettatevi che gli altri si interessino di voi quanto voi stesso. E la quarta è: non immaginatevi che la gente si interessi tanto a voi da nutrire un particolare desiderio di perseguitarvi. (cap. VIII; 1969, p. 113)
  • Il segreto della felicità è questo: fate in modo che i vostri interessi siano il più possibile numerosi e che le vostre reazioni alle cose e alle persone che vi interessano siano il più possibile cordiali anziché ostili. (cap. X; 1969, p. 150)
  • Ciò che la fame è rispetto al cibo, la gioia di vivere è rispetto alla vita. (cap. XI; 2014)
  • È necessario, perciò, se le razze bianche devono sopravvivere, che l'aver figli possa essere di nuovo una fonte di felicità per i genitori. (cap. XIII; 2014)
  • Essere capaci di riempire intelligentemente le ore di ozio è l'ultimo prodotto della civiltà, e al giorno d'oggi pochissime persone hanno raggiunto questo livello. (cap. XIV; 1969, p. 198)
  • Un pilota capace di eseguire delle acrobazie vi trova un piacere così grande che non gli importa di mettere a repentaglio la vita. (cap. XIV; 1969, p. 201)
  • Ho persino sentito parlare di idraulici che gustavano il loro lavoro, sebbene non abbia mai avuto la fortuna di conoscerne uno. Qualsiasi lavoro che richieda dell'abilità può essere piacevole, purché l'abilità necessaria sia o variabile o passibile di continuo miglioramento. (cap. XIV; 1969, pp. 201-202)
  • Gli scienziati [...] hanno molto meno spesso degli artisti un temperamento infelice, e nel complesso gli uomini che svolgono un importante lavoro scientifico sono uomini felici, la cui felicità deriva principalmente dal loro lavoro. (cap. XIV; 1969, p. 206)
  • Se avessi la possibilità di organizzare l'educazione superiore secondo come vorrei che fosse, cercherei di sostituire le antiche religioni ortodosse, che parlano a pochi, tra i giovani d'oggi, e di regola ai meno intelligenti e ai più oscurantisti, con qualche cosa che forse difficilmente si può chiamare religione, poiché consiste unicamente nell'accentrare l'attenzione su determinati fatti indiscutibili. (cap. XV; 1969, p. 215)
  • Per sopportare bene le disgrazie quando avvengono, è saggio aver coltivato in momenti migliori una certa varietà di interessi, di modo che la mente possa trovare pronto qualche luogo indisturbato che le offra altre associazioni di idee ed altre emozioni, diverse da quelle che rendono difficilmente sopportabile il presente. (cap. XV; 1969, p. 218)
  • Il lasciarsi abbattere da una perdita, o persino da parecchie perdite, non è cosa da ammirarsi come prova di sensibilità, bensì da deplorarsi come difetto di vitalità. (cap. XV; 1969, p. 218)
  • La rassegnazione è di due specie, una radicata nella disperazione, l'altra in una irraggiungibile speranza. La prima è nociva, la seconda no. (cap. XVI; 1969, p. 225)
  • È meglio non fare nulla piuttosto che fare del male. Metà del lavoro utile al mondo consiste nel combattere il lavoro dannoso. (cap. XVI; 1969, p. 229)
  • Una certa rassegnazione è implicita nella volontà dì affrontare la verità riguardo a noi stessi; questa rassegnazione, anche se nei primi momenti può implicare una certa sofferenza, alla fine diventa una protezione, in realtà l'unica protezione possibile, contro le delusioni e le sconfitte alle quali si espone colui che è in malafede verso se stesso. (cap. XVI; 1969, p. 230)
  • L'entusiasmo è per la vita quello che è la fame per il cibo.[14]

La infelicità dipende tutta da una specie di disintegrazione, o mancanza di integrazione; vi è la disintegrazione interiore prodotta dalla mancanza di coordinamento tra la mente cosciente e quella incosciente; vi è la mancanza di integrazione tra l'io e la società, là dove i due non sono uniti dalla forza degli interessi e degli affetti obbiettivi. L'uomo felice è colui che non soffre di alcuna di queste mancanze di unità e la cui personalità non è né in contrasto con se stessa, né in contrasto col mondo. Un uomo siffatto si sente cittadino dell'universo, gode liberamente dello spettacolo che offre e delle gioie che arreca, non turbato dal pensiero della morte, perché non si sente realmente separato da coloro che verranno dopo di lui. È in questa profonda unione istintiva con la corrente della vita che si trova la massima gioia.

La saggezza dell'Occidente

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«Un grosso libro», diceva il poeta alessandrino Callimaco, «è un grosso guaio!» Tutto sommato, tendo a condividere questo punto di vista. Se, quindi, oso presentare al lettore questo volume, è perché, dati i guai che ci sono in giro, questo è ancora uno dei minori. Non di meno è necessario che io fornisca qualche spiegazione, dato che qualche anno fa ho scritto un libro sullo stesso argomento. La saggezza dell'Occidente è un libro completamente nuovo; anche se, naturalmente, non sarebbe mai apparso se non fosse stato preceduto dalla mia Storia della filosofia occidentale. Si tenta qui un panorama della filosofia occidentale da Talete a Wittgenstein, insieme con qualche richiamo alle circostanze storiche che s'intrecciano alla narrazione. Il racconto è accompagnato da una serie di illustrazioni: soprattutto si è tentato, quando sembrava fattibile, di tradurre le idee filosofiche, che di solito sono espresse soltanto a parole, in diagrammi che riassumono gli stessi concetti per mezzo di metafore geometriche. Vi sono pochi precedenti in materia, e quindi i risultati non sono sempre del tutto soddisfacenti. Tuttavia vale la pena di esplorare tali metodi di presentazione. L'esposizione diagrammatica, nella misura in cui è realizzabile, ha anche il vantaggio di non essere legata ad alcuna lingua particolare. (Prefazione, vol. I, p. 1)

Citazioni

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  • Nel contempo, i grandi sistemi delle Summae sono monumenti di elaborazione intellettuale. Gli opposti punti di vista sono sempre esposti con chiarezza e onestà. Nei commenti ad Aristotele, Tommaso si rivela uno studioso profondo e intelligente dello Stagirita, il che non si può dire di nessuno dei predecessori, compreso il suo maestro. (La scolastica, vol. I, p. 207)
  • Il telescopio rivelò anche i satelliti di Giove, e fu dimostrato che questi giravano attorno al loro pianeta in accordo con le leggi di Keplero. Tutte queste scoperte mandarono all'aria pregiudizi da lungo tempo radicati e spinsero quindi gli scolastici ortodossi a condannare il telescopio che aveva interrotto il loro dormiveglia dogmatico. Qualcosa di molto simile capitò tre secoli dopo. Comte condannò il microscopio per aver messo sottosopra le forme semplici delle leggi dei gas. In questo senso, i positivisti hanno parecchio in comune con Aristotele e con l'intransigente superficialità delle sue osservazioni in campo fisico. (Nascita della filosofia moderna, vol. II, p. 28)
  • Non vi è alcuna ragione logica per cui l'epistemologia kantiana debba essere legata a una visione così pessimistica delle cose. Schopenhauer era incapace, per carattere, di essere felice, e quindi dichiarava che la felicità non poteva essere raggiunta. Verso la fine della sua esistenza meditabonda, la sua opera ottenne dei riconoscimenti e le sue condizioni finanziarie divennero un po' più facili, il che lo portò subito ad essere un po' più allegro nonostante le sue teorie. (Illuminismo e romanticismo, vol. II, p. 120)
  • Pur riconoscendo dunque che le osservazioni psicologiche sono centrate, non serve a niente trasformare questo materiale in una ontologia. Precisamente questo è l'obiettivo del trattato di Sartre intitolato L'Essere e il niente. Per vaghezza poetica e stravaganza linguistica, il trattato si colloca nella migliore tradizione tedesca. Il suo tentativo di tradurre una particolare visione della vita in una teoria ontologica appare piuttosto eccentrico al filosofo tradizionale, vuoi che appartenga al campo razionalista, vuoi che appartenga al campo empirista. È come se si volessero prendere i romanzi di Dostojevskij per libri di testo filosofici. (I contemporanei, vol. II, p. 188)

