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Lenin: differenze tra le versioni

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*Colui che attende una rivoluzione sociale pura non la vedrà mai; egli è un rivoluzionario a parole che non capisce la vera rivoluzione.<ref>Da ''Opere complete'', Editori Riuniti, Roma, 1966; citato in [[Luciano Gruppi]], ''Il concetto di egemonia in Gramsci'', Editori Riuniti, Roma, 1977.</ref>
*Colui che attende una rivoluzione sociale pura non la vedrà mai; egli è un rivoluzionario a parole che non capisce la vera rivoluzione.<ref>Da ''Opere complete'', Editori Riuniti, Roma, 1966; citato in [[Luciano Gruppi]], ''Il concetto di egemonia in Gramsci'', Editori Riuniti, Roma, 1977.</ref>
*Compagni! La rivoluzione degli operai e dei contadini, che da sempre i bolscevichi hanno ritenuto una necessità, è compiuta!<ref>Dalla ''Seduta del Soviet dei Deputati Operai e Soldati di Pietrogrado'', 25 ottobre (7 novembre) 1917; pubblicata nell'Izvestia del CEC, n. 207, 26 ottobre 1917.</ref>
*Compagni! La rivoluzione degli operai e dei contadini, che da sempre i bolscevichi hanno ritenuto una necessità, è compiuta!<ref>Dalla ''Seduta del Soviet dei Deputati Operai e Soldati di Pietrogrado'', 25 ottobre (7 novembre) 1917; pubblicata nell'Izvestia del CEC, n. 207, 26 ottobre 1917.</ref>
*Da noi si guarda la cooperazione con disprezzo, non comprendendo l'importanza esclusiva che ha la cooperazione, dal punto di vista del passaggio a un ordine nuovo per la via più semplice, facile e accessibile ai contadini.<ref>Da ''Le cooperative sotto il socialismo'', in ''Opere scelte'', Editori riuniti, 1965.</ref>
*Da noi si guarda la cooperazione con disprezzo, non comprendendo l'importanza esclusiva che ha la cooperazione, anzitutto, dal punto di vista di principio (i mezzi di produzione appartengono allo Stato), in secondo luogo dal punto di vista del passaggio a un ordine nuovo per la via più ''semplice, facile e accessibile ai contadini''.<ref>Da ''Sulla cooperazione'', I, 4 gennaio 1923; pubblicato per la prima volta sulla ''Pravda'', nn. 115 e 116, 26 e 27 maggio 1923; in ''Opere scelte'', vol. XXXIII (agosto 1921 - marzo 1923), traduzione di Bernardino Bernardini, Editori Riuniti, Roma, 1967, p. 429.</ref>
*Dal punto di vista delle condizioni economiche dell'imperialismo, ossia dell'esportazione del capitale e della divisione del mondo da parte delle potenze coloniali «progredite» e «civili», gli Stati uniti d'Europa in regime capitalistico sarebbero o impossibili o reazionari.<ref name=europa>Da ''Sulla parola d'ordine degli Stati uniti d'Europa'', ''Sotsial-Demokrat'', n. 14, 23 agosto 1915; in ''Opere complete'', vol. XXI (agosto 1914 - dicembre 1915), traduzione di Rossana Platone, Editori Riuniti, Roma, 1966, pp. 311-314.</ref>
*Dal punto di vista delle condizioni economiche dell'imperialismo, ossia dell'esportazione del capitale e della divisione del mondo da parte delle potenze coloniali «progredite» e «civili», gli Stati uniti d'Europa in regime capitalistico sarebbero o impossibili o reazionari.<ref name=europa>Da ''Sulla parola d'ordine degli Stati uniti d'Europa'', ''Sotsial-Demokrat'', n. 14, 23 agosto 1915; in ''Opere complete'', vol. XXI (agosto 1914 - dicembre 1915), traduzione di Rossana Platone, Editori Riuniti, Roma, 1966, pp. 311-314.</ref>
*Dopo aver letto con enorme interesse e con attenzione mai venuta meno il libro di [[John Reed]] ''Dieci giorni che sconvolsero il mondo'', raccomando di cuore quest'opera agli operai di tutti i paesi. Vorrei che questo libro fosse diffuso a milioni di esemplari e tradotto in tutte le lingue, poiché esso fornisce una rappresentazione veritiera e straordinariamente viva di avvenimenti che sono così importanti per comprendere che cos'è la rivoluzione proletaria, che cos'è la dittatura del proletariato. Questi problemi sono attualmente largamente dibattuti, ma prima di accettare o respingere queste idee, è indispensabile capire tutta la portata della decisione da prendere. Il libro di John Reed contribuirà a chiarire questo che è il problema fondamentale del movimento operaio internazionale.<ref>Dalla prefazione a John Reed, ''Dieci giorni che sconvolsero il mondo'', scritta alla fine del 1919 e pubblicata per la prima volta nel 1923; in ''Opere complete'', vol. XXXVI (''Supplementi alla IV edizione''), traduzione di Giuseppe Garritano, Editori Riuniti, Roma, 1969, pp. 375-376.</ref>
*Dopo aver letto con enorme interesse e con attenzione mai venuta meno il libro di [[John Reed]] ''Dieci giorni che sconvolsero il mondo'', raccomando di cuore quest'opera agli operai di tutti i paesi. Vorrei che questo libro fosse diffuso a milioni di esemplari e tradotto in tutte le lingue, poiché esso fornisce una rappresentazione veritiera e straordinariamente viva di avvenimenti che sono così importanti per comprendere che cos'è la rivoluzione proletaria, che cos'è la dittatura del proletariato. Questi problemi sono attualmente largamente dibattuti, ma prima di accettare o respingere queste idee, è indispensabile capire tutta la portata della decisione da prendere. Il libro di John Reed contribuirà a chiarire questo che è il problema fondamentale del movimento operaio internazionale.<ref>Dalla prefazione a John Reed, ''Dieci giorni che sconvolsero il mondo'', scritta alla fine del 1919 e pubblicata per la prima volta nel 1923; in ''Opere complete'', vol. XXXVI (''Supplementi alla IV edizione''), traduzione di Giuseppe Garritano, Editori Riuniti, Roma, 1969, pp. 375-376.</ref>

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Lenin nel 1916

Vladimir Il'ič Ul'janov detto Lenin (1870 – 1924), rivoluzionario e pensatore politico russo.

