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Genovesi

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Genovesi nei caruggi

Citazioni sui genovesi.

Citazioni

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  • Ahi Genovesi, uomini diversi | d'ogni costume e pien d'ogni magagna, | perché non siete voi del mondo spersi? (Dante Alighieri, Divina Commedia)
  • Appassionati critici si adattano sempre con fatale fatalismo orientale agli status quo più disprezzati; da ciò sempre la possibile pacifica soluzione-rinvio e la conseguente forma caratteristica provvisorio stabile. (Renzo Picasso)
  • Che siano benedetti i genovesi i quali vanno in giro per il mondo a esercitare i loro traffici, lasciando le mogli in piena libertà di fare di sè quello che vogliono! E se son presenti, non si vergognano né hanno per male che ciascuna abbia il suo corteggiare giacchè essi lo tollerano per rimediare ai bisogni della donna, bastando per loro, in fin dei conti, come per gl'inglesi, il fatto della nascita, cioè che il figlio nasca in casa perchè si ritenga del marito e si abbia per regolare, sebbene il marito assente; ed è così comune e abituale tra loro che nessuno che abbia cervello oserebbe dare a un altro del cornuto per fargli affronto, anche per il fatto, come dissi, che non si ritiene per affronto perchè tra di loro essere cornuto o figlio di cornuto, nemo est qui se abscondat. (Gutierre de Cetina)
  • Come i Genovesi, di dovunque venuti, son Liguri, così tutti i Liguri son Genovesi. (Anton Giulio Barrili)
  • Credevo che i genovesi amassero solo il denaro: mi assicurano che amano anche la loro indipendenza, formalmente promessa dagli inglesi e da Lord Bentinck quando, nel 1814, presero la città; e contano di riacquistarla alla prima convulsione dell'Europa. (Stendhal)
  • Dopo svariate scalinate e controscalinate, sbocca nelle strette viuzze che racchiudono il porto. Quelle stradine sono piene d'una popolazione semi-vestita, semi-selvaggia, il cui viso di fuoco e lo sguardo avido fanno provare certe emozioni che hanno un loro fascino, quando il posto di polizia è a due passi. (Rodolphe Töpffer)
  • È gente molto potente sul mare; soprattutto le sue carrache sono le maggiori del mondo e, se non fosse per i grandi dissidi che da tempo antico hanno avuto ed hanno oggi tra di loro, il loro dominio si sarebbe esteso di più nel mondo. È gente molto industriosa e di pochi vizi, tanto più nei piaceri, perché la terra non lo consente; gente ricchissima e ben regolata anche nel vestire si comporta in modo da non indossare abiti lussuosi oltre il necessario, altrimenti si dovrebbe pagare una tassa. È gente molto bella di colore, ma non di fattezze. Uomini e donne sono molto alte e prendono le mogli a misura: e più una è alta, meno dote pretendono; le vedove non prendono un secondo marito e, se lo fanno, con grande vergogna. (Pedro Tafur)
  • Facce tristi, anche se quello è normale, in generale i genovesi non portano in giro facce allegre, maniman che qualcuno si faccia l'idea sbagliata. (Barbara Fiorio)
  • [Ai genovesi] Fratricidi!!! | Plebe! Patrizi! Popolo | Dalla feroce storia! | Erede sol dell'odio | Dei Spinola, dei D'Oria, | Mentre v'invita estatico | Il regno ampio dei mari, | Voi nei fraterni lari | Vi lacerate il cor. | Piango su voi, sul placido | Raggio del vostro clivo, | Là dove invan germoglia | il ramo dell'ulivo. | Piango sulla mendace | Festa dei vostri fior, | E vo gridando: pace! | E vo gridando: amor! (Simon Boccanegra)
  • Gente rara e composta, vagabondi che non ne hanno l'aria. (Guido Ceronetti)
  • Gli abitanti della città sono tutti uomini di mare e bellicosi per natura. (Jean d'Auton)
  • Gli uomini, dicono, sono superbi quanto la città, e le loro cortesie, quando ne fanno, non passano l'epidermide. Siamo stati molto trascurati da coloro sui quali contavamo, e accolti con perfetta cortesia da coloro sui quali non contavamo affatto. (Charles de Brosses)
  • I cittadini per coraggio e prestanza superano ogni culmine di superbia, né si deve ritenere genovese chi afferma di non poter avere la signoria del mare e della terra. (Francesco Filelfo)
  • I cittadini sono numerosi, uomini assennati, modesti, temperati. (Anselmo Adorno)
  • I Genovesi si danno a me e io li dò al diavolo. (Luigi XI di Francia)
  • I genovesi, si può dire da secoli, hanno avuto un rapporto speciale con la cultura francese, sia nella musica, ed è il caso degli chansonnier, sia nell'ebanisteria, con il barocchetto genovese. (Fabrizio De André)
  • I genovesi sono brutta gente: mercanti, refiosi, diffidenti... [...]