La visione scientifica del mondo

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  • La scienza, che cominciò come ricerca della verità, sta divenendo incompatibile con la veridicità, poiché la completa veridicità tende sempre più al completo scetticismo scientifico. Quando la scienza è considerata contemplativamente, non praticamente, ci si accorge che ciò che crediamo lo crediamo per la nostra fede animale, e che alla scienza dobbiamo solo i nostri disinganni. Quando, d'altro canto, la scienza si considera come una tecnica per la trasformazione di noi stessi e di quanto ci sta attorno, vediamo che ci dà un potere del tutto indipendente dalla sua validità metafisica. Ma noi possiamo solo usare questa potenza, cessando di rivolgerci delle domande metafisiche sulla natura della realtà. Eppure queste domande sono la testimonianza dell'atteggiamento di amore verso il mondo. Così, solo in quanto noi rinunciamo al mondo come amanti, possiamo conquistarlo da tecnici. Ma questa divisione dell'anima è fatale a ciò che vi è di meglio nell'uomo. Non appena si comprende l'insuccesso della scienza considerata come metafisica, il potere conferito dalla scienza come tecnica si otterrà solo da qualcosa di analogo alla adorazione di Satana, cioè, dalla rinuncia dell'amore… La sfera dei valori sta al di fuori della scienza, salvo nel tratto in cui la scienza consiste della ricerca del sapere. La scienza, come ricerca del potere, non deve ostacolare la sfera dei valori, e la tecnica scientifica, se vuole arricchire la vita umana, non deve superare i fini a cui dovrebbe servire. (cap. XVII, 1931)
  • L'educazione ha due scopi, da una parte forma lo spirito, dall'altra prepara il cittadino. Gli ateniesi si fissarono sul primo, gli spartani sull'altro. Gli spartani vinsero, ma gli ateniesi furono ricordati. (traduzione di E. Oliva, Mondadori)
  • Uno dei mali della nostra epoca consiste nel fatto che l'evoluzione del pensiero non riesce a stare al passo con la tecnica, con la conseguenza che le capacità aumentano, ma la saggezza svanisce.

L'elogio dell'ozio

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Incipit

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Come molti uomini della mia generazione, fui allevato secondo i precetti del proverbio che dice « l’ozio è il padre di tutti i vizi ».1 Poiché ero un ragazzino assai virtuoso, credevo a tutto ciò che mi dicevano e fu così che la mia coscienza prese l’abitudine di costringermi a lavorare sodo fino ad oggi. Ma sebbene la mia coscienza abbia controllato le mie azioni, le mie opinioni subirono un processo rivoluzionario. lo penso che in questo mondo si lavori troppo, e che mali incalcolabili siano derivati dalla convinzione che il lavoro sia cosa santa e virtuosa; insomma, nei moderni paesi industriali bisogna predicare in modo ben diverso da come si è predicato sinora.[32]

Citazioni

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  • È ovvio che, nelle comunità primitive, i contadini lasciati liberi non si sarebbero privati dei prodotti in eccedenza a favore dei preti e dei guerrieri, ma avrebbero prodotto di meno o consumato di più. Dapprima fu necessaria la forza bruta per costringerli a cedere. Ma poi, a poco a poco, si scoprì che era possibile indurli ad accettare un principio etico secondo il quale era loro dovere lavorare indefessamente, sebbene una parte di questo lavoro fosse destinata al sostentamento degli oziosi. Con questo espediente lo sforzo di costrizione prima necessario si allentò e le spese del governo diminuirono. Ancor oggi, il novantanove per cento dei salariati britannici sarebbero sinceramente scandalizzati se gli si dicesse che il re non dovrebbe aver diritto a entrate più cospicue di quelle di un comune lavoratore. Il concetto del dovere, storicamente parlando, è stato un mezzo escogitato dagli uomini al potere per indurre altri uomini a vivere per l'interesse dei loro padroni anziché per il proprio.[32]
  • L'idea che il povero possa oziare ha sempre urtato i ricchi. In Inghilterra, agli inizi dell'ottocento, un operaio lavorava di solito quindici ore al giorno e spesso i bambini lavoravano altrettanto (nella migliore delle ipotesi dodici ore al giorno) . Quando degli impiccioni ficcanaso osarono dire che tante ore erano forse troppe, gli fu risposto che la sana fatica teneva lontani gli adulti dal vizio del bere e i bambini dai guai.[32]
  • Supponiamo che, a un certo momento, una certa quantità di persone sia impegnata nella produzione degli spilli. Esse producono tanti spilli quanti sono necessari per il fabbisogno mondiale lavorando, diciamo, otto ore al giorno. Ed ecco che qualcuno inventa una macchina grazie alla quale lo stesso numeró di persone nello stesso numero di ore può produrre una quantità doppia di spilli. Il mondo non ha bisogno di tanti spilli, e il loro prezzo è già così basso che non si può ridurlo di più. Seguendo un ragionamento sensato, basterebbe portare a quattro le ore lavorative nella fabbricazione degli spilli e tutto andrebbe avanti come prima. Ma oggigiorno una proposta del genere sarebbe giudicata immorale. Gli operai continuano a lavorare otto ore, si producono troppi spilli, molte fabbriche falliscono e metà degli uomini che lavoravano in questo ramo si trovano disoccupati. Insomma, alla fine il totale delle ore lavorative è ugualmente ridotto, con la differenza che metà degli operai restano tutto il giorno in ozio mentre metà lavorano troppo. In questo modo la possibilità di usufruire di più tempo libero, che era il risultato di un'invenzione, diventa un'universale fonte di guai anziché di gioia. Si può immaginare niente di più insensato?[32]

Matrimonio e morale

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Per definire una società, antica o moderna che sia, abbiamo due elementi importanti e abbastanza connessi tra loro: l'uno è il sistema economico, l'altro il sistema familiare. Due scuole, oggi, orientano il pensiero moderno: l'una ha un'origine economica, l'altra fa risalire tutto alla famiglia e al sesso; Marx e Freud. Personalmente, io non aderisco a nessuna delle due scuole, poiché economia e sesso non mi paiono avere alcuna precedenza l'uno sull'altra come causa determinante.

Citazioni

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  • Una personalità non è un fine: essa deve entrare in contatto fecondo col mondo e perdere perciò la propria qualità distintiva. (p. 98)
  • Il rapporto sessuale, privo di amore, è incapace di apportare una soddisfazione profonda all'istinto. (p. 99)
  • [Riguardo al matrimonio]. Se esso non deve rappresentare un ostacolo alla felicità, deve essere concepito in modo diverso e del tutto nuovo. Una soluzione spesso consigliata e oggi largamente attuata in America, è il facile divorzio. Io ritengo, come ogni altro essere ragionevole, che il divorzio deve essere concesso su un piano più largo di quello ammesso dalla legge inglese, ma non vedo nel facile divorzio un soluzione alla difficoltà del matrimonio. Quando non vi sono figli, il divorzio può essere la soluzione giusta anche se le due parti fanno del loro meglio per comportarsi bene; ma quando ci sono figli, la stabilità del matrimonio è, a mio avviso, cosa di grande importanza. Quando un matrimonio è fecondo e le due parti hanno buon senso e dignità, dovrebbe durare quanto la vita, pur senza escludere altre relazioni sessuali (p. 110)
  • È dunque possibile a uomini e donne civili essere felici nel matrimonio in determinate condizioni. Sono necessarie: una reciprocità completa nell'uguaglianza, nessuna interferenza della reciproca libertà, intimità mentale e fisica assoluta, e una certa similarità di gusti e di giudizio. È fatale ad esempio la diversa valutazione del denaro e del lavoro. Potendosi creare queste condizioni giudico il matrimonio la migliore e più importante relazione che due esseri umani possano creare tra loro. (p. 111)
  • La necessità della prostituzione nasce dal fatto che molti uomini, celibi o comunque lontani dalle mogli, non sanno rimanere continenti, e in una comunità convenzionalmente virtuosa non trovano nel loro stesso ambiente donne disponibili. (p. 112)
  • La vera offesa che la prostituta fa alla società è che essa espone al biasimo e al ridicolo la falsità delle professioni moralistiche. Come i pensieri repressi dal censore freudiano, essa deve essere relegata nel subcosciente. (p. 113)
  • In un'etica razionale, il matrimonio senza figli conterebbe poco. (p. 121)
  • [Proposte del giudice minorile Ben B.Lindsey] Il suo concetto è che i giovani devono contrarre un nuovo tipo di matrimonio, diverso da quello in uso per tre caratteriristiche. Primo, non vi deve essere intenzione di avere figli, e perciò la giovane coppia deve essere corredata dalle più solide informazioni sul controllo delle nascite. Secondo, sino che non vengono figli e la moglie non è incinta, è ammesso il divorzio consensuale. Terzo, in caso di divorzio, la moglie non può pretendere gli alimenti. Se un'istituzione tale fosse stabilita dalla legge, molti giovani, ad esempio studenti di università, contrarrebbbero queste unioni permanenti, le quali comportano una vita in comune e sono privi di quelle caratteristiche dionisiache esistenti nelle relazioni sessuali. (p. 126)
  • L'intelligenza umana è stata applicata soprattutto per accrescere il numero degli umani. (p. 184)
  • Le idee eugenetiche sono basate sulla ineguaglianza degli uomini, mentre la democrazia è basata sulla loro uguaglianza. (p. 201)
  • La scienza ci mette in grado di realizzare i nostri progetti, e se i progetti sono cattivi, il risultato sarà disastroso. (p. 206)
  • L'idea di dare alla scienza il diritto di controllare i nostri più intimi impulsi personali, è senza dubbio ripugnante. (p. 208)
  • Prevedo il tempo in cui tutti coloro i quali amano la libertà dello spirito umano si ribelleranno contro la tirannia della scienza. Nondimeno, se tirannia deve esserci, meglio si tratti di una tirannia scientifica. (p. 209)
  • Il fatto che un'opinione sia ampiamente condivisa non è affatto una prova che non sia completamente assurda. Infatti, a causa della stupidità della maggioranza degli uomini, è molto più probabile che un giudizio diffuso sia sciocco piuttosto che ragionevole.[19]
  • La psicologia dell'adulterio è stata falsata dalla morale convenzionale, che esclude, nei paesi monogami, che l'attrazione per una persona possa coesistere con il serio affetto per un'altra. Tutti sanno che questo è falso.
  • Temere l'amore è temere la vita, e chi teme la vita è già morto per tre quarti.