Citazioni di Lenin

  • [Sull'armistizio del 1917] Abbiamo alzato ora la bandiera bianca della resa; innalzeremo più tardi, su tutto il mondo, la bandiera rossa della nostra rivoluzione.[1]
  • Ci siamo uniti, in virtù di una decisione liberamente presa, allo scopo di combattere i nostri nemici.[2]
  • Colui che attende una rivoluzione sociale pura non la vedrà mai; egli è un rivoluzionario a parole che non capisce la vera rivoluzione.[3]
  • Compagni! La rivoluzione degli operai e dei contadini, che da sempre i bolscevichi hanno ritenuto una necessità, è compiuta![4]
  • Da noi si guarda la cooperazione con disprezzo, non comprendendo l'importanza esclusiva che ha la cooperazione, anzitutto, dal punto di vista di principio (i mezzi di produzione appartengono allo Stato), in secondo luogo dal punto di vista del passaggio a un ordine nuovo per la via più semplice, facile e accessibile ai contadini.[5]
  • Dal punto di vista delle condizioni economiche dell'imperialismo, ossia dell'esportazione del capitale e della divisione del mondo da parte delle potenze coloniali «progredite» e «civili», gli Stati uniti d'Europa in regime capitalistico sarebbero o impossibili o reazionari.[6]
  • Dopo aver letto con enorme interesse e con attenzione mai venuta meno il libro di John Reed Dieci giorni che sconvolsero il mondo, raccomando di cuore quest'opera agli operai di tutti i paesi. Vorrei che questo libro fosse diffuso a milioni di esemplari e tradotto in tutte le lingue, poiché esso fornisce una rappresentazione veritiera e straordinariamente viva di avvenimenti che sono così importanti per comprendere che cos'è la rivoluzione proletaria, che cos'è la dittatura del proletariato. Questi problemi sono attualmente largamente dibattuti, ma prima di accettare o respingere queste idee, è indispensabile capire tutta la portata della decisione da prendere. Il libro di John Reed contribuirà a chiarire questo che è il problema fondamentale del movimento operaio internazionale.[7]
  • Finché le donne non saranno chiamate, non soltanto alla libera partecipazione alla vita politica generale, ma anche al servizio civico permanente o generale, non si potrà parlare non solo di socialismo, ma neanche di democrazia integrale e duratura.[8][9]
  • Fino a quando gli uomini non avranno imparato a discernere, sotto qualunque frase, dichiarazione e promessa morale, religiosa, politica e sociale, gli interessi di queste o quelle classi, essi in politica saranno sempre, come sono sempre stati, vittime ingenue degli inganni e delle illusioni.[10]
  • Fra un secolo tra i popoli civilizzati non ci sarà altra forma di governo [se non quella dell'URSS]. Tuttavia, credo che continuerà a sussistere, sotto le macerie delle attuali istituzioni, la gerarchia cattolica, perché in essa si effettua sistematicamente l'educazione di coloro i quali hanno il compito di guidare gli altri. Non nascerà alcun vescovo o papa, come finora è nato un principe, un re o un imperatore, perché per diventare un capo, una guida, nella Chiesa cattolica, è necessario aver già dato prova di capacità. È in questa saggia disposizione la grande forza morale del cattolicesimo, che da 2000 anni resiste a tutte le tempeste e rimarrà invincibile anche in futuro.[11]
  • I giacobini nel 1973 erano i rappresentanti della classe più rivoluzionaria del XVIII secolo, degli strati poveri della città e della campagna. Contro questa classe che aveva già fatto giustizia nei fatti e (non a parole) del suo monarca, dei suoi grandi proprietari fondiari, della sua borghesia moderata con i mezzi più rivoluzionari, compresa la ghigliottina, contro questa classe veramente rivoluzionaria del XVIII secolo fecero guerra i nemici coalizzati dell'Europa.[12]
  • I giacobini del 1973 sono entrati nella storia come un grande esempio di lotta veramente rivoluzionaria contro la classe degli sfruttatori da parte della classe dei lavoratori e degli oppressi, impadronitasi di tutto il potere statale.[12]
  • I riformisti cercano, mediante elemosine, di dividere e ingannare gli operai, di distoglierli dalla lotta di classe.[13]
  • I tribunali devono non già abolire il terrore – una simile promessa sarebbe illusoria, – bensì, all'opposto, sancire il terrore in linea di principio, in modo chiaro e netto, senza ipocrisie e senza orpelli. Bisogna che le formulazioni del principio del terrore siano il più possibile ampie, giacché soltanto la legalità e la coscienza rivoluzionarie fisseranno le condizioni in maniera più o meno ampia, della sua applicazione.[14]
  • Il capo dell'opportunismo, Bernstein, si è già guadagnato una triste celebrità accusando il marxismo di blaquismo, e gli opportunisti attuali che gridano al blanquismo, in sostanza non rinnovano e non «arrichiscono» affatto le già povere «idee» di Bernstein.[15]
  • Il governo degli operai e dei contadini, sorto dalla rivoluzione del 24 e del 25 ottobre e che si appoggia sui Soviet dei delegati degli operai, dei soldati e dei contadini, propone a tutti i popoli belligeranti e ai loro governi di cominciare immediatamente le trattative per una pace giusta e democratica. Il governo intende per pace giusta e democratica... la pace immediata senza annessioni, cioè senza conquista di territori stranieri, senza annessioni forzate di altre nazionalità, e senza contribuzioni.[16]
  • Il kulak detesta furiosamente il potere sovietico ed è pronto a strangolare e a massacrare centinaia di migliaia di operai. Sappiamo perfettamente che i kulak, se riuscissero a vincere, massacrerebbero centinaia di migliaia di operai, alleandosi con i grandi proprietari fondiari e i capitalisti, restaurando per gli operai il lavoro forzato, abolendo la giornata lavorativa di otto ore, riconducendo le fabbriche e le officine sotto il giogo dei capitalisti. [...] Dappertutto i kulak, avidi, rapaci, crudeli, hanno fatto causa comune con i grandi proprietari fondiari e i capitalisti contro gli operai e contro i poveri in generale. Dappertutto i kulak hanno fatto i conti con la classe operaia con inverosimile crudeltà. Dappertutto essi si sono alleati con i capitalisti stranieri contro gli operai del proprio paese. [...] Nessun dubbio è possibile. Il kulak è un feroce nemico del potere sovietico. O i kulak sgozzeranno un gran numero di operai, o gli operai schiacceranno implacabilmente le rivolte dei kulak, dei rapinatori, che sono una minoranza, contro il potere dei lavoratori. Non ci possono essere vie di mezzo. La pace è impossibile: si può, e persino facilmente, riconciliare il kulak con il grande propietario fondiario, con lo zar e con il prete, anche se prima erano venuti a lite fra loro, ma non lo si può mai riconciliare con la classe operaia.
    Ecco perché diciamo che la lotta contro i kulak è la lotta finale, decisiva. Ciò non significa che non possano esserci ripetute rivolte di kulak o ripetute crociate del capitalismo straniero contro il potere sovietico. Le parole «lotta finale» significano che si è sollevata contro di noi, nel nostro paese, l'ultima e la più numerosa delle classi sfruttatrici.
    I kulak sono gli sfruttatori più feroci, più brutali, più selvaggi, che hanno restaurato più d'una volta, come attesta la storia di altri paesi, il potere dei grandi propietari fondiari, degli zar, dei preti e dei capitalisti.[17]
  • Il marxismo ha aperto la via a uno studio universale, completo, del processo di origine, di sviluppo e di decadenza delle formazioni economico-sociali, considerando l'insieme di tutte le tendenze contraddittorie, riconducendole alle condizioni esattamente determinabili di vita e di produzione delle varie classi della società, eliminando il soggettivo e l'arbitrario nella scelta di singole idee direttive o nella loro interpretazione, scoprendo nella condizione delle forze materiali di produzione le radici di tutte le idee e di tutte le varie tendenze senza eccezione alcuna.[18]
  • Il riformismo è l'inganno borghese degli operai che, nonostante i parziali miglioramenti, restano sempre schiavi salariati finché esiste il dominio del capitale.[13]
  • [...] il socialismo non è altro che il passo avanti che segue immediatamente il monopolio capitalistico di Stato. O, in altre parole: il socialismo non è altro che il monopolio capitalistico di Stato messo al servizio di tutto il popolo e che, in quanto tale, ha cessato di essere monopolio capitalistico.[19]
  • In qualsiasi paese capiti l'operaio cosciente, in qualsiasi parte lo spinga il destino, per quanto straniero egli possa sentirsi, senza la propria lingua, senza amici, lontano dalla patria, egli può trovarsi amici e compagni al canto famigliare dell'Internazionale.
    Gli operai di tutti i paesi hanno ripreso il canto del poeta proletario, combattente nella loro avanguardia, e ne hanno fatto l'inno proletario mondiale.
    E gli operai di tutto i paesi rendono oggi onore a Eugène Pottier. Sua moglie e sua figlia vivono oggi in povertà, come visse per tutta la sua vita l'autore dell'Internazionale. [...] Pottier era nato da famiglia povera e per tutta la vita restò un povero, un proletario, guadagnandosi il pane come operaio spedizioniere e poi come disegnatore di stoffe.[20]
  • In tutto il mondo capitalistico la libertà di stampa è la libertà di comprare i giornali, di comprare gli scrittori, di corrompere, di comprare e di fabbricare «l'opinione pubblica» a favore della borghesia. [...] La borghesia (in tutto il mondo) è ancora più forte di noi, e di molte volte. Darle in più un'arma come la libertà di organizzazione politica ( = libertà di stampa, poiché la stampa è il centro e la base dell'organizzazione politica), significa facilitare il compito al nemico, aiutare il nemico di classe.
    Non vogliamo suicidarci, e quindi non lo faremo.
    Vediamo chiaramente questo fatto: la «libertà di stampa» significa in realtà l'acquisto immediato da parte della borghesia internazionale di centinaia e di migliaia di scrittori cadetti, socialisti-rivoluzionari e menscevichi contro di noi e l'organizzazione della loro propaganda, della loro lotta contro di noi.
    È un fatto. «Essi» sono più ricchi di noi e compreranno una «forza» dieci volte maggiore della forza di cui disponiamo noi.[21]
  • In una guerra effettivamente nazionale, le parole "difesa della patria" non sono affatto un inganno, e noi non siamo contrari a questa guerra.[22]
  • L'8 novembre 1887 gli operai parigini accompagnarono al cimitero del Père-Lachaise, dove sono sepolti i comunardi fucilati, la bara di Eugène Pottier. La polizia provocò dei tumulti, strappando la bandiera rossa. Una folla enorme partecipò ai funerali civili. Da tutte le parti si levava il grido: «Viva Pottier!»
    Pottier morì in miseria. Ma lasciava dietro di sé un monumento veramente imperituro. Egli fu uno dei più grandi propagandisti per mezzo della canzone. Quando egli compose la sua prima canzone, gli operai socialisti si contavano, tutt'al più, a decine. Oggi lo storico inno di Eugène Pottier è conosciuto da decine di milioni di proletari...[20]
  • L'antisemitismo è il socialismo degli imbecilli.[23]
  • L'imperialismo è il capitalismo giunto a quella fase di sviluppo, in cui si è formato il dominio dei monopoli e del capitale finanziario, l'esportazione di capitale ha acquistato grande importanza, è cominciata la ripartizione del mondo tra i trust internazionali, ed è già compiuta la ripartizione dell'intera superficie terrestre tra i più grandi paesi capitalistici.[24]
  • L'ineguaglianza dello sviluppo economico e politico è una legge assoluta del capitalismo. Ne risulta che è possibile il trionfo del socialismo dapprima in alcuni paesi o anche in un solo paese capitalistico preso separatamente.[6]
  • L'ora della rivoluzione differisce dalle ore abituali, comuni, dalle ore che preparano la storia, appunto perché lo stato d'animo, l'effervescenza, la convinzione delle masse devono tradursi e si traducono in azione.[25]
  • La borghesia liberale, porgendo con una mano le riforme, con l'altra mano le ritira sempre, le riduce a nulla, se ne serve per asservire gli operai, per dividerli in gruppi isolati, per perpetuare la schiavitù salariata dei lavoratori. Il riformismo, perfino quando è del tutto sincero, si trasforma quindi di fatto in uno strumento di corruzione borghese e di indebolimento degli operai. L'esperienza di tutti i paesi dimostra che prestando fede ai riformisti gli operai hanno sempre finito con l'essere gabbati.[13]
  • La concezione del mondo degli anarchici è la concezione borghese capovolta. Le loro teorie individualistiche, il loro ideale individualistico sono diametralmente opposti al socialismo. [...] La loro tattica, che si riduce alla negazione della lotta politica, divide i proletari e in realtà li trasforma in compartecipi passivi di questa o quella politica borghese, poiché un'effettiva astensione dalla politica è per i lavoratori impossibile e irrealizzabile.[26]