    Il vecchio genovese aveva una tonnellata di difetti: non aveva capacità di rapporto, non sapeva trattare l'ospite ecc., ma aveva anche tanti pregi: adesso gli è rimasta soltanto quell'incapacità d'innovazione, d'imprenditoria; il genovese non tira fuori una lira neanche se l'ammazzi e questo gli è rimasto, è la cosa peggiore che aveva e gli è rimasto quello. [...]
    D'altra parte invece io sono profondamente genovese per quanto riguarda la parola data: del genovese ti potevi fidare, questo sicuramente, e mi sembra una cosa talmente positiva che copre tutti i difetti che ci sono... che c'erano e che ci sono. Questa è la cosa che mi manca di più; mi manca questa serietà vera: quando un genovese ti dà la sua parola, "a l'é quélla, e no gh'é nìnte da fâ". (Gino Paoli)
  • I genovesi sono risparmiatori, lavoratori, produttori e prudenti. Non produttori al modo dei milanesi, troppo giocatori per Genova e propensi a confondere l'affare con l'avventura. Predomina in questo porto un'idea moralistica del lavoro; perciò, almeno in alcuni, si avverte lo spavento di guadagnare troppo, cioè di essere giocatori, gente, secondo i moralisti, esposta a sicura rovina. Nascondono la ricchezza ancor più dei piemontesi; conosco ricchi che hanno un numero elevato di dipendenti, ma sembrano vergognarsene, e li fanno vedere poco. La ricchezza si riversa in casa. (Guido Piovene)
  • I genovesi sono un popolo strano... Sono quello che di un personaggio pubblico pensano: 'u dixe u dixe, poi u gh'à a villa. U parla e u gh'à a Porsche' ('dice dice, poi ha la villa. Parla parla, e ha la Porsche'). Non è come il milanese, il romano o il napoletano che sono abituati alle foto, alle telecamere, ai personaggi famosi. Se ti vedono pensano con il naso all'insù: 'figurati se lo saluto'. Se poi sei tu che li saluti per primo allora vanno in giro contenti: 'belin, m'ha saluto Grillo'. Sono fatti così. (Beppe Grillo)
  • I Genovesi una volta erano padroni di varie isole dell'arcipelago ed anche di quella parte di Costantinopoli chiamata Galata. Per aver tradito la causa cristiana facilitando la caduta di Costantinopoli nelle mani dei Turchi, si meritano ciò che è capitato loro in seguito, la perdita di tutte le loro conquiste in quelle regioni a favore degli Infedeli. (Mary Wortley Montagu)
  • Il genovese ricco, per quanto diffidente, è come il contadino e si lascia facilmente ingannare da un cumulo di buone apparenze. Perciò, pullulano in Genova gli scrocconi, quasi tutti muniti di un titolo nobiliare più o meno autentico e di una faccia tosta a prova di bomba. Essi sanno il loro potere e corrono di salotto in salotto a prodigare le loro grazie e le loro stoccate. (Pierangelo Baratono)
  • Il popolo è fiero, risentito, robusto, bravo nell'armi, nè v'ha pericolo che lo sgomenti. Testimonj di ciò i marinai genovesi che sono forse i migliori d'Europa, testimonj le prodezze fatte dagli abitanti queste riviere e questi monti nell'ultima guerra. Alla decisione del portamento, alla precisione delle risposte, al maschio dello stesso tuono di voce lei potrebbe giudicare di quanto dico, i ragazzi non hanno dipinta in volto e ne' lenti moti quella polentagine che si ritrova fra i nostri. (Giovanni Battista Biffi)