[Bertrand Russell, Matrimonio e morale (Marriage and Morals), traduzione di Gianna Tornabuoni, Longanesi & C., Milano 1966 (collana Libri Pocket, n. 35). Edizione inglese pubblicata da George Allen & Unvin Ltd]

Perché non sono cristiano

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Vi spiegherò perché non sono cristiano. E qui bisogna subito chiarire il significato della parola. Oggi molti la usano non sempre a proposito. Certuni definiscono cristiano la persona che cerca di condurre una vita retta. Esisterebbero allora cristiani in ogni setta e credo religiosi. Forse che tra i buddhisti, i confuciani, i maomettani non figurano persone ammodo? Certamente non è questo il vero significato della parola. Per venire a buon diritto chiamati cristiani, occorre molta fede, e ben definita. La parola, ora, non ha la stessa chiara applicazione dei tempi di sant'Agostino e di san Tommaso, quando dogmi precisi erano accettati con profonda convinzione.
[Bertrand Russell, Perché non sono cristiano, traduzione di Tina Buratti Cantarelli, Longanesi, 1960]

Citazioni

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  • Certamente è un poco triste pensare che tutto debba finire; però, osservando quale uso molta gente fa della propria vita, quel pensiero è quasi consolante.
  • Il cristianesimo, così com'è organizzato, è stato ed è tuttora il più grande nemico del progresso morale nel mondo.
  • Io sono fermamente convinto che tutte le religioni, come sono dannose, così sono false. [...] Il mondo necessita di menti e di cuori aperti, non di rigidi sistemi, vecchi o nuovi che siano. (prefazione)
  • Gli argomenti speculativi non spingono gli uomini a credere in un Dio, molti vi credono solo perché non sanno liberarsi dagli insegnamenti appresi nell'infanzia: nell'uomo c'è il desiderio di credere in Dio per bisogno di sicurezza e di protezione.
  • Possiamo constatare che, in ogni epoca, l'intensità della fede religiosa è andata di pari passo con inaudita crudeltà e scarso benessere.
  • La nostra concezione di Dio deriva dall'antico dispotismo orientale, ed è una concezione indegna di uomini liberi. Non ha rispetto di sé stesso chi si disprezza e si definisce miserabile peccatore […]. Non bisogna rimpiangere il passato o soffocare la libera intelligenza con idee che uomini ignoranti ci hanno propinato per secoli. Occorre sperare nell'avvenire e non voltarsi a guardare a cose ormai morte che, confidiamo, non rivivranno più in un mondo creato dalla nostra intelligenza.
  • La paura porta alla crudeltà, ed è per questo che crudeltà e religione stanno bene insieme.
  • Non credo ci sia un solo santo, in tutto il calendario, la cui santità sia dovuta ad opere di vera utilità pubblica.
  • Il cristiano moderno è divenuto certamente più tollerante, ma non per merito del cristianesimo. Questo addolcimento del costume è dovuto a generazioni di liberi pensatori che – dal Rinascimento ad oggi – hanno provocato nei cristiani un senso di sana vergogna per i loro tradizionali pregiudizi.
  • È palese che alla base della religione c'è la paura poiché – ogni qualvolta accade una disgrazia – si rivolge il pensiero a Dio: guerre, pestilenze, naufragi e cataclismi promuovono la religione. Ma la religione solletica anche la vanità, l'orgoglio, la presunzione .
  • La superstizione influisce negativamente non soltanto sui metodi educativi, ma anche sulla scelta degli insegnanti.
  • La fede in una vita futura non nasce da argomenti razionali, bensì da emozioni. Fra queste, la più importante è la paura della morte, istintiva e biologicamente utile. Se davvero credessimo nella vita futura, il pensiero della morte non ci spaventerebbe affatto.
  • In senso lato, si potrebbe dire che ai protestanti piace essere buoni, ed hanno inventato la teologia per mantenersi tali, mentre ai cattolici piace essere cattivi, ma hanno inventato la teologia per mantenere buono il prossimo...
  • La morale non è strettamente legata alla religione come pretendono le persone religiose. Direi, anzi, che certe fondamentali virtù si riscontrano più facilmente fra coloro che rifiutano i dogmi religiosi che fra coloro che le accettano.
  • Ogni Chiesa sviluppa un istintivo senso di autoconservazione e mette in ombra quelle parti della dottrina del fondatore che non servono allo scopo.
  • Il mondo non ha bisogno di dogmi; ha bisogno di libera ricerca.
  • So che alla mia morte dovrò imputridire e che nulla del mio ego sopravviverà. Non sono giovane e amo la vita, ma disdegno di abbattermi al pensiero dell'annientamento. La felicità non è meno vera se deve finire. Il pensiero e l'amore non perdono il loro valore se non sono eterni. Parecchi uomini hanno affrontato il patibolo con fierezza; la stessa fierezza ci dovrebbe insegnare a riflettere senza tremare al destino dell'uomo nell'universo. Anche se le finestre spalancate della scienza in un primo momento ci fanno rabbrividire, abituati come siamo al confortevole tepore casalingo dei miti tradizionali, alla fine l'aria fresca ci rinvigorirà.
  • Con il progresso del sapere e della tecnica, la felicità universale può essere raggiunta; ma il principale ostacolo alla loro utilizzazione per tale scopo è l'insegnamento della religione. La religione impedisce ai nostri figli di ricevere un'educazione razionale; la religione ci impedisce di rimuovere le cause fondamentali delle guerre; la religione ci impedisce di insegnare l'etica della collaborazione scientifica in luogo delle vecchie aberranti dottrine di colpa e castigo. Forse l'umanità è alla soglia di un periodo aureo; ma per poterla oltrepassare sarà prima necessario trucidare il drago di guardia alla porta: questo drago è la religione.
  • Se un filosofo è un uomo cieco, in una stanza buia, che cerca un gatto nero che non c'è, un teologo è l'uomo che riesce a trovare quel gatto.
  • La vita retta è quella ispirata dall'amore e guidata dalla conoscenza.[33]

Ritratti a memoria

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Per coloro che sono troppo giovani per ricordare il mondo di prima del 1914, dev'essere difficile immaginare il contrasto, per un uomo della mia età, fra i ricordi infantili e il mondo d'oggi. Io cerco, ma con mediocre successo, di assuefarmi a un mondo di imperi in sfacelo, di comunismo, di bombe atomiche, di emancipazione dell'Asia, d'aristocrazia in rovina. In questo strano e insicuro mondo, dove nessuno può sapere se sarà vivo domani, e dove gli antichi stati svaniscono come bruma mattutina, non è facile, per coloro che in gioventù erano abituati alla solidità di un vecchio mondo, credere che ciò di cui essi stanno facendo esperienza sia la realtà e non un effimero incubo. Ben poco sussiste di quelle istituzioni e di quei modi di vita che, quand'ero ragazzo, sembravano non meno incrollabili del granito. (da Adattamento: un'epitome autobiografica, p. 3)

Citazioni

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  • A dispetto del titolo, questo articolo tratterà in realtà del modo di non invecchiare, che nell'età alla quale son giunto è un argomento molto più importante. Il mio primo consiglio è di scegliere con cura i vostri antenati. (da Del modo d'invecchiare, p. 57)
  • Sono passati sessantasei anni da quando entrai a Cambridge. Il mondo a quel tempo era un luogo di maggiori comodità che non lo sia ora, e Cambridge presentava agi molto maggiori. Dal punto di vista di un'irriverente matricola gli insegnanti, in quel tempo, appartenevano all'una o all'altra di tre categorie non ben distinte tra loro: c'erano i tipi buffi; c'erano uomini tecnicamente competenti ma poco interessanti; e c'era un piccolo gruppo di uomini che noi giovani ammiravamo senza riserve e con entusiasmo. (da Alcuni personaggi di Cambridge della fine dell'800, p. 71)