  • La disperazione è caratteristica di coloro che non comprendono le cause del male, non vedono vie d'uscita e non sono in grado di combattere.
Отчаяние свойственно тем, кто не понимает причин зла, не видит выхода, не способен бороться.[27]
  • La dittatura del proletariato, se si traduce quest'espressione latina, scientifica, storico-filosofica, in un linguaggio più semplice, ecco che cosa significa: solo una classe determinata, e precisamente gli operai delle città e, in generale, gli operai di fabbrica e di officina, gli operai industriali, sono in grado di dirigere tutta la massa dei lavoratori e degli sfruttati nella lotta per abbattere il giogo del capitale, di dirigerli nel corso del suo abbattimento, nella lotta per mantenere e consolidare la vittoria, nella creazione di un nuovo regime sociale, di un regime socialista, in tutta la lotta per la soppressione completa delle classi.[28]
  • La dittatura del proletariato è la forma particolare dell'alleanza di classe tra il proletariato, avanguardia dei lavoratori, e i numerosi strati non proletari di lavoratori (piccola borghesia, piccoli proprietari, contadini, intellettuali, ecc.), o la maggioranza di essi, alleanza diretta contro il capitale, alleanza che ha per scopo il rovesciamento completo del capitale, lo schiacciamento completo della resistenza della borghesia e dei suoi tentativi di restaurazione, alleanza che ha per scopo l'instaurazione e il consolidamento definitivi del socialismo.[29]
  • La matematica può esplorare la quarta dimensione e il mondo di ciò che è possibile, ma lo zar può essere rovesciato solo nella terza dimensione.[30]
  • La più democratica delle repubbliche borghesi non è mai stata altro, e non poteva essere altro, che una macchina per l'oppressione capitalistica dei lavoratori, uno strumento del potere politico del capitale, la dittatura della borghesia. La repubblica democratica borghese prometteva il potere alla maggioranza, proclamava il potere della maggioranza, ma non ha mai potuto attuarlo, data l'esistenza della proprietà privata della terra e dei degli altri mezzi di produzione.
    La «libertà» nella repubblica democratica borghese era, di fatto, la libertà per i ricchi.[31]
  • La potenza del capitale è tutto, la Borsa è tutto, mentre il parlamento, le elezioni, sono un gioco di marionette, di pupazzi...[32]
  • [Sul settimanale The Economist] La rivista dei milionari inglesi [...] segue una linea assai istruttiva nei confronti della guerra. I rappresentanti del capitale avanzato del più vecchio e più ricco paese capitalistico piangono amaramente sulla guerra ed esprimono incessantemente voti di pace. [...] [The Economist] è per la pace[33] proprio perché teme la rivoluzione.[34]
  • La rivoluzione è la festa degli oppressi e degli sfruttati.[25]
  • La vittoria apparterrà solo a coloro che hanno fede nel popolo, quelli che sono immersi nella primavera della creatività popolare.[35]
  • Le radici della religione moderna affondano nell'oppressione sociale delle masse lavoratrici.[36]
  • Ma in realtà l'esperienza dimostra che basta possedere il quaranta per cento di tutte le azioni per dominare l'andamento degli affari di una società per azioni, giacché una parte dei piccoli azionisti, disseminati qua e là, non ha la possibilità di intervenire alle assemblee generali, ecc.[24]
  • Monopoli, oligarchia, tendenza al dominio anziché alla libertà, sfruttamento di un numero sempre maggiore di nazioni piccole e deboli per opera di un numero sempre maggiore di nazioni più ricche o potenti: sono le caratteristiche dell'imperialismo, che ne fanno un capitalismo parassitario e putrescente.[24]
  • Nello stesso modo che una svolta nella vita di un qualunque individuo è, per lui, piena di ammaestramenti e gli fa vivere e sentire molte cose, così la rivoluzione dà in poco tempo a tutto il popolo gli insegnamenti più sostanziali e preziosi.[37]
  • Nessuna ricchezza può recare vantaggio ai capitalisti se non trovano degli operai disposti ad applicare il loro lavoro agli strumenti e ai materiali che essi posseggono e a produrre nuove ricchezze. Quando gli operai sono isolati gli uni dagli altri di fronte ai padroni, rimangono degli autentici schiavi e lavorano eternamente per un tozzo di pane per conto di un uomo a loro estraneo, rimangono eternamente dei salariati docili e muti. Ma quando gli operai proclamano insieme le loro rivendicazioni e rifiutano di sottomettersi a colui che ha il portafoglio gonfio, allora essi cessano di essere degli schiavi, diventano degli uomini, cominciano ad esigere che il loro lavoro non serva soltanto ad arricchire un pugno di parassiti, ma dia la possibilità a coloro che lavorano di vivere da uomini.[38]
  • Nessuno è colpevole di essere nato schiavo. Ma lo schiavo al quale non solo sono estranee le aspirazioni alla libertà, ma che giustifica e dipinge a colori rosei la sua schiavitù [...], un tale schiavo è un lacchè e un bruto che desta un senso legittimo di sdegno, di disgusto e ripugnanza.[39]
  • Non c'è altra via verso il socialismo se non attraverso la democrazia, attraverso la libertà politica.[40]
  • Non è di slanci isterici che abbiamo bisogno, ma dei passi misurati dei ferrei battaglioni del proletariato.[41]
  • Non è serio, in politica, contare sulle convinzioni, la devozione e le belle qualità dell'anima.[42]
  • Non è tutt'oro quel che riluce. Le frasi di Trotsky sono molto luccicanti e sonore, ma non hanno contenuto.[43]
  • Non giocare mai con l'insurrezione. Ma quando la si inizia, mettersi bene in testa che bisogna andare sino in fondo.[44]
  • Non siamo pacifisti. Siamo avversari della guerra imperialista per la spartizione del bottino fra i capitalisti, ma abbiamo sempre affermato che sarebbe assurdo che il proletariato rivoluzionario ripudiasse le guerre rivoluzionarie che possono essere necessarie nell'interesse del socialismo.[45]
  • Non urlate tanto sul cinismo! Il cinismo non sta nelle parole che descrivono la realtà ma nella realtà stessa.[46]
  • Ogni cuoco deve imparare a governare lo stato.[47]
  • Paul Levi vuole conquistarsi le simpatie della borghesia – e, conseguentemente, dei suoi agenti, la Seconda Internazionale e l'Internazionale due e mezzo – pubblicando proprio le opere di Rosa Luxemburg in cui ella aveva torto. A ciò noi rispondiamo citando poche righe di una vecchia favola russa: a volte un'aquila può volare più in basso di una gallina, ma una gallina non può mai salire tanto in alto quanto un'aquila. Rosa Luxemburg errò nella questione dell'indipendenza polacca; errò nel 1903 nel valutare il menscevismo; errò nella teoria dell'accumulazione del capitale; errò quando nel luglio 1914 si batté con Plechanov, Vandervelde, Kautsky e altri per l'unificazione dei bolscevichi con i menscevichi; errò nei suoi scritti dal carcere nel 1918 (anche se in gran parte ella stessa corresse i propri errori dopo essere uscita dal carcere, alla fine del 1918 e al principio del 1919). Ma nonostante tutti questi errori era e rimane un'aquila: e non solo la sua memoria rimarrà sempre cara ai comunisti del mondo intero, ma anche la sua biografia e l'edizione integrale delle sue opere [...] costituiranno una lezione molto utile nell'educazione di molte generazioni di comunisti del mondo intero.[48]
  • Per fare una frittata bisogna rompere delle uova.[49]
  • Quando avremo vinto alla scala mondiale, con l'oro si faranno gli orinatoi delle grandi città.[50]
  • Quanto più forte è l'influenza dei riformisti sugli operai, tanto più impotenti questi sono, tanto più dipendono dalla borghesia, tanto più per questa è facile ridurre a nulla, con diversi sotterfugi, le riforme. Quanto più il movimento operaio è autonomo, profondo, largo di prospettive, quanto più esso è libero dalla grettezza del riformismo, tanto meglio gli operai riusciranno a consolidare e a utilizzare singoli miglioramenti.[13]
  • Se non si adotta in Russia una base tecnica superiore a quella del passato, non si può neanche parlare di sviluppo dell'economia nazionale e di comunismo. [Slogan comunisti] Il comunismo è il potere sovietico più l'elettrificazione di tutto il paese, perché senza elettrificazione è impossibile sviluppare l'industria.[51]
  • [Sulla pace] Senza annessioni né indennità.[52]
  • Si chiama antisemitismo la diffusione dell'odio contro gli ebrei. Quando la maledetta monarchia zarista viveva i suoi ultimi giorni, essa cercava di aizzare contro gli ebrei gli operai e i contadini ignoranti. La polizia zarista, alleata ai grandi proprietari fondiari e ai capitalisti, organizzava pogrom antiebraici. I grandi proprietari fondiari e i capitalisti cercavano di indirizzare contro gli ebrei l'odio degli operai e dei contadini estenuati dalla miseria. Anche in altri paesi capita spesso di vedere che i capitalisti attizzano l'odio contro gli ebrei per gettar polvere negli occhi all'operaio e distogliere il suo sguardo dal vero nemico dei lavoratori, il capitale. L'odio contro gli ebrei si mantiene saldamente solo dove il giogo dei grandi proprietari fondiari e dei capitalisti ha generato la profonda ignoranza degli operai e dei contadini. Soltanto gente completamente ignorante, completamente abbrutita può credere alle menzogne e alle calunnie diffuse contro gli ebrei. Sono residui della vecchia epoca feudale, in cui i preti facevano bruciare gli eretici sul rogo, i contadini erano servi, il popolo era schiacciato e muto. Questo vecchio oscurantismo feudale sta sparendo. Il popolo incomincia a vedere chiaro. Non sono gli ebrei i nemici dei lavoratori. I nemici degli operai sono i capitalisti di tutti i paesi. Fra gli ebrei vi sono operai, lavoratori: questi sono la maggioranza. Sono nostri fratelli oppressi dal capitale, nostri compagni di lotta per il socialismo. Fra gli ebrei vi sono kulak, sfruttatori, capitalisti, come ve ne sono fra i russi, come ve ne sono in tutte le nazioni. I capitalisti si sforzano di seminare e attizzare l'odio tra gli operai di diversa fede, di diversa nazionalità, di diversa razza. Chi non lavora si mantiene con la forza e col potere del capitale. I ricchi ebrei, come i ricchi russi, come i ricchi di tutti i paesi, sono alleati gli uni agli altri, schiacciano, opprimono, spogliano, dividono gli operai. Vergogna allo zarismo maledetto che ha torturato e perseguitato gli ebrei. Infamia e disonore su coloro che seminano l'odio contro gli ebrei, che seminano l'odio contro le altre nazioni. Viva la fiducia fraterna e l'alleanza degli operai di tutte le nazioni nella lotta per l'abbattimento del capitale.[53]
  • [Il potere sovietico] soffoca la libertà degli sfruttatori e dei loro accoliti, strappa loro la «libertà» di sfruttare, la «libertà» di speculare sulla fame, la «libertà» di lottare per la restaurazione del potere del capitale, la «libertà» di un'intesa con la borghesia straniera contro gli operai e i contadini del loro paese.
    I Kautsky difendano pure una simile libertà. Per farlo bisogna essere un rinnegato del marxismo, un rinnegato del socialismo.[31]
  • Soltanto dei mascalzoni o dei semplicioni possono credere che il proletariato debba prima conquistare la maggioranza alle elezioni effettuate sotto il giogo della borghesia, sotto il giogo della schiavitù salariata, e poi conquistare il potere. È il colmo della stupidità o dell'ipocrisia; ciò vuol dire sostituire alla lotta di classe e alla rivoluzione le elezioni fatte sotto il vecchio regime, sotto il vecchio potere.[54]
  • Tutta l'esperienza della storia moderna e, in particolare, la lotta rivoluzionaria del proletariato di tutti i paesi, sviluppatasi per più di cinquant'anni, dopo la pubblicazione del Manifesto comunista, dimostrano inconfutabilmente che la concezione marxista del mondo è la sola espressione giusta degli interessi, delle opinioni e della cultura del proletariato rivoluzionario.[55]
  • Un prete cattolico che violenti fanciulle... è molto meno pericoloso per la democrazia di un prete senza abiti sacri, un prete senza religione grossolana, un prete ideale e democratico che predica la creazione di un nuovo Dio. Poiché smascherare il primo prete è facile, non è difficile condannarlo e scacciarlo – ma il secondo non si lascia scacciare così semplicemente; è mille volte più difficile smascherarlo, e nessun piccolo borghese " Fragile e incostante" si dichiarerà disposto a condannarlo.[56]
  • Uno schiavo che non ha coscienza di essere schiavo e che non fa nulla per liberarsi, è veramente uno schiavo. Ma uno schiavo che ha coscienza di essere schiavo e che lotta per liberarsi già non è più schiavo, ma uomo libero.[57]