  • Il vero genovese era "stúndàiu" (la parola non è sdrucciola e occorre un forte accento sulla prima u), e quindi poco sociale. Solo in quel di Frosinone ha trovato il termine corrispondente: "sprùcido". Stundaiu è un misto di orgoglio, di timidezza, di diffidenza, una pratica quotidiana del mugugnu, un certo complesso d'inferiorità bilanciato dal senso di una specifica superiorità nell'ordine dei valori morali. (Eugenio Montale)
  • Insisto su questa unità dell'Italia, che la Natura ha sì ben comandata, dividendola con limiti pur tanto certi dal rimanente dell'Europa. Onde, per quanto si vadano aborrendo tra loro es. gr. i Genovesi e i Piemontesi, il dire tutti due , li manifesta entrambi per Italiani, e condanna il lor odio. E ancorché il Genovese innestandovi il C ne faccia il bastardume Scì, non si interpreta con tutto ciò codesto Scì per Francesismo, che troppo sconcia affirmativa sarebbe; e malgrado il C di troppo, i Genovesi per Italiani si ammettono. (Vittorio Alfieri)
  • Lodarono i Legati Genovesi la prudenza degli altri Popoli italiani; però faceano conoscere non dover eglino seguitare l'esempio degli stessi, ed anzi tanto non potersi pretendere dal Comune di Genova «imperocché, dicevano essi, «gli antichi Imperatori Romani e Re d'Italia concedevano e confermavano agli abitatori di Genova il dritto d'osservare le loro consuetudini, onde dovean in perpetuo essere liberi da ogni angaria e perangaria, e solo potevano essere obbligati alla fedeltà verso l'Imperatore ed alla difesa del littorale contro i Barbareschi, nè potevano avere altro gravamento. I Genovesi avevano compiuto ogni loro dovere, coll'aiuto Divino cacciati i Barbari che senza posa infestavano i luoghi marittimi da Roma infino a Barcellona, operato in modo che in oggi ciascuno riposa tranquillo in mezzo alle sue proprietà, fatte tutte queste cose, per l'ottenimento delle quali l'Impero avrebbe spese in ogni anno oltre diecimila marche d'argento, col solo danaro del Comune di Genova. I Genovesi inoltre abitano terre sterili ed incapaci di somministrar loro il necessario al sostentamento, sono costretti di procacciarsi dagli esteri paesi quanto loro abbisogna per vivere, e per conservare l'onore dell'Impero; quanto posseggono tutto è frutto della loro industria e del commercio tenuto colle terre straniere, appò cui già pagarono molti dazii, o comprarono col proprio danaro la libertà delle loro mercatanzie. Quindi è che il pretendere dai Genovesi nuovi sacrifizi sarebbe ingiustizia; ed essendo decreto degli antichi Romani che niuno possa pretendere, e niuno possa essere obbligato a pagare un tributo già soddisfatto, l'Imperatore non debbe volere dal Comune di Genova altra cosa che la fedeltà, cui i Consoli sono pronti a promettere.» (Caffaro di Rustico da Caschifellone)
  • Ma pur essendo metallico il cielo, e remoto il mare, si sentiva la loro grandezza e libertà, il loro fiato, e i genovesi mi sembravano uscire da quella nobile aria. Ecco cos'è un genovese, pensavo, una persona molto serena e veloce, pulita e ridente. (Anna Maria Ortese)
  • Nel quale seno poco stante due gran cocche di genovesi le quali venivano di Costantinopoli, per fuggire quello che Landolfo fuggito avea, con fatica pervennero; le genti delle quali, veduto il legnetto e chiusagli la via da potersi partire, udendo di cui egli era e giá per fama conoscendol ricchissimo, sí come uomini naturalmente vaghi di pecunia e rapaci, a doverlo aver si disposero. (Giovanni Boccaccio)