Saggi scettici

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  • Abbiamo in effetti due tipi di morale fianco a fianco: una che predichiamo, ma non pratichiamo, e un'altra che pratichiamo, ma di rado predichiamo.
We have, in fact, two kinds of morality side by side; one which we preach but do not practise, and another which we practise but seldom preach. (Cap. 8: "Eastern and Western Ideals of Happiness")
  • Di due attività che gli siano state insegnate, l'uomo generalmente preferisce la più difficile: nessun giocatore di scacchi gioca a dama.[34]
  • È indesiderabile credere vera una proposizione quando non c'è alcun fondamento per supporre che sia realmente vera.
It is undesirable to believe a proposition when there is no ground whatever for supposing it true. (I)
  • In ogni schema ordinato tendente a comporre il modello della vita umana è necessario introdurre una certa dose di anarchia.[35]
  • Infliggere crudeltà con la coscienza a posto è, per i moralisti, una delizia; è per questo che hanno inventato l'inferno.
The infliction of cruelty with a good conscience is a delight to moralists. That is why they invented Hell. (cap. 1: "The Value of Scepticism")
  • L'universo, quale l'astronomia ce lo rivela, è immenso. Quant'altro ci sia di là della portata dei telescopi, non possiamo dire; ma quella parte che non conosciamo è di inimmaginabile immensità. Nel mondo visibile la Via Lattea rappresenta un minuscolo frammento. In questo minuscolo frammento il sistema solare è una macchia infinitesima, e di questa macchia il nostro pianeta costituisce un puntolino microscopico. Su questo puntolino tanti minuscoli aggregati di carbonio ed acqua, dalla struttura complicata, e dotati di alquanto inusuali proprietà fisiche e chimiche, strisciano per pochi anni, fino a quando non tornano a dissolversi negli elementi di cui sono composti. Dividono il loro tempo tra il lavoro escogitato per posticipare il momento in cui ciascuno di essi si dissolverà, e frenetiche lotte per impedire quel lavoro agli altri esseri della loro specie. Convulsioni naturali distruggono periodicamente migliaia o milioni di essi, e le malattie ne spazzano via prematuramente un numero anche maggiore. Questi avvenimenti sono considerati disgrazie; ma quando gli uomini riescono a procurare con le loro stesse mani simili distruzioni, ne gioiscono, e ne rendono grazie a Dio.