Attribuite

  • Ci sono decenni in cui non succede nulla e ci sono settimane in cui sembrano passati decenni.[58]
[Citazione errata] Forse ispirata da questo passaggio del Compito principale dei nostri giorni (11 marzo 1918): «In pochi giorni noi abbiamo distrutto una delle monarchie più antiche, più potenti, più barbare e più feroci. In pochi mesi abbiamo attraversato una serie di tappe dalla politica di conciliazione con la borghesia al superamento delle illusioni piccolo-borghesi, compiendo un percorso per il quale altri paesi hanno speso decenni.»[59]
  • In Italia, compagni, c'era un solo socialista capace di guidare il popolo alla rivoluzione: Mussolini. Ebbene, voi lo avete perduto e non siete capaci di ricuperarlo![60]
  • [Su Gabriele D'Annunzio] L'unico rivoluzionario in Italia.[61]
  • Tutto ciò che è utile alla rivoluzione è morale.[62]

Che fare?

  • Dal momento che non si può parlare di una ideologia indipendente, elaborata dalle stesse masse operaie nel corso del loro movimento, la questione si può porre solamente così: o ideologia borghese o ideologia socialista. Non c'è via di mezzo (poiché l'umanità non ha creato una «terza» ideologia e, d'altronde, in una società dilaniata dagli antagonismi di classe, non potrebbe mai esistere una ideologia al di fuori o al di sopra delle classi). Perciò ogni diminuzione dell'ideologia socialista, ogni allontanamento da essa implica necessariamente un rafforzamento dell'ideologia borghese.[9]
  • È molto più difficile impadronirsi di una decina di teste forti che non di un centinaio di imbecilli.[63]
  • In un'organizzazione numerosa una stretta clandestinità è impossibile. Come conciliare la necessità di avere molti iscritti e insieme una severa clandestinità?[...]Con la legalizzazione noi non possiamo risolvere il problema di creare un'organizzazione professionale che sia la meno clandestina e la più larga possibile. A noi resta la via delle organizzazioni professionali segrete e dobbiamo aiutare con tutte le nostre forze gli operai che già si mettono su questa strada. Le organizzazioni professionali possono essere utilissime non solo per sviluppare e consolidare la lotta economica, ma offrono inoltre un aiuto prezioso per l'agitazione politica e per l'organizzazione rivoluzionaria. (pp. 168, 170[64])
  • L'organizzazione degli operai deve innanzitutto essere professionale, poi essere la più vasta possibile e infine essere la meno clandestina possibile. Al contrario, l'organizzazione dei rivoluzionari deve comprendere prima di tutto e principalmente uomini la cui azione sia rivoluzionaria. [...] Per questa caratteristica comune ai membri dell'organizzazione nessuna distinzione deve assolutamente esistere fra operai e intellettuali, e a maggior ragione nessuna distinzione sulla base di mestiere. Tale organizzazione necessariamente non deve essere molto estesa e deve essere quanto più clandestina è possibile. (p. 166 [64])
  • Nei paesi politicamente liberi la differenza fra l'organizzazione tradunionista e l'organizzazione politica è evidente, come è evidente la differenza fra i sindacati e la socialdemocrazia. [...] Le organizzazioni operaie per la lotta economica devono essere organizzazioni tradunioniste. Ogni operaio socialdemocratico deve, per quanto gli è possibile sostenerle e lavorarvi attivamente. (pp. 166, 167[64])
  • Se per un socialdemocratico il concetto di "lotta politica"coincide con il concetto di "lotta economica contro i padroni e contro il governo", è naturale che per lui "l'organizzazione dei rivoluzionari" coincida più o meno con "l'organizzazione degli operai". E ciò effettivamente accade agli economisti, sicché, discutendo con costoro sull'organizzazione parliamo letteralmente due linguaggi diversi. [...] La lotta politica della socialdemocrazia è molto più vasta e complessa della lotta economica degli operai contro i padroni e contro il governo. Perimenti (e per questa ragione) l'organizzazione di un partito socialdemocratico rivoluzionario deve necessariamente essere distinta dall'organizzazione degli operai per la lotta economica. ("Che fare, problemi scottanti del nostro movimento"[64]
  • Senza teoria rivoluzionaria non vi può essere movimento rivoluzionario.[65]

Stato e rivoluzione

  • Le classi dominanti hanno sempre ricompensato i grandi rivoluzionari, durante la loro vita, con incessanti persecuzioni; la loro dottrina è stata sempre accolta con il più selvaggio furore, con l'odio più accanito e con le più impudenti campagne di menzogne e di diffamazioni. Ma, dopo morti, si cerca di trasformarli in icone inoffensive, di canonizzarli, per così dire, di cingere di una certa aureola di gloria il loro nome, a "consolazione" e mistificazione delle classi oppresse, mentre si svuota del contenuto la loro dottrina rivoluzionaria, se ne smussa la punta, la si avvilisce. La borghesia e gli opportunisti in seno al movimento operaio si accordano oggi per sottoporre il marxismo a un tale "trattamento". (cap. I, 1)
  • Lo Stato è il prodotto e la manifestazione degli antagonismi inconciliabili tra le classi. (cap. I, 1)
  • La repubblica democratica è il migliore involucro politico possibile per il capitalismo; per questo il capitale, dopo essersi impadronito [...] di questo involucro - che è il migliore - fonda il suo potere in modo talmente saldo, talmente sicuro, che nessun cambiamento, né di persone, né di istituzioni, né di partiti nell'ambito della repubblica democratica borghese può scuoterlo. (cap. I, 3)
  • Noi siamo per la repubblica democratica, in quanto essa è, in regime capitalista, la forma migliore di Stato per il proletariato, ma non abbiamo il diritto di dimenticare che la sorte riservata al popolo, anche nella più democratica delle repubbliche borghesi, è la schiavitù salariata. (cap. I, 3)
  • Marxista è soltanto colui che estende il riconoscimento della lotta delle classi sino al riconoscimento della dittatura del proletariato. (cap. II, 3)
  • In realtà, questo periodo è inevitabilmente un periodo di lotta di classe di un'asprezza inaudita, un periodo in cui le forme di questa lotta diventano quanto mai acute, e quindi anche lo Stato di questo periodo deve essere uno Stato democratico in modo nuovo (per i proletari e i non possidenti in generale), e dittatoriale in modo nuovo (contro la borghesia). (cap. II, 3)
  • In Marx non v'è un briciolo di utopismo; egli non inventa, non immagina una società "nuova". No, egli studia, come un processo di storia naturale, la genesi della nuova società che sorge dall'antica, le forme di transizione tra l'una e l'altra. Egli si basa sui fatti, sull'esperienza del movimento proletario di massa e cerca di trarne insegnamenti pratici. (cap. III, 3)
  • Il proletariato ha bisogno dello Stato solo per un certo periodo di tempo. Quanto all'abolizione dello Stato, come fine, noi non siamo affatto in disaccordo con gli anarchici. Affermiamo che per raggiungere questo fine è indispensabile utilizzare temporaneamente, contro gli sfruttatori, gli strumenti, i mezzi e i metodi del potere statale, così com'è indispensabile, per sopprimere le classi, stabilire la dittatura temporanea della classe oppressa. (cap. IV, 2)
  • [...] aspirando al socialismo, abbiamo la convinzione che esso si trasformerà in comunismo, e che scomparirà quindi ogni necessità di ricorrere in generale alla violenza contro gli uomini, alla sottomissione di un uomo a un altro, di una parte della popolazione a un'altra, perché gli uomini si abitueranno a osservare le condizioni elementari della convivenza sociale senza violenza e senza sottomissione. (cap. IV, 6)
  • La democrazia non si identifica con la sottomissione della minoranza alla maggioranza. La democrazia è uno Stato che riconosce la sottomissione della minoranza alla maggioranza, cioè l'organizzazione della violenza sistematicamente esercitata da una classe contro un'altra, da una parte della popolazione contro l'altra. (cap. IV, 6)
  • Lo sviluppo progressivo, cioè l'evoluzione verso il comunismo, avviene passando per la dittatura del proletariato e non può avvenire altrimenti, poiché non v'è nessun'altra classe e nessun altro mezzo che possa spezzare la resistenza dei capitalisti sfruttatori. (cap. V, 2)
  • La società capitalistica non ci offre dunque che una democrazia tronca, miserabile, falsificata, una democrazia per i soli ricchi, per la sola minoranza. La dittatura del proletariato, periodo di transizione verso il comunismo, istituirà per la prima volta una democrazia per il popolo, per la maggioranza, accanto alla repressione necessaria della minoranza, degli sfruttatori. Solo il comunismo è in grado di dare una democrazia realmente completa; e quanto più sarà completa, tanto più rapidamente diventerà superflua e si estinguerà da sé. (cap. V, 2)
  • Lo speciale apparato, la macchina speciale di repressione, lo "Stato", è ancora necessario, ma è già uno Stato transitorio, non più lo Stato propriamente detto, perché la repressione di una minoranza di sfruttatori da parte della maggioranza degli schiavi salariati di ieri è cosa relativamente così facile, semplice e naturale, che costerà molto meno sangue di quello che è costata la repressione delle rivolte di schiavi, di servi e di operai salariati, costerà molto meno caro all'umanità. (cap. V, 2)
  • Lo Stato potrà estinguersi completamente quando la società avrà realizzato il principio: "Ognuno secondo le sue capacità; a ognuno secondo i suoi bisogni", cioè quando gli uomini si saranno talmente abituati a osservare le regole fondamentali della convivenza sociale e il lavoro sarà diventato talmente produttivo ch'essi lavoreranno volontariamente secondo le loro capacità. (cap. V, 4)