  • Nido di predoni, mercanti-guerrieri. (Osip Ėmil'evič Mandel'štam)
  • Noi siamo chiusi tra mare e monti, però questo stare un po' isolati, probabilmente, ci dà modo di pensare; io per esempio penso tanto e solo scrivendo riesco a fermare l'amore verso questa città, così come l'amore verso una persona, perché io non riesco a dire «Ah, cómme te véuggio bén», però te lo scrivo; noi genovesi siamo così, riusciamo a scrivere cose che nessun altro riesce a esprimere. (Franca Lai)
  • [Sui genovesi, riferendosi alla colonizzazione della Corsica] Olandesi d'Italia. (François Pidou de Saint-Olon)
  • Presso i genovesi ho osservato tre passatempi preferiti: il curiosare con le mani nelle tasche dei calzoni e la pipa in bocca stando per ore ad osservare con tranquilla simpatia l'indaffararsi del prossimo, ad esempio di portuali o anche di sterratori, poi lo sputare ogni quarto d'ora, ma non così semplicemente e rozzamente come da noi, ma artisticamente con un lungo e fluido spruzzo dall'angolo della bocca senza muovere il capo e con un piccolo sibilo; finalmente il farsi radere, e non di mattina, ma la sera. (Rosa Luxemburg)
  • Questi uomini sobri, arditi fra tutti, attraversano l'Oceano su di un guscio di noce; eroici senza saperlo, tutti i giorni realizzano per economia più di quanto non fece Cristoforo Colombo. Ultimamente una nave inglese ha incontrato in mare aperto, a metà strada tra l'Europa e l'America, un piccolo battello con un equipaggio di appena tre uomini, che, filosoficamente, ridotto al minimo, attraversava anch'esso l'Oceano. Si comunica con il portavoce, lo si fa accostare. L'Inglese a stento crede ai propri occhi. Lo indica ai suoi connazionali dicendo: «Solo i Genovesi sanno correre simili rischi sul mare». (Jules Michelet)
  • Questi uomini sono potenti, ricchi, valorosi nelle armi e bellicosi, provvisti di navi e di ottime galee, esperti marinai, che conoscono la via del mare e si portano spesso per ragioni commerciali in terra saracena. (Jacques de Vitry)
  • Si acusano i Genovesi di troppa economia e la loro sedulità agli affari la chiamano avarizia. Io mi credo autorizzato a chiamarla, a giudicarla mezzo ond'essere generosi. Chi ha eretto i Spedali ove ricoveransi e soccorronsi tutti li homini infermi indefinitamente d'ogni nazione e d'ogni religione? E chi eresse superbi asili ai poveri, chi li dottò? Chi raccolse i pupilli, chi lasciò grandiosissime somme colle quali ogni giorno sostentare, strapar dalle fauci di morte que' tanti individui della nostra spezie ridotti dalle sventure alle ultime miserie nelle quali l'insensibilità del cuor nostro e le distrazioni gli lascierebbero perire, e che altro mai poteva produrre, poteva effettuare così grandi cose se non se la sobrietà, l'ecconomia, la pazienza, l'aplicazione republicana? (Giovanni Battista Biffi)
  • – Solo l'altro giorno ho trovato per via un poeta, che di buonissima volontà e con molta cortesia mi regalò un sonetto sulla storia di Piramo e Tisbe, e me ne promise altri trecento in mia lode.
    – Meglio sarebbe stato per te incontrare un genovese che ti regalasse trecento reali.
    – Già, i genovesi sono in tale abbondanza e tanto facili da attirare, come falchi allo zimbello! Adesso poi, che sono tutti abbacchiati e mosci per il decreto!