Storia della filosofia occidentale

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Bertrand Russell nel 1924
  • La filosofia, nel senso in cui io intenderò la parola, è qualcosa di mezzo tra la teologia e la scienza. Come la teologia, consiste in speculazioni riguardo alle quali non è stata finora possibile una conoscenza definita; come la scienza, si appella alla ragione umana piuttosto che alla autorità, sia quella della tradizione che quella della rivelazione; tutte le nozioni definite, direi, appartengono alla scienza; tutto il dogma, cioè quanto supera le nozioni definite, appartiene alla teologia. Ma tra la teologia e la scienza esiste una Terra di Nessuno, esposta agli attacchi di entrambe le parti; questa Terra di Nessuno è la filosofia. (Introduzione, p. 9)
  • Per capire un'epoca o una nazione dobbiamo noi stessi essere in un certo senso filosofi. Qui c'è una reciproca causalità: le condizioni di vita degli uomini influiscono molto sulla loro filosofia, ma d'altra parte la loro filosofia influisce molto sulle loro condizioni. (Introduzione, p. 10)
  • La scienza ci dice ciò che possiamo sapere, ma ciò che possiamo sapere è poco, e se dimentichiamo quanto non possiamo sapere diventiamo insensibili a molte cose di grandissima importanza. La teologia, d'altra parte, porta alla fede dogmatica che si sappia ciò che in realtà si ignora, generando così una sorta di insolenza nei riguardi dell'universo. L'incertezza tra la speranza ed il timore è penosa, ma deve essere sopportata se desideriamo vivere senza ricorrere a favole belle e confortanti. Non è bene né dimenticare le domande che la filosofia pone né persuaderci di aver trovato incontrovertibili risposte. Insegnare a vivere senza la certezza e tuttavia senza essere paralizzati dall'esitazione è forse la funzione principale cui la filosofia può ancora assolvere, nel nostro tempo, per chi la studia. (Introduzione, pp. 10-11)
  • Molte delle più grandi conquiste umane implicano qualche elemento di ebbrezza, uno spazzar via la prudenza da parte della passione. Senza l'elemento bacchico, la vita sarebbe priva di interesse; così, è pericolosa. Prudenza contro passione è un conflitto che si prolunga attraverso la storia. Ma è un conflitto in cui non desideriamo parteggiare interamente per nessuno dei due competitori. (Nascita della civiltà greca, p. 41)
  • È solo in tempi molto recenti che è stato possibile dire chiaramente in che cosa Pitagora avesse torto. Non so di nessun altro uomo che abbia avuto altrettanta influenza nella sfera del pensiero. Lo dico, perché ciò che appare come il platonismo, si trova già, analizzandolo, nell'essenza del pitagorismo. L'intera concezione di un mondo eterno rivelato all'intelletto, ma non ai sensi, deriva da lui. Se non fosse per lui, i Cristiani non avrebbero pensato a Cristo come al Verbo; se non fosse per lui i teologi non avrebbero cercato prove logiche di Dio e dell'immortalità. Ma in lui tutto ciò è ancora implicito. (Pitagora, p. 68)
  • Nello studiare un filosofo l'atteggiamento giusto non è né di reverenza né di disprezzo, bensì prima una specie di ipotetica adesione perché sia possibile capire ciò che egli sente, e credere nelle sue teorie, e dopo un risveglio dell'atteggiamento critico il più possibile simile allo stato d'animo d'una persona che sta abbandonando le opinioni che fino allora ha sostenuto. Il disprezzo ostacola la prima parte di questo processo e la reverenza la seconda. Due cose bisogna ricordare: che un uomo, le cui opinioni e teorie son degne di esser studiate, si può presumere abbia posseduto una certa intelligenza; e che d'altra parte è probabile che nessuno sia mai arrivato alla verità completa e definitiva su un soggetto qualsiasi. Quando un uomo intelligente esprime un punto di vista che ci sembra evidentemente assurdo, non dobbiamo tentare di dimostrare che in qualche modo la cosa è vera, ma dovremo provare a capire come mai sia successo che a lui sia sembrata vera. Questo esercizio della fantasia storica e psicologica allarga subito il campo del nostro pensiero, e ci aiuta a comprendere quanto sciocchi sembreranno molti dei nostri pregiudizî favoriti ad un'età di diversa forma mentis. (Eraclito, pp. 70-71)
  • A dispetto del collasso politico, il prestigio di Atene sopravvisse, e per quasi un intero millennio la filosofia vi ebbe il suo centro. Alessandria eclissò Atene nella matematica e nelle scienze, ma Platone e Aristotele avevano reso Atene insuperabile nel campo filosofico. L'Accademia, dove Platone aveva insegnato, sopravvisse a tutte le altre scuole, e resistette, come un'isola di paganesimo, per due secoli dopo la conversione dell'Impero romano al Cristianesimo. Finalmente, nel 529 d.C., fu chiusa da Giustiniano per il suo fanatismo religioso, e le età oscure scesero sull'Europa. (Atene e la cultura, p. 99)
  • L’uso dell’espressione «i secoli bui», per indicare il periodo dal 600 al 1000, dimostra il nostro errore di volerci limitare all’Europa occidentale. In Cina, questo periodo comprende proprio l’epoca della dinastia Tang, la più grande epoca della poesia cinese, considerevole anche per molti altri motivi. Dall’India alla Spagna, fioriva la brillante civiltà dell’Islam. Ciò che in quest’epoca fu perduto al Cristianesimo non fu perduto alla civiltà, anzi al contrario. Nessuno avrebbe potuto prevedere che l’Europa occidentale avrebbe più tardi acquistato una posizione di predominio, sia per la potenza che per la cultura. Ci sembra ora che la civiltà dell’Europa occidentale sia la Civiltà, ma questo è un punto di vista ben ristretto. La maggior parte del contenuto culturale della nostra civiltà ci viene dal Mediterraneo orientale, dai Greci e dagli ebrei. Quanto alla potenza, l’Europa occidentale ebbe il predominio dalle guerre puniche alla caduta di Roma,grosso modo durante i sei secoli che vanno dal 200 a.C. al 400 d.C. Poi nessuno Stato dell’Europa occidentale poté più paragonare la propria potenza a quella della Cina, del Giappone o del Califfato. La nostra superiorità dopo il Rinascimento è dovuta in parte alla scienza ed alla tecnica scientifica, in parte alle istituzioni politiche lentamente maturatesi durante il Medioevo. Non c’è alcuna ragione, nella natura delle cose, per cui questa superiorità debba continuare. Nella guerra attuale, (Russell scriveva durante la seconda guerra mondiale) una grande forza militare è stata messa in luce dalla Russia,dalla Cina e dal Giappone.Questi uniscono la tecnica occidentale all’ideologia orientale-bizantina, confuciana o scintoista. L’India, se si libererà, apporterà altri elementi orientali. Non sembra improbabile che, durante i secoli futuri, la civiltà, ammesso che sopravviva, sarà più varia di quella successiva al Rinascimento. Esiste un imperialismo della cultura che è più difficile da rovesciare che non l’imperialismo della forza. Molto dopo la caduta dell’Impero d’Occidente, in realtà fino alla Riforma, tutta la cultura europea conservò i colori dell’imperialismo romano. Essa ha ora, per noi, il sapore di un imperialismo di marca europea occidentale. Credo che, se vorremo sentirci a nostro agio nel mondo dopo l’attuale guerra, dovremo ammettere che l’Asia occupi nel nostro pensiero un posto non solo politicamente ma anche culturalmente uguale a quello che spetta all’Europa. Quali cambiamenti ciò porterà io non so, ma sono convinto che essi saranno profondi e della massima importanza. (Il papato nei secoli oscuri, p. 387)
  • Nel III secolo, e nei secoli successivi alle invasioni barbariche, la civiltà occidentale fu prossima alla totale distruzione. Fu una fortuna che, mentre la teologia era quasi l'unica attività mentale sopravvissuta, il sistema accettato non fosse puramente superstizioso, ma conservasse, per quanto a volte profondamente svirilizzate, dottrine che contenevano molto del lavoro dell'intelletto greco e molta della devozione morale che è comune agli stoici ed ai neoplatonici. (Plotino, p. 407)
  • Dante (1265-1321), pur essendo, come poeta, un grande innovatore, fu, come pensatore, alquanto indietro sui tempi. [...] Il pensiero di Dante è interessante, non solo per sé, ma perché è il pensiero d'un laico; ma non ebbe ripercussioni, ed era inoltre disperatamente fuori moda.
    Marsilio da Padova (1270-1342), al contrario, iniziò la nuova forma di opposizione al papa, in cui l'imperatore svolgeva per lo più un ruolo di dignitosa decorazione. Fu amico intimo di Guglielmo di Occam, di cui influenzò le opinioni politiche. Dal punto di vista politico è più importante di Occam. (Gli scolastici francescani, pp. 611-612)
  • Col ribadire la possibilità di studiare la logica e la conoscenza umana senza far riferimenti alla metafisica e alla teologia, l'opera di Occam incoraggiò la ricerca scientifica.
    Gli agostiniani, diceva, errano quando suppongono che all'inizio le cose fossero inintelligibili e gli uomini inintelligenti e che poi si sia aggiunta una luce proveniente dall'Infinito per mezzo della quale diveniva possibile la conoscenza.
    Concordava in questo con l'Aquinate, ma ne differiva in quelli che sono gli interessi fondamentali, in quanto che l'Aquinate era prima di tutto un teologo, e Occam era prima di tutto un filosofo secolare, almeno per quel che riguarda la logica. (Gli scolastici francescani, p. 618)
  • John Ball, il prete spretato socialista che era uno dei capi della rivolta [dei contadini del 1381], dichiarò la propria ammirazione per Wycliffe[36], il quale ne fu imbarazzatissimo. Ma, essendo stato scomunicato nel 1366, quando Wycliffe era ancora ortodosso, Ball dev'essere arrivato per proprio conto alle sue idee. (Eclissi del papato, p. 631)
  • Spinoza (1637-77) è il più nobile ed il più degno di amore dei grandi filosofi. Se qualcun altro lo ha superato per intelletto, dal punto di vista etico è superiore a tutti. Di conseguenza fu considerato, durante la sua vita e per un secolo dopo la sua morte, un uomo di spaventosa malvagità. Era nato ebreo, ma gli ebrei lo sconfessarono. Nello stesso modo lo respinsero i cristiani: benché tutta la sua filosofia sia dominata dall'idea di Dio, gli ortodossi lo accusarono di ateismo. (Spinoza, p. 745)
  • L'Etica è esposta nello stile di Euclide, con definizioni, assiomi e teoremi: si suppone che quanto viene dopo l'assioma sia rigorosamente dimostrato attraverso un ragionamento deduttivo. Tutto ciò rende difficile la lettura di Spinoza. (Spinoza, p. 748)
  • Spinoza intende liberare gli uomini della tirannide della paura. «Un uomo libero pensa alla morte meno che a qualsiasi altra cosa; e la sua saggezza è una meditazione non sulla morte, ma sulla vita.» Spinoza visse completamente in accordo con il suo precetto. L'ultimo giorno della sua vita era del tutto calmo, non esaltato come Socrate nel Fedone, ma conversava, come avrebbe fatto in qualsiasi altro giorno, intorno a questioni che interessavano il suo interlocutore. A differenza di altri filosofi, non solo credeva alle proprie dottrine, ma le metteva in pratica; non so di nessuna occasione in cui, malgrado le più forti provocazioni, Spinoza si sia abbandonato a quell'animosità o a quell'ira che la sua etica condannava. Nelle controversie era cortese e ragionevole, non insultava mai, e faceva del suo meglio per persuadere. (Spinoza, pp. 751-752)
  • Non si può accettare l'atteggiamento di certi stoici che dicevano: «Cosa ho a che fare io se la mia famiglia soffre? Io posso essere ancora virtuoso». Il principio cristiano: «Amate i vostri nemici» è buono, ma il principio stoico: «Siate indifferenti verso i vostri amici» è cattivo. (Spinoza, p. 757)
  • Spinoza diceva ciò che direbbe un cristiano, ed anche qualcosa di più. Per lui ogni peccato è dovuto all'ignoranza; voleva cioè «perdonare loro perché non sanno quello che fanno». Ma Spinoza indicava come evitare i limitati orizzonti da cui, secondo lui, nasce il peccato, e spingeva, anche dopo le peggiori disgrazie, a non chiudersi nel mondo del proprio dolore. Lo faceva capire mostrando le cose in rapporto alle loro cause e come parti dell'intero ordine della natura. Come abbiamo visto, Spinoza credeva che l'odio potesse essere superato dall'amore. (Spinoza, pp. 758-759)
  • La filosofia, per influsso dell'idealismo tedesco, divenne solipsista, e lo sviluppo della persona fu proclamato principio fondamentale dell'etica. (Il movimento romantico, p. 911)
  • L'uomo non è un animale solitario, e finché perdura la vita in società, la realizzazione di sé non può essere il supremo principio etico. ("Romanticismo)[19]
  • L'idealismo tedesco dopo Kant, come pure la successiva filosofia tedesca, furono [...] profondamente influenzati dalla storia tedesca; molto di ciò che ci sembra strano nella speculazione filosofica tedesca riflette la condizione spirituale di una forte nazione privata, per congiunture storiche, della sua naturale potenza. (Le correnti di pensiero nel diciannovesimo secolo, pp. 958-959)
  • La Prussia [...], benché politicamente predominante, era culturalmente meno avanzata della maggior parte della Germania occidentale: ciò spiega perché molti eminenti tedeschi, compreso Goethe, non si dispiacquero del successo di Napoleone a Jena. (Le correnti di pensiero nel diciannovesimo secolo, p. 959)
  • Il sistema di Schopenhauer è un adattamento di quello di Kant [...]. Schopenhauer conservò la cosa-in-sé, ma la identificò con la volontà. (Schopenhauer, p. 1003)
  • Il vangelo schopenhaueriano della rinuncia non è molto coerente né molto sincero. [...] E neppure è sincera la sua dottrina, se ci è lecito giudicare dalla vita di Schopenhauer. Abitualmente pranzava bene, ad un buon ristorante; ebbe molti amori triviali, sensuali, ma non appassionati; era eccezionalmente litigioso ed avaro fuori dal comune. Una volta lo annoiava una cucitrice di una certa età che stava chiacchierando con una amica fuori della porta del suo appartamento. Egli la gettò giù dalle scale, causandole lesioni permanenti. Ella ottenne una sentenza che lo costringeva a pagarle una certa somma (15 talleri) ogni trimestre finché viveva. Quando alfine ella morì, dopo 20 anni, Schopenhauer annotò nel suo libro dei conti: «Obit anus, abit onus».[37] È difficile trovare nella sua vita prove di una qualunque virtù, tranne l'amore per gli animali, che spinse fino al punto di opporsi alla vivisezione nell'interesse della scienza. Sotto tutti gli altri aspetti era un completo egoista. È difficile credere che un uomo profondamente convinto della virtù dell'ascetismo e della rassegnazione non abbia mai fatto nessun tentativo d'applicare nella pratica le sue convinzioni. (Schopenhauer, pp. 1007-1008)
  • La sua prospettiva [di James Mill] era limitata dalla povertà della sua natura emotiva, ma con tutte le sue limitazioni egli ebbe tuttavia il merito di essere industre, disinteressato e razionale. (Gli utilitaristi, p. 1031)

Storia delle idee del secolo XIX

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L'idealismo è figlio del dolore e della speranza, e perciò raggiunge la sua acme quando un periodo di sventure si avvicina visibilmente alla fine. Al termine di una grande guerra, le speranze degli uomini si riversano su uno tra i vincitori quale possibile campione delle loro mire idealistiche. Dopo la caduta di Napoleone, simile parte fu offerta per acclamazione popolare allo zar Alessandro, il quale la accettò con premura. Bisogna dire che i suoi rivali in questa supremazia morale non erano moralmente troppo formidabili. Erano, tra i sovrani, l'imperatore Francesco I d'Austria, il re Federico Guglielmo III di Prussia, il Principe reggente [Giorgio IV] e Luigi XVIII; tra gli uomini politici, Metternich, Castlereagh e Talleyrand.