La rivoluzione proletaria e il rinnegato Kautsky

  • Kautsky prende del marxismo ciò che è accettabile per i liberali, per la borghesia (la critica del Medioevo, la funzione storica progressiva del capitalismo in generale e della democrazia capitalistica in particolare), e getta a mare, tace e nasconde tutto ciò che del marxismo è inaccettabile per la borghesia (la violenza rivoluzionaria del proletariato contro la borghesia per l'annientamento di quest'ultima). Ecco perché, per la sua posizione oggettiva, qualunque possa essere la sua convinzione soggettiva, Kautsky è inevitabilmente un lacchè della borghesia.
  • La dittatura è un potere che poggia direttamente sulla violenza e non è vincolato da nessuna legge.
    La dittatura rivoluzionaria del proletariato è un potere conquistato e sostenuto dalla violenza del proletariato contro la borghesia, un potere non vincolato da nessuna legge.
  • La democrazia borghese, benché sia stata un grande progresso storico in confronto al Medioevo, rimane sempre — e sotto il capitalismo non può non rimanere — limitata, monca, falsa, ipocrita, un paradiso per i ricchi, una trappola e un inganno per gli sfruttati, i poveri. Questa verità, che costituisce la parte essenziale della dottrina di Marx, non è stata capita dal «marxista» Kautsky.

L'estremismo, malattia infantile del comunismo

  • Il capitalismo lascia inevitabilmente in eredità al socialismo, da un lato, le vecchie distinzioni professionali e corporative tra gli operai, distinzioni che si sono stabilite attraverso i secoli, i sindacati, che possono svilupparsi e si svilupperanno solo con molta lentezza, nel corso di vari anni, in sindacati di produzione (che abbraccia interi rami di produzione e non soltanto una corporazione, un mestiere, una professione), più larghi e meno corporativi. In seguito, attraverso questi sindacati di produzione, si passerà alla soppressione della divisione del lavoro tra gli uomini, all'educazione, preparazione, istruzione, di uomini sviluppati e preparati in tutti i sensi, di uomini che sapranno fare tutto. A ciò tende il comunismo, a questo deve tendere e arriverà, ma solo dopo un lungo periodo di anni. Tentare oggi anticipare praticamente questo futuro risultato del comunismo pienamente sviluppato, pienamente consolidato, pienamente dispiegato e maturo è come voler insegnare la matematica superiore ad un bambino di quattro anni. (p. 40)
  • Partecipare ai parlamenti borghesi? I comunisti tedeschi «di sinistra», con il massimo disprezzo e con la massima leggerezza, rispondono negativamente a questa domanda. I loro argomenti? [...] «Bisogna respingere con la massima energia... qualsiasi ritorno alle forme di lotta del parlamentarismo, che sono storicamente e politicamente superate...»
    Ciò è detto in modo pretestuoso fino al ridicolo ed è manifestamente falso. «Ritorno» al parlamentarismo! Forse esiste già in Germania la repubblica dei soviet? Non sembra! Come si può parlare allora di «ritorno»? Non è questa una frase vuota?
    Il parlamentarismo è «storicamente superato». Questo è vero sul piano della propaganda. Ma ognuno sa che da questo al superamento pratico c'è ancora molta distanza. [...] È chiaro che in Germania il parlamentarismo non è ancora politicamente superato. È chiaro che i «sinistri» in Germania, hanno scambiato il loro desiderio, la loro posizione ideale e politica, per una realtà oggettiva. Questo è l'errore più pericoloso per dei rivoluzionari. (pp. 46-48)
  • [...] il compagno Bordiga e i suoi amici «di sinistra» dalla loro giusta critica nei confronti di Turati e soci traggono la falsa conclusione che, in genere, ogni partecipazione al parlamento sia dannosa.
    I «sinistri» italiani non possono addurre neanche un argomento serio a sostegno di tale opinione. (p. 104)
  • Con il potere sovietico, un numero molto più altro di intellettuali borghesi si intrufolerà nel vostro e nel nostro partito proletario. Costoro si infiltreranno nei soviet, nei tribunali, nell'amministrazione, perché il comunismo non si può costruire in altro modo se non con il materiale umano del capitalismo, perché non si possono mettere al bando ed eliminare gli intellettuali borghesi, e bisogna vincerli, rifarli, trasformarli, rieducarli, [...] (p. 106)

Lettera al Congresso

  • In primo luogo propongo di elevare il numero dei membri del CC portandolo ad alcune decine o anche un centinaio. [...] penso che ciò sia necessario e per elevare l'autorità del CC, e per evitare conflitti che piccoli gruppi del CC possano avere una importanza troppo spoporzionata per le sorti di tutto il partito. [...] Una tale riforma aumenterebbe notevolmente la solidità del nostro partito e faciliterebbe la lotta che esso deve condurre in mezzo a Stati nemici e che, a mio parere, potrà e dovrà acuirsi fortemente nei prossimi anni. Io penso che la stabilità del nostro partito guadagnerebbe enormemente da tale provvedimento. (23 dicembre 1922; pp. 427 sg.)
  • Il nostro partito si fonda due classi, e sarebbe perciò possibile la sua instabilità, e inevitabile il suo crollo, se tra queste due classi non potesse sussistere un'intesa. In questo caso sarebbe inutile prendere questi o quei provvedimenti e in generale discutere della stabilità del nostro CC. [...] Io penso che, da questo punto di vista, fondamentali per la questione della stabilità siano certi membri del CC come Stalin e Trotski. I rapporti tra loro, secondo me, rappresentano una buona metà del pericolo di quella scissione, che potrebbe essere evitata e ad evitare la quale, a mio parere, dovrebbe servire l'aumento del numero dei membri del CC a 50 a 100 persone. (24 dicembre 1922; p. 428)
  • Il compagno Stalin, divenuto segretario generale, ha concentrato nelle sue mani un immenso potere, e non sono sicuro che egli sappia servirsene con sufficiente prudenza. D'altro canto il compagno Trotski [...] si distingue non solo per le sue eminenti capacità. Personalmente egli è forse il più capace tra i membri dell'attuale CC, ma ha anche una eccesiva sicurezza di sé e una tendenza eccessiva a considerare il lato puramente amministrativo dei problemi. (24 dicembre 1922; p. 429)
  • Non continuerò a caratterizzare gli altri membri del CC secondo le loro qualità personali. Ricordo soltanto l'episodio di cui sono stati protagonisti nell'ottobre Zinoviev e Kamenev[66] non fu certamente casuale, ma d'altra parte non glielo si può ascrivere personalmente a colpa, così come il non bolscevismo a Trotski[67]. (24 dicembre 1922; p. 429)
  • Bukharin non è soltanto un validissimo e importantissimo teorico del partito, ma è considerato anche, giustamente, il prediletto di tutto il partito, ma le sue concezioni teoriche con grandissima perplessità possono essere considerate pienamente marxiste, poiché in lui vi è qualcosa di scolastico (egli non ha mai appreso, e penso, mai compreso pienamente la dialettica). (24 dicembre 1922; p. 429)
  • Stalin è troppo grossolano, e questo difetto, del tutto tollerabile nell'ambiente e nei rapporti tra noi comunisti, diventa intollerabile nella funzione di segretario generale. Perciò propongo ai compagni di pensare alla maniera di togliere Stalin da questo incarico e di designare al suo posto un altro uomo che, a parte tutti gli altri aspetti, si distingua dal compagno Stalin solo per una migliore qualità, quella cioè di essere più tollerante, più leale, più cortese e più riguardoso verso i compagni, meno capriccioso, ecc. Questa circostanza può apparire una piccolezza insignificante. Ma io penso che, dal punto di vista dell'impedimento di una scissione e di quanto ho scritto sopra sui rapporti tra Stalin e Trotski, non è una piccolezza, ovvero è una piccolezza che può avere un'importanza decisiva. (4 gennaio 1923; p. 430)