    – Senti, Brigida, di una cosa ti dico che devi esser certa: che vale di più un genovese fallito che quattro poeti interi. (Miguel de Cervantes)
  • Tra i piaceri che Genova può procurare [...] quello di esserne fuori va considerato come uno dei più grandi. Ah! quanta ragione ha il detto proverbiale: Uomini senza fede! Mercanti, locandieri, mastri di posta, operai, monache, tutti sono incredibilmente furfanti ed in mala fede. (Charles de Brosses)
  • Tutti vorrebbero farsi carabinieri, ma non tutti si è Genovesi. Si capisce. V'è una certa aristocrazia del valore, e quelli là che se la sentono nel cuore, e degnamente, vorrebbero star soli. (Giuseppe Cesare Abba)
  • Un genovese [...] mantiene sé stesso e la famiglia con una somma di denaro limitata, per poter così risparmiare e costruire palazzi e chiese. In tal modo, rimangono per secoli e secoli tanti monumenti al suo buon gusto, devozione e munificenza. Allo stesso tempo, egli fornisce occupazione e pane ai poveri e ai laboriosi. Ci sono alcuni nobili genovesi che possiedono ciascuno cinque o sei eleganti palazzi arredati sontuosamente in città o in diverse parti della Riviera. Le due vie, Strada Balbi e Strada Nuova, sono affiancate, su ambo i lati, da una fila continua di palazzi abbelliti con giardini e fontane, mentre le decorazioni sulle facciate esterne, a mio vedere, non sono di grande efficacia. (Tobias Smollett)
  • Volli visitar Genova, ma appena che l'osservai, o buoni dei, vidi la famosa bestia dalle molte teste. Lo stesso anno non è così vario e mutevole, come la natura dei genovesi. (Giovanni Pontano)
  • A mio parere è massima la prudenza nell'agire e nel trattare le cose di questo mondo, la perizia nel commerciare e nel navigare, l'arte nel combattere e la forza notevole soprattutto nelle guerre marittime. Per accortezza nessun popolo può ormai essere superiore: infatti sia che tu lo metta alla prova nell'intraprendere commerci, nelle lettere e nello studio delle arti liberali, nel trattare affari pubblici e privati, vedrai che l'ingegno dei genovesi è superiore a quello delle altre genti e ti accorgerai che sono abili non solo in quelle cose che stanno avanti agli occhi, ma anche in quelle che si devono percepire, la cui prescienza e conoscenza è stata concessa da Dio ai mortali.
  • Che dovrei dire poi della modestia dei cittadini? È noto che in ogni aspetto della vita il popolo genovese è stato misurato ed accorto più di tutte le genti italiche e si tiene lontano dal territorio e dal dominio altrui: questo avviene non per timore o paura o per la temuta potenza dei confinanti. Infatti quale sia la forza dei genovesi, quale la magnanimità, quale il vigore, non può più essere ignoto a nessun popolo per quanto lontano: sono doti palesi e stanno per così dire davanti agli occhi di tutti in chiara luce.
  • E non c'è popolazione più prestante in nessuna città, | né gente più austera [...] | Hanno forza e coraggio gli uomini; la gioventù è degna di Roma, | abituata a lanciare agili saette con un pesante moto rotatorio[1].
  • E tanti sun li Zenoexi | e per lo mondo sì destexi, | che und'eli van o stan | un'atra Zenoa ge fan. (anonimo genovese)
E tanti sono i genovesi, e per il mondo così dispersi, che dove vanno o stanno, un'altra Genova vi fanno.
  • E per parlare del numero dei cittadini, quale popolo, per Dio immortale, può essere più numeroso, quale città più popolosa, quale più ornata di uomini illustri? Non è lecito a nessuno andare in terre tanto nascoste, raggiungere regioni tanto lontane senza che, ovunque tu vada, colà tu trovi moltissimi mercanti genovesi. Quale isola infatti dentro o fuori del mondo, quale terra sul mare è priva di un genovese? Vai presso i popoli orientali o occidentali, gli abitanti del nord o quelli del sud, vedrai che tutti gli angoli abbondano e brulicano, come una fonte ricchissima, di uomini della nostra città.
  • I Genovesi sono molto malmessi. Confondono la ricchezza e gli ornamenti, gli ornamenti e l'abbigliamento. Nessuna conoscenza dell'abbinamento di pettinatura e lineamenti, di colori e incarnato, di stoffe e taglia; nemmeno una sa mascherare un difetto, né valorizzare un pregio, né nascondere gli anni.