Citazioni

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  • [A Metternich], entrato in giovane età al servizio del suo imperatore, fu affidata la politica estera non appena si fu messo bene in mente che ogni mutamento era sgradito al suo padrone. Sollevato dalle responsabilità esterne, Francesco fu libero di concentrarsi sul più congeniale còmpito di regolare l'amministrazione interna del suo Impero. Il sistema giudiziario fu talmente centralizzato che le particolarità del più banale processo venivano a sua conoscenza, ed egli, avendo un debole per queste cose, si interessava perfino della direzione delle esecuzioni. Raramente rivedeva una sentenza, e non esercitò mai la prerogativa della grazia. Non ispirò affetto nei suoi più intimi collaboratori, e fu praticamente sconosciuto al resto del mondo. (cap. 1, p. 14)
  • Federico Guglielmo III, benché le sue truppe si fossero fatte onore, si era acquistato ancor meno stima personale dell'imperatore d'Austria. Mentre l'Austria stava subendo rovesci nel 1805, la Prussia rimaneva spettatrice oscillante, per venire schiacciata l'anno successivo a Jena, dove tutto il prestigio ereditato da Federico il Grande andò perduto in un solo giorno. L'infelice re fu costretto a cercar rifugio nell'estremo lembo orientale dei suoi dominî; e, quando, nel 1807, Alessandro e Napoleone strinsero amicizia a Tilsit, egli inviò la sua graziosa regina a intercedere per lui presso i due imperatori. Napoleone fu irremovibile; ma il galante Alessandro amava vedersi nella parte di campione della bellezza sventurata. [...] La riconoscenza di Federico Guglielmo per Alessandro fu calda e durevole, ma sino alla fine egli continuò a essere malfido, a causa del suo temperamento incerto, meritandosi il disprezzo persino dei suoi più stretti alleati. (cap. 1, pp. 14-15)
  • Nella vita politica, il Principe reggente [Giorgio IV] parteggiava per quanto c'era di più reazionario; nella vita privata, per quanto c'era di più spregevole. [...] Durante tutta la sua vita, per quanto ci è dato sapere, non riuscì mai ad acquistarsi il rispetto di un solo essere umano. (cap. 1, p. 15)
  • Castlereagh [...] era uomo stimabile per il carattere, personalmente disinteressato e imparziale in diplomazia. Non era brillante [...] ma aveva un solido buon senso e meno disposizione all'inganno della maggior parte dei suoi contemporanei. Senza parer tale, era accorto. (cap. 1, p. 20)
  • Il pensiero non è una delle attività naturali dell'uomo; è l'effetto della sofferenza, come un'alta temperatura nella malattia. (cap. 8, p. 115)
  • Per i primi ottant'anni dalla pubblicazione del suo Essay, egli [Malthus] esercitò una grande influenza sull'opinione pubblica; dopo di allora, esercitò influenza sul livello delle nascite, per quanto in una forma che egli avrebbe deplorata. La sua influenza sull'opinione pubblica declinò man mano che cresceva la sua influenza sul livello delle nascite; ma quest'ultima è ancora più importante della prima. Se la grandezza di un uomo va misurata dai suoi effetti sulla vita umana, pochi uomini furono più grandi di Malthus. (cap. 8, p. 126)
  • David Ricardo, a differenza di James Mill, è importante solo per la sua dottrina, non per la sua personalità. A detta di tutti, era un uomo amabile; John Stuart Mill allude ripetutamente a lui come al "più caro amico di suo padre", e dice che "con il suo aspetto benevolo e la gentilezza dei modi, attraeva molto i giovani". (cap. 11, p. 158)
  • [David Ricardo] [...] tanto i socialisti quanto i fautori della tassa unica sul reddito s'ispirarono alle sue dottrine. I socialisti si appellarono alla sua teoria del valore, i fautori della tassa unica alla sua teoria della rendita. In senso più generico, discutendo la distribuzione della ricchezza tra le diverse classi della società, incidentalmente rese evidente che classi diverse possono avere interessi divergenti. Molto in Marx deriva da Ricardo; egli ha perciò duplice importanza: come fonte dell'economia ortodossa, e anche come involontario progenitore dell'eresia. (cap. 11, p. 158)
  • L'opinione che la metafisica abbia qualche peso sulle questioni pratiche, è, a mio giudizio, una prova di inettitudine logica. (cap. 18, p. 293)
  • Ogni qualvolta la metafisica riesce veramente utile nel raggiungere una conclusione, ciò avviene perché la conclusione non può essere raggiunta con mezzi scientifici, cioè perché non esiste nessuna buona ragione per supporla vera. Quel che può essere conosciuto, può essere conosciuto senza metafisica, e tutto quello che ha bisogno della metafisica per la sua dimostrazione, non può essere dimostrato. (cap. 18, pp. 293-294)
  • La teoria di Marx del plusvalore è semplice nei suoi lineamenti essenziali, ma complicata nei particolari. Egli sostiene che un lavoratore salariato produce beni corrispondenti in valore al suo salario per una parte della sua giornata lavorativa, che spesso suppone sia circa la metà, e che nel rimanente della giornata lavorativa produce beni che diventano proprietà del capitalista, sebbene questi non abbia dovuto in nessun modo pagare. Così il salariato produce più di quello per cui è pagato; il valore di questo prodotto addizionale è ciò che Marx chiama "plusvalore". Dal plusvalore derivano i profitti, le rendite, le decime, le tasse: in una parola, ogni cosa tranne i salari. (cap. 19, p. 299)
  • Il "commodoro" Vanderbilt era già un vecchio di sessantanove anni quando la guerra lo portò a interessarsi delle strade ferrate; fino allora i suoi trionfi erano stati sull'acqua. [...] Come concorrente, era spietato; qualche volta rovinò i suoi rivali riducendo fortemente i noli; qualche volta estorse forti somme come prezzo della sua astensione dalla concorrenza. [...[ Vedendo che far viaggiare le navi era vantaggioso, e che non farle viaggiare lo era ancora di più, non fa meraviglia che la sua ricchezza aumentasse. (cap. 26, p. 442)
  • Il radicale che creda alla concorrenza è condannato alla sconfitta in ogni conflitto con le concentrazioni economiche moderne. La loro forza è simile a quella degli eserciti, e lasciarle nelle mani di privati è altrettanto disastroso che lasciare in mani private gli eserciti. Le organizzazioni economiche su vasta scala dei tempi moderni sono un frutto inevitabile della tecnica moderna, e la tecnica tende sempre più a rendere rovinosa la concorrenza. La soluzione, per coloro che non vogliano essere schiacciati, sta nella statizzazione delle organizzazioni che dànno il potere economico. Finché questo potere si trovi in mani private, l'apparente eguaglianza offerta dalla democrazia politica è poco più di una impostura. (cap. 26, p. 457)
  • Due uomini furono i principali creatori del mondo moderno: Rockefeller e Bismarck. L'uno nell'economia, l'altro nella politica, rovinarono il sogno liberale di un'universale felicità raggiunta attraverso la concorrenza individuale, sostituendovi il monopolio e lo Stato considerato come una corporazione, o almeno dei movimenti verso queste forme. L'importanza di Rockefeller non sta nelle sue idee, che erano quelle dei suoi contemporanei, ma nell'aver compreso in maniera puramente pratica il tipo di organizzazione che gli avrebbe permesso di diventare ricco. Per opera sua, la tecnica produsse una rivoluzione sociale; ma non si può dire che egli volesse le conseguenze sociali delle sue azioni. (cap. 27, pp. 458-459)
  • John [Davison Rockefeller] era un ragazzo serio, attento, timido; amava la madre, e ne assimilò le virtù. Divenne profondamente religioso, membro di una società di temperanza; non fumava, non disse mai parolacce, per grande che potesse essere la provocazione. Si narra di lui che per tutta la vita "parlò sottovoce, camminò senza rumore e fu umile". C'è da domandarsi se, in tutti i suoi novantacinque anni di vita, egli abbia mai fatto una cosa che sarebbe stata disapprovata dalla sua scuola domenicale. (cap. 27, p. 460)
  • Carnegie non speculò mai, e non fu mai a corto di contanti. Appena divenne padrone di sé, rivelò un forte odio per la finanza, e non volle aver niente a che fare con i metodi della borsa. Pose come regola assoluta che nessuno dei suoi soci speculasse, se poteva impedirlo, e fu irremovibile su questo punto anche con i suoi impiegati più fidi. Egli era un puro industriale; guadagnò il suo denaro fabbricando e vendendo acciaio, non con manipolazioni finanziarie. (cap. 27, pp. 481-482)
  • In politica Carnegie era repubblicano, ma negli affari monarchico. Era un autocrate nei suoi stabilimenti e non sarebbe entrato in accordi o compromessi di nessun genere con le ditte rivali. Egli godeva della concorrenza, e nella battaglia era completamente spietato. All'interno della sua città teneva d'occhio tutti quelli che si mostravano promettenti, e li faceva entrare in lizza per i suoi favori; i più meritevoli diventavano soci. (cap. 27, p. 482)
  • Nonostante il suo immenso potere, Morgan non fu affatto l'uomo più ricco del suo tempo. Quando morì, possedeva 68 milioni di dollari. Egli dominò il mondo della finanza non tanto per mezzo del suo denaro privato, quanto per la sua capacità di ispirare fiducia negli altri. In lui, era personificato il credito. Egli intraprese per primo l'organizzazione del potere del denaro d'America e di vaste parti d'Europa, così da promuovere un'attività concorde negli interessi generali del capitale. (cap. 27, pp. 495-496)
  • Dopo essersi conquistato l'approvazione del mondo col sopprimere gli Arabi che facevano razzie di schiavi, il regale filantropo [Leopoldo II del Belgio] prese a introdurre nei suoi domini un regale governo. Da uomo moderno fino in fondo, istituì un sistema di socialismo di Stato, il più spinto che sia mai esistito; e, in conformità con le opinioni moderne, sembra abbia sostenuto che il socialismo non dovrebbe avere a che fare con le sciocchezze sulla democrazia. Promulgò decreti, in base ai quali tutta la terra, tutta la gomma e tutto l'avorio dovevano essere proprietà dello Stato: vale a dire di lui. Era fatto divieto agli indigeni vendere gomma o avorio agli Europei, e per gli Europei comprare l'una e l'altro dagli indigeni. Mandò poi una circolare segreta ai suoi funzionari, spiegando che "non dovevano trascurare mezzo alcuno di sfruttamento del prodotto delle foreste", e che riceverebbero un premio su tutta la gomma e l'avorio, premio che era forte quando il costo della raccolta era basso, e tenue quando era alto. (cap. 31, pp. 583-584)
  • Leopoldo II [del Belgio], per sostenere la tesi che le atrocità [nel Congo] erano state commesse contro i suoi desiderî, fu costretto a nominare una commissione di tre giuristi imparziali, per far luce sulle accuse; e, sebbene pubblicasse solo un frammento del loro rapporto, ciò che ne fu lasciato conoscere dimostrò chiaramente che le accuse erano ben fondate. Finalmente, nel 1908, L'Europa, facendo uso dell'autorità conferitale dal congresso di Berlino, privò il re del Congo e lo consegnò al Belgio, con l'intesa che il sistema di sfruttamento da parte del re doveva cessare. In questo periodo, re Leopoldo aveva finito con l'essere evitato dai monarchi suoi fratelli, a causa della sua crudeltà verso i Negri e della sua debolezza con le ballerine. (cap. 31, pp. 588-589)
  • Non si deve pensare che Rhodes fosse un puro e semplice arraffatore di denaro; al contrario, egli meditava molto sui profondi problemi del destino umano. Dopo un po' di esitazione, decise che l'esistenza e la non-esistenza di Dio sono egualmente probabili; anticipando il Will to Believe (Volontà di credere) di William James, sentì che non si doveva essere indecisi su un tale problema, e stabilì di adottare, in pratica, l'ipotesi che un Dio esista. Il passo successivo fu quello di determinare lo scopo di Dio nel creare l'universo. Qui Rhodes incontrò minori difficoltà. "Evidentemente Iddio stava cercando di creare il tipo di umanità più adatto a portare pace, libertà e giustizia al mondo, e a far prevalere questo tipo. Una sola razza, così gli sembrava, si avvicinava al tipo ideale di Dio: la razza anglosassone; quindi, lo scopo di Dio era di rendere predominante la razza anglosassone, e il modo migliore per aiutare l'opera di Dio ed eseguire le Sue intenzioni nel mondo, era di contribuire al predominio della razza anglosassone, e così rendere più prossimo il regno della giustizia, della libertà e della pace[38]". (cap. 31, p. 602-603)