Citazioni su Lenin

  • Ad onta della sua conclamata ortodossia, Lenin non era affatto un marxista ortodosso: potremmo addirittura dire che per quanto riguarda i lineamenti teorici essenziali non era nemmeno un marxista. Si servì spesso della metodologia di Marx e sfruttò la dialettica per giustificare le conclusioni che aveva già raggiunto con l'intuizione, ma ignorò il punto centrale dell'ideologia di Marx, quello relativo all'inevitabilità storica della rivoluzione. Lenin non credeva nel determinismo, bensì nell'importanza decisiva della volontà umana, di una in particolare: la sua. (Paul Johnson)
  • Al di fuori della Russia Lenin e Engels non sono ovviamente dei pensatori scientifici apprezzati e non potrebbe interessare a nessuno confutarli come tali. Può darsi che lo stesso sia in Russia, ma lì nessuno si azzarda a dirlo. (Albert Einstein)
  • Al tempo della guerra mondiale | in una cella del carcere italiano di San Carlo | pieno di soldati arrestati, di ubriachi e di ladri, | un soldato socialista incise sul muro col lapis copiativo: | viva Lenin! | Su, in alto, nella cella semibuia, appena visibile, ma | scritto in maiuscole enormi. | Quando i secondini videro, mandarono un imbianchino con un secchio di calce | e quello, con un lungo pennello, imbiancò la scritta minacciosa. | Ma siccome, con la sua calce, aveva seguito soltanto i caratteri | ora c'è scritto nella cella, in bianco: | viva Lenin! | Soltanto un secondo imbianchino coprì il tutto con più largo pennello | sì che per lunghe ore non si vide più nulla. Ma al mattino, | quando la calce fu asciutta, ricomparve la scritta: | viva Lenin! | Allora i secondini mandarono contro la scritta un muratore armato di coltello. | E quello raschiò una lettera dopo l'altra, per un'ora buona. | E quand'ebbe finito, c'era nella cella, ormai senza colore | ma incisa a fondo nel muro, la scritta invincibile: | viva Lenin! | E ora levate il muro! Disse il soldato. (Bertolt Brecht)
  • Allora con modesto | vestito e berretto operaio, | entrò il vento, | entrò il vento del popolo. | Era Lenin. | Cambiò la terra, l'uomo, la vita. | L'aria libera rivoluzionaria | scompigliò le carte | disonorate. Nacque una patria | che non ha smesso di crescere. | È grande come il mondo, ma entra | fin nel cuore del più | piccolo | lavoratore di fabbrica o di ufficio, | di agricoltura o imbarcazione. | Era l'Unione Sovietica. (Pablo Neruda)
  • Che Lenin avrebbe attaccato con violenza la revisione del pensiero di Marx operata da Bernstein era ovvio; è evidente, tuttavia, che non lo fece perché pensava che Bernstein avesse torto, bensì perché temeva che Bernstein potesse avere ragione. (Robert Conquest)
  • Ci sono mille idee che nascono dalla storia dei tempi, da Spartaco alla Comune di Parigi, ancora prima a Thomas Müntzer, agli anabattisti. Hanno tutti perso. Ad un certo punto il modello di partito leninista, che racchiude in sé, nella pratica e nella teoria, il massimo della democrazia possibile, il centralismo democratico, e la massima efficacia possibile, l'unità esterna nei confronti dell'avversario, del nemico, è riuscito a cambiare il mondo. Quell'uomo [Lenin] è riuscito a costruire uno Stato che è diventato la seconda potenza del mondo, che per un secolo intero ha cambiato il mondo. (Marco Rizzo)
  • Dal marxismo Lenin prese il materialismo dogmatico, l'etica del relativismo di classe, e gli elementi dell'autoritarismo rivoluzionario (la «dittatura del proletariato») mentre ne trascurava le caratteristiche evolutive, come quelle democratiche. Nella composizione che ne risultò, i germi del totalitarismo si potevano trovare in abbondanza. (Michael Karpovich)
  • Di chi era quel nome: Lenin? Di un uomo emerso dalla storia. La guerra era stata la sua levatrice. Dai solchi sanguinosi degli odi umani egli era nato. (Alfredo Panzini)
  • "È arrivato Lenin, adesso sì che si incomincia!" "Qualcosa succederà; è arrivato Lenin!" "Leninista" – ecco che cosa adesso rappresenta la tormenta e la paura – bolscevico. (Aleksej Michajlovič Remizov)
  • Forse Lenin ebbe una buona idea quando adottò la nuova politica economica. (Deng Xiaoping)
  • In vita, Lenin non fu mai circondato da culti di sorta. Modesto, per niente presuntuoso e soprattutto sobriamente fedele ai suoi ideali, non permise mai che i suoi seguaci gli creassero intorno le nebbie di una leggenda. [...] Fu necessario che Lenin morisse perché potesse nascere il culto di Lenin. (Isaac Deutscher)
  • L'ultracentralismo raccomandato da Lenin ci sembra pervaso in tutto il suo essere non dallo spirito positivo e creatore ma dallo spirito sterile del guardiano notturno. La sua concezione è fondamentalmente diretta a controllare l'attività di partito e non a fecondarla, a restringere il movimento e non a svilupparlo, a soffocarlo e non a unificarlo. (Rosa Luxemburg)
  • La figura di Lenin è un gigante nella storia e le sue idee luminose rappresentano il patrimonio comune dei combattenti rivoluzionari in tutti gli angoli della terra. (Fidel Castro)
  • La grandezza storica di Lenin non va ricercata in un'originalità di pensiero creatore, ma nella sua incomparabile capacità di trasformare un sistema di idee filosofiche ed economiche già esistente in un programma di azione militante. [...] L'uomo Lenin è inevitabilmente fuso col sistema a cui dette vita [...]. Egli fu la dottrina incarnata del marxismo militante, il verbo rivoluzionario fatto carne. (William Henry Chamberlin)
  • Lenin era nel giusto, ma la rivoluzione durò troppo, con le stesse persone, e arrivò Stalin. Io combatto perché questo non accada nel mio Paese. (Lech Walesa)
  • Lenin ha sempre sviluppato i suoi concetti sotto l'impulso di problemi pratici. Ripercorrere l'elaborazione di questi suoi concetti significa perciò ripercorrere un pezzo di storia del movimento sociale russo. (Werner Hofmann)
  • Lenin è stato sfortunato. È nato cent'anni troppo presto. (Arthur Charles Clarke)
  • Lenin fu un capo indiscutibile del proletariato, dirigente, ricercatore, studioso, fondatore, che diede contributi importanti alla costruzione socialista. (Miguel Díaz-Canel)
  • Lenin | ricevette dagli zar | ragnatele e stracci. | Lenin lasciò una eredità | di patria libera e orgogliosa. (Pablo Neruda)
  • Lenin stesso, il più grande realista di tutti i rivoluzionari, soleva dire che non si poteva essere rivoluzionari se non si era un po' sognatori e non si aveva una vena di romanticismo. (Isaac Deutscher)
  • Marx e Lenin costituiscono precisamente quelle due personalità umane che segneranno il passaggio dalla preistoria alla storia dell'umanità. (Fidel Castro)
  • Nelle sue poche pagine su Domenikos Theotokopulos (El Greco e lo sguardo cretese) Nikos Kazantzakis nomina i quattro gradini della propria ascesa iniziatica: Cristo, Buddha, Lenin, Odisseo. Mi fece rabbrividire la presenza indicibilmente incongrua di Lenin, despota sanguinario e apostolo di una religione maledetta, capo di una setta di assassini. Lo vedeva come un angelo liberatore, anche se tutta la sua vita testimoniava il contrario. Il gradino Lenin non serve ad ascendere, ma ad inciampare e precipitare. (Guido Ceronetti)
  • Nessun uomo impersona meglio di lui la trasformazione dell'impulso religioso in volontà di potenza: se fosse vissuto in un'epoca più antica sarebbe sicuramente diventato un capo religioso, o, poiché amava straordinariamente il coraggio, si sarebbe arruolato nelle schiere di Maometto. Ma forse il personaggio a cui più si avvicina è Giovanni Calvino: a lui lo accomuna la fiducia nella validità di una struttura organizzativa, l'abilità di crearla e dirigerla con fermezza, il puritanesimo, la profonda coscienza della propria superiorità, e soprattutto l'intolleranza. (Paul Johnson)
  • Per Lenin, [...], il partito era un gruppo organizzato e disciplinato severamente, guidato da rivoluzionari di professione, pronti a combattere per l'ascesa al potere con ogni mezzo, e che consideravano l'appartenenza al partito come la forza determinante di tutta la loro esistenza. (Waldemar Gurian)
  • Polemico con il tradizionalismo populista, Lenin affermava che le nuove forze sociali dovevano prendere la testa del processo di modernizzazione battendosi per la democrazia rappresentativa e le libertà politiche. Questa analisi sospinse l'economista Lenin a dedicarsi all'azione politica. E fu certamente questa analisi che fece maturare la sua teoria della guida socialista del movimento democratico in un paese contadino. (Umberto Cerroni)
  • Proprio 100 anni dopo la grande rivoluzione d'ottobre le parole di Lenin sono ancora vive e attuali. [...] In questa strada rivoluzionaria camminiamo, con ottimismo e certezza che il futuro dell'umanità non è la barbarie ma il socialismo. (Sōtīrios Zarianopoulos)
  • Racconta il Berdiaeff di un socialista democratico che gli disse di Lenin: «egli non fa differenza tra il bene e il male» (Au seuil de la nouvelle Époque, p. 40). Questo perché Lenin era tutto teso alla rivoluzione; e il resto gli pareva di poca importanza. Il male per lui sarebbe stato non gettarsi nella rivoluzione. Davanti al regno dei cieli Gesù provava un sentimento simile [...]. (Aldo Capitini)