  • I Genovesi sono vendicativi. Ma questo spirito di vendetta dipende dalla difficoltà di ottenere giustizia, sia contro i nobili, a causa del loro potere, sia contro i pari, in ragione della protezione dei nobili. Si spiega in tal modo il numero degli assassinii e si giustifica la loro causa, così come l'impunità generale. La maggior parte degli omicidi non rappresenta un crimine ma una forma di giustizia. Bisogna che essa venga fatta, in un modo o nell'altro.
  • Si possono suddividere gli abitanti di Genova in tre classi: i nobili, che sono circa duemila; i borghesi, commercianti, artigiani, avvocati, preti, che compongono la popolazione; e infine i poveri di ogni specie, che ne sono la feccia.
  • I Genovesi infatti imitando i Romani non si fiaccano in patria nell'inerzia, nell'ozio e nell'inattività, ma gettandosi in mezzo alle armi affrontano guerre all'esterno. Che dovrei dire del loro modesto tenore di vita, dell'educazione dei figli, della forza degli animi e di tutte quelle altre virtù che anche agli occhi di coloro che le considerino superficialmente sembreranno simili a quegli antichi costumi dei Romani?
  • Infatti è evidente che questo dovere di lodare compete agli italici piuttosto che alle altre nazioni della terra: genti straniere e nate altrove già avrebbero occupato un regno dell'Italia, se il popolo di Genova da solo non ce lo avesse restituito con valore. Lodate quindi, di grazia, o genti tutte e soprattutto voi, Veneziani e Fiorentini, presso i quali già da tempo sono fioriti più rigogliosamente che presso gli altri popoli, lo dico con buona pace di tutti, gli studi liberali e letterari; lodate, dico, gli straordinari atti di valore degli alleati; lodate anche il loro singolare e quasi straordinario attaccamento alla patria; lodate infine la loro illimitata e quasi divina clemenza verso gli esuli; e se farete questo in modo abbastanza adeguato alla grandezza delle imprese, non solo il valore, l'amor di patria e la clemenza, ma anche tutte le altre antiche virtù sopite, come si dice, ritorneranno alla luce.
  • Inoltre [Genova] è ricca di uno straordinario e quasi incredibile numero di uomini robusti e di donne ed in questo, lo dirò con buona pace di tutti gli altri popoli, sia per il numero, sia per la prestanza, supera facilmente le altre città della terra. Infine il clima, come un saporito condimento di ogni cosa, particolarmente sano e adatto non so in quale modo alla procreazione, o per l'asperità del luogo o per la salsedine del mare o per qualche celeste influsso, fa generare uomini forti, dotati di salute oltre che di prestanza fisica, e quasi mordaci, per cui potrà forse sembrare strano se io affermerò che i Genovesi nascono uomini forti per un qualche influsso celeste, come si dice degli Ateniesi che nascono uomini intelligenti per la leggerezza dell'aria.
  • Questo è quel popolo che, lo dico con buona pace di tutti, per le sue famosissime ed innumerevoli imprese attuate valorosamente per la patria, meritatamente ha conseguito l'elogio del valore romano. Questo è quel popolo che, imitando i Romani, per lo straordinario coraggio degli animi, si è scosso dalle spalle in modo assai glorioso il gioco di una schiavitù straniera. Questo è infine quel popolo che, per alcune sue straordinarie vittorie su re e principi, ha quasi raggiunto gli antichi Romani, non indegnamente lodati da tutti gli scrittori, nelle vere lodi per gli atti di valore. Per tutte queste così straordinarie qualità è stimato e ritenuto, non solo a mio parere, ma a giudizio di tutti, particolarmente degno di quella libertà, che sola è ritenuta a ragione il premio per gli atti di valore.
  • C'è ancora una cosa, che i Genovesi non si raffinano in nessun modo: sono pietre massicce che non si lasciano tagliare. Quelli che sono stati inviati nelle corti straniere, ne son tornati Genovesi come prima.
  • C'è sempre un nobile Genovese in viaggio per chiedere perdono a qualche sovrano delle sciocchezze che fa la sua repubblica.
  • I Genovesi di oggi sono tardi quanto gli antichi Liguri. Non voglio dire con questo che non intendano i loro affari: l'interesse apre gli occhi a tutti.