Incipit di alcune opere

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I fondamenti della geometria

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Durante i secoli XVII e XVIII, nella guerra contro l'empirismo, la geometria rimase la fortezza inespugnalbile degli idealisti. Quanti sostenevano – posizione in genere diffusa sul Continente – fosse possibile una qualche conoscenza del mondo reale indipendente dall'esperienza, non dovevano far altro che indicare la geometria; nessuno, se non un pazzo, dicevano, ne avrebbe messo in dubbio la validità, e nessuno se non uno sciocco ne avrebbe negato il riferimento oggettivo. Gli Empiristi inglesi, in questa faccenda, avevano quindi un compito piuttosto difficile; dovevano o ignorare il problema o se, come Hume e Mill, si avventuravano all'assalto, venivano indotti ad affermare il paradosso apparente che la geometria, in fondo, non aveva nessuna certezza di tipo diverso dalla meccanica – soltanto la presenza continua delle impressioni spaziali, sostenevano, rende la nostra esperienza della verità degli assiomi tanto estesa da sembrare certezza assoluta.

I principi della matematica

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La matematica pura è l'insieme di tutte le proposizioni della forma «p implica q», dove p e q sono proposizioni che contengono una o più variabili, né pq contenendo costanti che non siano costanti logiche. Le costanti logiche sono concetti che si possono definire in funzione di: implicazione, relazione di un termine ad una classe di cui è membro, nozione di tale che, nozione di relazione, ed ogni altro concetto implicito nella nozione generale delle proposizioni della forma precedente. Oltre a questi, la matematica usa un concetto che non fa parte delle proposizioni che essa considera, vale a dire la nozione di verità.

I problemi della filosofia

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C'è niente al mondo di così evidente, che nessuna persona sensata possa dubitarne? Questa domanda, a prima vista facile, è in realtà una delle più difficili che ci siano.
[citato in Fruttero & Lucentini, Íncipit, Mondadori, 1993]

Introduzione alla filosofia matematica

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La matematica è una disciplina che, anche a partire dall'aspetto più semplice, può essere sviluppata in due direzioni opposte. La direzione più familiare è quella costruttiva che si sviluppa con una complessità gradualmente crescente; dai numeri interi alle frazioni, ai numeri reali, ai numeri complessi; dall'addizione e dalla moltiplicazione alla differenziazione ed alla integrazione, fino alla matematica superiore. L'altra direzione, che è meno comune, procede, per analisi, ad una nascente astrazione e semplicità logica; invece di ricercare quel che può essere definito e dedotto dalle asserzioni iniziali, cerca i concetti ed i princìpi più generali, nei cui termini quello che era il punto di partenza può essere definito o dedotto. È proprio il fatto di percorrere questa opposta direzione che distingue la filosofia matematica dalla matematica ordinaria.

L'analisi della mente

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Ci sono alcuni avvenimenti che siamo soliti chiamare «mentali». Fra questi possiamo considerare tipici il credere e il desiderare. L'esatta definizione della parola «mentale» emergerà, spero, man mano che si andrà avanti con le lezioni; per il momento, io intenderò con essa tutti quegli avvenimenti che verrebbero chiamati mentali nel linguaggio comune. In queste lezioni desidero analizzare il più a fondo possibile quel che veramente succede quando, per esempio, crediamo o desideriamo.