  • Rendo onore a Lenin come uomo che ha interamente sacrificato sé stesso e dedicato tutte le proprie energie alla realizzazione della giustizia sociale. Non considero i suoi metodi funzionali, ma una cosa è certa: uomini come lui sono i guardiani e i restauratori della coscienza dell'umanità. (Albert Einstein)
  • Secondo il leader comunista russo la rivoluzione proletaria avrebbe dato inizio a un processo che, passando attraverso la fase della "dittatura del proletariato", avrebbe messo capo alla distruzione dello stato e del diritto: la società comunista infatti, la società senza classi, non avrebbe avuto più bisogno di strumenti che erano essenziali al dominio di una classe su un'altra. Sicché, in breve, la rivoluzione avrebbe posto fine allo stato. (Massimo Corsale)
  • Senza Rasputin non avremmo avuto Lenin. (Aleksandr Fëdorovič Kerenskij)
  • Solo Lenin poteva condurre la Russia nella palude stregata; solo lui poteva trovare la via del ritorno. (Winston Churchill)
  • Tra le cannonate e l'asfalto rosso Il'ič partirà, | andrà per il mondo, cercherà il suo amore: solidarietà. (Banda Bassotti)
  • Anche se un uomo aveva sbagliato, Lenin si sforzava di aiutarlo a ritrovare le giuste posizioni: prima neutralizzando le sue componenti negative e reinserendolo poi nella lotta attiva per l'edificazione del nuovo sistema socialista. Ma la lezione di Lenin fu dimenticata: entrati nell'epoca stalinista, ci lasciammo tutti terrorizzare dalla politica irrazionale di un uomo malato.
  • La nostra politica estera si basa sulla convinzione che il cammino indicatoci da Lenin è il cammino del futuro non solo per l'Unione Sovietica, ma per tutti i paesi ed i popoli del mondo.
  • Le caratteristiche di Lenin - un paziente lavoro sugli individui, un tenace e faticoso sforzo per educarli, la capacità di indurre gli altri a seguirlo senza ricorrere alla coercizione, ma piuttosto attraverso l'influenza ideologica esercitata su di essi da tutta la collettività - rimasero sempre del tutto estranee a Stalin.
  • Lenin fu così insieme un prodigioso tattico e un genio politico, inventore dei mezzi per trasformare un'utopia in uno Stato con pretese universali. Se avesse fallito nella sua impresa, se avesse finito i suoi giorni in esilio errando da una capitale europea all'altra, probabilmente figurerebbe nei libri di storia come un personaggio secondario del marxismo. Ma egli riuscì a trasformare il suo sogno in realtà, successo che non giustifica assolutamente le tragedie inerenti all'avventura leninista, e quindi occupa nella storia di questo secolo un posto di eccezione. Il più importante probabilmente per l'influenza esercitata. Si è allora tentati di concludere dicendo che, teorico mediocre, Lenin fu tuttavia un «inventore» politico eccezionale, l'unico del secolo in cui tutti i dittatori hanno seguito strade già percorse senza lasciare altra traccia della loro azione che la terra smossa delle tombe.
  • Per Lenin il progresso umano consisteva nel sottrarre la società (o gli individui) alla coscienza spontanea per indirizzarli progressivamente verso l'autentica coscienza.
  • Senza dubbio, Lenin desiderava come tutti gli utopisti il bene dell'umanità, ma come tutti gli utopisti trascurava l'essere umano a beneficio dell'entità astratta.
  • In Occidente Lenin è spesso presentato come un sostenitore dei metodi amministrativi autoritari. Ciò dimostra la più totale ignoranza delle idee di Lenin e, non di rado, la loro distorsione voluta. Infatti secondo Lenin il socialismo e la democrazia sono indivisibili. Le masse lavoratrici pervengono al potere acquisende le libertà democratiche. E soltanto in condizioni di democrazia in espansione possono consolidare e realizzare tale potere. È un'altra idea straordinariamente vera di Lenin: più vasta è la portata del lavoro e più profonda la riforma, e più aumenta il bisogno di accrescere l'interesse e di convincere milioni e milioni di persone della sua necessità. Ciò significa che se siamo decisi a una ristrutturazione radicale e completa, dobbiamo anche realizzare l'intero potenziale della democrazia.
  • Le opere di Lenin e i suoi ideali socialisti rimanevano per noi una fonte inesauribile di pensiero dialettico creativo, di ricchezza teorica e di acume politico. La sua stessa immagine è un esempio imperituro di grande forza morale, di compiuta cultura spirituale e di altruistica dedizione alla causa del popolo e del socialismo. Lenin vive nelle menti e nei cuori di milioni di persone. Nonostante tutte le barriere erette dagli scolastici e dai dogmatici, l'interesse per l'eredità di Lenin e il desiderio di conoscerlo meglio nell'originale crescevano via via che si aggravavano i fenomeni negativi della società.
  • Lenin aveva il raro dono di intuire al momento giusto la necessità dei cambiamenti radicali, di un riesame dei valori, di una revisione delle direttive teoriche e degli slogan politici.
  • Lenin disse a suo tempo (non sto citando, rendo l'idea) che è importante non soltanto conoscere la posizione dei propri compagni di partito, o di movimento, ma anche quello che dice di noi l'avversario di classe. Poiché questo in primo luogo esprime apertamente le proprie vedute e, in secondo luogo, vede più chiaramente i punti deboli delle nostre posizioni.
  • Lo spirito democratico di Lenin e il suo continuo contatto con la gente, l'atteggiamento esigente di Lenin verso se stesso e verso gli altri, la sua intransigenza verso il burocratismo, sono un esempio insuperabile. Le deviazioni da questo stile si sono sempre trasformate in costi politici e morali, hanno frenato lo sviluppo.
  • Dall'epoca di Lenin, il popolo sovietico, levando alta la bandiera della lotta antimperialista di liberazione nazionale, ha dato un grande contributo all'opera di liberazione dei popoli oppressi del mondo.
  • Lenin, grande capo della rivoluzione e genio dell'umanità, ha dedicato tutta la sua vita alla causa rivoluzionaria consacrata alla libertà e all'emancipazione della classe operaia internazionale e delle nazioni oppresse di tutto il mondo, e ha compiuto opere imperiture per il trionfo del socialismo e del comunismo.
  • Lenin indicò la necessità di trasformare i popoli dei paesi coloniali e dipendenti, da riserva dell'imperialismo in alleati della rivoluzione proletaria, e per la classe operaia il dovere di respingere fino in fondo il social-sciovinismo e di lottare unendosi strettamente con le nazioni oppresse di centinaia di milioni di individui tenuti fino ad allora ai margini della storia e considerati solo oggetto della medesima. lenin approfondì e e sviluppò ulteriormente le idee scientifiche di Marx sull'autodeterminazione delle nazioni, che costituisce il principio fondamentale per la risoluzione della questione nazionale coloniale. Indicò che tutte le nazioni sono uguali e indipendenti, che non bisogna mai accordare privilegi a nessuna nazione e che bisogna dichiarare illegale ogni misura che violi i diritti delle minoranze nazionali, e preconizzò che tutte le nazioni devono avere la libertà di separarsi per costituirsi in Stato indipendente e il diritto all'autodeterminazione politica.
  • La grandezza di Lenin sta innanzitutto nel fatto che egli, creando la Repubblica dei Soviet, ha mostrato con ciò praticamente alle masse oppresse del mondo intero che la speranza della liberazione non è perduta, che il dominio dei capitalisti e dei proprietari fondiari non durerà più a lungo, che il regno del lavoro può essere creato con le forze degli stessi lavoratori, che il regno del lavoro si deve creare sulla terra e non in cielo.
  • Lenin non considerò mai la Repubblica dei Soviet come fine a se stessa. Egli la considerò sempre come un anello necessario per lo sviluppo del movimento rivoluzionario nei paesi dell'Occidente e dell'Oriente, come un anello necessario per agevolare la vittoria dei lavoratori del mondo intero sul capitale. Lenin sapeva che solo questa concezione è giusta, non solo dal punto di vista internazionale, ma anche dal punto di vista della salvaguardia della stessa Repubblica dei Soviet. Lenin sapeva che solo in questo modo è possibile infiammare i cuori dei lavoratori di tutto il mondo per le lotte decisive per la liberazione. Ecco perché Lenin, il capo più geniale fra i capi geniali del proletariato, il giorno dopo l'instaurazione della dittatura del proletariato gettò le fondamenta dell'Internazionale degli operai. Ecco perché egli non si stancava mai di estendere, di rafforzare l'Unione dei lavoratori di tutto il mondo, l'Internazionale Comunista.
  • Non approvo che voi vi diciate "discepolo di Lenin e Stalin". Io non ho discepoli. Chiamatevi discepoli di Lenin, ne avete il diritto. [...] Ma voi non avete motivo di definirvi discepoli di un discepolo di Lenin. Questo è sbagliato. Questo è troppo.
  • Per venticinque anni Lenin ha educato il nostro partito e ne ha fatto il partito operaio più forte e più temprato del mondo.