  • I Genovesi non sono affatto socievoli; e questo carattere deriva piuttosto dalla loro estrema avarizia che non da un'indole forastica: perché non potete credere fino a che punto arriva la parsimonia di quei principi. Non c'è niente di più bugiardo dei loro palazzi: di fuori, una casa superba, e dentro una vecchia serva, che fila. Se nelle case più illustri vedete un paggio, è perché non ci sono domestici. Invitare qualcuno a pranzo è a Genova una cosa inaudita. Quei bei palazzi sono in realtà, fino al terzo piano, magazzini per le merci. Tutti esercitano il commercio, e il primo mercante è il Doge. Tutto questo rende gli animi della gente assai bassi, anche se molto vani. Hanno palazzi non perché spendano, ma perché il luogo fornisce loro il marmo. Come ad Angers, dove tutte le case sono coperte di ardesia. Hanno tuttavia dei piccoli casini lungo il mare, abbastanza belli; ma la bellezza è dovuta alla posizione e al mare, che non costano nulla.
  • I Genovesi sono molto paurosi, anche se orgogliosissimi. Le signore sono molto altezzose.
  • I genovesi sono uomini onesti, di alta statura, di portamento maestoso, ma sembrano e sono superbi; sono molto ingegnosi, non inferiori a nessuno per magnanimità, temprati alle fatiche, alle veglie ed alla fame. È incredibile a dirsi quali imprese compiano sul mare, a quali pericoli si oppongano, quali avversità affrontino.
  • Poco amanti del sapere, studiano la grammatica limitatamente al necessario e stimano poco gli altri studi: quando sentono odore di commercio, si fanno tutti avanti.
  • Se in una battaglia navale vuoi servirti dei loro consigli o delle loro forze, da loro dipende ogni vittoria sul mare: sarai vincitore, quando lo vogliono; quando non sono d'accordo, non ti rimane alcuna speranza di vittoria: infatti comandano sul mare e sono per tutti temibili.
  • Ci imbattemmo in un genovese, dico uno di questi anticristi del denaro spagnolo, che saliva al valico con il suo parasole e un paggio dietro, con tutta l'aria del riccone. Attaccammo discorso con lui. Andava sempre a finire sul tema dei quattrini, perché è gente nata apposta per il portafogli.
  • «Con le penne voleremo»: voi credete che io parli per gli uccelli, ma vi sbagliate, e sarebbe una sciocchezza da parte mia. Lo dico invece per i cancellieri e per i Genovesi, perché è tutta gente che con la penna vi fa volar via il danaro dinanzi agli occhi.
  • I Genovesi s'accapigliano per i quattrini? [...] Torno spezzatino! Figlio mio, i Genovesi son come la scrofola, per il danaro; ed è una malattia, questa, che deriva dal praticare con i gatti o con i sacchetti di pelle di gatto pieni di dobloni. E si capisce che si tratta di scrofola, dal fatto che solamente il danaro che va in Francia riesce a guarirla, perché il re di Francia non consente ai Genovesi d'immischiarsi nei suoi commerci. E volevi che io uscissi di qua, proprio quando le strade son piene di codeste rogne delle borse? Vorrei diventare, non dico spezzatino dentro questa boccia, ma addirittura polvere da asciugare lo scritto, piuttosto di vedere codesta gente impadronirsi d'ogni cosa!
  • La verità fa dimagrire, ma non fallisce: e da ciò si comprende che i Genovesi non sono la verità, perché dimagriscono, sì, ma falliscono.

Proverbi

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  • Dovve i Zeneixi vàn, 'n'ätra Zena fan. (genovese)
Dove vanno i genovesi, fanno un'altra Genova.
  • Genovese aguzzo, piglialo caldo. (toscano)
  • I genovesi risparmiano anche sui numeri: li usano due volte.[2] (italiano)
  • Ianuensis ergo mercator. (latino)
Genovese quindi mercante.
  • Marinaio genovese, mercante fiorentino. (italiano)

Note

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  1. Riferimento all'abilità di balestrieri dei genovesi
  2. Riferito all'uso di numeri civici di colore nero per le abitazioni e rosso per gli esercizi commerciali.

Voci correlate

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Altri progetti

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