Citazioni su Bertrand Russell

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  • Caro collega, molte grazie per la sua interessante lettera del 16 giugno. Mi compiaccio che lei concordi con me su molti punti. La sua scoperta della contraddizione mi ha causato la massima sorpresa e, direi quasi, costernazione, perché ha scosso le basi sulle quali intendevo costruire l'aritmetica. Il secondo volume dei miei Principi sta per uscire. Dovrò certamente aggiungere un'appendice che tenga conto della sua scoperta. Se solo sapessi come! (Gottlob Frege)
  • I grandi spiriti hanno sempre incontrato la violenta ostinazione delle menti mediocri. La mente mediocre è incapace di comprendere chi, rifiutando di inchinarsi ciecamente ai pregiudizi convenzionali, scelga invece di esprimere le proprie opinioni con coraggio e onestà.[39] (Albert Einstein)
  • La lucidità, la convinzione e l'imparzialità che nei Suoi libri Lei applica alle questioni logiche, filosofiche e umane non hanno parallelo nella nostra generazione. (Albert Einstein)

Note

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  1. Da Power: A New Social Analysis, 1938, cap. 18: "The Taming of Power".
  2. Citato in G.J. Whitrow, Einstein: The Man and His Achievement, Dover, New York, 1967, p. 90; citato in Albert Einstein, Pensieri di un uomo curioso (The Quotable Einstein), a cura di Alice Calaprice, prefazione di Freeman Dyson, traduzione di Sylvie Coyaud, Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 1997, p. 180. ISBN 88-04-47479-3
  3. Citato in The New Leader, 30 maggio 1955; citato in Albert Einstein, Pensieri di un uomo curioso (The Quotable Einstein), a cura di Alice Calaprice, prefazione di Freeman Dyson, traduzione di Sylvie Coyaud, Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 1997, p. 180. ISBN 88-04-47479-3
  4. Citato nel documentario Tv7 – Bertrand Russell, Rai Storia, 18 maggio 2011.
  5. Da L'autobiografia, Longanesi, 1969, p. 261; citato in Edward Johnson, Vita, morte e animali, in Aa. Vv., Etica e animali, Liguori, 1998, p. 125. ISBN 88-207-2686-6
  6. Da The Problem of China, George Allen & Unwin, Londra, 1922.
  7. Da Introduction to Mathematical Philosophy.
  8. Da Mysticism and Logic and Other Essays, 1918, cap. 5: Mathematics and the Metaphysicians.
  9. Da Introduction to Mathematical Philosophy.
  10. Citato in AA.VV., Il libro della filosofia, traduzione di Daniele Ballarini e Anna Carbone, Gribaudo, 2018, p. 107. ISBN 9788858014165
  11. Da un'intervista alla BBC nel programma Face to Face, 1959; visibile su YouTube.
  12. Da Perché non sono cristiano, Longanesi, 2006 (1960); citato in La vita retta da "Perché non sono cristiano" di Bertrand Russell, Riflessioni.it.
  13. a b Citato in Alan Wood, Bertrand Russell, lo scettico appassionato.
  14. a b c d e f g h Citato in Elena Spagnol, Enciclopedia delle citazioni, Garzanti, Milano, 2009. ISBN 9788811504894
  15. Da Scienza e religione, traduzione di Paolo Vittorelli, TEA, 2014, p. 67. ISBN 9788850233854
  16. Da The Triumph of Stupidity, 1933-05-10.
  17. Da Saggi impopolari.
  18. a b Da Misticismo e logica, IV.
  19. a b c d Citato in Dizionario delle citazioni, a cura di Italo Sordi, BUR, 1992. ISBN 88-17-14603-X
  20. a b Citato in Luigi Preti, Morale e politica, La Fiera Letteraria, settembre 1967.
  21. Da Misticismo e logica.
  22. Da If Animals Could Talk, 1932; citato in Paulo Pinto de Albuquerque, I diritti umani in una prospettiva europea: opinioni concorrenti e dissenzienti (2011-2015), a cura di Davide Galliani, Giappichelli, Torino, 2016, p. 76. ISBN 978-88-921-0420-4
  23. Da Religione e scienza.
  24. Da Is There a God?, 1952, commissionato (ma mai pubblicato) dalla rivista Illustrated.
  25. Da On Denoting. Citato in Come funziona la filosofia, a cura di Marcus Weeks, traduzione di Daniele Ballarini, Gribaudo, 2020, p. 88. ISBN 9788858025598
  26. Da L'ABC della Relatività.
  27. Citato in G.J. Whitrow, Einstein: The Man and His Achievement, Dover, New York, 1967, p. 22; citato in Albert Einstein, Pensieri di un uomo curioso (The Quotable Einstein), a cura di Alice Calaprice, prefazione di Freeman Dyson, traduzione di Sylvie Coyaud, Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 1997, p. 180. ISBN 88-04-47479-3
  28. Da Autobiografia.
  29. Da una lettera; citato in Brian F. McGuinness, Wittgenstein. Il giovane Ludwig (1889-1921) (Young Ludwig, 1889-1921), traduzione di Rodolfo Rini, Il Saggiatore, 1990.
  30. Da La conoscenza umana. Le sue possibilità e i suoi limiti, traduzione di Camillo Pellizzi, Longanesi, Milano.
  31. Da Scienza e Religione, Tea, Milano, 1994.
  32. a b c d Bertrand Russell, In praise of idleness, George Allen & Unwin Ltd., London, 1935, trad. it. di Elisa Marpicati, "Elogio dell’ozio", in Elogio dell’ozio, Longanesi, Milano, 2004, pp. 9-26.
  33. Da Perché non sono cristiano, traduzione di Tina Buratti Cantarelli, Longanesi, Milano, 1972, p. 43.
  34. "Psicologia e politica".
  35. Citato in Bart Kosko, Il fuzzy pensiero.
  36. John Wycliffe, o Wyclif (1331–1384), filoso scolastico, teologo e riformatore inglese.
  37. «La vecchia muore, il debito cessa».
  38. Basil Williams, Life of Cecil Rhodes (La vita di C. R.), p. 50. [N.d.A., p. 603]
  39. In merito alle polemiche seguite al conferimento di un incarico accademico a Bertrand Russell alla City University di New York

Bibliografia

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  • Bertrand Russell, Bertrand Russell dice la sua (Bertrand Russell Speaks His Mind, 1960), traduzione di Adriana Pellegrini, Longanesi & C., Milano, 1968.
  • Bertrand Russell, I fondamenti della geometria (An Essay on the Foundations of Geometry, 1897), traduzione di Ada Bonfirraro, Newton Compton, Roma, 1975. BNI S9-7446
  • Bertrand Russell, I principi della matematica (The Principles of Mathematics, 1903), traduzione di Enrico Carone e Maurizio Destro, Newton Compton Italiana, Roma, 1971. BNI S6-476
  • Bertrand Russell, Introduzione alla filosofia matematica (Introduction to Mathematical Philosophy, 1919), traduzione di Enrico Carone, Newton Compton, Roma, 1978 (1970).
  • Bertrand Russell, L'analisi della mente (The Analysis of Mind, 1921), traduzione di Jean Sanders e Leonardo Breccia, Newton Compton, Roma, 1969. BNI 70-4730
  • Bertrand Russell, La conquista della felicità (The Conquest of Happiness, 1930), traduzione di Giuliana Pozzo Galeazzi, Longanesi & C., Milano, 1969.
  • Bertrand Russell, La conquista della felicità, traduzione di Giuliana Pozzo Galeazzi, Longanesi & C., Milano, 2014. ISBN 9788830440302
  • Bertrand Russell, La saggezza dell'Occidente: panorama storico della filosofia occidentale nei suoi sviluppi sociali e politici (Wisdom of the West: A Historical Survey of Western Philosophy in its Social & Political Setting, 1959), traduzione di Luca Pavolini, Longanesi, Milano, 1978.
  • Bertrand Russell, Matrimonio e morale (Marriage and Morals, 1929), traduzione di Gianna Tornabuoni, Longanesi & C., Milano 1966.
  • Bertrand Russell, Perché non sono cristiano (Why I Am Not a Christian, 1927), traduzione di Tina Buratti Cantarelli, TEA, 1999.
  • Bertrand Russell, Ritratti a memoria (Portraits from Memories and other Essays); traduzione di Raffaella Pellizzi, Coll. I super pocket n. 210, Milano: Longanesi, 1971 (stampa).
  • Bertrand Russell, Saggi impopolari, traduzione di Aldo Visalberghi, La nuova Italia, Firenze, 1950.
  • Bertrand Russell, Storia della filosofia occidentale (History of Western Philosophy, 1945), traduzione di Luca Pavolini, Longanesi, Milano, 1966.
  • Bertrand Russell, Storia delle idee del secolo XIX, traduzione di Clara Maturi Egidi, Mondadori, Milano, 1968.
  • Bertrand Russell, In praise of idleness, George Allen & Unwin Ltd., London, 1935, trad. it. di Elisa Marpicati, Elogio dell’ozio, Longanesi, Milano, 2004.

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