Note

  1. Citato in Antonio Pugliese, Alta marea, Editrice Sud, Napoli, 1955.
  2. Citato in AA.VV., Il libro della politica, traduzione di Sonia Sferzi, Gribaudo, 2018, p. 229. ISBN 9788858019429
  3. Da Opere complete, Editori Riuniti, Roma, 1966; citato in Luciano Gruppi, Il concetto di egemonia in Gramsci, Editori Riuniti, Roma, 1977.
  4. Dalla Seduta del Soviet dei Deputati Operai e Soldati di Pietrogrado, 25 ottobre (7 novembre) 1917; pubblicata nell'Izvestia del CEC, n. 207, 26 ottobre 1917.
  5. Da Sulla cooperazione, I, 4 gennaio 1923; pubblicato per la prima volta sulla Pravda, nn. 115 e 116, 26 e 27 maggio 1923; in Opere scelte, vol. XXXIII (agosto 1921 - marzo 1923), traduzione di Bernardino Bernardini, Editori Riuniti, Roma, 1967, p. 429.
  6. a b Da Sulla parola d'ordine degli Stati uniti d'Europa, Sotsial-Demokrat, n. 14, 23 agosto 1915; in Opere complete, vol. XXI (agosto 1914 - dicembre 1915), traduzione di Rossana Platone, Editori Riuniti, Roma, 1966, pp. 311-314.
  7. Dalla prefazione a John Reed, Dieci giorni che sconvolsero il mondo, scritta alla fine del 1919 e pubblicata per la prima volta nel 1923; in Opere complete, vol. XXXVI (Supplementi alla IV edizione), traduzione di Giuseppe Garritano, Editori Riuniti, Roma, 1969, pp. 375-376.
  8. Da I compiti del proletariato nella rivoluzione attuale, in Opere scelte'.
  9. a b Citato in Juliet Mitchell, La condizione della donna (Woman's Estate), traduzione di Giovanna Stefancich, Giulio Einaudi Editore, Torino, 1972.
  10. Da Tre fonti e tre parti integranti del marxismo.
  11. Citato in Osservatore Romano, 23 agosto 1924; ripreso in Avvenire, 12 luglio 2007.
  12. a b Da Sui nemici del popolo (О врагах народа), Pravda, n. 75, 20 (7) giugno 1917; in Opere complete, vol. XXV (giugno - settembre 1917), traduzione di Felice e Rossana Platone, Editori Riuniti, Roma, 1967, pp. 49-50.
  13. a b c d Da Marxismo e riformismo. Disponibile su [1], Resistenze.org.
  14. Da Pis'mo A.D. Kurskomu ot 17.V.1922, Sočinenija, Moskva, 1950.  traduttore? traduttore?
  15. Da Il marxismo e l'insurrezione. Lettera al Comitato Centrale del PSODR, scritto il 13-14 settembre 1917 e pubblicato per la prima volta in Proletarskaia Revoliutsia, n. 2, 1921; in Opere complete, vol. XXVI (settembre 1917 - febbraio 1918), traduzione di Giuseppe Garritano, Editori Riuniti, Roma, 1966, p. 12.
  16. Dal Proclama ai popoli e ai governi di tutti i paesi belligeranti, 26 ottobre 1917; citato in Giuseppe Fumagalli, Chi l'ha detto?, Hoepli, 1921, p. 698-699.
  17. Da Compagni operai, alla lotta finale, decisiva! (Товарищи-рабочие! Идем в последний, решительный бой!), scritto nell'agosto 1918 e pubblicato per la prima volta in Rabociaia Moskva, n. 14, 17 gennaio 1925; in Opere complete, vol. XXVIII (luglio 1918 - marzo 1919), traduzione di Rossana Platone, Editori Riuniti, Roma, 1967, pp. 52-53.
  18. Da Karl Marx, 1914.
  19. Da La catastrofe imminente e come lottare contro di essa, § È possibile andare avanti se si teme di marciare verso il socialismo?, pubblicato in opuscolo alla fine di ottobre del 1917, nelle edizioni Priboi; in Opere complete, vol. XXV (giugno - settembre 1917), traduzione di Felice Platone e Rossana Platone, Editori Riuniti, Roma, 1967, p. 340. Disponibile su [2], Marxists.org.
  20. a b Da Eugène Pottier: (per il 25º anniversario della sua morte), Pravda n. 2, 3 gennaio 1912, firmato N. L.; in Opere complete, vol. XXXVI (Supplementi alla IV edizione), traduzione di Giuseppe Garritano, Editori Riuniti, Roma, 1969, pp. 151-152.
  21. Dalla lettera del 5 agosto 1921 a Gavriil Miasnikov; in Opere complete, vol. XXXII (dicembre 1920 - agosto 1921), traduzione di Rossana Platone e Augusto Pancaldi, Editori Riuniti, Roma, 1967, p. 478. Riportata in Roberto Sinigaglia, Mjasnikov e la rivoluzione russa, Appendice II, Coop. Edizioni Jaca Book, Milano, 1973, pp. 168-169.
  22. Da Opere complete, Editori Riuniti, Roma, 1955-70, vol. 23; p. 28.
  23. Citato in Historia, luglio 1978, n. 245, Cino del Duca.
  24. a b c Da L'Imperialismo, fase suprema del capitalismo. Disponibile su [3], Marxists.org.
  25. a b Da Due tattiche della socialdemocrazia nella rivoluzione democratica, 1905; citato in Rivoluzione, dizionari.corriere.it.
  26. Da Socialismo e anarchia, 25 novembre 1905, p. 64.
  27. Citato in Владимир Ленин (Ульянов), Полное собрание сочинений. Том 20. Ноябрь 1910 ~ ноябрь 1911, 2017.
  28. Da La grande iniziativa, 1919.
  29. Dalla prefazione a Come s'inganna il popolo con le parole d'ordine di libertà e d'eguaglianza, 1919.
  30. Citato in John D. Barrow, I numeri dell'universo, 2003.
  31. a b Da La III Internazionale e il suo posto nella storia (Третий Интернационал и его место в истории), scritto il 15 aprile 1919 e pubblicato su Kommunističeskij Internacional, n. 1, maggio 1919; in Opere complete, traduzione di Rossana Platone, vol. XXIX (marzo - agosto 1919), Editori Riuniti, Roma, 1967, p. 284.
  32. Da Sullo Stato, 1919; citato in Sullo Stato, marxists.org.
  33. Nella fonte par le pace, refuso.
  34. Da I filantropi borghesi e la socialdemocrazia rivoluzionaria, Sotsial-Demokrat, n. 41, 1º maggio 1915; in Opere complete, vol. XXI (agosto 1914 - dicembre 1915), traduzione di Rossana Platone, Editori Riuniti, Roma, 1966, p. 171.
  35. Citato in AA.VV., Il libro della politica, traduzione di Sonia Sferzi, Gribaudo, 2018, p. 231. ISBN 9788858019429
  36. Citato in AA.VV., Il libro della sociologia, traduzione di Martina Dominici, Gribaudo, 2018, p. 259. ISBN 9788858015827
  37. Da Gli insegnamenti della rivoluzione, 1917; citato in Rivoluzione, dizionari.corriere.it.
  38. Da Sugli scioperi; citato in Sciopero di 24 ore degli operai del gruppo Ilva, 2017, Tazebao.org.
  39. Da Sull'orgoglio nazionale dei Grandi-Russi; citato in [4], Marxists.org.
  40. Da Opere complete, vol. 12, p. 44; citato in Michail Gorbaciov, La casa comune europea, traduzione a cura della APN Publishing House, Mondadori, Milano, 1989, p. 293. ISBN 88-04-33183-6
  41. Vladimir Il'ič Ul'janov, Economia della rivoluzione, Il Saggiatore, 2017. ISBN 8865765844
  42. Da All'XI Congresso del partito; citato in Elena Spagnol, Enciclopedia delle citazioni, Garzanti, Milano, 2009. ISBN 9788811504894
  43. Da Come si viola l'unità gridando che si cerca l'unità.
  44. Da Consigli di un assente.
  45. Scritta il 26 marzo (8 aprile) 1917; pubblicata il 1º maggio 1917 in Jugend-Internationale, n. 8, Opere, vol. 23.
  46. Da Caratteristiche del romanticismo economico.
  47. Citato in A. I. Solženicyn, Il primo cerchio.
  48. Da Appunti di un giornalista scritto nel febbraio 1922 e pubblicato per la prima volta su Pravda, 16 aprile 1924; citato in Peter J. Nettl, Rosa Luxemburg, Milano, Il Saggiatore, 1970, II, p. 370.
  49. Citato in James Gelvin, Il conflitto israelo-palestinese. Cent'anni di guerra (The Israel-Palestine Conflict, Cambridge University Press, 2005), Torino, Einaudi, 2007, pp. 179-180.
  50. Da un articolo sulla Pravda. Citato in Pitigrilli, L'ombelico di Adamo, Casa Editrice Sonzogno, Milano, 1951.
  51. Da Conferenza provinciale moscovita del PCR, discorso del 12 novembre 1920; in Opere complete, vol. XXI (aprile-dicembre 1920), traduzione in it. di Ignazio Ambrogio, Editori Riuniti, Roma, 1967, p. 402.
  52. Citato in Giuseppe Fumagalli, Chi l'ha detto?, Hoepli, 1921, p. 698.
  53. Citato in Lenin: Opere complete, Marxists.org, vol. 29, p. 229.
  54. Saluto ai comunisti italiani, francesi e tedeschi, 10 ottobre 1919; citato in 19° IMCWP: Contributo del Partito Comunista Operaio Russo (RCWP), Resistenze.org.
  55. Da La cultura proletaria.
  56. Tratto dalla Lettera a Maksim Gor'kij, 14 novembre 1913; citato in Prima di morire – appunti e note di lettura di Ernesto Che Guevara.
  57. Citato in 7 Novembre 2017, Cento volte Grazie, Lacittafutura.it.
  58. Citato in Victor Sebestyen, Lenin: la vita e la rivoluzione (Lenin the dictator: an intimate portrait), traduzione di Chicca Galli e Roberta Zuppet, BUR, 2017. ISBN 9788858691823
  59. In Opere complete, vol. XXVII (febbraio - luglio 1918), traduzione di Giuseppe Garritano, Editori Riuniti, Roma, 1967, p. 139.
  60. Citato in Ivan Buttignon, Compagno Duce. Fatti, personaggi, idee e contraddizioni del fascismo di sinistra, prefazione di Giorgio Galli, Hobby & Work Publishing, Milano, 2010.
  61. Citato in Giordano Bruno Guerri, D'Annunzio, Oscar Mondadori, Milano, 2008, p. 247: «Lo stesso Bombacci nel dicembre 1920 affermò che "il movimento dannunziano è perfettamente e profondamente rivoluzionario. Lo ha detto anche Lenin al Congresso di Mosca". In effetti sembra che Lenin avesse definito D'Annunzio "l'unico rivoluzionario in Italia", ma per bollare l'inettitudine dei socialisti, più che per lodarlo».
  62. Citato in: Curzio Malaparte, Il Buonuomo Lenin, Milano, Adelphi, 2018, p. 89. ISBN 978-88-459-3261-8
  63. Citato in Che fare?, .marxists.org.
  64. a b c d V. Lenin, Che fare, problemi scottanti del nostro movimento, Stoccarda, Marzo 1901.
    Ristampa nella collana "La Biblioteca storica-documenti" , presentazione del dott. A. Sallusti, intr. di Francesco Perfetti; distribuito come supplemento gratuito al quotidiano Il Giornale, OCLC 1046049632 (codice ISBN assente)
  65. Citato in Rivoluzione, dizionari.corriere.it.
  66. Nell'ottobre 1917, Zinov'ev e Kamenev si schierarono contro l'insurrezione armata e la denunciarono come un'azione avventuristica sul giornale menscevico Novaja Gizn, violando il segreto interno al partito.
  67. Trockij aderì alla fazione bolscevica nel 1917.

Bibliografia

  • Lenin, Stato e rivoluzione (Государство и революция, 1917); in Opere Scelte, Editori Riuniti, 1965, pp. 847-947.
  • Lenin V. I., La rivoluzione proletaria e il rinnegato Kautsky (Пролетарская революция и ренегат Каутский, 1918); traduzione anonima, Ed. in lingue straniere, Mosca, 1947.
  • V. I. Lenin, L'«estremismo» malattia infantile del comunismo (Детская болезнь «левизны» в коммунизме, 1920); in Opere complete, vol. XXI (aprile-dicembre 1920), traduzione di Ignazio Ambrogio, Editori Riuniti, Roma, 1967, pp. 10-108.
  • V. I. Lenin, Lettera al Congresso (Письмо к съезду), appunti dettati nel dicembre 1922 e pubblicati per la prima volta nel 1956 sul Kommunist, n. 9 e in opuscolo; in Opere complete, vol. XXXVI, traduzione di Giuseppe Garritano, Editori Riuniti, Roma, 1969, pp. 426-432.

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